Continua l'attacco alla legge sull'aborto
Occorre una risposta decisa della classe lavoratrice, delle giovani, delle immigrate
Pia Gigli
Dopo la legge 40 che ha introdotto il riconoscimento dell'embrione come persona, la legittimazione per via legislativa del Movimento per la Vita negli ospedali e nei consultori per dissuadere le donne dall'aborto (Veneto) e le leggi regionali che contemplano la sepoltura dei feti abortiti (Lombardia), continua l'erosione al diritto all'aborto libero e gratuito. Un'erosione quotidiana che vede, tra l'altro, il taglio dei finanziamenti ai consultori e la loro riduzione su scala nazionale, l'obiezione di coscienza di medici e del personale ausiliario sempre più diffusa, lunghe liste d'attesa e conseguente allungamento dei tempi per l'Ivg. Mentre per l'introduzione dell'aborto farmacologico (pillola RU486) che annullerebbe l'invasività dell'intervento chirurgico, nulla si è fatto e nulla si sta facendo, si rende la vita impossibile alle donne che si rivolgono alle strutture pubbliche per ottenere la prescrizione della "pillola del giorno dopo".
Il Vaticano comanda...
Ed ecco che, tra la fine di agosto e i primi di settembre, con il pretesto di un errore verificatosi per un aborto terapeutico presso l'ospedale S.Paolo di Milano, riprendono gli attacchi alla legge 194. Di "eugenetica" e di "ricerca del figlio perfetto" hanno parlato - senza pudore - i migliori portavoce delle gerarchie vaticane come Eugenia Roccella (organizzatrice del Family day) e Paola Binetti (teodem dell'Unione), il segretario della Cei Giuseppe Betori e l'ex presidente della Cei, Ruini (che credevamo ormai in pensione), supportati dal Movimento per la Vita, da varie associazioni scientifiche e mediche e da parlamentari del centrodestra. Tutti costoro ormai non attaccano frontalmente la legge 194, tanto è vero che lo stesso Ruini ha riconosciuto che "non c'è la condizione culturale per abrogarla", ma propongono di "rivederla" di "fare il tagliando", magari attraverso un regolamento o linee guida che ne "migliorino" l'applicazione. Sotto accusa, stavolta, sono gli articoli 6 e 7 della legge che trattano dell'aborto oltre i 90 giorni, cioè l'aborto terapeutico consentito per "grave pericolo per la vita della donna" o per processi patologici o gravi malformazioni del nascituro "che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna". I diktat del Vaticano e le pressioni degli antiabortisti puntano a stabilire dei limiti temporali precisi e restrittivi per l'interruzione di queste gravidanze, regole più severe per l'aborto selettivo, e poi...l'applicazione di misure di sostegno alle donne che decidono di non abortire (magari sotto la spinta delle azioni di convincimento del Movimento per la Vita insediato nei consultori e negli ospedali) . Occorre notare che la legge 194 non stabilisce precisi limiti temporali, ma lascia liberi la donna ed il personale medico di decidere i tempi dell'aborto terapeutico caso per caso, secondo la loro responsabilità e il progresso delle tecniche. Quindi non c'è alcun bisogno né di aggiornamenti, né di linee guida, peraltro non previste dalla legge.
...e il governo si adegua
Ed il ministro Turco cosa fa? Sostiene
che legge non si tocca, che è la migliore possibile, ma... nello stesso giorno in
cui la Cei si pronuncia per accorciare i tempi dell'aborto terapeutico e per
mettere sotto accusa le diagnosi prenatali, con un tempismo straordinario,
annuncia che sta elaborando linee guida ministeriali che vanno proprio nel
senso richiesto dagli antiaboristi.
La cosiddetta "sinistra radicale"
- per bocca delle parlamentari "femministe" - non riesce a far altro che
balbettare frasi del tipo: "nessun tagliando" e "la legge sull'aborto non si
tocca". Mentre il terreno della "responsabilità di governo" è occupato da Maura
Cossutta che, in qualità di membro della commissione ministeriale, lavorerà
all'elaborazione delle linee guida restrittive.
E' necessario, allora, per
rispondere a questo ennesimo attacco, costruire comitati cittadini per la difesa
del diritto all'aborto, libero, gratuito ed esercitato nelle strutture
pubbliche. Questa è l'unica risposta da dare ai tentativi di rivincita delle
gerarchie vaticane che trovano nel governo Prodi il loro migliore "governo
amico".