La politica imperialista dell'Europa
Susanna Sedusi
La costruzione dell'Unione Europea
La creazione dell'Unione Europea, l'adozione della moneta
unica e il trattato di Shengen, che consente la libera circolazione di merci e
capitali in Europa, sono stati alcuni passaggi fondamentali della costruzione
del blocco imperialista europeo contrapposto a quello statunitense nelle sue
ambizioni e, solo in parte, anche concretamente.
Questo processo ha visto una battuta d'arresto quando nel 2005
i No francese e belga alla Costituzione europea mostrò in maniera evidente l'opposizione
delle masse popolari al progetto neoliberale delle grandi potenze europee
contro i lavoratori.
L'ultimo vertice dei Paesi dell'Ue allargata ha sancito,
dopo quella disavventura, che il processo di strutturazione istituzionale del
blocco imperialista prosegue. Non si parla più di Costituzione Europea né di
referendum bensì di Trattato da concordare tra i governi senza l'impaccio del
consenso popolare. E' stata istituita la figura dell'Alto rappresentante per
gli esteri e la politica di sicurezza che, senza cambiare nome, avrà più poteri
che in passato in quanto riassume in sé le cariche di vicepresidente della
Commissione e di presidente del Consiglio dei ministri degli Affari esteri. Il Consiglio
avrà una presidenza fissa di durata di due anni e mezzo rinnovabile una volta.
Le spinte nazionaliste
Ci sono state comunque durissime resistenze da parte di
alcuni Paesi (i cosiddetti "euroscettici") verso l'accettazione delle regole
comunitarie e infatti anche se sono previste modifiche al sistema di voto
(entrerà in vigore il criterio della doppia maggioranza) esso sarà valido solo
a partire dal 2017. Solo per le questioni di politica estera, sicurezza sociale
e fisco sarà necessaria l'unanimità nelle decisioni del Consiglio, mentre in
tutte le altre materie basterà la maggioranza qualificata. I parlamenti
nazionali potranno chiedere di rivedere i progetti legislativi alla Commissione
Europea se non li riterranno compatibili con le legislazioni nazionali.
Tutti meccanismi attraverso i quali gli Stati mantengono le
mani libere al proprio interno. Ma il campo in cui si registrano le maggiori
spinte nazionaliste è quello economico: bene l'ha osservato Ciampi quando ha
commentato: "Abbiamo una moneta unica ma una politica economica ancora legata
ai singoli Stati".
La Francia
del presidente neoeletto Sarkozy ha criticato duramente l'operato della
Commissione antitrust, poi ha praticamente congelato il Patto di stabilità - complice
la Germania -
e si appresta, al prossimo vertice dell'Ue a sferrare un attacco alle regole
sulla concorrenza all'interno del mercato unico europeo. La nomina di C.
Lagarde al Ministero dell'Economia è significativo: la ministra è avvocata
specialista in diritto societario e ha difeso gli interessi delle imprese
francesi in ambito Wto.
La
Germania, dopo l'unificazione, ha avviato un processo di
ristrutturazione del proprio apparato produttivo e riorganizzazione delle
istituzioni statali nonché militari fino a sviluppare un nuovo attivismo in
campo internazionale con l'invio di truppe al di fuori del territorio nazionale
nei vari scenari di guerra: sono forti le sue mire egemoniche in Europa.
L'Inghilterra continua a mantenere la sua posizione
filoatlantista ma con un occhio ai partner
europei: la recente operazione finanziaria di fusione della Lse, la borsa di
Londra e Borsa Italiana rappresenta un tassello importante nella costruzione di
un grande polo finanziario europeo che non è ancora costituito a causa delle
spinte centrifughe di Germania e Francia; questa, non avendo raggiunto
l'accordo con Francoforte, ha rivolto l'attenzione oltreoceano fondendosi con
Nyse, la borsa di New York.
La politica estera e gli interventi militari.
Al tempo dell'invasione dell'Irak lo strappo tra la politica
statunitense e quella europea (in particolare francese e tedesca) è stato
massimo. Gli interessi imperialistici contrapposti in Medio Oriente sono sempre
stati molto forti ma, nonostante il rischio di una rottura della Nato, gli
Stati Uniti avevano la necessità allora di riaffermare la propria egemonia in
una zona di interesse strategico e per superare una profonda crisi economica
interna. Francia e Germania non hanno seguito il partner atlantico nell'impresa
tentando fino all'ultimo di percorrere la via diplomatica alternativa, non
avendo interesse ad abbattere il dittatore Saddam, che garantiva ottimi affari
e un giusto livello di repressione politica. L'Italia, scesa subito in campo
con l'invio di truppe del governo Berlusconi si è poi defilata dall'impegno con
Prodi, impegnato subito dopo in altri fronti caldi (Afganistan, Libano,
Somalia). In particolare D'Alema ha avuto un ruolo di assoluto primo piano
nella crisi libanese dell'estate del 2006 facendosi promotore della Conferenza
di pace a Roma e tessendo rapporti diplomatici con le diverse fazioni in campo,
arrivando a passeggiare a braccetto con un esponente di Hezbollah.
E' evidente che in questa fase l'Unione Europea non ha altra
scelta che accettare una relativa egemonia statunitense anche se non rinuncia a
ricavarsi un proprio spazio e a investire somme sempre più cospicue nel dotarsi
di armamenti sempre più moderni. L'allargamento ad est contribuisce a fare
dell'Europa una potenza mondiale in termini di masse proletarie oggi buone da
sfruttare come manodopera a buon prezzo domani come carne da macello in un
eventuale nuovo conflitto mondiale. La discesa in campo della Russia a fianco
delle potenze europee potrebbe significare l'avvio di una nuova fase nella
politica mondiale: quella di uno scontro interimperialistico.
L'Unione europea: il blocco regionale imperialista.
La principale funzione dell'Unione Europea è quella di
organizzare centralmente lo sfruttamento della classe operaia europea: infatti
è sul terreno della legislazione del lavoro (direttive sull'orario di lavoro e durata
della vita lavorativa, direttiva Bolkestein sulle retribuzioni e condizioni
contrattuali) e delle privatizzazioni che i Paesi europei si muovono di
concerto.
Le politiche neoliberiste vengono imposte proprio grazie a
questa unità di intenti e cioè, come dichiarato al vertice di Lisbona nel 2000,
quella di fare dell'Europa "la regione più competitiva al mondo", ponendosi
l'obiettivo di raggiungere e superare gli Usa.
Ma questo traguardo potrà essere raggiunto solo imponendo un
arretramento del movimento operaio europeo, un feroce attacco alle conquiste
acquisite a partire dagli anni Cinquanta. Di fatto le retribuzioni sono state fortemente
contenute con l'entrata in vigore dell'euro e le politiche di bilancio imposte
dagli organismi centrali (Bce) hanno ridimensionato lo stato sociale in tutti i
Paesi membri.
L'offensiva neoliberale è strettamente legata alla
configurazione di una nuova divisione del lavoro a livello internazionale: le
delocalizzazioni verso i Paesi dell'Est europeo e dell'Asia sfruttano
manodopera a basso costo, non sindacalizzata, priva di diritti e mantengono
così inalterato il saggio medio di profitto di imprese e multinazionali.
Le politiche razziste e xenofobe praticate da tutti i governi
europei non servono a fermare le masse di migranti spinti dalla progressiva
spoliazione dei Paesi coloniali e semicoloniali: questi lavoratori sono
indispensabili alla borghesia imperialista europea, sono un enorme serbatoio di
manodopera a buon mercato da utilizzare per fomentare divisioni e conflitti
nella classe lavoratrice, sono braccia da sfruttare finché servono e da
espellere quando si ribellano e rivendicano i loro diritti.
Movimento pacifista e nuovo sciovinismo europeista.
La costruzione dell'Ue è perseguita dalla borghesia
imperialista europea contro il proprio proletariato. A questo scopo è
funzionale la politica riformista e pacifista a parole dei partiti
operai-borghesi della sinistra di governo.
Da una parte l'attacco alle condizioni materiali e di lotta
dei lavoratori, dall'altra il coinvolgimento sciovinista in appoggio alle
politiche di "intervento umanitario" negli scenari di guerra.
Le burocrazie sindacali, integrate nel Ces (Centrale europea
sindacale), con le loro politiche concertative si rendono complici dei piani
neoliberali della borghesia e dei governi espressioni di essa.
In Italia, in prima linea sul fronte del pacifismo
umanitario troviamo il "leader maximo"
con spilletta della pace sulla giacca in cachemire
(leggi l'on. Fausto Bertinotti che passa in rassegna le truppe) mentre il suo
fido segretario di partito, tal on. Giordano, vota tutte le missioni di "pace"
siano esse con o senza caschetto blu.
Così anche in Europa, nella maggior parte dei Paesi
l'opposizione si definisce al massimo "anticapitalista" (è il caso
della Lcr in Francia): ha rinunciato cioè al programma rivoluzionario e ha spesso
un orizzonte elettoralistico.
Quale prospettiva? Quella rivoluzionaria!
Proprio perché l'attacco alla classe lavoratrice è ormai
uniforme a livello europeo, qualsiasi lotta non può non tener conto di questa
dimensione e un partito che si candidi come avanguardia del proletariato non
può prescindere dalla costruzione di sezioni in tutti i Paesi europei. E' ciò
che si propone di realizzare il Partito di Alternativa Comunista, sezione
italiana della Lit, presente già in alcuni Paesi europei come la Spagna, il Portogallo, la Francia, il Belgio e
altri, anche se ancora debole rispetto alla necessità di riorganizzazione del
proletariato europeo.
I marxisti rivoluzionari hanno il dovere di lottare contro
il proprio imperialismo, contro ogni aggressione militare verso i popoli
oppressi, per la chiusura di tutte le basi militari, per lo scioglimento della
Nato, per il ritiro di tutte le truppe dagli scenari di guerra, per la
solidarietà con i popoli aggrediti costruendo in quei Paesi martoriati una
forza rivoluzionaria che sappia unire la capacità di resistenza con un
programma transitorio per l'indipendenza nazionale, l'abbattimento delle
proprie borghesie reazionarie, per la distruzione dello Stato religioso, per
l'emancipazione degli strati poveri della popolazione sotto la guida del
proprio proletariato.
La costruzione dell'unità della classe operaia europea passa
per la lotta contro le leggi sull'immigrazione, per i diritti democratici
sociali e religiosi dei lavoratori migranti, per la riduzione dell'orario di
lavoro, per un sistema pensionistico pubblico, per un salario ai disoccupati,
per l'estensione dello stato sociale.