Il nucleare
Energia dannosa per il profitto di pochi
Michele Scarlino
Con l’aumento del prezzo del petrolio degli ultimi mesi, e considerando il futuro aumento della materia prima fonte di energia (indipendentemente dagli ultimi ribassi, che non si traducono mai in ribassi alla pompa, il prezzo del greggio continuerà a salire), e prendendo anche a pretesto questi aumenti, il tema del nucleare e più in generale delle fonti energetiche del futuro è al centro del dibattito politico televisivo degli ultimi mesi.
L’informazione, al servizio delle varie lobbies che stanno dietro alla torta del nucleare, non sta nemmeno fingendo di informare sulla questione. Anzi, dai salotti televisivi alle prime pagine dei vari quotidiani nazionali, è tutto un elogio del nucleare: insomma possiamo ufficialmente annunciare l’inizio della martellante campagna a favore dell’atomo. Effettivamente, per farsi una idea sulla questione bisognerebbe parlare di dati (possibilmente reali) e bisognerebbe conoscere un minimo i progressi tecnologici degli ultimi e dei prossimi anni. E sì, perché se si sapesse realmente a che punto è arrivata la tecnologia e soprattutto a quali livelli arriverà tra qualche anno, anche il più ingenuo capirebbe che dietro la scelta del nucleare si annidano interessi economici molto forti (mostrando infine la questione per quella che è: una questione di classe) e non scelte indirizzate verso la salvaguardia del pianeta sul quale viviamo e dei suoi abitanti che queste scelte subiranno.
In questo breve articolo cercheremo di mostrare quali sono i motivi per cui quella del nucleare è una scelta sbagliata per la popolazione e per i lavoratori su cui ricadrà il peso ambientale ed economico (molto alto, come vedremo) di questa scelta, che porterà, di contro, profitti molto alti a chi erogherà energia atomica.
In primo luogo cerchiamo di capire quello che è, secondo noi, il motivo strategico per cui la borghesia italiana ha deciso di puntare sul nucleare: fondamentalmente ha bisogno di rendersi meno dipendente dal punto di vista energetico dalla Russia e dal Medio Oriente creandosi una propria fonte energetica in “casa”. Proprio in questi giorni il numero uno di Gazprom, Alexei Miller, ha annunciato che il greggio potrà salire a 250 dollari al barile entro il 2009; immaginate quelle che potrebbero essere le ripercussioni per il capitalismo italiano che annaspa già ora, nonostante gli enormi sacrifici imposti alla classe lavoratrice italiana.
Analizziamo i problemi
Iniziamo dal primo problema: tempi e costi. In queste settimane è stato annunciato dal governo, per bocca del ministro Scajola, la volontà di investire nel nucleare sin da questa legislatura. Innanzitutto calcoliamo i tempi di creazione di una centrale: se i lavori iniziassero domattina alle otto ci vorrebbero (nelle previsioni più rosee) almeno tra gli otto e i dodici anni per completare l’opera. Questo significa, realisticamente, parlare del nucleare nel 2020. Ma a quali prezzi? Il costo è stimato attorno ai quattro miliardi di Euro. Qui già iniziano i primi problemi (che fanno capire il portato di classe della questione): chi pagherà le centrali? L’Enel, solo per fare un esempio, sarebbe disposta a coprire il 49% del costo di una centrale… la restante parte sarebbe a carico dello Stato, ovvero pagheranno le centrali con i soldi ricavati dai lavoratori e dai pensionati con finanziarie lacrime e sangue. Un altro argomento che viene usato nei dibattiti televisivi dove si spiega perché dobbiamo fare il nucleare è il costo della bolletta.
Abbiamo tutti in mente Vespa che ci spiega, dal salotto bianco di Porta a Porta, che noi paghiamo il doppio della bolletta di francesi, tedeschi, svedesi... A parte la non realtà dell’affermazione: semplicemente non è vero che francesi o tedeschi pagano la bolletta la “metà di noi” (infatti, chi usa questo argomento difficilmente cita dati, anche perché non ne ha), ma poi ci sono da prendere in considerazione altri fattori: ad esempio in Francia, il paese dove il nucleare è maggiormente usato in Europa, il 40% dell’acqua potabile è utilizzato per raffreddare i reattori delle centrali. Quanto ci costerebbe la bolletta dell’acqua, ad esempio? Ma queste domande, evidentemente, è meglio non farsele. Questi problemi vengono, dolosamente, non analizzati.
Altra questione: il futuro prezzo dell’uranio. La Cina ha ordinato, per i prossimi quaranta anni, la costruzione di ben 44 centrali nucleari. Quale sarà il prezzo dell’uranio quando queste centrali funzioneranno (non è un problema da poco, considerando che quelle italiane ancora non esistono). Come la mettiamo con la famosa bolletta?
E che dire dei rischi per la salute umana, per l’ambiente e smaltimento delle scorie? Un’altra questione è quella dell’allocazione delle centrali. Anche se in totale sicurezza (cosa che, evidentemente, non può esistere) le centrali sono un pericolo per la salute degli uomini e dell’ambiente. In primis per i lavoratori che nella centrale ci lavoreranno, poi per la popolazione che vivrà nei pressi della centrale. I rischi di contaminazione sono altissimi (diventano certezze di contaminazione). Un’ultima questione: lo smaltimento dei rifiuti. Lo smaltimento dell’uranio (anche se è già un errore usare questo termine, perché l’uranio non viene mai “smaltito”, viene solo messo “sotto il tappeto”, ovvero interrato) comporta un costosissimo procedimento che, ricordiamolo, dovrà essere gestito da privati che dalle centrali dovranno creare profitto (ovvero, tenderanno a risparmiare ovunque possibile).
La questione energetica va affrontata partendo da una consapevolezza: non aspettiamoci scelte sagge da chi sceglie in base alla legge del profitto. Il problema dell’approvvigionamento energetico può essere affrontato solo in una ottica di gestione mondiale delle risorse, in ultima analisi, combattendo il capitalismo che sta portando il pianeta alla catastrofe ambientale e sociale.