Partito di Alternativa Comunista

A chi giova il “coraggio” di Elly Schlein? La “famiglia allargata” di Zingaretti e dei Benetton

A chi giova il “coraggio” di Elly Schlein?

La “famiglia allargata” di Zingaretti e dei Benetton

 

 

 

 

 

di Fabiana Stefanoni

 

 

Alcune indagini statistiche hanno dimostrato che, ormai, i bambini smettono abbastanza presto di credere nell’esistenza di Babbo Natale. Complice la loro dimestichezza con internet e i cellulari, anche i più piccoli ormai capiscono presto che dietro l’abito rosso e il barbone bianco si nascondono lo zio o il papà. Eppure, il trucco del travestimento sembra ancora in voga in politica. L’operazione di maquillage in corso nell’area politica del Pd ci ricorda un po’ i disperati tentavi di alcuni genitori di nascondere ai figli quello che i figli probabilmente già hanno capito, cioè che Babbo Natale non esiste. Coraggiosa fa parte di questa operazione. 

Il trucco alla prova dei fatti 
In realtà Babbo Natale già da molto tempo ha gettato la maschera. Il Pd affonda le sue (lontanissime) radici nel movimento operaio: è nato agli inizi del XXI secolo dalla fusione tra una componente di provenienza Pci (la componente maggioritaria, il Pds) e una componente democristiana (la “Margherita”). Fin dalla sua nascita, era chiarissimo che ogni legame organico col movimento operaio era stato reciso. Pur conservando relazioni con l’apparato burocratico della Cgil – molti dirigenti del Pd provengono da lì: dopo un “training” in Cgil si aprono spesso spazi anche per una carriera politica nel Pd (basti citare i nomi di Sergio Cofferati e Guglielmo Epifani) – la classe sociale di riferimento del Pd era (ed è) la grande borghesia italiana, la quale, a sua volta, nei suoi settori principali, ha trovato nel Pd il suo partito preferito.

De Benedetti, Colaninno, Benetton: sono solo alcuni dei cognomi delle grandi famiglie capitaliste italiane che siedono al banchetto del Pd e che ne orientano le politiche. Il Pd ha legami stretti con grandi banche (dal Monte dei Paschi a Intesa) e gestisce gli affari dei più ricchi industriali del Paese. Non è un caso che i governi a guida Pd siano stati i più attivi sostenitori del processo di costruzione dell’Unione Europea e dell’euro, che aveva come principale fine quello di garantire a questi signori maggiori occasioni di investimento e profitto. Il fatto di avere anche un piede in casa Cgil (precisamente, nell’apparato burocratico della Cgil) non è mai stato un problema per i capitalisti italiani, piuttosto un valore aggiunto: una garanzia di pace sociale per sfruttare più efficacemente la classe lavoratrice. E la burocrazia Cgil non ha, in questo senso, deluso le aspettative.
Dato che il capitalismo italiano non è un monolite ma vede interessi talvolta contrapposti, anche il Pd non è omogeneo: ci sono al suo interno correnti differenti, ognuna delle quali rappresenta un legame, più o meno diretto, con questo o quel settore della borghesia nostrana. L’esempio della corrente renziana è emblematico: Renzi si è presentato come punta di lancia dei settori più oltranzisti del capitalismo italiano (Fiat in testa), quelli disposti a sacrificare i vantaggi della concertazione sindacale per un attacco più pesante ai diritti del lavoro. “Per me Marchionne è stato un gigante”, sentenziava Matteo Renzi e, non a caso, ha cercato di imitarlo esportando il suo modello nella scuola (“Buona scuola”) e nella legislazione del lavoro (“Jobs Act”). Ma l’uscita di Renzi dal Pd non cambia il carattere di classe di quel partito. Non casualmente, il Pd di Zingaretti non ha nessuna intenzione di cancellare le leggi “renziane”: indietro sul Jobs Act non si torna, e anche Landini ha rinunciato, su questo e tanto altro, persino a un’opposizione di facciata.
Possiamo fare una facile previsione: in una situazione di crisi economica che prosegue i capitalisti saranno sempre più famelici. Per conservare e accrescere i loro profitti, avranno bisogno di attaccare ancora più duramente la classe lavoratrice. E’ per questo che non ci sarà in casa Pd nessun sostanziale cambio di rotta rispetto alle politiche precedenti. Questo, del resto, lo dimostrano anche le attuali politiche del Conte Bis di cui il Pd fa parte. Tuttavia il Pd ha un problema da risolvere: i punti accumulati con la borghesia nell’attuazione delle politiche di austerity gli hanno causato un’emorragia di voti tra le masse popolari. Da qui la necessità di rispolverare il costume di Babbo Natale. Da qui l’utilità di forze politiche come Coraggiosa. 

Il coraggio… di servire i padroni
Se i bambini iniziano a sospettare che dietro il vestito di Babbo Natale si nasconda il papà, si può provare a camuffare la sua complice, cioè la mamma: forse i bimbi ricominceranno a crederci… E’ un po’ quello che sta succedendo con Elly Schlein e Coraggiosa. Prima di tutto, sveliamo chi si nasconde, in questo caso, dietro il costume: è Articolo Uno, cui adesso Elly Schlein è legata, cioè il partito politico di Vasco Errani, Pierluigi Bersani e Roberto Speranza (nella coalizione Coraggiosa c’era anche Sinistra italiana di Fratoianni). Si tratta di autorevoli rappresentanti delle più efferate politiche di rapina e attacco alla classe lavoratrice degli ultimi decenni. Bersani è divenuto celebre per le sue “lenzuolate”, vale a dire un pacchetto di privatizzazioni a sua firma approvate dal governo Prodi. Più volte ministro, ha contribuito attivamente allo smantellamento dello stato sociale e ha sostenuto politiche guerrafondaie e antioperaie (tra le ultime, ha anche votato a favore del Jobs Act). Ha fondato Articolo Uno-Mdp insieme con D’Alema, di cui è stato fedele collaboratore quando quest’ultimo era a capo del governo e mandava i cacciabombardieri a massacrare le popolazioni dei Balcani. Similmente, Vasco Errani, già quando era governatore dell’Emilia Romagna, è stato all’avanguardia nelle politiche di privatizzazione dei trasporti (poi ulteriormente accelerate da Bonaccini). Di Roberto Speranza basta dire che è ministro della Sanità del governo Conte bis.
Che Bersani sia impresentabile come rappresentante degli interessi dei lavoratori e delle masse popolari è chiaro a tutti. Molto amato dai capitalisti e per questo spesso ospite nei salotti televisivi, difficilmente potrebbe essere presentato all’elettorato come qualche cosa di nuovo rispetto alle politiche degli ultimi decenni. Da qui l’utilità di una figura come Elly Schlein, che, all’apparenza, sembra qualcosa di diverso, qualcosa in grado di illudere l’elettorato di centrosinistra che sia possibile una “nuova stagione” nelle politiche dei governi a guida Pd. Ma è veramente così?
Per rispondere, ancora una volta, confrontiamo le parole con i fatti. Elly Schlein si dice sicura di poter “condizionare” le politiche future della regione Emilia Romagna (e, in prospettiva, del Paese intero). Partecipa alle assemblee con Sinistra italiana e al contempo guarda “con interesse” al processo di rinnovamento interno al Pd avviato da Zingaretti. Afferma che si può convincere Bonaccini a mettere in campo politiche “più coraggiose”, per ricostruire un “centrosinistra” migliore. 
Posto che, come scrivevamo sopra, pensare che sia possibile convincere il Pd (e quindi la grande borghesia) ad attuare riforme vantaggiose per le classi povere equivale a credere nell’esistenza di Babbo Natale, vogliamo anche provare, con i fatti, che Elly Schlein e i suoi amici - Bersani, Errani e compagnia - non rappresentano nessuna alternativa “di sinistra”. I parlamentari e senatori in quota Articolo Uno - così come tutti quelli che come loro fanno parte dei gruppi parlamentari di Liberi e Uguali (Sinistra Italiana di Fratoianni, Possibile di Civati, Patria e Costituzione di Fassina) - hanno approvato tutte le misure del governo Conte Bis, legge di bilancio inclusa. Stanno sostenendo un governo che ha tacitamente rinnovato gli accordi con la Libia (che implicano torture e morte per migliaia di migranti), che non intende cancellare ma solo ritoccare i famigerati decreti Salvini, che non ha nessuna intenzione di abrogare le leggi antioperaie degli anni passati (dal Jobs Act alla riforma Fornero, dai tagli alla sanità all’aziendalizzazione della scuola), che ha approvato un ipocrita e vergognoso Decreto Clima che prevede nuovi finanziamenti alle industrie inquinanti (Fca ringrazia). E’ un governo in sintonia con le politiche dei governi borghesi di tutto il mondo: togliere quanto più possibile ai poveri per dare ai ricchi. 
Elly Schlein non sfugge a questa concezione della politica. Quando era parlamentare europea (dal 2014 al 2019) è uscita dal Pd aderendo al gruppo “Socialisti e democratici” convinto sostenitore dell’Unione Europea. La Schlein da deputata europea ha fatto esattamente quello che hanno fatto i suoi omologhi nel parlamento italiano: ha appoggiato, votandole, le politiche dell’Ue, facendo al massimo qualche pulce da sinistra. Il cavallo di battaglia della Schlein in Europa è stata la revisione dei trattati di Dublino (1), cioè la distribuzione degli immigrati tra i diversi Stati europei, tenendo conto del pil e della popolazione: un po’ poco in un mondo in cui nessun futuro è garantito a chi ha la sventura di essere nato in un Paese dove non si riesce a sopravvivere. Tanto più che la deputata ha presentato la revisione dei Trattati di Dublino come un modo per cambiare “la norma per cui per anni altri Paesi hanno potuto rimandare in Italia migliaia di persone che non volevano ritornarci (…). La lega si è astenuta e i 5stelle hanno votato contro. A voi il giudizio ” (2). Parafrasi: noi ci siamo battuti tanto, coi fatti e non solo con le parole come fa Salvini, perché il problema dei migranti non sia solo a carico dell’Italia ma venga condiviso un da tutti i Paesi europei; quando abbiamo ottenuto questo risultato la Lega e il M5S, che avrebbero dovuto votare a favore, hanno invece votato contro o si sono astenuti… Insomma, l’impressione è che, come sempre, per il Pd e le sue appendici di sinistra, in fin dei conti la questione dell’immigrazione non sia altro che un problema da gestire: una variazione della stessa sinfonia suonata dai partiti di destra. 

Dove rinasce la speranza
C’è però un dato positivo nel consenso elettorale ottenuto da Elly Schlein: riflette, sebbene in modo distorto, la volontà di cambiamento delle piazze piene del Friday For Future, delle donne, delle Sardine. Una volontà di cambiamento che, indipendentemente dagli opportunismi dei leader (Sartori e compagnia), è indubbiamente un fattore progressivo. Ma nessun cambiamento e persino nessuna riforma è ormai possibile all’interno del sistema capitalistico in crisi. I riformisti continueranno ad appoggiare le politiche razziste, guerrafondaie e di rapina dei governi borghesi; la propaganda populista della destra razzista e xenofoba continuerà a far presa sulle masse attaccate da quei governi. C’è, tuttavia, una speranza, e non risiede nelle illusioni delle masse, bensì, per dirla con Marx, nella loro “prassi rivoluzionaria”: le grandi manifestazioni, gli scioperi, le proteste che stanno attraversando il mondo – dal Cile al Libano alla Francia – sono linfa vitale per la costruzione di quella direzione rivoluzionaria che serve per abbattere questo sistema economico e sociale, per costruire un’economia differente, collettiva, basata sulla soddisfazione dei bisogni sociali e sul rispetto dell’ambiente. Solo così sarà possibile salvare il Pianeta dalla catastrofe e garantire un futuro dignitoso alle giovani generazioni. 

(1) https://www.ellyschlein.it/la-repubblica-intervista-a-elly-schlein-e-tempo-di-cambiare-le-regole-anche-gli-stati-di-visegrad-facciano-la-loro-parte
(2) https://st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2018/06/13/elly-schlein.jpg

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