Partito di Alternativa Comunista

Confindustria e manganello: la scuola del «merito» che piace a Valditara

Confindustria e manganello:

la scuola del «merito» che piace a Valditara

 

 

 

Dipartimento sindacale di Alternativa comunista

 

 

Da quando è diventato ministro dell’Istruzione – anzi dell’«Istruzione e del Merito» (sic) - il leghista Valditara non ha mancato di far parlare di sé. A poche settimane dalla nomina, ha pensato bene di elogiare l’«umiliazione» degli studenti come metodo educativo, suscitando un vespaio di polemiche. Dopo poco, si è prodigato nella caccia all’antifascista, minacciando sanzioni a una dirigente scolastica di Firenze che aveva osato stigmatizzare un’aggressione squadrista avvenuta davanti alla sua scuola (1). Infine, ha tirato fuori dal cappello il liceo made in Italy, che nessuno ha capito esattamente cosa sia e che, a detta degli stessi promotori, si è rivelato un mezzo flop.
Ma queste sparate sono nulla rispetto a quello che davvero bolle nella pentola dell’istruzione italiana: in continuità con i governi precedenti e, soprattutto, in applicazione delle linee guida del Pnrr, la privatizzazione della scuola pubblica italiana sta conoscendo una drastica accelerazione. Il tutto condito con una buona dose di repressione in più.

 

Confindustria detta legge

È interessante leggere quello che scrive Confindustria (2) in relazione all’attuazione del Pnrr nell’ambito educativo («Pnrr education»). I padroni hanno subito fiutato l’affare: alle aziende e alle associazioni degli industriali è riservato un «ruolo chiave». Non si sbagliano: gran parte dei tanto sbandierati fondi del Pnrr, gestiti prima dai governi Conte, poi da Draghi e infine dalla Meloni, finiranno nelle fauci dei privati.
Nonostante settori della sinistra sindacale abbiano seminato illusioni in merito a questi fondi, che non ci fosse molto da sperare in merito a un possibile rilancio dell’istruzione pubblica era esplicitato nelle stesse linee guida: la cosiddetta Missione 4 – cioè la parte del Pnrr dedicata a istruzione e ricerca – è tutta centrata sul collegamento scuola-impresa (3). E, in effetti, le imprese hanno avuto da quel piano grossi vantaggi… mentre le scuole cadono a pezzi. I vincoli nella spesa del Pnrr si sono rivelati una vera e propria truffa per le scuole. Sono centinaia gli istituti che quest’inverno sono rimasti senza riscaldamento a causa di impianti fatiscenti, senza contare l’assenza cronica di spazi: migliaia di studenti non possono scegliere l’istruzione superiore che preferiscono, a causa del numero ridotto di posti disponibili. Lo stesso dicasi per gli asili nido: tanti genitori non hanno trovato posto nei nidi pubblici, con ricadute pesanti sulla vita delle donne (dato che nella società maschilista in cui viviamo la cura dei figli ricade soprattutto sulle madri).
Di fronte a questo scenario catastrofico, è assurdo che gran parte degli investimenti del Pnrr siano andati nell’acquisto di nuove tecnologie (che tra pochi anni saranno già vecchie), nel rinnovo degli arredi (per la gioia delle imprese private che se ne occuperanno) e, soprattutto, nella riforma dell’istruzione tecnico-professionale e dell’orientamento.
Sono questi ultimi due aspetti quelli che interessano di più a Confindustria, che li definisce innovazioni preziose per il «mercato del lavoro». Vediamone i caratteri fondamentali.

 

La scuola a servizio delle imprese

Confindustria ordina, Valditara risponde: si potrebbe riassumere così il senso della riforma dell’istruzione tecnico-professionale, già approvata al Senato e in discussione alla Camera. «Allineare i curricula degli istituti tecnici e professionali alla domanda di competenze che proviene dal tessuto produttivo del Paese» col «potenziamento di alternanza (Pcto) e apprendistato»: ecco il senso della riforma, secondo Confindustria. Soprattutto, grazie a Valditara – ma, soprattutto, grazie al Pnrr – le imprese potranno partecipare direttamente ai percorsi formativi (4). Non solo verranno aumentate le ore di alternanza scuola-lavoro (con tutti i rischi annessi e connessi per la sicurezza degli studenti: non ci scordiamo degli studenti ammazzati in alternanza), ma sono previsti moduli didattici e attività laboratoriali svolti direttamente da soggetti provenienti dai settori delle imprese e delle professioni, con tanto di stipula di contratti di prestazione d’opera. Il tutto avverrà con un percorso scolastico quadriennale (anche questo caldeggiato da Confindustria) che stravolgerà i tempi di studio degli studenti e di lavoro degli insegnanti, con rientri pomeridiani e persino stage nel fine settimana.
Sta procedendo a larghi passi il processo di privatizzazione della scuola pubblica italiana, di cui beneficeranno aziende locali ma anche multinazionali. Il tutto associato alla famigerata autonomia differenziata, che, anche sul terreno dell’istruzione, approfondirà il solco tra zone più ricche e zone più povere del Paese, a scapito del Meridione e delle isole.
Anche la riforma dell’orientamento è un’innovazione introdotta dal Pnrr, allo scopo di potenziare la «sinergia con il mondo delle imprese». In pratica, le scuole sono state costrette a introdurre moduli di 30 ore che, a parole, dovrebbero contrastare la dispersione scolastica ma, nei fatti, serviranno per orientare secondo le esigenze del tessuto produttivo locale. Anche qui i privati la fanno da padroni: si lascerà spazio agli spot pubblicitari di università private, master costosissimi, stage aziendali, ecc. a scapito delle discipline (sempre più penalizzate). Il tutto dovrebbe avvenire con la collaborazione degli insegnanti, tra l’altro sottopagati (si parla di compensi che vanno dai 5 ai 7 euro netti all’ora, senza contare le ore perse per i percorsi di formazione): per fortuna, in molte scuole sono state organizzate iniziative di boicottaggio, con conseguente difficoltà per i dirigenti scolastici a reperire personale disponibile per questo ruolo.
La verità è che le scuole assomigliano sempre più a delle aziende sgangherate, dove i privati la fanno da padroni e gli insegnamenti contano sempre meno: ciò che conta è sfornare forza-lavoro utile per le aziende, meglio se a costo zero (come nei percorsi di alternanza e di apprendistato).

 

Lotte e repressione

Di fronte a questo quadro devastante, è grave che le direzioni dei principali sindacati della scuola (Cgil e Cisl in testa) abbiano firmato il rinnovo contrattuale senza significative proteste, a parte uno sciopero male organizzato a novembre. Si tratta, tra l’altro, di un rinnovo contrattuale senza aumenti significativi: la parte economica del contratto, che è già entrata in vigore, ha visto aumenti netti in busta paga pari a poche decine di euro, con i precari della scuola che spesso non vengono pagati per molti mesi (5). Degno di nota anche l’accordo firmato da Cgil, Cisl, Snals, Gilda e compagnia che prevede il silenzio assenso in merito all’adesione ai fondi pensione per gli assunti dopo del 2019: uno scippo del trattamento di fine servizio (tfs) di cui i lavoratori non verranno nemmeno informati.
Se sul versante sindacale le direzioni firmano accordi e si guardano bene dal rilanciare l’azione di lotta che servirebbe per respingere gli attacchi in corso, sul terreno studentesco, per fortuna, qualcosa si è mosso. Sono decine gli istituti che sono stati occupati nelle scorse settimane, sia contro la contro-riforma di Valditara, sia a supporto della causa palestinese, sia contro le discriminazioni di genere. Da Roma a Milano, da Firenze a Torino, studenti e studentesse hanno fatto sentire la loro voce. In molte città sono state anche organizzate proteste per obiettivi minimi, come il diritto ad avere scuole riscaldate e a norma di sicurezza (diritto che non è garantito).
La risposta del ministro e del governo è stata in sintonia con il carattere reazionario del governo di estrema destra, che ha ulteriormente inasprito le leggi repressive di Salvini (i cosiddetti decreti sicurezza, emanati ai tempi del governo Conte1 e mai ritirati). Sono fioccate denunce e richieste di risarcimento danni, con punizioni esemplari ai danni degli studenti che hanno osato protestare. È eclatante il caso di Modena, dove uno studente rappresentante di istituto è stato punito con ben 12 giorni di sospensione solo per aver organizzato uno sciopero con conferenza stampa davanti alla sua scuola per criticarne il malfunzionamento. A tutto questo si aggiunge la riforma del voto in condotta, che mira a scaricare sulle spalle degli studenti, obbligati persino a svolgere lavori socialmente utili, i problemi di sicurezza che esistono nelle scuole (pensiamo ad esempio alle tante aggressioni ai danni di docenti e studenti) e che richiederebbero interventi e attenzioni di ben altro tipo.
Non c’è molto di nuovo sotto il sole con Valditara: si tratta della continuazione delle stesse logiche privatistiche già portate avanti dai governi precedenti. Ma una novità, purtroppo, c’è e si chiama repressione: gli ultimi decreti del governo (6) mirano a punire (anche con anni di carcere) tutti i giovani che osano alzare la testa contro chi li sta privando di un futuro dignitoso. È necessario che il movimento operaio scenda in campo con forza, fino a respingere tutte le leggi repressive e la privatizzazione dei servizi pubblici: solo l’unità di lotta tra lavoratori e studenti potrà creare i rapporti di forza per porre all’ordine del giorno un cambio di sistema.

 

Note

1.https://www.partitodialternativacomunista.org/politica/nazionale/la-scuola-che-vogliamo-e-antifascista-pubblica-e-di-qualita

2. https://www.confindustria.it/home/pnrr/riforme/dettaglio/Newsletter-Education-novembre-2023

3. https://www.mur.gov.it/it/pnrr/missione-istruzione-e-ricerca

4. Nel già citato documento di Confindustria si scrive: «I processi avviati dalle tre riforme “scuola-impresa” del Pnrr renderanno le imprese italiane una parte integrata al sistema di istruzione al servizio della crescita a tutto tondo dei giovani e delle loro».

5. https://ilmanifesto.it/supplenti-precari-senza-lo-stipendio-ne-un-rimborso. Da segnalare anche che fino ad ora gli aumenti in busta paga si sono visti sporadicamente: per molti mesi la busta paga – soprattutto quella del personale supplente (fino a 200 euro in meno al mese) – è risultata più leggera, sia perché lo Stato si è ripreso gli 80 euro mensili di Renzi precedentemente elargiti, sia a causa di conguagli male organizzati (a febbraio molti lavoratori della scuola troveranno in busta centinaia di euro in meno rispetto alla norma, che è già piuttosto bassa e oscilla tra i 1400 e i 1600 euro mensili).   

6.https://www.partitodialternativacomunista.org/politica/nazionale/governo-meloni-ma-quale-sicurezza-e-solo-repressione-di-daniele-cofani

 

 

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