La Palestina non è in vendita
di Soraya Misleh
Per il magnate di estrema destra diventato presidente, Donald Trump, tutto è un affare e una sua proprietà, in quanto rappresentante dell'imperialismo statunitense. Così, ha cercato di ricattare governi, Stati, studenti e lavoratori. I palestinesi, che non rinunceranno mai al proprio diritto all'autodeterminazione, hanno già avvertito: la Palestina non è in vendita.
Questo è il grido risuonato per le strade di Washington il 4 febbraio durante le proteste che chiedevano l'arresto del criminale subordinato di Trump, Benjamin Netanyahu, e denunciavano la stretta di mano macchiata di sangue palestinese.
La sfacciataggine di Trump
La sfacciata proposta di Trump di assumere il controllo di Gaza da parte degli Stati Uniti, in accordo col primo ministro israeliano genocida Netanyahu, fa parte delle trattative, dopo 15 mesi di genocidio, per normalizzare le relazioni nella regione, soprattutto con l'Arabia Saudita. Emerge anche il desiderio di consolidare un affare di famiglia da tempo in cantiere: trasformare Gaza, secondo le parole dello stesso Trump, in una riviera, con resort e complessi immobiliari per accogliere i miliardari nelle loro vacanze estive. L’idea è affidare al genero, il sionista Jared Kushner, questo «affare cinese», secondo un’espressione popolare usata per indicare qualcosa di estremamente redditizio e vantaggioso.
Trump ha giustificato ipocritamente la sua proposta sostenendo che Gaza è distrutta e inabitabile, che è un luogo di sfortuna per il popolo palestinese, di morte e di bombe. E che la cosa migliore per il popolo palestinese sarebbe avere un altro luogo permanente al di fuori della Striscia dove stabilirsi.
Il tono cinico era quello di un padre preoccupato per i suoi figli che non possono prendere decisioni da soli, accanto al principale responsabile dell'uccisione, solo negli ultimi 15 mesi, di oltre 60.000 palestinesi a Gaza, la maggior parte dei quali donne e bambini, il quale aveva sul volto un sorriso cinico e abietto come quello di Trump, il sorriso di chi si fida del suo padrone e si sente a suo agio accanto al suo capo.
In modo ridicolo, dopo che gli Stati Uniti hanno fornito miliardi di dollari, tonnellate di armi e bombe per il genocidio nella Striscia - e hanno alzato la posta per far avanzare ulteriormente la pulizia etnica già in corso in Cisgiordania, come si è visto dopo il cessate il fuoco a Gaza - Trump dà la colpa alla «sfortuna» che aleggia su Gaza. E dice che i due milioni di palestinesi vorrebbero andarsene da lì, ignorando le storiche immagini del ritorno degli sfollati della striscia da sud verso nord, che cantavano e così superavano il dolore. Ignorando le scene dei palestinesi che rimuovono le macerie delle loro case, improvvisano la sopravvivenza, assicurano la ricostruzione con la medesima ferma promessa che non dimenticheranno né perdoneranno i criminali che hanno sterminato il loro popolo.
Disumanizzazione e razzismo
La disumanizzazione e il razzismo del colonizzatore si esprimono nella strampalata messa in scena di Trump e Netanyahu, trasmessa senza vergogna in tutto il mondo. Ovviamente, in questo quadretto, il popolo palestinese è risultato assente dalle decisioni sul proprio presente e futuro, in quanto considerato incapace di prendere in mano il proprio destino. Questo è espressione della Nakba in corso, la catastrofe palestinese la cui pietra angolare è la formazione dello Stato genocida di Israele nel 1948. L'ideologia colonialista permea ogni gesto e azione dell'imperialismo statunitense e della sua enclave militare, Israele, i cui metodi fascisti mostrano al mondo il suo vero volto.
Il popolo palestinese, così come i governanti sionisti lo hanno sempre considerato all’interno loro progetto coloniale e registrato nei loro diari fin dalla fine del XIX secolo e dall’inizio del XX secolo, è da disprezzare o eliminare, colonizzato per il suo bene. Questa è la retorica con cui si è espresso Trump nel suo discorso del 4 febbraio, al fianco di Netanyahu.
Gaza non è sfortunata, è la terra di eroi ed eroine, terra di Palestina. Il popolo palestinese resiste, e ha prontamente risposto: possiamo lasciare Gaza solo per tornare nelle terre che ci sono state rubate nel 1948, cioè per tornare nei nostri villaggi e nelle nostre città da cui siamo stati espulsi con la violenza, nella Palestina storica, che oggi il mondo chiama «Israele». L'80% dei palestinesi di Gaza sono rifugiati.
La proposta, tanto indecente, ha provocato un'ondata di condanne internazionali, anche da parte di Stati storicamente complici della Nakba in corso. Trump non si è fatto scrupoli nel cercare di umiliare i regimi arabi sotto tutela dell'imperialismo, come Egitto e Giordania, per (invece di "rendere valida") la sua proposta: «ci devono molto, la accetteranno». Il rifiuto è arrivato da tutti, compresa l'Arabia Saudita, ancora una volta al tavolo di Trump, complice nel suo progetto di guidare la ripresa del processo di normalizzazione con Israele.
Sanno che la lotta per la liberazione della Palestina è la causa madre di tutti i popoli arabi oppressi e sfruttati. E che sostenere la pulizia etnica di due milioni di palestinesi creerebbe instabilità, con un'alta probabilità di rivolte e rivoluzioni. Trump ha blaterato con la sua solita logica da affarista commerciale.
Questo progetto non è nuovo. Durante il suo primo mandato aveva addirittura pensato di inviare i palestinesi in Congo o in un altro Paese africano. Non si arrivò a nulla, anche se fece progressi nel tentativo di seppellire la causa palestinese con i suoi famigerati Accordi di Abramo, ovvero la normalizzazione delle relazioni di Israele con i regimi arabi.
L’eroica Resistenza palestinese
L'azione coordinata della Resistenza palestinese nell'ottobre 2023 ha interrotto questo progetto. È stata una conseguenza del perdurare della Nakba, con l'aggravarsi della colonizzazione e della pulizia etnica lontano dagli occhi del mondo, mentre i leader arabi continuavano a stringere la mano sionista macchiata di sangue palestinese senza sentirsi in colpa. Trump, nel suo consiglio di amministrazione del «Monopoly» [banca immobiliare], non vede l'ora di trasferirsi nel luogo dove l'imperialismo è stato costretto a fermarsi.
Ispirata dalla fermezza e dalla perseveranza del resiliente popolo palestinese (sumud in arabo), spetta alla solidarietà internazionale rafforzare la mobilitazione per bloccare i piani di Trump per la «pace dei cimiteri e la prosperità» (un lucroso business per i suoi miliardari e burattini).
Rivolto a lui, il messaggio della ragazzina palestinese Maria Hammoun, sopravvissuta al genocidio di Gaza, che lo rimette al suo posto: «Se le chiedessi di lasciare la sua casa la sua terra, e di andare a vivere in Cina o in Egitto, accetterebbe? Mi scusi se rido, in realtà lei non accetterebbe. Quindi, visto il suo rifiuto, come può aspettarsi che io accetti d’esser costretta ad abbandonare la mia casa e la mia terra? Non siete voi, nel mondo, il paese della libertà? Di che verità parla quando vuole confinarci nella nostra stessa terra natale e nella diaspora? Un consiglio al presidente del mondo: lei controlla il mondo intero eccetto Gaza, perché Gaza è il mondo».
La Palestina non è e non è mai stata in vendita! Come tramandato di generazione in generazione dai nostri padri e nonni espulsi nel 1948: la nostra terra e la nostra libertà non hanno prezzo. Nelle parole del poeta palestinese Rafeef Ziadeh, «i palestinesi insegnano la vita, signore».