Partito di Alternativa Comunista

25 Novembre Giornata mondiale di lotta contro la violenza sulle donne

25 Novembre

Giornata mondiale di lotta contro la violenza sulle donne

Dichiarazione della Lega internazionale dei Lavoratori LIT-CI

Premessa a cura di Laura Sguazzabia (resp. Commissione Lavoro Donne – Pdac)

Nel pubblicare la traduzione della Dichiarazione della Lega Internazionale dei Lavoratori (Lit-Ci) sulla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne desideriamo evidenziare che il 25 novembre vede in ogni parte del mondo discussioni, dibattiti, iniziative, mobilitazioni aventi lo scopo di avviare almeno una riflessione sul tema. In Italia, secondo i dati della ricerca europea “Violence against women: an EU-wide survey” (2014), il 19% delle donne ha subito nel corso della vita violenze fisiche o sessuali da un partner o da un ex-partner e il 38% ha subito da lui abusi psicologici gravi; il 9%, inoltre,  ha subito comportamenti di persecuzione (stalking), quasi sempre da un ex partner. Ma questi dati, di per sé allarmanti, non tengono conto di altre forme di violenza cui le donne proletarie italiane sono soggette. E’ violenza, infatti, la doppia oppressione che le donne quotidianamente subiscono nell’odierno sistema capitalista. L’accentuarsi della crisi economica, i drastici tagli alla spesa sociale con la conseguente riduzione di servizi pubblici e gratuiti, la facilità di fuoriuscita dal mercato del lavoro, in particolare ora che serve far spazio agli uomini, hanno spinto le donne sempre più tra le mura domestiche a sopperire con il loro lavoro di cura alle mancanze dello Stato. Ammortizzatori sociali per necessità, private di indipendenza economica e tutela sociale, le donne sono inoltre penalizzate da politiche familistiche aggressive che le relegano nell’ambito del privato impedendone sempre più la partecipazione alla vita politica, sindacale, sociale e culturale (esemplare in questo senso il welfare lombardo). La legge di stabilità 2015 con i rincari di alcuni servizi (mense, trasporti) e la riduzione di altri (assistenza anziani, ticket sanitari) renderà il prossimo anno ancora più faticoso per le donne. E’ violenza quella educazione che le donne ricevono fin dalla nascita quando comportamenti, gusti e inclinazioni femminili sono modellati in base a ciò che è culturalmente e socialmente accettabile: in questo modo, già da bambine, le donne sono educate per ricoprire i ruoli di mogli e madri, dedicate alle responsabilità del lavoro domestico e alla cura dei familiari. Questa ideologia, trasmessa dalla scuola, dalla famiglia, dalla religione e da tutte le istituzioni, anche attraverso i mezzi di comunicazione, ha riaffermato l’immagine della donna “angelo del focolare” al punto da rendere questa immagine, nel sentire comune, naturale e immutabile. E’ violenza quella che nega alle donne il diritto di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza: il fenomeno incontrollato dell’obiezione di coscienza (con una media nazionale del 70% di obiettori) le costringe a lunghe peregrinazioni in cerca di un ospedale che le accolga, o le costringe ad abortire senza assistenza medica in un bagno di ospedale, oppure a ricorrere alla clandestinità, con tutti i rischi del caso. E’ violenza quella che le marchia come assassine quando chiedono la prescrizione della ricetta per la pillola del giorno dopo, come riportano recenti casi di cronaca. E’ violenza quella che costringe una lavoratrice alla pratica delle “dimissioni in bianco”, una pratica che sta tornando tristemente in uso e che impone l’abbandono del posto di lavoro in caso di maternità.  E’ violenza quella che mercifica il corpo delle donne, relegandole nel ruolo di oggetto sessuale: in questa società degenerata moralmente le donne sono una merce da vendere e da comprare. L’istituzione di una giornata contro la violenza sulle donne è un passo in avanti, ma non è sufficiente: riteniamo che la questione non possa e non debba esaurirsi con le scadenze di rito ma che sia necessario avviare un percorso di riflessione e di lotta che porti ad una reale soluzione del problema.  Il Partito di Alternativa Comunista, sezione italiana della Lega internazionale dei lavoratori, fa appello a tutti, lavoratrici e lavoratori, ad organizzarsi, a scendere in campo nella lotta non solo per dire no alla violenza sulle donne, ma per rivendicare per tutti, donne e uomini, un pieno impiego contro ogni flessibilità e precarizzazione, salari uguali per uguali mansioni, controllo delle lavoratrici sui tempi e sugli orari di lavoro, nonché sul "rischio zero" negli ambienti di lavoro, un'istruzione pubblica e di massa, senza discriminazioni di classe e secondo le vere inclinazioni di ognuna; per il mantenimento e il potenziamento dei servizi pubblici a supporto delle donne, come asili nido, lavanderie e mense sociali di quartiere, centri per anziani e disabili, consultori e ambulatori pubblici diffusi nel territorio, per sottrare le donne al doppio lavoro forzato di cura e liberare il tempo per le attività politiche, sindacali, culturali.

Pubblichiamo di seguito, in traduzione dallo spagnolo, la Dichiarazione della LIT-CI, per il 25 novembre 2014

 

Dichiarazione della Lega internazionale dei Lavoratori LIT-CI (*)

25 Novembre

Giornata mondiale di lotta contro la violenza sulle donne

 

La violenza contro le donne cresce ogni giorno in tutto il mondo. E non solo la violenza fisica, ma anche la violenza psicologica, che non lascia tracce evidenti ma è grave tanto quanto l'altra e lascia conseguenze per il resto della vita.
La situazione è talmente fuori controllo che l'ONU ha dovuto istituire una giornata speciale per richiamare l'attenzione su questo problema e lo ha dovuto riconoscere come una vera e propria pandemia globale. Il 25 novembre, il giorno della non-violenza contro le donne, è quando i media raccontano i casi più aberranti e mostrano vittime mutilate, bruciate, uccise. Istituire un giorno per richiamare l'attenzione sulla crescente violenza contro le donne è importante. Ma non basta.

La Lega Internazionale dei Lavoratori – Lit-Ci si colloca alla testa di questa lotta contro ogni forma di violenza nei confronti delle donne, ma allo stesso tempo segnala che per affrontare il problema sono necessarie azioni concrete e urgenti; è necessario trasformare questa giornata nell’opposto di quello che l'ONU vuole ottenere con essa. Si dovrebbe trasformarla in una giornata di lotta di tutte le donne contro le cause concrete della violenza, ma, soprattutto, contro la stessa ONU e la sua politica imperialista che promuove guerre, genocidi e sfruttamento sfrenato contro i popoli, rendendo il mondo sempre più pericoloso per le donne, specialmente per le più povere, le nere, le immigrate e le lavoratrici di tutti i Paesi. Si dovrebbe trasformarla in una giornata di lotta contro i governi che attuano le politiche dell’ONU, che promuovono e ricevono risorse internazionali, che attraverso migliaia d’ONG, ingannano le donne con le loro politiche d’empowerment e di welfare, lasciando credere loro che questa è la via per risolvere il problema dell’oppressione e della violenza, mentre scaricano sopra alle spalle dei lavoratori e dei poveri, i loro violenti piani di miseria e sfruttamento.

Mentre saccheggiano le nostre ricchezze, i governi imperialisti, attraverso le Nazioni Unite, conducono campagne in difesa dei diritti umani. Recentemente, l'attrice Emma Watson è stata all'Assemblea Generale dell’ONU come Ambasciatrice di buona volontà per lanciare un'altra campagna, chiamata HeforShe (Lui per Lei) per avvertire gli uomini che imparino a convivere con le donne. Pur conducendo campagne mediatiche per i diritti umani, d'altro canto le stesse Nazioni Unite, appoggiano la permanenza delle truppe della Minustha a Haiti che ha appena compiuto 10 anni d’occupazione in questo Paese e sotto la cui protezione i soldati stuprano donne, reprimono manifestazioni e hanno generato un’epidemia di colera che ha mietuto centinaia di vite umane. L'aumento della violenza contro le donne è un grave sintomo dell’espansione dell’ideologia maschilista e patriarcale, della convinzione che gli uomini sono più forti e più capaci rispetto alle donne e che, quindi, devono comandare il mondo. Però per un altro verso è espressione della reazione alla crescente partecipazione delle donne alle lotte sociali, rivolte e rivoluzioni. Così la violenza sessuale contro le donne è diventata un'arma di terrore, come si è constatato nelle recenti mobilitazioni giovanili a Hong Kong: «Donne attiviste per la democrazia a Hong Kong sono state vittime di violenza sessuale e molestie, hanno denunciato questo sabato manifestanti di Amnesty International. L'ONG ha accusato la polizia di "venire meno al dovere di" proteggere i manifestanti nella notte di venerdì, accusando gli agenti di "farsi da parte e non fare nulla" quando antimanifestanti e presunti membri della Triade (la mafia cinese) si sono scontrati con le attiviste nei quartieri Mongkok e Causeway Bay». «Donne e ragazze sono stati tra gli obiettivi, includendo violenza sessuale, molestie e intimidazioni» in queste zone commerciali, "Come se non bastasse, gruppi d’ultradestra hanno distribuito opuscoli ingiungendo alle donne di rimanere a casa altrimenti sarebbero state oggetto di violenza.

Comportamenti simili sono stati riportati durante le manifestazioni di piazza Tahrir in Egitto. In altre la violenza della polizia è stata condotta contro di loro, come abbiamo visto durante le giornate di giugno del 2013 in Brasile, dove c'erano molte donne tra i tanti picchiati e imprigionati.

Quest’ideologia nefasta afferma che le donne sono nate per essere casalinghe, avere dei figli e prendersi cura della famiglia, e non sono adatte per la produzione sociale e politica; tratta le donne come "esseri inferiori", destinate ad essere schiave della casa, a guadagnare meno degli uomini e ad occupare i peggiori posti di lavoro, a farsi carico delle faccende domestiche e ad essere proprietà privata dei mariti e dei compagni, diventando la scusa perfetta per giustificare tutti i tipi di violenza domestica che porta all'omicidio delle donne da parte dei loro compagni.

Queste credenze, fondate soprattutto nella capacità riproduttiva delle donne, che presumibilmente, le rendono più vulnerabili, sono diffuse semplicemente dai governi, dai media, nelle scuole e nei luoghi di lavoro, e sono difese, in particolare, dalla Chiesa. Le diverse religioni, in particolare il cristianesimo, l’ebraismo e l’islam, le tre grandi religioni monoteiste, predicano nelle chiese, nelle sinagoghe e nelle moschee, l'idea che la donna è un essere inferiore, che si deve coprire la testa e obbedire agli uomini, che sono i veri "inviati di dio" e che l'inferiorità femminile è naturale e divina, quindi possiamo solo accettare.

Purtroppo, molte donne, che sono la maggioranza tra le persone religiose, credono a questo e portano questo peso in casa come se fosse un destino tracciato per loro. Si sentono, infatti, inferiori, e accettano il maschilismo, la violenza e l'oppressione quotidiani come se fossero una punizione divina che si meritano.

Quest’impotenza nella quale sono relegate è, forse, la più grande fonte di sofferenza per una donna. La miseria e le terribili condizioni di vita cui sono sottoposte rafforzano queste superstizioni e questi tabù, rendendo le donne ancor più vulnerabili allo stupro, alle aggressioni fisiche fisici e psicologiche, che molte sopportano in silenzio.

La violenza che ha come bersaglio le donne, non richiama l'attenzione solo per le statistiche, ma soprattutto, per il grado di brutalità, che ora supera i precedenti periodi storici della civiltà umana.

L'ONU si limita a denunciare formalmente questa situazione ai governi. Da quando è stato creato, nel 1945, questo organismo dell'imperialismo è stato il contrario di ciò che predica nella sua Carta dei Principi: è uno strumento di promozione della guerra invece che della pace; non garantisce la parità tra uomini e donne, non infrange i pregiudizi religiosi e non rispetta i più semplici diritti umani. Si tratta di uno strumento degli Stati, degli eserciti, delle multinazionali e delle banche per garantire i loro profitti attraverso lo sfruttamento di tutti i popoli.

Facciamo appello a tutte le donne, specialmente alle più povere ed oppresse, perché non nutrano illusioni nei governi borghesi, perché non credano che un'organizzazione come l'ONU potrà dare uguali diritti alle donne e mettere fine alla violenza. Però, allo stesso tempo, affermiamo che è necessario esigere ciò con una forza ogni volta maggiore.

 

Le fonti della violenza

 

Esistono oggi fonti molto chiare dalle quali sgorga la violenza contro le donne. Le innumerevoli guerre di dominazione che affliggono il Medio Oriente, sono un luogo certo di violenza contro di loro. Lo stupro è diventato un'arma per demoralizzare il nemico, ed è praticato in maniera indiscriminata, anche dai soldati delle stesse Nazioni Unite. Tra le vittime dei bombardamenti e dei saccheggi delle città, le donne sono due volte colpite. Se riescono a sopravvivere alle bombe, non sfuggono alla furia sessuale dei soldati. In alcune regioni, le donne sono riuscite a far fronte a questa situazione, come le donne curde, che hanno formato unità militari. Ma la stragrande maggioranza delle donne sono impotenti e bisogna che si armino subito di fucili e mitragliatrici per poter difendersi.
Un'altra fonte di violenza maschilista è la povertà estrema, la sola offerta del sistema capitalista ad intere popolazioni in Africa, India, Asia e America Latina. La mancanza di posti di lavoro dignitosi, la mancanza di salute, la mancanza di prospettive per una vita migliore, le condanne quotidiane e l’arretratezza culturale rafforzano i pregiudizi ed espongono i più vulnerabili -le donne, i bambini, i giovani e gli anziani– alla brutalità quotidiana.

La Chiesa cattolica e le altre religioni sono state un'altra fonte di violenza contro le donne. In modo superficiale, il Papa condanna l'aborto, come se ciò non provocasse alcuna conseguenza. Ogni individuo ha il diritto di credere in un precetto religioso, ma solo e soltanto quando tale disposizione non genera migliaia di vittime, come accade ad esempio con il divieto di abortire. In Vaticano non interessa il diritto delle donne di decidere del loro corpo e della maternità, non interessa che attualmente secondo l’OMS dei 210 milioni di gravidanze ogni anno, 80 milioni sono indesiderate, tanto che solo in America Latina si registrano 3.700.000 aborti non sicuri e che di questi il 17% finisce con la morte per migliaia di giovani donne. Non importa che le donne violentate siano obbligate a tenere i figli, frutto della violenza, che migliaia di giovani ragazze siano costrette dalla morale a tenere figli non desiderati, che finiscono per pagare le conseguenze della barbarie capitalista. Alla fine i sacerdoti non sono quelli che conservano le famiglie più povere che, in ultima istanza, sono i destinatari dei “loro sacri” precetti.

Le altre religioni sono uguali. Nel giudaismo, gli uomini ringraziano dio ogni mattina per non essere nati donne, e le trattano come schiave e come esseri tanto impuri che non possono nemmeno toccare la Torah, il libro sacro degli ebrei, per non contaminarlo. Nell'islamismo, le donne sono viste come "tentatrici", peccaminose e oggetti sessuali.

In realtà, tutte queste fonti di violenza hanno, in ultima analisi, una causa materiale: la necessità di tenere le donne imprigionate in casa per prendersi cura delle faccende domestiche, della riproduzione della forza lavoro e della generazione di nuovi esseri umani, oltre a mantenerle come parte dell’esercito industriale di riserva in qualità di manodopera a basso costo per l'industria, il commercio e i servizi, aumentando il profitto dei capitalisti.

 

Lottare è necessario

 

Questo 25 novembre, nel mondo intero, le donne devono scendere in piazza a gridare che non sopportano più questa situazione. Che non sopportano più la violenza fisica e spirituale che soffrono tutti i giorni, e non sopportano più i discorsi umanisti delle Nazioni Unite, della chiesa e dei governi. Oggi, questa è una lotta di vita o di morte per le donne, letteralmente parlando.
Una legislazione più dura per eliminare la disuguaglianza tra uomini e donne è essenziale in tutti i Paesi del mondo. Campagne contro il maschilismo, le molestie sessuali nei trasporti pubblici e nei luoghi di lavoro e di studio, sono sempre più fondamentali. Ma tutto questo è un disco rotto, condannato ad essere ripetuto milioni di volte, da milioni di voci. Mentre le Nazioni Unite e i governi non mettono la mano in tasca e non attuano misure concrete, come la costruzione di case di accoglienza in tutte le città e quartieri, l’assistenza medica e psicologica per le donne maltrattate, la prigione per gli uomini violenti, luci nelle strade e nelle piazze, tutto ciò non è altro che demagogia.
È necessario che le donne povere abbiano anche un ampio accesso alla giustizia, pur trattandosi di una giustizia borghese. Non solo le donne ricche devono avere accesso alla giustizia, ma tutte le donne, a parità di condizioni. L'emancipazione della donna è concreta e non può essere basata su diritti astratti. I discorsi e le campagne contro il maschilismo, contro le molestie sessuali, sono importanti solo se portano risultati concreti, se c’è investimento di denaro da parte dei governi per garantire tutto questo e, soprattutto, al fine di garantire l'indipendenza finanziaria delle donne con lavori e salari dignitosi, parità di retribuzione con gli uomini, riduzione dell'orario di lavoro per prendersi cura dei bambini, asili pubblici dove lasciare i bambini, alloggi dignitosi e un'istruzione di qualità da sostituire ai pregiudizi e alle superstizioni religiose, l'intelligenza e la fiducia nelle proprie forze per organizzarsi e cambiare il mondo.
Questo 25 novembre dobbiamo lottare, soprattutto per sradicare le tre principali fonti di violenza contro le donne: le guerre con i saccheggi imperialisti, la miseria umana con lo sfruttamento, e l'imposizione religiosa del mito dell’inferiorità femminile.

Come ha detto Marx, il grado di oppressione delle donne è indice del grado di arretratezza di una società. In questo senso, il capitalismo e la società borghese in cui viviamo sono il male. Dimostrano che non servono per la felicità umana, perché sono fonti permanenti e quotidiane di violenza e aggressione nei confronti delle donne, che rappresentano ormai più della metà di tutto il genere umano.

In questo 25 novembre, una volta di più, chiamiamo tutta la classe lavoratrice del mondo, con le donne in testa, per mostrare la sua forza e la solida unione contro il veleno che divide la classe operaia e che ci indebolisce nel lottare e nello sradicare la vera causa di questa calamità contro l'umanità: lo sfruttamento capitalistico.

 

Dedica

 

La Lit-Ci e tutti i suoi militanti nel mondo, dedicano questo 25 novembre alle nostre compagne Carolina Garzon e Sandra Lucia Fernandes e suo figlio di 10 anni Icauã.
Carolina militante del Partito Socialista dei Lavoratori della Colombia (PST), dirigente delle lotte studentesche, è stata rapita più di due anni fa, nella vicina repubblica dell'Ecuador: di lei noi non conosciamo il destino, nonostante l'intensa campagna internazionale verso i governi della Colombia e dell'Ecuador e le loro istituzioni per indagare e trovare i colpevoli e i mandanti di questa atrocità. La rivogliamo viva!

Sandra, militante del Partito Socialista dei Lavoratori Unificato del Brasile (PSTU), è stata vittima della violenza maschilista, insieme a suo figlio, uccisi nel febbraio 2014 a Recife-PE per mano del suo partner.

A tutte le donne vittime della tratta delle persone, di ustioni con l'acido, di abusi fisici e psicologici, di abusi sessuali, e a tutte le donne lavoratrici oggetto non solo della violenza maschilista, ma anche della violenza capitalista!

Chiediamo alle Nazioni Unite e ai governi che investighino sui rapimenti, che si smantellino le organizzazioni coinvolte nella tratta di persone e nella prostituzione. Chiediamo garanzie per vivere!

 

(*) traduzione di Laura Sguazzabia e Matteo Bavassano

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