di tutto il mondo!
Un anno e mezzo fa, il 3 giugno, con lo slogan #NiUnaMenos, un gruppo di giornaliste argentine ha convocato alla mobilitazione contro il femminicidio e la violenza verso le donne. In quel 3 giugno le strade di Buenos Aires si sono rivelate troppo strette per accogliere la mobilitazione più grande cui questo Paese avesse mai assistito fino ad allora in difesa dei diritti delle donne. La mobilitazione ha avuto un impatto mondiale e lo slogan ha cominciato a ricorrere in altri Paesi. Mentre affrontavano la repressione, le donne messicane hanno gridato la stessa cosa ed hanno aggiunto: Vogliamo vivere! E così ha cominciato ad espandersi nel mondo la lotta femminile, sostenuta da migliaia di lavoratori.
Nel 2016, molte donne hanno ripreso a manifestare; grandi mobilitazioni hanno attraversato molti Paesi, ma lo sciopero di donne che hanno fatto le donne polacche per il diritto all’aborto, così come lo sciopero di ottobre in Argentina, hanno segnato una nuova prospettiva. La grande spinta che mancava, l’hanno data le donne nordamericane che in centinaia di migliaia hanno manifestato per affrontare Donald Trump il primo giorno del suo mandato.
A differenza di quanto dice la gran parte dei gruppi femministi nel mondo, questo non ha nulla a che vedere con un empowerment individuale delle donne o con la difesa della nostra “femminilità”. Ciò è accaduto perché la crisi del capitalismo è ogni giorno più intensa, i piani di assestamento dell’imperialismo e dei governi che lo servono, sono ogni giorno più duri e colpiscono con maggior virulenza le donne lavoratrici e povere, che non hanno altra alternativa che cominciare ad opporvisi. Ciò è accaduto perché questa situazione si associa alla violenza maschilista, che ci toglie anche la vita, provocando un’ondata di disgusto e di indignazione in tutto il mondo.
Come Lit-Qi noi abbiamo partecipato con molto entusiasmo a ciascuna di queste azioni, abbiamo condiviso le strade con migliaia di lavoratrici e lavoratori, abbiamo partecipato a riunioni per organizzare le giornate del 25 novembre e ci ha rallegrato il fatto che figure di peso internazionale come Angela Davis e Nancy Fraser, ne abbiano sostenuto la convocazione. Ci rallegra che si prepari uno sciopero di ogni attività contro la violenza maschilista, che i confini siano travalicati, che l’8 marzo sia veramente una giornata internazionale di lotta, che in molti angoli del mondo si stia parlando delle nostre esigenze.
Allo stesso tempo, questo entusiasmo non ci incanta e crediamo che sebbene questo sia un primo passo, dobbiamo ancora parlarne a lungo per evitare che la lotta per la nostra emancipazione si interrompa a metà strada. Siamo convinte che da sole non andremo molto lontano. Il passo avanti che le donne hanno fatto nella lotta, deve essere supportato dalla lotta che tutti i lavoratori e i popoli oppressi devono fare contro l’imperialismo. Dietro ai discorsi maschilisti, omofobi, razzisti e contro gli immigrati di Trump, si nasconde un piano completo per continuare a scaricare la crisi economica mondiale sulle spalle dei lavoratori, dei giovani senza lavoro, e soprattutto dei settori maggiormente oppressi. Tutto ciò serve a dividere la classe in modo che i ricchi possano recuperare i loro favolosi profitti. Trump colpisce per primi i più vulnerabili, ma poi arriverà anche ai diritti dei lavoratori bianchi.
I piani di assestamento e di austerità sono a carico di tutta la classe proletaria, anche se colpiscono con maggior intensità le donne, gli immigrati, i neri e la comunità LGBT. Noi siamo le prime ad avvertire l’aumento del costo della vita perché non possiamo garantire il cibo ai nostri figli, non abbiamo medicine e viviamo in zone sprovviste di servizi pubblici. I tagli, la mancanza di acqua potabile in molti Paesi dell’Africa, ad Haiti e nelle zone più povere del mondo, portano sofferenze terribili. Molte donne in India soffrono di malattie o vengono violate nelle zone rurali perché non possono accedere a servizi igienici e i bagni pubblici sono scarsi. I presupposti per combattere la violenza maschilista, dove esistono, sono scarsi e tendono a scomparire. Siamo alla mercé di noi stesse perché i governi invece di aumentare le tasse ai ricchi e sottrarre i beni rubati dai corrotti, aumentano le tasse e l’IVA ai lavoratori e ai poveri.
Le riunioni di preparazione dell’8 marzo in Argentina si sono pronunciate in modo unanime per esigere che i sindacati convichino lo sciopero in questa giornata, allo stesso modo che in altri Paesi, movimenti di donne o raggruppamenti sindacali – come in Italia Non una di meno e il Fronte di Lotta No Austerity – hanno chiesto ai sindacati di base e al resto dei raggruppamenti di dare copertura alle donne per l’8 marzo. In Brasile, il Movimento delle Donne in Lotta (MML), legato alla CSP-Conlutas, non solo ha aderito alla convocazione dello sciopero internazionale ma ha anche fatto un appello perché lo facciano anche altri settori, come parte della preparazione dello sciopero generale che la classe lavoratrice ha necessità di fare per abbattere il governo di Temer e i suoi progetti di controriforme sociali e lavorative. Il sindacato degli insegnanti dello Stato di San Paolo ha chiesto alla corporazione, in maggioranza femminile, di scioperare in questo giorno.
Prendiamo atto di questi primi esempi e andiamo più in là, facciamo in ogni luogo di lavoro e di studio riunioni, assemblee in cui si discuta e si decida di partecipare allo sciopero mondiale. Tendiamo la mano ai nostri compagni di classe perché scioperino e scendano nelle strade con noi, perché ascoltino le nostre richieste che sono anche le loro richieste, perché gridino al nostro fianco alle organizzazioni sindacali che lo convochino, perché si cominci a combattere il maschilismo nelle nostre fila, perché le nostre richieste si sommino a quelle specifiche di lotta di ogni sciopero.
Facciamo in questa giornata migliaia di proteste davanti alle fabbriche, nelle piazze pubbliche, facciamo appello a mobilitazioni unitarie.
Cominciamo noi, mettiamoci alla testa e battiamoci per i nostri diritti, ma chiediamo che ci accompagnino tutti i lavoratori perché la nostra lotta è quella di tutti gli sfruttati. Perciò questo 8 marzo scioperiamo e lottiamo tutti con e per le donne, così come noi lottiamo contro i licenziamenti, contro le leggi che tagliano le nostre pensioni, per l’istruzione pubblica dei nostri figli, i figli dei lavoratori. Uomini e donne, noi che possiamo fermare la produzione siamo la classe lavoratrice, e sicuramente dovremo affrontare una minoranza di donne che, come Betsy De Vos, ministro dell’Istruzione del governo Trump, è una multimilionaria, padrona della multinazionale Amway, e nemica dell’istruzione pubblica e delle lavoratrici. La gioventù studentesca, può anche fermare o mobilitare le università e i college e unirsi alle azioni che si stanno organizzando in ogni Paese in quella che può essere una grande giornata. Una grande giornata per le donne, una grande giornata di lotta di tutti gli oppressi e sfruttati. Diciamo ai padroni del mondo che siamo sul piede di guerra.
Questo 8 marzo, noi donne lavoratrici ritroveremo la nostra tradizione di lotta, quella tradizione che ha avuto inizio quando questa data fu dichiarata giornata internazionale della donna agli inizi del secolo XX, e che ha avuto un impulso straordinario con il trionfo della rivoluzione operaia nella Russia del 1917. Perché sono state le operaie russe che nel febbraio di quell’anno, nella giornata della donna, hanno cominciato la rivoluzione sociale più toccante della storia. Le operaie e gli operai, i contadini poveri e i soldati semplici compresero che perché la lotta contro la fame, contro la violenza, contro lo sfruttamento spietato e contro l’oppressione non si fermasse a metà strada, era necessario prendere il destino di tutta la società nelle proprie mani e cominciare a costruire una società nuova, una società socialista. E noi vogliamo ripetere questa storia in tutto il mondo.
Basta femminicidi e violenza maschilista!
Contro i tagli e per i pieni diritti alle donne!
Salario uguale a parità di lavoro!
Difesa dei diritti di maternità e depenalizzazione dell’aborto!
Contro il maschilismo e tutte le forme di oppressione!
Via Trump e l’imperialismo!
Per la fine del capitalismo, viva il socialismo!
(traduzione dallo spagnolo di Laura Sguazzabia)