Partito di Alternativa Comunista

Argentina: la risposta che serve per respingere gli attacchi di Milei

Argentina: la risposta che serve per respingere gli attacchi di Milei

 

 

 

Nota del Pstu Argentina

 

 

In questi giorni l’Argentina è attraversata da grandi proteste contro il neonato governo di Milei, rappresentante dell’estrema destra populista e liberista. Pubblichiamo qui una nota del Pstu di Argentina (sezione della Lit-Quarta Internazionale) sui primi decreti governativi e sulla necessità di contrastarli con la mobilitazione di massa. Questo articolo è stato scritto prima della grande manifestazione del 27 dicembre: il quadro politico generale non è sostanzialmente cambiato, ma pubblicheremo a breve altri articoli aggiornati sull’andamento della lotta (La Redazione web).
Il cosiddetto Decreto di Necessità e Urgenza (Dnu) «omnibus» rappresenta uno dei più pesanti attacchi che un governo abbia mai sferrato nella nostra storia alla classe operaia e alle masse popolari. Si colpisce il diritto di sciopero, imponendo ad alcuni settori (quasi tutti) di mantenere il 75% o il 50% dell'attività. Viene imposta una brutale riforma del lavoro. Il periodo di prova prima dell’assunzione viene innalzato a 8 mesi. Si apre la strada all'eliminazione dell'indennità di licenziamento e alla sua sostituzione con un Fondo di fine rapporto lavorativo da finanziare tramite trattenute sui salari. Vengono eliminate le multe per chi utilizza il lavoro nero.
Si permette ai capitalisti stranieri di acquistare terreni senza restrizioni. Si compie il primo passo verso la privatizzazione delle imprese pubbliche. Viene abrogata la legge sugli affitti, il che permetterà ai proprietari di imporre contratti in dollari e tetti di spesa inaffrontabili per i nostri salari svalutati. I padroni della produzione alimentare e dei laboratori di farmaci e forniture mediche avranno piena libertà di stabilire il prezzo che vogliono, a vantaggio dei loro profitti. E si è persino arrivati alla privatizzazione delle squadre di calcio, affinché i milionari stranieri possano controllarle.
E queste sono solo alcune delle misure. Ognuna delle quali va a beneficio di una diversa lobby capitalistica. A spese della nostra sovranità e dei diritti conquistati con anni di lotte.
Il governo afferma che con queste disposizioni dittatoriali starebbe cercando di porre argine alla crisi lasciata dai governi precedenti il che, a lungo termine, ci permetterebbe di riprenderci e di andare avanti. Ma questo accadrà solo per i capitalisti. I lavoratori stanno pagando da anni gli effetti di una crisi economica generata dallo stesso sistema capitalista e dai suoi governi, come quello precedente della famiglia peronista dei Fernández con Sergio Massa. Un sistema che ora deve salvare gli astronomici profitti aziendali svuotando una volta di più le nostre tasche vuote, mentre già i capitalisti godono di profitti milionari.

 

Queste misure vanno a braccetto con la repressione

Il protocollo anti-picchetti di Bullrich - decreto repressivo che porta la firma della ministra della Sicurezza che punisce severamente chi blocca strade o organizza picchetti di protesta - è il complemento di queste misure. Con il bastone si cerca di intimidire qualsiasi tentativo di resistenza.
Questo decreto è stato messo alla prova già il 20 dicembre, giorno della prima manifestazione contro il nuovo governo. La polizia ha effettuato retate su autobus e treni. Ha minacciato i disoccupati che si mobilitavano di far loro perdere i sussidi. E in un certo senso ha raggiunto il suo scopo. La mobilitazione non è andata oltre le disposizioni imposte dal governo. Non è stata bloccata Avenida 9 de Julio (una delle più grandi arterie di Buenos Aires) e alcune organizzazioni hanno chiesto esplicitamente di non mobilitarsi. Questo ha permesso a Milei, Bullrich e compagnia di mostrarsi vincitori.
Ciononostante, la manifestazione ha avuto luogo (e altre continuano in questi giorni). E tutto questo, oltre alla rabbia per il nuovo Decreto, ha rafforzato un settore che di notte uscito a manifestare in diversi quartieri di Buenos Aires e della periferia. Ciò è stato replicato il giorno successivo nel resto del Paese. Ma il protocollo è stato tutt'altro che sconfitto. Alcune di queste manifestazioni sono state represse. E questo metodo repressivo dipende in larga misura dal fatto che questo pacchetto di austerità e saccheggio passi o meno.
Per questo è molto importante il modo in cui ci difendiamo. Dobbiamo tornare alle nostre tradizioni di autodifesa nelle mobilitazioni. Non possiamo scendere in piazza impreparati. E combattere la repressione in tutti i settori, il che significa lottare per l'assoluzione di tutti coloro che sono stati condannati per aver combattuto, come Sebastián Romero, Daniel Ruiz e César Arakaki. E per la libertà dei compagni imprigionati.

 

Cosa serve per sconfiggere questo piano

I primi segnali di resistenza stanno arrivando sotto forma di «cacerolazos» (manifestazioni con pentole e padelle). La Cgt (sindacato argentino) ha minacciato uno sciopero, ma alla fine si limitata a indire una mobilitazione per mercoledì 27 dicembre a mezzogiorno [manifestazione che ha visto scendere in piazza decine di migliaia di persone, con cariche della polizia e arresti, ndr]. La Cta (altro sindacato argentino) e altre organizzazioni hanno indetto una giornata di assemblee e manifestazioni popolari il 22 dicembre.
Ma siamo ancora lontani da ciò che servirebbe. Un pacchetto di misure come questo richiede una risposta che riprenda il cammino del 2001 e del 18 dicembre 2017 [quando ci furono proteste oceaniche che assediarono i palazzi del potere, ndr]. Non abbiamo ancora raggiunto questi obiettivi. C'è molta incertezza e confusione, soprattutto tra i proletari che hanno votato per il libertario Javier Milei, anche se si sta già manifestando un certo malcontento. Non aiuta nemmeno il fatto che chi non lo ha votato dia la colpa di tutto a chi lo ha eletto. Dobbiamo rompere questa divisione tra i lavoratori, il nuovo piano liberista ci colpirà tutti allo stesso modo.
I dirigenti sindacali non aiutano. Minacciano uno sciopero ma finiscono per indire una mobilitazione senza sciopero e a mezzogiorno. Tutto questo si aggiunge al fatto che il nuovo decreto impone ancora più catene di quelle che lo Stato ha già imposto ai sindacati e alle commissioni interne nei luoghi di lavoro. Dobbiamo promuovere un'organizzazione dal basso, al di fuori di queste strutture. Dobbiamo organizzare assemblee per prendere decisioni in tutti i luoghi di lavoro, formare comitati con i migliori attivisti; dove ci sono delegati sindacali che promuovono la lotta, questi devono essere alla testa dell'autorganizzazione dei lavoratori.
Il primo compito: organizzare le prossime lotte, a partire dalla mobilitazione del 27 dicembre. Organizzare i lavoratori, indipendentemente da chi hanno votato. Convincere coloro che sono in dubbio, chi nutre aspettative. E da lì creare le condizioni per una lotta più ampia, preparando forme di mobilitazione che ci permetteranno di aggirare la repressione e organizzare la necessaria autodifesa. Il tutto in funzione della rivendicazione di un piano di lotta nazionale e unitario contro questo pacchetto legislativo, con i dirigenti alla testa della lotta… ma anche senza di loro.

 

Uscire dalla trappola delle istituzioni

C'è chi denuncia questo Decreto come illegale o incostituzionale, facendo riferimento a leggi e articoli su cui basare le loro affermazioni. Ma la Costituzione e le leggi, soprattutto nel sistema capitalista, esistono per garantire che i padroni continuino a fare fortuna e che i lavoratori continuino a essere sfruttati. Ecco perché si permettono decreti come questo. L’attuale decreto non è estraneo alle istituzioni attuali [e infatti i giudici hanno respinto un ricorso della Cgt che dichiarava incostituzionale il pacchetto di misure, ndr]. Queste leggi non sono altro che una nuova trappola di questa democrazia per i ricchi.
Dobbiamo rompere con questa logica. È tempo di proporre una via d'uscita diversa. Un piano economico operaio e popolare che faccia pagare la crisi ai ricchi e alla casta di politici corrotti che l'hanno generata. Per questo è necessario costruire una soluzione rivoluzionaria, operaia e socialista, come alternativa a questo sistema marcio. Il Pstu fa appello a portare avanti questi compiti.

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