Partito di Alternativa Comunista

Europee: un voto contro i regimi borghesi capitalizzato dalle destre Dichiarazione dell'Esecutivo del Pdac

Europee:

un voto contro i regimi borghesi capitalizzato dalle destre

 

 

Dichiarazione dell'Esecutivo del Pdac

 

A grandi linee si può riassumere così: le elezioni europee confermano e approfondiscono la crisi, in corso da anni, dei regimi borghesi dell'Europa dei banchieri ed evidenziano lo scollamento tra un settore crescente delle masse popolari e le forze politiche borghesi che sono (o appaiono) come maggiormente compromesse con le politiche antipopolari del grande capitale.
In assenza di partiti comunisti e di classe con un radicamento di massa, ciò si risolve in primo luogo in una crescita esponenziale dell'astensione dal voto (in direzione della protesta passiva) e in secondo luogo nella crescita percentuale, e in qualche caso anche numerica, delle destre, in particolare di quelle estreme che si presentano come anti-sistema: la Le Pen in Francia, l'Afd in Germania, ecc.
Destre che, usando la demagogia populista, hanno facile gioco nel presentarsi come sedicente alternativa alle politiche anti-operaie degli schieramenti di centrosinistra più compromessi con l'Unione Europea dei banchieri. Ciò si combina ulteriormente con il meccanismo «del pendolo» dell'alternanza, per cui tra chi vota (un numero in costante diminuzione) risulta penalizzato principalmente lo schieramento che ha governato per ultimo e di cui sono più recenti le malefatte: vedi il risultato del voto in Germania e in Francia (in quest'ultima il presidente Macron ha convocato elezioni politiche entro il mese, nel tentativo di recuperare al secondo turno ricorrendo al consueto richiamo «democratico» e «anti-fascista»).

 

L'urlatrice «del popolo»

Il caso italiano, pur nelle sue particolarità, non si discosta da questa tendenza generale.
Fratelli d'Italia, che pure può vantare una vittoria politica per la crescita percentuale dopo due anni di governo Meloni, in numeri assoluti perde 700 mila voti (probabilmente verso l'astensione), solo in parte rimpiazzati dal prosciugamento dell'elettorato della Lega di Salvini in crollo verticale. Complessivamente dunque anche in Italia lo schieramento di governo perde in voti assoluti, anche se ciò non appare nel quadro generale.Nel risultato infatti si controbilanciano l'effetto parzialmente negativo della guida del governo (che però non ha ancora esibito in tutta la sua brutalità le misure che sta preparando) e il profilo (almeno per il momento) di forza «di cambiamento», «popolare», persino paradossalmente «di opposizione», guidata dalla urlatrice «popolana» (che poi ben altri toni usa nei salotti europei o quando porge la fronte al bacio di Biden).

 

La demagogia della Schlein

Il Pd capitalizza, nell'immediato (con una crescita anche in voti assoluti), la attuale collocazione all'opposizione e il volto apparentemente «nuovo» della Schlein che può permettersi, non essendo al governo nazionale, di fare largo uso di una demagogica difesa del welfare (affossato in passato dai precedenti governi di centrosinistra e oggi dalle giunte in cui il Pd governa) e di una ostentata difesa dei diritti civili e dei settori doppiamente oppressi, in particolare donne e lgbt+. La Schlein, facendo largo uso della personalizzazione, gode inoltre del fatto di presentarsi come iniziatrice di una «nuova stagione» (l'ennesima) del Pd, orientata a sinistra. Grazie a tutto ciò assorbe anche una parte dei due milioni di voti persi da Conte e dai Cinque Stelle, il cui profilo «anti-sistema» risulta ormai appannato.

 

Avs, ruota di scorta del Pd

Alla «sinistra» (si fa per dire) del Pd cresce, in percentuale ma anche in voti assoluti, l'Avs di Fratoianni e Bonelli, che (secondo i dati al momento disponibili) attinge anch'essa in parte dal crollo di Conte ma anche e soprattutto dall'astensione, dalle varie sinistre che non presentandosi al voto hanno dato indicazione di voto per Avs insieme a settori di movimento, giovanili e studenteschi, attivisti antifascisti, centri sociali e persino anarchici (tradizionalmente astensionisti) che sono andati a votare solo per sostenere la candidatura della Salis e in parte anche altri volti popolari come il sindaco Mimmo Lucano.
Non è un dato in controtendenza reale rispetto al crollo di tutta la sinistra più o meno riformista in Europa (Die Linke, quello che resta di Rifondazione, Podemos, ecc.). Appare piuttosto un exploit casuale legato appunto principalmente alla candidatura della Salis.
L'eventuale e probabile liberazione della Salis dalle catene di Orban è, evidentemente, un fatto positivo che anche noi salutiamo. Purtroppo va detto con chiarezza che è controbilanciato dall'uso cinico che del quasi 7% guadagnato faranno Fratoianni e Bonelli, già prodighi di dichiarazioni di sostegno all'unità col Pd della Schlein e dei banchieri. Proseguendo la lunga carriera di ruota di scorta del Pd che ha caratterizzato questa formazione che non ha mai fatto mancare in questi anni il proprio sostegno non solo alle politiche anti-operaie del centrosinistra ma anche (al di là delle dichiarazioni) alle misure di repressione dei movimenti varate o prolungate da vari governi (come il Conte 2). Andranno dunque presto deluse le aspettative di chi vede nel voto in Avs anche una sorta di ancoraggio a sinistra del Pd.
Non è un caso che la Schlein abbia salutato il risultato di Avs che, lungi dal costituire un ostacolo, considera giustamente come una specie di struttura in appalto del Pd, una dépendance cioè di quello che resta il principale partito di riferimento dei settori centrali della grande borghesia italiana per essere riuscito, negli ultimi decenni, a garantire meglio di qualsiasi altro schieramento politico i profitti dei padroni a danno dei lavoratori e delle lavoratrici.

 

L'ennesimo fallimento di Rifondazione (con Santoro)

Resta da dire qualcosa sull'esito di Pace, Terra e Dignità, cioè la lista di Michele Santoro a cui Rifondazione Comunista ha fatto da portatrice d'acqua. L'invocazione della «pace» (associata con la conferma di volersi riparare sotto quell'«ombrello della Nato» di cui faceva uso anche il Berlinguer che oggi alcuni rimpiangono e osannano) non è bastata a garantire nemmeno stavolta il passaporto per il palazzo.
Anche stavolta (se ne è ormai perso il conto) non ha funzionato l'ennesimo tentativo del gruppo dirigente del partito, a danno del sacrificio di attivisti e militanti, spaccato al suo interno sulla tattica migliore per trovare una scorciatoia per rientrare nei sottoscala del potere. La lista di Santoro e Acerbo (che ha nel frattempo perso per strada l'alleanza con Potere al popolo), oltre a rimanere a metà del quorum per eleggere deputati, assomma un numero di voti probabilmente insufficiente per rendere credibili l'offerta di sostegno alle ambizioni governiste del Pd, che può, tanto più dopo queste elezioni, contare sul più consistente aiuto di Fratoianni.

 

Costruire le lotte e un'alternativa vera, di sistema

Non essendo nelle condizioni di presentarci alle elezioni europee, che avremmo usato come tribuna di propaganda di un programma rivoluzionario, non ci siamo presentati. Ma le elezioni sono solo un momento della battaglia politica e di certo non il più importante.
Per sbarrare realmente la strada ai venti di destra è necessario costruire, unificare e rilanciare le lotte dei lavoratori e dei giovani, partendo da quelle istanze e quelle piazze che pure in questi mesi si sono riempite (specialmente per sostenere la causa palestinese): piazze e istanze che non avevano nessun corrispettivo in queste elezioni e che non lo troveranno in nessuna delle forze che si è presentata: non Avs di Fratoianni né (se non si scioglierà) nella lista di Santoro-Acerbo.
Di altro c'è urgente bisogno: di costruire quel partito comunista e rivoluzionario che ancora non c'è, basato sull'indipendenza di classe da tutti gli schieramenti borghesi, su un programma di reale alternativa al sistema capitalistico, parte di una internazionale rivoluzionaria. È questa la strada che noi continueremo a percorrere, cercando nelle piazze, nei luoghi di lavoro e nelle scuole il sostegno di un numero crescente di lavoratori e lavoratrici in lotta e di giovani.

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