Partito di Alternativa Comunista

Scioperi in Francia: un potenziale che non va sprecato

Scioperi in Francia: un potenziale che non va sprecato

 

 

 

Intervista a cura della redazione web

 

 

In Francia sono in corso scioperi e mobilitazioni contro il carovita: si tratta di scioperi che riguardano diversi settori lavorativi e che hanno al centro rivendicazioni salariali (ma non solo). Ne parliamo con Michaël Lenoir, militante della Lit-Quarta Internazionale in Francia.

 

Sappiamo che in Francia ci sono stati scioperi in diversi settori lavorativi. Quali settori hanno scioperato esattamente e per quanti giorni?

Per diversi mesi abbiamo assistito a scioperi in molti settori, ma per lo più isolati, non coordinati e mal riportati dai media. Tutto questo ha interessato sia le aziende pubbliche che quelle private. Recentemente ci sono state mobilitazioni con scioperi di diverse settimane nelle centrali nucleari. Il tutto è iniziato il 13 settembre: il 18 settembre dodici delle 18 centrali nucleari francesi erano in sciopero. Ci sono state trattative salariali e il movimento di sciopero è stato sospeso dopo un accordo, venerdì 21 ottobre, che non ha soddisfatto del tutto i dipendenti e i sindacati più combattivi (aumento del 5% per gli stipendi più bassi, con un'inflazione ufficialmente stimata intorno al 6% per quest'anno).
Recentemente, nelle settimane dal 10 al 16 e dal 17 al 23 ottobre (con una convocazione nazionale da parte del sindacato Force Ouvrière), ci sono stati scioperi di uno o più giorni nel sistema di trasporto urbano di alcune città, con interruzione dei servizi di autobus, tram e metropolitane. Lo sciopero ha paralizzato città come Aix en Provence il 10, Pau il 14, Lille il 17, Digione il 22, Rennes il 24 ottobre.
Questa ondata di scioperi interessa settori molto diversi tra loro, ad esempio: sabato 22 ottobre hanno scioperato i drivers dell'azienda Just Eat. Ci sono anche giornate di sciopero nei servizi scolastici, come le mense (a Montpellier hanno scioperato il 20 ottobre). Negli ultimi giorni, grandi aziende come Airbus o Air Liquide hanno scioperato per chiedere un aumento salariale del 10%, così come i lavoratori delle raffinerie.
Nelle ultime settimane, gli scioperi sono stati particolarmente «rumorosi» nell'industria petrolchimica. Il 20 settembre, le raffinerie e i depositi di carburante dei due siti francesi della Esso-Exxon-Mobil hanno scioperato. Il 27, una settimana dopo, sono stati i siti di TotalEnergies a scioperare a loro volta, bloccando gradualmente il lavoro nelle 5 raffinerie e nei depositi di Total di tutta la Francia. La produzione di carburante si stava nei fatti esaurendo. Due raffinerie hanno prolungato lo sciopero, ma il movimento di sciopero nazionale della Total si è esaurito dopo il 18 ottobre.
Nelle prime settimane e fino all’inizio di ottobre, i media della capitale, i padroni e il governo hanno ignorato lo sciopero, come se non fosse un problema. Peggio per loro e, soprattutto, peggio per il governo! Mentre gli automobilisti facevano la fila per fare il pieno e fino al 40% delle stazioni di rifornimento non riusciva a fornire nemmeno un tipo di carburante, il governo sosteneva che non c'era «alcuna carenza» e la direzione della Total rifiutava qualsiasi trattativa. Dall'8 al 9 ottobre il governo ha cambiato completamente la sua strategia comunicativa, ammettendo l'esistenza di problemi di approvvigionamento e invitando le «parti sociali» (imprenditori e sindacati) ad aprire una trattativa.

 

Quali sono le rivendicazioni degli scioperanti e dei sindacati? La burocrazia ha il controllo? C'è un protagonismo del sindacalismo più conflittuale?

La questione al centro di tutti gli scioperi in corso è il potere d'acquisto. Gli scioperanti chiedono un aumento dei salari. È palese che in Francia l'inflazione, anche se inferiore a quella di altri Paesi europei, sta intaccando il potere d'acquisto. Ciò è tanto più vero in quanto, in molti settori, i salari sono congelati da diversi anni. Nel pubblico impiego, gli stipendi sono stati congelati da Sarkozy e sono aumentati di pochissimo sotto il governo Hollande. Il salario minimo è stato aumentato per tenere il passo con l'inflazione (è obbligatorio per legge ed è già successo quattro volte quest'anno), ma gli altri salari, inclusi quelli di poco superiori al salario minimo, non hanno tenuto il passo con l'aumento dei prezzi: c'è un reale problema di potere d'acquisto quando il carburante e gli alimenti aumentano molto più velocemente dell'inflazione media. Il problema del potere d'acquisto è molto sentito anche dai pensionati e dai beneficiari di vari sussidi sociali.... Da qui la grande popolarità di scioperi come quelli dei lavoratori delle raffinerie, nonostante i disagi causati.
I sindacati di solito in Francia avanzano richieste salariali (tranne le direzioni sindacali più putride che si adattano sistematicamente a ciò che vogliono i padroni). La Cgt, ad esempio, chiede un salario minimo lordo di 2.000 euro al mese, 15 euro all'ora per coprire le necessità di base. Ma la verità è che sono gli scioperanti nelle varie aziende a definire le loro richieste. In generale, i lavoratori in lotta chiedono un aumento salariale per compensare l'inflazione. Ad esempio, alla Total un aumento salariale del 10% nel 2022 è stata la richiesta unitaria dei vari siti, ripresa successivamente dalla Cgt. Sembra anche che questa rivendicazione sia stata rilanciata in altri settori (Airbus, Air Liquide e altre aziende meno note).
L'attuale panorama sindacale non è facile da definire in poche parole. Ci sono i sindacati «padronali» in particolare la Cddt e la Cfe-Cgc (sindacati di quadri e dirigenti) che hanno firmato accordi di sciopero alle spalle degli scioperanti della Exxon-Mobil e della Total, nonostante questi due sindacati fossero contrari allo sciopero! Gli scioperanti, che avevano la maggioranza a livello territoriale, non avevano la maggioranza nell'azienda nel suo complesso e con le nuove leggi sindacali - grazie a Macron! – quelli che non scioperano possono decidere gli accordi per chi sciopera!
Il principale attore sindacale al momento è la Cgt. È il sindacato che è stato al centro della lotta dei lavoratori delle raffinerie. Non è un sindacato rivoluzionario - lo sappiamo - ma credo che in questo momento questo sindacato voglia darsi un'immagine di popolarità e di difesa intransigente dei lavoratori. All'inizio di dicembre si terranno le elezioni sindacali nelle categorie e la Cgt intende giocarsi la carta della difesa dei lavoratori e del potere d'acquisto.
Oltre alla Cgt troviamo in prima linea Solidaires, che sta chiedendo il prolungamento degli scioperi e lo «sciopero generale»: Solidaires ha un atteggiamento più combattivo, ma è un sindacato meno radicato, soprattutto nel settore industriale privato. La Fsu (presente solo nel settore pubblico, primo sindacato tra gli insegnanti) segue la Cgt ma non guida la lotta. La Fo a volte sciopera (18/10) a volte no (29/9).
Credo che la direzione confederale della Cgt non voglia uno sciopero generale che non potrebbe controllare. Hanno molta paura di questo. Il loro segretario generale, Philippe Martinez, si rifiuta di parlare di «sciopero generale» e preferisce parlare di «scioperi generalizzati» o di «amplificare gli scioperi». Si sta quindi tornando a una strategia già vista di giornate di sciopero «intersettoriale» (è stato proclamato uno sciopero pressoché isolato della Cgt il 27 ottobre, in pieno periodo di vacanze scolastiche, e uno è previsto per il 10 novembre, probabilmente con gli altri sindacati che hanno partecipato allo sciopero del 18 ottobre).

 

Si è parlato molto dello sciopero del 18 ottobre. Com'è stato quel giorno?

La giornata di sciopero del 18 ottobre non è stata all'altezza delle aspettative e delle necessità. La partecipazione è stata leggermente migliore rispetto allo sciopero intersettoriale del 29 settembre, ma non c'è stato un salto di qualità nella mobilitazione e lo sciopero è stato rilanciato in pochi luoghi, essenzialmente in una minoranza di centri e linee Sncf (ferrovie). Le manifestazioni a livello nazionale hanno riunito 300.000 persone in Francia e 70.000 a Parigi secondo la Cgt (107.000 e 13.000 rispettivamente, secondo il Ministero dell'Interno).
La giornata intersettoriale del 18 ottobre è stata lanciata il 13 dalle direzioni sindacali di Cgt, Solidaires, Fsu e Fo, a cui si sono aggiunte le organizzazioni giovanili degli studenti e delle scuole secondarie. A scatenare questa giornata è stato un brutale attacco al diritto di sciopero iniziato il 12 ottobre: ci sono state precettazioni di lavoratori in sciopero, prima alla Exxon-Mobil e poi alla Total. Per il governo e i suoi media la prosecuzione dello sciopero era illegittima e antidemocratica perché è stato firmato un accordo «di maggioranza» da due direzioni sindacali contrarie allo sciopero: sono burocrazie sempre pronte a firmare accordi vergognosi con i padroni, ma «di maggioranza» nel loro insieme (Cfdt e Cfe-Cgc) nelle due multinazionali del petrolio.
Gli scioperanti, essendo largamente maggioritari nei siti in questione, hanno rifiutato questi accordi e hanno voluto continuare lo sciopero, rivendicando il fatto che il diritto di sciopero è un diritto individuale di partecipare a un movimento collettivo. I lavoratori in lotta sono stati pugnalati alle spalle dalle direzioni della Cfdt e della Cfe-Cgt prima alla Exxon-Mobil, poi alla Total. Alla Exxon è stato ottenuto un risultato minimo, con un bonus di trasporto di 750 euro lordi (un bonus che ha anticipato di pochi mesi una trattativa che avrebbe dovuto comunque avere luogo). Le direzioni sindacali traditrici hanno accettato questa elemosina, senza guadagnare nulla in termini di salari. Alla Total, mentre gli scioperanti chiedevano un aumento salariale del 10% per il 2022, la Total ha «generosamente» concesso il 5% per il 2022 e il 2023, più qualche bonus: una proposta falsamente presentata come equivalente a un aumento salariale del 7% e giudicata positivamente dalla Cfdt e dalla Cfe-Cgc, pur ratificando un calo dei salari reali e del loro potere d’acquisto.
Per questo motivo le direzioni sindacali di Cgt, Solidaires, Fsu e Fo, spesso contestate dalla loro base in rivolta, hanno indetto questa giornata interprofessionale di sciopero con manifestazioni in tutto il Paese, sia nel settore pubblico che in quello privato. Gli slogan centrali erano due: aumentare i salari e difendere il diritto di sciopero.
Gli attivisti sindacali sul campo affermano in generale che la giornata non è stata ben preparata. Nel campo dell'istruzione questo è evidente. La Fsu, in particolare, non ha spinto per lo sciopero e molti insegnanti, soprattutto nelle scuole elementari, sono venuti a conoscenza troppo tardi (o nemmeno sono venuti a conoscenza) del fatto c'era uno sciopero martedì 18 ottobre…
Possiamo anche chiederci perché i portuali, che sembravano essere molto solidali con i lavoratori delle raffinerie, abbiano scioperato solo per 4 ore e non abbiano prolungato lo sciopero. Nell’azienda dell’energia Edf, dove i lavoratori sono particolarmente arrabbiati, il 18 ottobre erano in sciopero 11 delle 18 centrali nucleari, ma lo sciopero non è stato poi prolungato. In questi settori la Cgt ha un grosso peso. Nelle ferrovie (Sncf), il segretario del sindacato dei ferrovieri non si è precluso «alcuno scenario per lo sviluppo dell'azione»; una bella ambiguità: non ha impedito la continuazione dello sciopero, ma non l'ha nemmeno organizzata. Sud Rail (il sindacato dei ferrovieri di Solidaires) si è mostrato più combattivo e ha deciso di prolungare lo sciopero anche il 19 ottobre, soprattutto dove è più radicato. Nella Ratp (trasporti parigini) lo sciopero non è stato molto seguito: perché non è stato fatto altro, quando gli scioperanti della Total si aspettavano un sostegno reale da altri settori e vi hanno fatto appello? Tutto ciò fa pensare che la dirigenza confederale della Cgt non sia così combattiva come vuole apparire e che, in realtà, stia impedendo che lo sciopero si sviluppi al di là di una sola giornata.
Ma la rabbia sociale c'è e sta crescendo. Tanto che persino la polizia prevedeva un rischio di «contagio» delle lotte sociali e degli scioperi intorno alle raffinerie a partire dal 18 e lo ha reso noto in un rapporto che è stato divulgato alla stampa. Il documento affermava: «Il possibile contagio ad altri settori lavorativi come i portuali, le guardie portuali, i ferrovieri, le guardie delle centrali nucleari e il settore automobilistico sembra concretizzarsi».

 

Come si comportano i partiti della sinistra riformista, come Mélenchon? e come dovremmo comportarci noi rivoluzionari?

La verità è che, per il momento, le lotte sono ancora principalmente dirette dai sindacati. Dato che le direzioni sindacali sono quasi sempre burocratizzate, qualunque sia la loro linea, osserviamo che ogni volta che sorge una lotta questi apparati burocratici hanno più o meno paura di essere scavalcati dalla base. Contrariamente a quasi tutto ciò che si può sentire o leggere sui media, questo è ciò che sta accadendo in particolare nel sindacato più coinvolto negli scioperi attuali, la Cgt.
Per quanto riguarda i partiti della sinistra riformista, i toni variano da partito a partito e da politico a politico. Mélenchon, durante la manifestazione organizzata a Parigi il 16 ottobre «contro l'alto costo della vita e l'inazione climatica» e a cui hanno aderito altri gruppi o partiti (l’Npa, ad esempio), 700 sindacalisti e decine di personalità (la manifestazione ha riunito decine di migliaia di persone), ha fatto appello allo «sciopero generale». Il riferimento al Sessantotto è presente in molti discorsi. Ma da queste parole a costruire l’azione che servirebbe per arrivare a questo ne passa!
Molti militanti dell'Lfi [La France Insoumise, il partito di Melanchon, ndt] sostengono effettivamente gli scioperi. Ma Mélenchon e la direzione dell'Lfi affermano sempre di essere solidali con i sindacati ma non criticano le politiche dei loro dirigenti. Nemmeno l'Npa lo fa… o comunque poco. Per non parlare dei partiti più a destra del Nupes (la Nuova Unione popolare ecologista e sociale), come il Partito socialista: a questi andrebbe persino spiegato perché bisogna sostenere gli scioperi in corso, altro che sciopero generale…
Il problema in questa nuova ondata di attivismo che sta sorgendo ora in Francia, come nelle lotte precedenti, è sul terreno dell'autorganizzazione, ed è qui che i rivoluzionari devono distinguersi. È assolutamente necessario strappare la guida della lotta dalle mani delle burocrazie sindacali che, in ogni dove, portano alla sconfitta. Questo non significa ignorare i delegati sindacali, ma significa costruire la direzione degli scioperi dal basso. Significa anche sviluppare relazioni tra i lavoratori di diversi settori, scavalcando gli apparati burocratici sindacali. A tal fine occorre promuovere comitati di sciopero, organizzati in modo trasparente e democratico e davvero rappresentativi dei lavoratori. L'agitazione in questo campo è una necessità. Questo è ciò che è mancato nell'inverno 2019-2020 contro la riforma delle pensioni di Macron. Questo è ciò che manca ora. È su questo che dobbiamo basarci, soprattutto perché Macron si prepara a breve ad attaccare nuovamente le pensioni.

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