A proposito delle leggi sulle delocalizzazioni
di Massimiliano Dancelli
Lo scorso 11 agosto, i lavoratori della Gkn hanno lanciato la prima di tante manifestazioni per protestare contro la chiusura dello stabilimento fiorentino decisa dalla multinazionale del settore automotive Melrose. Come sostenuto dagli stessi lavoratori, il loro sito produttivo era tutt’altro che in perdita e le commesse non mancavano, quindi la decisione dell’azienda non è altro che una delocalizzazione verso Paesi in cui il costo della manodopera è più basso. Grazie anche alle rivendicazioni dei lavoratori e delle lavoratrici in lotta, non solo di Gkn ma anche di Whirpool e Gianetti ruote (in totale oltre 1000 lavoratori licenziati senza preavviso e senza contare le ricadute sull’indotto), si è riaperto il dibattito sulla necessità di una legge contro le delocalizzazioni e sono state presentate in Parlamento due bozze di proposta di legge. Ma davvero una legge all’interno del sistema capitalistico potrebbe risolvere il problema? Vediamo in questo articolo di capire meglio perché secondo noi questa legge sarebbe l’ennesima truffa perpetrata ai danni dei lavoratori.
Quali sono le due proposte in campo?
Il ministro del Lavoro Orlando e la viceministra dello Sviluppo Todde avevano presentato, il 19 agosto scorso, una bozza di legge (già cestinata dal Parlamento) che si ispirava alla fallimentare loi florange, varata in Francia nel 2014 dall’allora governo Hollande, per rispondere alla «fuga» di Arcelor Mittal dallo stabilimento della Mosella. La legge, come vediamo, non lega assolutamente le mani alle multinazionali che decidono di delocalizzare. Nel dettaglio, la legge, applicabile solo per le aziende con più di 100 dipendenti, implicherebbe solo l’obbligo di comunicare con sei mesi di anticipo la procedura di licenziamento alle maestranze e l’obbligo di attivarsi, nei suddetti sei mesi, per trovare un nuovo padrone che subentri nel sito produttivo al posto suo. Basterebbe solo l’intenzione di provare a cercarlo, nel caso non lo si trovasse non ci sarebbero sanzioni e, anche quando le sanzioni sono previste, rappresenterebbero solo il 2% del fatturato (tra l’altro solo nel caso in cui l’azienda se ne vada entro i primi cinque anni dopo essersi insediata con l’aiuto di fondi pubblici). Come balza immediatamente all’occhio, si tratterebbe di una legge vuota di contenuti, come ammesso persino dall’ex titolare del Mise, Stefano Patuanelli commentando i recenti incontri relativi alla chiusura della Whirpool a Napoli. Sull’onda della lotta che stanno conducendo, il Collettivo di fabbrica della Gkn è riuscito col sostegno del senatore Matteo Mantero, ex deputato M5S ora passato a Potere al Popolo, e della deputata Yana Ehm, del Gruppo misto (1), a presentare il 7 ottobre una propria proposta di legge. La legge votata in assemblea dagli operai Gkn (2) appare essenzialmente più vincolante e più restrittiva rispetto alla proposta Orlando-Todde e inserisce il concetto di nazionalizzazione che invece manca nella bozza ministeriale.
Nulla di buono dal Parlamento borghese
Come spiegato sopra, la proposta di legge a firma Orlando e Todde, appare totalmente inutile e facilmente aggirabile dai padroni delle grandi multinazionali, che, anche nel caso venissero sanzionati, non avrebbero alcun problema a pagare la multa, dal momento che sarebbe sempre inferiore rispetto ai vantaggi economici che derivano loro nello spostare la produzione verso quei Paesi dove ci sono condizioni fiscali migliori, la manodopera costa molto meno e i diritti dei lavoratori sono quasi inesistenti.
La proposta di legge presentata dal collettivo di fabbrica Gkn nasce da buone intenzioni, ma è destinata a scontrarsi con la dura realtà del Parlamento borghese. Prima di tutto, difficilmente verrà approvata. Ma, anche nel caso (improbabile) in cui venisse, almeno in parte, approvata – magari sull’onda delle lotte operaie - già sappiamo che i padroni non avrebbero alcuna difficoltà ad aggirarla o fare in modo che non venga nemmeno applicata. Il classico esempio lo troviamo per quanto riguarda la legislazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. In questo campo vi sono norme molto stringenti che, se realmente applicate, ridurrebbero di parecchio gli infortuni ma, come vediamo dagli oltre 1300 morti all’anno solo in Italia, i padroni trovano il modo di ignorare ed aggirare comodamente tali imposizioni e il governo, senza la spinta di una lotta vera da parte dei lavoratori e delle lavoratrici, chiude un occhio, se non tutti e due.
Noi sosteniamo lo spirito dell’iniziativa messa in campo dagli operai della Gkn: la proposta di una legge che impedisca ai padroni di delocalizzare va vista come parte di un percorso di lotta, all’interno di un programma di rivendicazioni transitorie, utili ad innalzare la coscienza dei lavoratori e delle lavoratrici, senza farsi illusioni sulla vera natura del Parlamento borghese. L’unica soluzione possibile per le operaie e per gli operai che rischiano il licenziamento è la nazionalizzazione senza indennizzo e la messa sotto controllo dei lavoratori per tutte quelle fabbriche che chiudono e licenziano, obiettivo che solo un governo operaio potrà conseguire. Quindi nessuna fiducia nel governo borghese e nelle leggi da esso varate.
Solo la lotta potrà impedire i licenziamenti
In definitiva, se vogliamo costringere i padroni ad avere più rispetto per i lavoratori e le loro famiglie, possiamo farlo solo volgendo a nostro vantaggio i rapporti di forza e questo è possibile solo con una lotta intransigente, resistendo un minuto in più del padrone. I lavoratori della Gkn, del resto, ci hanno indicato la strada col loro esempio di lotta e con il loro slogan «insorgiamo»; ci hanno invitato appunto a ribellarci, ad «insorgere» se vogliamo salvare i posti di lavoro e provare a cambiare realmente le cose. Questo sarà possibile solo ricercando la solidarietà e l’unità di tutti i lavoratori e le lavoratrici che stanno subendo la stessa sorte, e non solo. I lavoratori di Alitalia col comitato Tutti a bordo e quelli della Whirpool hanno risposto presente all’appello del Collettivo di fabbrica della Gkn e si sono uniti nella lotta e nella richiesta a tutte le maggiori organizzazioni sindacali affinché convochino finalmente un vero sciopero generale che possa rappresentare il trampolino di lancio per lo scoppio della lotta di classe anche nel nostro Paese. Per essere vincente, la battaglia contro le delocalizzazioni deve anche essere condotta sul piano internazionale. I lavoratori dei Paesi in cui sarà spostata la produzione non devono essere visti come nemici ma come alleati fedeli a cui unirsi nella lotta per far avanzare anche presso di loro le rivendicazioni dei diritti e del salario. In conclusione, solo unendoci tutti, lavoratori e lavoratrici del mondo, senza distinzione di razza, genere e orientamento di genere, in questa lotta comune, potremo avere buone probabilità di risolvere una volta per tutte le istanze del diritto al lavoro ed a una esistenza dignitosa.
Note:
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https://www.controradio.it/gkn-presentato-in-parlamento-progetto-legge-delocalizzazioni/
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Qui il testo della proposta di legge: https://sindacatounaltracosa.org/2021/09/03/gkn-i-lavoratori-chiedono-di-scrivere-la-legge-sulle-delocalizzazioni/