Bologna: fuorisede e affitti, facciamo chiarezza
di Elio Carosone*
A distanza di qualche mese dall’inizio dei corsi universitari, bussa alla porta del rettore un quadro talmente sconvolgente che persino la stampa borghese fa fatica ad ignorare: la situazione abitativa degli studenti fuorisede.
La circostanza è la seguente: nella città di Bologna gli universitari sono circa 68 mila, di cui la metà è fuorisede e le case a loro disposizione sono pochissime.
Le colpe sono palesi e su diversi livelli, con una cronologia che più va avanti più scende nel tragico: a rendere insostenibile la situazione in principio è il mercato degli affitti brevi, di cui si stima ad oggi che il 4% dei proprietari riscuota quasi un terzo delle entrate totali; segue l’abolizione della didattica a distanza, che forza centinaia di studenti a cercare un alloggio; se alla ricetta aggiungiamo dunque inflazione e aumento delle bollette avremo ottenuto un mercato inaccessibile con una domanda altissima.
Prezzi inaccessibili
Il risultato è che in città il prezzo medio è di 450 euro per una stanza singola e 325 per una doppia, contro una media italiana di rispettivamente 324 e 209 euro (1). A quanto pare il famoso invito «a tornare a casa loro» si applica trasversalmente anche nella «rossa» Bologna.
Per fortuna gli studenti non sono rimasti del tutto in ombra, ma quando sono usciti hanno promosso di «osservare» o «regolare», in parole povere, quietamente subire il capitale. I più arditi hanno portato avanti rapide occupazioni di patrimonio pubblico inutilizzato, in cui hanno caricato discorsi, lanciato parole e terminato con ottimi dialoghi di accordo alle promesse del Comune. Quando ciò non è avvenuto, sono arrivate le vere cariche repressive e si è aperto il sipario: il rettore assai dispiaciuto ha declamato (2) «per dialogare ci siamo sempre», che nella realtà si traduce solitamente in «le richieste degli occupanti sono state ignorate per settimane».
Ogni azione quindi che non viene riportata in grembo alla borghesia finisce per essere strangolata, soprattutto se nata da un moto popolare e da necessità materiali.
Il ruolo del governo nazionale…
Di fronte ad una situazione di perfetta economia capitalista il lettore più attento si troverà a pensare alla posizione dello Stato e del governo in tutto questo. In sintesi, un abuso mostruoso.
Il governo in carica si distingue particolarmente per non essersi discostato affatto dalla linea politica degli ultimi secoli: tralasciando l’analisi sulla manovra di bilancio, si annunciano tagli su tagli a partire dal bonus cultura, usato spesso per acquistare i libri di testo scolastici; in perfetta continuità col governo Draghi si conferma la riduzione della spesa (progressiva in 10 anni) di 3,86 miliardi all’istruzione pubblica, mentre generosamente sono concessi 90 milioni alle paritarie, comunemente chiamate «scuole private».
In questo quadro il ministero dell’istruzione tuona e le Regioni pedissequamente seguono in accordo, indipendentemente dalla direzione politica del loro presidente.
…e quello dei governi locali
Spinta forse poi da un moto di pietà verso la situazione abitativa, l’Emilia Romagna tenta di non mancare troppo al diritto allo studio, centellinando borse di studio che non bastano minimamente a supportare i bisogni degli studenti.
Sulle borse di studio si apre quindi una voragine infernale burocratica che nelle trame della legge spera in tutti i modi di finanziare meno persone possibili, con il risultato paradossale che solo chi ha già possibilità economiche riesce a ricevere i soldi della borsa.
Abbiamo visto la situazione del mercato, dell’università e dello Stato, portiamo quindi alla sbarra l’ultimo imputato: il Comune.
I programmi comunali sono silenti sul tema abitazioni da circa un anno, ma in realtà attivissimi in fantastici programmi come «un questionario sulla camminabilità e ciclabilità […] nelle zone di Bologna» o «Bologna e Talento: investire nel capitale umano come fattore di crescita», progetti sicuramente bellissimi, se solo fossimo a Bologna per viverli.
Come per le borse di studio poi, i soldi stanziati vanno ad arricchire i più ricchi: notabile in questo senso è la compensazione di 1,3 milioni di euro ai proprietari affittuari «per calmierare i prezzi», azione che li ha fatti alzare ancora di più visto che «paga lo Stato».
Infine gli studentati esistenti sono legati al profitto e hanno regole d’accesso rigidissime: i tre studentati di cui è stata approvata la costruzione non saranno sufficienti e ridicoli sono anche i 600 contributi straordinari dallo stratosferico valore di mille euro per la fascia Isee tra i 24.335 e i 28 mila euro.
La scusa del Comune per non costruire di più? La legge 338/2000, che prevede il cofinanziamento da parte dello Stato, il quale giustamente di giovani si preoccupa solo quando si tratta di tagliare.
Ma perché costruire di più quando la città è costellata da circa 700 edifici vuoti di cui un quarto ha già destinazione d’uso residenziale? (3)
Cambiare tutto!
Di fronte a tutte queste domande la risposta è chiara e semplice: o si cambia tutto o non si cambia nulla, a poco serve la prassi di sedicenti rivoluzionari: bisogna frantumare l’ideologia del profitto e l’intero sistema economico capitalista.
Solo con l’unione rivoluzionaria di studenti e operai sarà possibile cacciare i governi borghesi e i loro sottoprodotti, solo con la giusta direzione sarà possibile rispondere a tutte le necessità del futuro e solo con la lotta organizzata e strutturale potremo trasformare una situazione per la borghesia rosea in una realtà che già adesso potrebbe essere rossa.
*Studente universitario a Bologna
(1) Secondo i dati 2022 di SoloAffitti
(2) Dopo l’occupazione (seguita da sgombero) del Cua della casa Felicini Giovannini
(3) Mappatura della rete D(i)ritti alla città