Partito di Alternativa Comunista

INTERVENTI DEL 22 APRILE - SCISSIONE DAL PRC

RIFONDIAMO UN PARTITO COMUNISTA PER GARANTIRE L'OPPOSIZIONE DI CLASSE E L'ALTERNATIVA ANTICAPITALISTICA

Nessun sostegno al governo della Confindustria

ATTI DEL CONVEGNO TENUTOSI A ROMA

IL 22 APRILE SCORSO  

Intervento di apertura dell'Assemblea di Pia Gigli
(ex Cpn di Rifondazione Comunista)

La scissione dal Prc governista di Bertinotti, le ragioni di PC - Rol
Introduzione di Valerio Torre (ex Cpn di Rifondazione Comunista)

Il governo Prodi, un governo amico dei padroni, nemico dei lavoratori. Rilanciamo l'opposizione di classe.
Intervento di Fabiana Stefanoni
(ex dirigente nazionale dei Giovani Comunisti di Rifondazione)

Un'esperienza di lotta all'Alitalia
Intervento di Andrea Spadoni (Cub Nazionale Trasporti)

I giovani nella costruzione del nuovo partito
Intervento di Roberto Angiuoni (ex Giovani Comunisti, Roma)

Le lotte operaie e sindacali alla base del nuovo partito
Intervento di Francesco Doro (direttivo reg. Fiom Cgil Veneto)

Il partito che vogliamo costruire: comunista, rivoluzionario, radicato nelle lotte politiche e sindacali
Intervento di Antonino Marceca (ex Cpn di Rifondazione Comunista)

Da "cuore dell'opposizione" ad appendice del governo liberale: la parabola riformista di Rifondazione. La necessità di un nuovo partito
Intervento di Ruggero Mantovani (ex Cpn di Rifondazione Comunista)

La nostra battaglia antimperialista e internazionalista
Intervento di Alberto Madoglio (ex Cpn di Rifondazione Comunista)

Il percorso costituente del nuovo partito
Intervento di Michele Rizzi (ex Cpn di Rifondazione Comunista)

La costruzione di un nuovo partito comunista, rivoluzionario
Conclusioni di Francesco Ricci (ex Esecutivo nazionale Prc)

GLI INTERVENTI DI SALUTO ALL'ASSEMBLEA

IL SALUTO DEL SEGRETARIATO INTERNAZIONALE DELLA
LEGA INTERNAZIONALE DEI LAVORATORI - QUARTA INTERNAZIONALE (LIT-CI)

IL SALUTO DELLE SEZIONI ARGENTINA, STATUNITENSE, CILENA E URUGUAIANA DELL'UNIT� INTERNAZIONALE DEI LAVORATORI - QUARTA INTERNAZIONALE (UIT- CI)

IL SALUTO DEL MOVIMENTO SOCIALISTA DEI LAVORATORI (MST), SEZIONE ARGENTINA DELLA UIT

IL SALUTO DI INIZIATIVA MARXISTA (IM, GERMANIA )

IL SALUTO DI LA COMUNE (SEZIONE FRANCESE DELLA UIT)

IL SALUTO DELL'UNT DEL VENEZUELA

IL SALUTO DI JUAN CHINGO A NOME DELLA FRAZIONE TROTSKISTA PER LA QUARTA INTERNAZIONALE (FT-CI)


Intervento di apertura dell'Assemblea di Pia Gigli
(ex Cpn di Rifondazione Comunista)

Benvenuti!
Oggi siamo qui, in questa sala gremita ed entusiasta, con compagni e compagne che hanno condiviso ruoli e militanza nel Prc; con chi, pur non avendo militato nel Prc, sente di voler affrontare la nuova sfida che proponiamo; con militanti sindacali che ritengono, ovunque collocati, di perseguire il lavoro di costruzione di un sindacato di classe e non concertativo; con i giovani e i lavoratori che sentono la necessità di mantener viva nel Paese un'opposizione comunista attraverso la costruzione di un nuovo partito. Un partito comunista che cresca e persegua l'autonomia di classe da qualsiasi governo borghese sia di centrodestra sia di centrosinistra. Con questa prospettiva Progetto Comunista - Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori ha promosso la scissione dal Prc e avvia il processo costituente di un vero partito comunista.

Il Prc, con l'ingresso nel governo Prodi-Montezemolo, cambia definitivamente di collocazione e ruolo: si candida insieme con la Cgil ad arginare e rendere sterili le lotte sociali che sono già in campo e che si produrranno a fronte dei provvedimenti del nuovo governo. Un governo che, già significativamente salutato da Bush, proseguirà il processo di integrazione europea nella prospettiva del consolidamento di un polo imperialistico; che non ritiene di abrogare alcuna delle controriforme del centrodestra e tanto meno quelle del precedente governo di centro-sinistra che ne avevano preparato il terreno (Leggi Biagi, Moratti, Bossi-Fini...); che perseguirà la politica delle grandi opere, delle liberalizzazioni e privatizzazioni; che complessivamente farà pagare ai lavoratori ai disoccupati, ai giovani in formazione, alle donne, attraverso l'abbraccio con le gerarchie ecclesiastiche, la crisi capitalistica che stiamo vivendo.
Oggi vogliamo far conoscere le nostre ragioni con un discorso a più voci che vuole tracciare un bilancio della nostra ultradecennale esperienza nel Prc, centrare l'analisi politica del presente e articolare il progetto, già in essere, di costruzione di un partito rivoluzionario in Italia.
Interverranno compagni e compagne che hanno militato nel Prc, ricoprendovi anche ruoli dirigenti, e che hanno condotto incessantemente una battaglia di opposizione alla linea dirigente maggioritaria. Interverranno rappresentanti del mondo sindacale che condividono con noi l'esigenza di rifondare un sindacato di classe. Avremo infine interventi e saluti di rappresentanti di organizzazioni internazionali che guardano con interesse alla nostra scelta e con i quali condividiamo la prospettiva della costruzione, nel mondo, di un'Internazionale dei Lavoratori che per noi è la Quarta Internazionale.

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La scissione dal Prc governista di Bertinotti, le ragioni di PC - Rol
Introduzione di Valerio Torre (ex Cpn di Rifondazione Comunista)

Compagni e compagne,
ho il compito non facile di illustrare le ragioni per cui ci troviamo in questa sala e le prospettive che ci stanno di fronte. Eppure, proprio la vostra presenza - così numerosa ed appassionata, in un clima di vivissima tensione morale e politica - rende più agevole questo compito.

La mia relazione vuole essere un ponte fra l'esperienza che la gran parte di noi ha vissuto in questi anni all'interno di Rifondazione Comunista ed il percorso che ci sta di fronte per la rifondazione di un'organizzazione realmente anticapitalista e rivoluzionaria. Credo che possiamo partire da una constatazione: e cioè che con la vittoria dell'Unione alle elezioni del 9 e 10 aprile e l'ingresso di Rifondazione, con propri ministri, nel governo borghese della settima potenza imperialista mondiale, si sia chiuso un ciclo storico, un ciclo che ha segnato gli ultimi quindici anni della vita politica italiana da quando la mattina del 3 febbraio 1991 un pugno di delegati al XX ed ultimo congresso del Pci abbandonò la platea e, in conferenza stampa, annunciò la volontà di non entrare nel nascente Pds aprendo così la strada alla costituzione del Prc.
In questi anni, il percorso politico del partito non è mai stato lineare, ma comunque sempre improntato alla compromissione negoziale con la borghesia progressista espressa dal centrosinistra, nella prospettiva dell'inserimento nella maggioranza di un cosiddetto "governo riformatore": di volta in volta, o che Rifondazione Comunista fosse in maggioranza o che fosse temporaneamente collocata all'opposizione, l'obiettivo dei gruppi dirigenti che si sono alternati alla sua guida è stato sempre quello di un "compromesso sociale" con la socialdemocrazia liberale. E così, alternando fasi che lo hanno visto stringere accordi di coalizione (ricorderete il polo dei progressisti del 1994 con la � "gioiosa macchina da guerra" di Occhetto; il sostegno alla maggioranza Prodi dal 1996 al 1998) a fasi in cui si è invece ricollocato all'opposizione, o controvoglia (come nel caso dei governi Dini e D'Alema), o perché spintovi dalla generale avanzata della destra (governo Berlusconi del 2001), il Prc ha sempre rifiutato di costruirsi come un'organizzazione che intendeva guadagnare nelle lotte l'egemonia sulla classe operaia in alternativa alle vecchie direzioni.
Nel mese di ottobre del 2001 - quando i fatti di Genova del precedente mese di luglio avevano reso evidenti le potenzialità del movimento antiglobalizzazione che, a partire da Seattle, trovava anche in Italia alimento per la sua affermazione raggiungendo proprio nelle giornate di Genova l'apice del suo sviluppo - il gruppo dirigente di maggioranza di Rifondazione approvò un documento precongressuale che conteneva le linee generali di quelle che sarebbero poi state le tesi presentate al 5� Congresso. Era l'epoca in cui Liberazione commentava l'esperienza della gauche plurielle francese e di Jospin titolando "Un socialista s'aggira per l'Europa" e cantando le lodi delle 35 ore in terra transalpina (pur guardandosi bene dallo svelare quale sorta d'imbroglio quella legge fosse per i lavoratori). Ebbene, c'era un passaggio di quel documento che già lasciava intravedere, sia pure in un quadro diverso, il percorso che il partito avrebbe negli anni successivi portato a termine: la ricomposizione politica con il centrosinistra per un accordo programmatico al fine di preparare l'ingresso del Prc in un governo borghese con tanto di ministri e sottosegretari (come è poi accaduto dopo le vittoriose elezioni del 9 aprile scorso). Dunque, diceva quel documento: �Non avremo per i prossimi anni una sinistra politica comparabile con quella dell'Italia � di quest'ultimo dopoguerra � Questo non significa che non si possa costruire una sinistra plurale, in Italia e in Europa, capace di proporsi il tema della conquista della maggioranza dei consensi e della candidatura al governo ai fini di realizzare un programma riformatore, ma vuol dire che per arrivarci bisogna battere strade diverse da quelle della tradizionale politica unitaria, in primo luogo facendo irrompere, nell'intero campo delle sinistre e dei rapporti tra di loro, la novità e la rottura del movimento�.
Quando denunciammo le intenzioni sin troppo trasparenti della maggioranza del partito - spendere cioè nella negoziazione con il blocco borghese liberale la rendita di posizione acquisita all'interno del movimento, subordinando però il movimento stesso al centro moderato; quando dicemmo che la prospettiva della sinistra plurale era questa volta perseguita da un versante di movimento allo scopo di far apparire Rifondazione più radicale, ci venne risposto che facevamo il processo alle intenzioni.
Eppure, è proprio ciò che è accaduto. Bertinotti ed il suo stato maggiore hanno preparato il percorso che disloca il Prc sul versante della borghesia italiana attraverso tappe intermedie che sono state magnificate come "svolte".
Nel gennaio 2001, in un discorso tenuto a Livorno per commemorare gli 80 anni dalla nascita del Partito Comunista di Gramsci, Bertinotti proclamò la "rottura con lo stalinismo". In realtà, dietro la vuota facciata di questa solenne dichiarazione si celava un vero e proprio "imbroglio" storico ed intellettuale che passa per l'artificiosa assimilazione fra il bolscevismo e lo stalinismo stesso.
In quel discorso, Bertinotti sostenne che, se si voleva rifiutare alla radice lo stalinismo, era necessario rimuovere e respingere la tematica stessa del potere politico e della sua conquista, poiché nel nucleo più profondo della conquista del potere è racchiuso il germe dello stalinismo.
In realtà, quella forzata assimilazione costituiva un grossolano falso storico, poiché lo stalinismo era esattamente la negazione del bolscevismo di Lenin e non invece la sua continuazione: la presa del potere dei bolscevichi era ispirata e sorretta dall'aspirazione alla liberazione delle masse, mentre l'ottusa conservazione di un potere svuotato da tutti i principi della democrazia sovietica da parte della burocrazia staliniana era la chiave di volta della sua autoconservazione e della sua perpetuazione. Peraltro, è curioso notare che l'abiura dello stalinismo non ha mai implicato per Bertinotti il rifiuto di quello che era un asse portante della stessa costruzione stalinista, quantomeno a partire dal VII Congresso dell'Internazionale Comunista: le alleanze di governo dei comunisti con le borghesie progressiste. Anzi, proprio quella svolta strategica governista che Stalin impose al movimento comunista internazionale - e che ebbe le sue prime e tragiche applicazioni nelle esperienze di Fronte popolare in Francia ed in Spagna nel 1936 - ha da sempre costituito e costituisce il nucleo centrale del bertinottismo e della sua teorizzazione della collaborazione di classe. Nel dicembre 2003, poi, la "svolta" della non violenza concretizzò lo sviluppo di quell'elaborazione teorica. Anche qui, la ripulsa della conquista del potere attraverso l'azione di forza delle masse era congeniale alla rappresentazione di un partito comunista ripulito da tutta la paccottiglia novecentesca e reso affidabile agli occhi della borghesia progressista. E, non a caso, proprio da quest'ultima vennero le più sperticate lodi all'indirizzo della "Bad Godesberg" di Bertinotti, finalmente accolto nei salotti buoni dei poteri forti italiani e promosso a pieni voti sui banchi del governo. La teorizzazione della non violenza da parte di Bertinotti non è stata affatto una scelta "innocente", ma ha rappresentato un ulteriore passaggio verso l'alleanza col centrosinistra ulivista e verso il governo borghese. Ha significato l'offerta alla borghesia dell'abiura della lotta di classe in nome del compromesso sociale da parte di un partito che pure vuol mantenere la denominazione di "comunista" e che si è candidato a portare in dote sul tavolo dell'accordo di governo la rappresentanza dei movimenti in funzione della sterilizzazione del conflitto sociale e del contenimento delle dinamiche di massa, offrendo di sé un'immagine tranquillizzante ed affidabile: insomma, rivestendo una funzione classicamente socialdemocratica. Lo stesso Bertinotti non si è fatto scrupolo di dichiararlo in un recente confronto televisivo pre-elettorale con Maroni: "stiamo tentando un'opera di inclusione, portare anche le forze più radicali dentro i confini della democrazia. Quello che fece il Pci".
Bertinotti, attraverso il tema della non violenza ha deciso di liquidare l'opposizione comunista in Italia, di sciogliere l'unica ed ultima rappresentanza dell'autonomia e dell'indipendenza delle lavoratrici e dei lavoratori contro le classi dominanti. Egli ha presentato questo tema come una novità assoluta, come la base costitutiva dei nuovi comunisti. Disgraziatamente per lui, questa concezione non costituisce affatto una novità: la non violenza, e più in generale il pacifismo strategico ha costituito un argomento centrale della battaglia politica e culturale antimarxista per oltre un secolo. E non per astratte ragioni etiche, ma in funzione della salvaguardia della società borghese o della riconciliazione con essa.
Nei primi anni del '900, un signore che si chiamava Bernstein, a capo della corrente del revisionismo positivista che si sviluppò nella II Internazionale sotto la pressione della burocrazia parlamentare della socialdemocrazia tedesca, elaborò la teoria della "via legale e pacifica" al socialismo come paravento ideologico del proprio adattamento al capitalismo: ciò significò, naturalmente nel nome della non violenza, il voto ai crediti di guerra, la repressione armata della rivoluzione tedesca, l'assassinio di Rosa Luxemburg e di Karl Liebknecht.
Sostenere - come fece Paolo Ferrero su Liberazione per difendere questa teorizzazione - che anche Lenin ebbe il coraggio di innovare il marxismo (così accreditando Bertinotti di un analogo coraggio da innovatore) costituisce una falsità aberrante: la rottura di Lenin fu proprio contro quella deriva, nel segno di una ripulitura di Marx da tutte le incrostazioni revisioniste di Bernstein e di Kautsky. Esattamente il contrario della rottura propugnata da Bertinotti!
Infine, la svolta della costituzione del partito della Sinistra europea, la cui edificazione è nel segno complessivo di un impianto neoriformista e poggia su scelte politiche non di alternativa anticapitalistica rispetto ad un'Europa dominata dal capitalismo imperialista e tecnocratico dell'Ue, ma sull'affastellamento di mere petizioni di astratti principi e valori "progressisti": solidarietà, ambientalismo, pace, democrazia, giustizia sociale, libertà, eguaglianza di genere, rispetto per la natura; senza con questo mettere assolutamente in discussione la stessa "costituzione materiale" dell'Europa capitalistica; senza rivendicare un'alternativa di potere della classe operaia e delle masse oppresse rispetto alle classi dominanti che hanno costruito l'attuale UE, anzi rivendicando (cito testualmente dai documenti costitutivi) uno �sviluppo bilanciato e sostenibile � per affrontare in termini nuovi le questioni della globalizzazione�, fino alla� "stabilizzazione" del Patto di stabilità, che, insieme alle politiche ed agli orientamenti della Banca centrale europea, dovrà essere tutt'al più �cambiato per lavorare ad altre politiche sociali ed economiche�, ma sostanzialmente mantenuto (e, con esso, ovviamente, l'intero impianto capitalistico europeo).
Dunque, al termine di questo percorso testardamente costruito e durato quindici anni, il Prc entra oggi a pieno titolo nel governo fortemente voluto da Confindustria e dalle grandi banche. Ma l'ingresso di Rifondazione nel governo Prodi significa di fatto il suo passaggio di campo dalla parte della borghesia italiana, la sua dislocazione definitiva sul versante degli interessi del capitalismo. Anzi, si può dire che l'ingresso in un governo d'alternanza e di concertazione voluto da Montezemolo e dai banchieri si pone in netta e frontale contraddizione con i movimenti di lotta di questi anni e con le loro ragioni: perché non si può stare, allo stesso tempo, dalla parte degli operai di Melfi ed in un governo benedetto dalla Fiat.

I poteri forti del Paese, a partire da Confindustria e da Confcommercio, dalle grandi imprese e dalle grandi banche, hanno scaricato Berlusconi solo per rimpiazzarlo con un proprio governo: un governo capace di riportare la Cgil al tavolo della concertazione antioperaia, di riconquistare la pace sociale contro le lotte di questi anni; di rilanciare il capitalismo italiano sul mercato mondiale e dentro il polo imperialistico europeo, contro i popoli oppressi e la loro resistenza, su una linea negoziale con l'imperialismo USA e con lo stesso Bush. Ma bisognava rispettare una condizione essenziale per portare a termine questo disegno: e cioè che non vi fosse nessuna forza in grado di contrastare le politiche antioperaie ed antipopolari che Prodi ha in cantiere. Ecco perché la borghesia italiana ha offerto a Rifondazione i ministeri: perché un partito impegnato ad applicarne il programma non può opporvisi poi nelle piazze! Perché un partito con propri ministri in un governo borghese non può entrare in connessione con i movimenti di lotta che così, abbandonati a se stessi, si depotenzieranno! La funzione del Prc in questo disegno è quella di contenere le spinte di massa: perciò la teorizzazione della non violenza ghandiana ed il rifiuto della conquista del potere hanno incontrato il plauso entusiasta della stampa borghese. Dunque, questo esito non solo delude le speranze e le aspettative di quanti si sentirono traditi dalla Bolognina e videro nella nascita di Rifondazione Comunista la possibilità che venisse preservata un'opposizione comunista e di classe in Italia; quanto pone il Prc stesso - e la sua mistica evocativa dei movimenti - nell'insanabile contraddizione fra le ragioni che questi ultimi hanno espresso negli scorsi anni e gli opposti interessi che la borghesia incarna.
Ed allora domando: dov'è andata a finire quella costruzione bertinottiana puramente fantastica del conflitto e del consenso, attraverso cui proponendo conflitto il Prc avrebbe dovuto ottenere più consenso? Si può rispondere che oggi Bertinotti e la sua maggioranza sono in conflitto con la classe operaia ed i movimenti sociali per poter avere il consenso dei poteri forti di questo paese?
Ed ancora, si può dire che Rifondazione è passata dalla teorizzazione della disobbedienza all'applicazione pratica dell'obbedienza ma ai voleri della grande borghesia italiana? Non è forse questo che intendeva dire Prodi in una trasmissione televisiva di qualche tempo fa, quando, alla domanda del conduttore sui possibili punti di frizione nel governo dell'Unione, rispose: "Bertinotti obbedirà"?
Potremmo continuare. Ma quel che è certo è che il Prc ha definitivamente abbandonato il ruolo di partito di opposizione e di rappresentanza dei lavoratori e delle classi subalterne che impropriamente aveva assunto in tutti questi anni per entrare in un governo liberale ispirato e direttamente sostenuto dalle classi dominanti, che si propone di difendere gli interessi della borghesia, non certo quelli della classe lavoratrice. E non appena il risultato elettorale si è stabilizzato ed il centrosinistra è apparso vincitore - sia pure d'un soffio - immediatamente i poteri forti che hanno investito su Prodi gli hanno dettato l'agenda politica intimandogli di: ridurre la spesa per stipendi pubblici; tagliare la spesa pubblica primaria abbattendo i costi del personale e della previdenza; diminuire le aliquote fiscali sui redditi medio-alti e d'impresa; liberalizzare i servizi e le professioni; eliminare i costi e gli ostacoli ai licenziamenti di manodopera; abbattere i costi di apertura e gestione delle aziende. Il quotidiano di Confindustria Il Sole 24 Ore, che nell'edizione del 13 aprile scorso ha dettato questa ricetta in sei punti, ha preso poi una netta posizione sulla discussione intorno alla legge Biagi: di fronte alla richiesta della Cgil - non già, badate bene, di cancellare la legge 30 e tutte le altre disposizioni precarizzanti, a partire dal pacchetto Treu - bensì di varare una "nuova legge sul lavoro", ha rammentato a Prodi che egli si era impegnato a promuovere "un nuovo patto sociale" (lascio a voi d'immaginare quale) e l'ha invitato a non fare "passi falsi", ricordandogli che "già cammina sul filo", per cui non ha bisogno di una spinta nel vuoto.
Non c'è che dire: un bell'esempio di intimidazione! E persino Bertinotti non s'è fatto scrupolo di definire quello Prodi come un governo di alternanza: nella Direzione del 12 aprile scorso, per scongiurare ogni ipotesi di governo consociativo di grande coalizione, Bertinotti con un arretramento pauroso ha sostenuto - cito testualmente - che "per garantire l'alternativa, è necessario presidiare l'alternanza".

In questo quadro, l'inarrestabile corsa del Prc verso l'abbraccio mortale con la borghesia in un governo liberale ed antioperaio ci ha posto di fronte all'alternativa fra rimanere in quel partito a fungere da pura testimonianza insieme ad altre minoranze più o meno critiche e così dilapidare in una routinaria e defatigante opposizione il patrimonio politico che abbiamo in questi anni accumulato raggruppando tanti compagni - le migliori energie che albergavano in Rifondazione - intorno alle idee del marxismo rivoluzionario ed agli assi fondanti delle idee di Marx, Engels, Lenin, Trotsky, Luxemburg e Gramsci; oppure lanciarci in quello spazio politico comunista occupato abusivamente per anni da un gruppo dirigente riformista ed oggi finalmente liberato, investendo su un terreno completamente diverso - il terreno dei comunisti: quello delle piazze, delle lotte - le forze militanti che la nostra battaglia ha selezionato. Senza esitare abbiamo scelto questa seconda strada. Ma lo abbiamo fatto tenendo ben presente la lezione che Trotsky in un articolo del 1933, parlando dell'Opposizione di Sinistra, ci ha lasciato: �Quello di cui stiamo discutendo non è se proclamiamo la nascita di partiti nuovi ed un'internazionale indipendente, ma che ci prepariamo per questo. La nuova prospettiva significa in primo luogo che tutto ciò che sia "riforma" dei partiti ufficiali e reingresso in essi dei militanti deve essere rifiutato come utopico e reazionario. Il lavoro quotidiano deve diventare indipendente, sarà determinato dalle nostre stesse possibilità e forze e non da criteri "frazionistici" formali. L'Opposizione di Sinistra smette di pensare ed agire come "opposizione". Si trasforma in un'organizzazione indipendente che traccia il suo stesso cammino. Non si costruisce più come frazione nei partiti socialdemocratici e stalinisti ma realizza il suo lavoro indipendente tra gli operai senza partito e disorganizzati. Crea le sue proprie basi di appoggio nei sindacati, indipendentemente della politica sindacale della burocrazia stalinista. Partecipa alle elezioni sotto la sua stessa bandiera dove le circostanze lo permettano. In relazione alle organizzazioni operaie riformiste e centriste, si orienta coi principi generali della politica di fronte unico�.
Vogliamo far nostra questa lezione: centinaia di quadri giovani, di operai sono in grado di far funzionare l'embrione di un nuovo partito. Si tratta di affrontare quest'impresa difficile eppure necessaria per salvaguardare l'opposizione comunista e di classe in Italia, per fondare un partito di militanti, un partito d'avanguardia partecipe di ogni lotta, piccola e grande. Un partito che sappia intervenire nelle mobilitazioni sulla base di un programma transitorio, che indichi pazientemente cioè il legame tra ogni piccola rivendicazione dei lavoratori e dei giovani e la necessità di una trasformazione rivoluzionaria e socialista della società. Un partito, insomma, che miri a costruire ciò che realmente è mancato in tutti questi decenni: non le lotte ma una prospettiva di sviluppo rivoluzionario delle lotte e che per questo costruisca se stesso come direzione rivoluzionaria di quelle lotte. Che si ponga quindi - costruendo i necessari rapporti di forza - l'obiettivo del potere dei lavoratori e per i lavoratori. Un partito, infine, internazionalista, cioè partecipe della rifondazione dell'Internazionale rivoluzionaria, cioè dell'Internazionale basata su un programma transitorio per il rovesciamento del capitalismo in ogni Paese. Per questo saremo impegnati nel processo di rifondazione della Quarta Internazionale.
Questi sono i compiti che incombono su di noi, sicuramente più grandi delle nostre stesse forze. Ma nel momento stesso in cui abbiamo assunto queste impegnative decisioni ci siamo resi conto di non essere soli: molti sono usciti con noi e tanti usciranno dopo di noi dal Prc; tantissimi che non vi erano mai entrati o che lo avevano già abbandonato attendevano questo momento e ci si stanno stringendo intorno perché avvertono che la prospettiva di costruzione del partito rivoluzionario della classe operaia è l'unica che oggi può regalare la speranza di un autentico cambiamento.
E la lezione che la Francia in queste scorse settimane ci ha consegnato costituisce la strada maestra per la riuscita del nostro progetto: una strada difficile e dolorosa, compagni, ma l'unica che i comunisti possono affrontare.
E l'unica al termine della quale può esserci il trionfo del comunismo.

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Il governo Prodi, un governo amico dei padroni, nemico dei lavoratori. Rilanciamo l'opposizione di classe.
Intervento di Fabiana Stefanoni
(ex dirigente nazionale dei Giovani Comunisti di Rifondazione)

Il governo dell'Unione nasce traballante, grazie allo scarto di un pugno di voti. Ovvio: dopo cinque anni di devastati politiche antioperaie del governo Berlusconi, l'Unione, preannunciando nuove finanziarie "lacrime e sangue", non ha saputo intercettare il disagio dei milioni di lavoratori e giovani immiseriti e indeboliti dai continui attacchi al costo del lavoro. Il governo che si annuncia non sarà la semplice fotocopia del primo governo Prodi cosa che sarebbe già di per sé sufficiente a destare abbondanti inquietudini. Il governo che si prepara sarà, per i lavoratori, per i giovani, per i disoccupati, per gli immigrati qualcosa, se possibile, di ben peggiore. Il programma dell'Unione è scritto nero su bianco: nessun sostanziale cambio di rotta rispetto alle politiche berlusconiane, solo qualche accorgimento per far dormire sonni più tranquilli a Confindustria e al capitalismo italiano.

E così, mentre in Francia due mesi di ininterrotte e straordinarie mobilitazioni riescono a piegare il governo francese e a costringerlo alla resa, Romano Prodi garantisce al padronato italiano che la Legge 30 (compendio della precarizzazione) non verrà abrogata, salvo l'introduzione di qualche fittizio ammortizzatore sociale per evitare il "pericolo" di una rivolta sull'esempio francese. Nulla di cui stupirsi: la Legge 30 non è altro che la logica continuazione del pacchetto Treu, voluto dal primo governo Prodi e votato anche da Rifondazione comunista. Contratti di apprendistato, di tirocinio o stage, di collaborazione o "a progetto", lavoro part-time, interinale, a termine, in appalto ecc: questa grazie a Romano Prodi e Tiziano Treu è e continuerà ad essere col nuovo governo la tragica realtà del lavoro per milioni di giovani e meno giovani. Una realtà fatta di miseria e ricatti quotidiani. Oggi Rifondazione comunista fa un passo in più: mentre milioni di giovani in Francia scendono in piazza contro leggi ben meno drastiche di quella architettata da Treu, Bertinotti si appresta ad entrare in un governo che della precarietà del lavoro farà il perno delle sue politiche economiche. Altro che partito di lotta e di governo! Rifondazione è ormai esplicitamente e definitivamente un partito di governo contro le lotte!

A chi per mesi ci ha spiegato che Rifondazione potrà condizionare il governo Prodi, rispondiamo che il governo Prodi ancor prima di nascere sta condizionando Rifondazione: prima senza se e senza ma accanto agli abitanti della Val di Susa contro la Tav, oggi Rifondazione comunista a favore della Tav contro gli abitanti della Val di Susa in cambio di paio di poltrone e ormai è sicuro- della presidenza della camera di un governo borghese. L'unico punto su cui il programma dell'Unione non diceva nulla era proprio la Tav. Rifondazione millantava una possibile conquista strappata. E invece l'unico strappo avviene e avverrà ancora una volta da parte di Rifondazione nei confronti dei movimenti. Proprio ieri in una lettera al Manifesto un militante no Tav scriveva: "Rifondazione Comunista ha ingannato gli abitanti della Val di Susa, gli abitanti della Val di Susa non voteranno mai più Rifondazione".

E se della Tav il programma dell'Unione il governo non parla, di tutto il resto, non solo della precarietà, il programma parla eccome. Un lungo elenco di nefandezze, un lungo elenco di manovre contro i lavoratori, contro i giovani proletari, contro gli sfruttati: nuove liberalizzazioni e privatizzazioni, l'innalzamento dell'età pensionabile, la riduzione del "cuneo fiscale" per le imprese in cambio di nuove tasse per i lavoratori, la prosecuzione delle politiche di esclusione per gli immigrati, di smantellamento dell'istruzione pubblica. Un programma della borghesia per la borghesia, contro i lavoratori.

Tutto questo nel quadro di una politica estera fondata sul rilancio di nuove guerre umanitarie, sotto l'egida dell'Onu. Non fosse che si sta parlando di qualcosa di tragico, verrebbe da ridere nel sentire Bertinotti che è grazie alle pressioni di Rifondazione se l'Unione ha deciso di "ritirare le truppe" dall'Iraq. Ridicolo! Non solo perché la posizione dell'Unione è esattamente identica, nei fatti, quella di Bush e Berlusconi; ma anche perché, se i fatti hanno la testa dura, nessuna truppa verrà realmente ritirata. Dicono i leader dell'Unione: "ritireremo le truppe gradualmente e parzialmente". Gradualmente: perché occorrerà formare il governo in Italia, attendere che in Iraq si costituisca un governo (cosa che da mesi gli statunitensi cercano di fare senza successo), concordare con questo governo i modi e i tempi del ritiro; nulla di diverso dagli intenti di Bush che non a caso saluta entusiasta il governo nascente- e Berlusconi che annunciano il ritiro entro la fine dell'anno. Non c'è differenza sostanziale sui tempi così come non c'è differenza sulle modalità. Un ritiro parziale, un ritiro fasullo: in realtà le truppe verranno semplicemente sostituite con nuove truppe garanti della cosiddetta ricostruzione, cioè degli interessi delle aziende straniere nei territori occupati.

Ma non finisce qui. Ogni giorno i vari Prodi, Rutelli e D'Alema ribadiscono che l'Unione ritiene legittimi interventi militari "anche in forma preventiva", magari per "offrire protezione da atti di terrorismo"; rivendicano la giustezza delle guerre in Kossovo, in Kwait, in Afghanistan; ricordano che sono pronti i finanziamenti di altre missioni coloniali (tra cui l'Afghanistan, la Bosnia e l'Albania).
E' palese che la politica estera di un futuro governo Prodi sarà fatta di nuove guerre umanitarie, di nuovi massacri di civili, di nuove aggressioni imperialiste sotto le bandiere delle Nazioni Unite e dell'Unione Europea; è palese che la politica estera dell'Unione sarà una politica guerrafondaia perché è espressione degli interessi coloniali e guerrafondai del capitalismo italiano; perché è in sintonia con gli interessi dei grandi gruppi finanziari interessati alla costruzione di un polo imperialista europeo.
Anche per quanto riguarda le guerre, la differenza col centrodestra si limita a diverse preferenze di collocazione in questo o quell'ambito dello scacchiere imperialista internazionale.

Ma, a voler essere precisi, una differenza evidente c'è tra schieramento di centrodestra e schieramento di centrosinistra e lo si è visto bene in fase di campagna elettorale: Montezemolo e Confindustria non hanno avuto dubbi su chi appoggiare: la grande industria italiana ha scelto Prodi e il governo dell'Unione, e lo ha scelto non nonostante la presenza di Rifondazione comunista ma anche per la presenza di Rifondazione comunista. Dopo 5 anni di lotte sociali, dopo 5 anni che hanno visto scendere in piazza milioni di lavoratori contro l'abrogazione dell'articolo 18 e contro la guerra, dopo 5 anni di lotte esemplari che sono riuscite a mettere in seria difficoltà il governo la lotta degli operai di Melfi, degli autoferrotranvieri di Milano, la lotta di Scanzano e della Val di Susa -, dopo 5 anni di serie preoccupazioni per il padronato italiano, oggi il padronato può contare su un governo amico che ha al suo interno un partito Rifondazione comunista- che si impegnerà a fare da ammortizzatore e pompiere di quelle stesse lotte.

Con la scelta di diventare parte organica del governo Prodi, Rifondazione comunista passa definitivamente dall'altra parte della barricata e si presta al gioco di padronato e Confindustria, accetta di svendere i movimenti sull'altare della concertazione a braccetto con Epifani. Concertazione: sarà proprio questa come esplicitamente rivendicato dai vari leader dell'Unione la parola d'ordine del secondo governo Prodi: l'impegno che Prodi si è assunto, con la collaborazione del fido Bertinotti, è quello di garantire alla borghesia italiana un clima di relativa pace sociale funzionale a portare avanti politiche di smantellamento dello stato sociale e di selvaggia privatizzazione. Il padronato italiano guarda con spavento al Francia, guarda invece con speranza e fiducia a Prodi e Bertinotti.

Le responsabilità di Rifondazione comunista sono immense e evidenti: è il tentativo di privare i lavoratori, gli sfruttati, i movimenti che sono sorti in questi anni di un referente politico per l'alternativa; è il tentativo (riuscito) di tradire le ragioni della lotta per un compromesso con la grande borghesia italiana. Beffa delle beffe, Bertinotti ha anche la faccia tosta di giustificare il suo ingresso nel governo dei padroni con un richiamo alle ragioni dei movimenti. Nulla di più ipocrita: nessuna delle istanze emerse nelle mobilitazioni di Genova, dagli operai di Melfi, dagli autoferrontranvieri di Milano, dai lavoratori alitalia, dai comitati No Tav possono trovare accoglimento nelle politiche concertative dell'Unione: le dichiarazioni, il programma e i primi fatti fanno piazza pulita di qualsiasi illusione a tal proposito.

Ma proprio perché Rifondazione dopo anni di sostegno a politiche antioperaie nei governi locali e regionali- oggi si appresta a tradire definitivamente le ragioni dei lavoratori, dei giovani precari, degli immigrati, è necessario che i comunisti si impegnino fin da subito a garantire un'opposizione di classe a tutti i governi della borghesia. Il gruppo dirigente opportunista di Rifondazione cessa di occupare abusivamente uno spazio che non gli è proprio, quello di partito di lotta. E' ora di tornare a occupare quello spazio con una forza coerentemente comunista, che dica con chiarezza che nel capitalismo non c'è risposta possibile alle richieste dei tanti lavoratori costretti a subire la dura realtà della disoccupazione, del lavoro precario, dello smantellamento dello stato sociale. E' ora di costruire un partito comunista degno di questo nome, che sappia dire no con chiarezza a qualsiasi compromesso con la borghesia illuminata dei vari Montezemolo, Agnelli e Tronchetti Provera. E' ora di costruire un partito basato su un programma anticapitalista e rivoluzionario.

Questa grande assemblea che è solo un primo ma importantissimo passo verso la costruzione del partito comunista rivoluzionario- ci dice che in Italia i movimenti e le lotte non saranno private di una direzione rivoluzionaria: Progetto Comunista-Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori, insieme, ne siamo certi, a migliaia di tanti militanti, continuerà a difendere le ragioni dei lavoratori, a battersi per l'unica risposta realistica alla crisi del capitalismo: un governo dei lavoratori per i lavoratori.

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Un'esperienza di lotta all'Alitalia
Intervento di Andrea Spadoni (Cub Nazionale Trasporti)

Molti sono i punti di possibile analisi di una vicenda lunga e drammatica come quella della vertenza Alitalia, che è poi solo una parte del grande problema del trasporto aereo in Italia, uno dei servizi pubblici più delicati e complessi, sia per motivi di sicurezza che per l'elevata e specifica professionalità richiesta.

Si potrebbe analizzare, ad esempio, il contegno dei sindacati, quelli della burocrazia concertativa di Cgil-Cisl-Uil-Ugl, talmente proni, talmente adusi all'inciucio con l'azienda e alla mistificazione con il lavoratore, da concedere tutto e di più ad un management decisamente allo sbando e all'arrembaggio del bene pubblico, da gestire in modo vergognoso il giusto e ripetuto malcontento tra i lavoratori, preoccupati solo di smorzarlo onde evitare di farsi prendere la mano; talmente supini da arrivare a forme di collusione e connivenza forse uniche in Italia. A questo si aggiunga lo strapotere delle corporazioni dei piloti, fortemente orientate a destra, che, pur di mantenere privilegi economici e sociali della categoria, hanno obbligato, attraverso il ricatto politico, la mezza dozzina di amministratori delegati, succedutisi in questi anni, a continuare su un percorso di sperperi economici e di irrazionalità di sistema, uno dei motivi principali della crisi Alitalia.

Un altro tema interessante sarebbe di certo la grande sperimentazione fatta in particolare in Alitalia, ma anche nel settore aeroportuale, delle più nefaste pratiche liberiste e anti-operaie: azionariato ai dipendenti gestito da Cgli-Cisl-Uil-Ugl, posti in cda per i sindacalisti, tutto l'armamentario della 223 mobilità, cassa integrazione, solidarietà-, pensione integrativa gestita da sempre dai sindacati concertativi-, societarizzazioni, esternalizzazioni, cessioni di ramo d'azienda, impiego indiscriminato del precariato e gestione clientelare assieme ai sindacati e alle corporazioni delle assunzioni. Il paradiso del liberismo!

Varrebbe senz'altro la pena di studiare la fallimentare esperienza del Sulta, a cui ho dato un forte il mio contributo alla crescita e affermazione, fintanto che si è mantenuto fedele al principio di democrazia di base e di difesa del lavoratore a cui si ispirava. Un sindacato nato quindi sotto i migliori auspici, ma precipitato presto nell'opportunismo e nel massimalismo, preoccupato solo della sua continuità e della difesa ad oltranza dei suoi interessi di bottega; preso atto di tale deludente e deleterio risultato, un gruppo di compagne e compagni, tra cui il sottoscritto, ha dato vita tre anni fa alla Cub Trasporto Aereo, che ha avviato un percorso di recupero del rapporto con la base e di democrazia sindacale, con l'obiettivo di una concreta difesa dell'interesse dei lavoratori e degli utenti e finalmente, dopo grandi sforzi e sacrifici, cominciano ad arrivare i primi risultati positivi, soprattutto nella tutela dei precari.

Ma l'aspetto che più di tutti ha influito negativamente sulla vicenda e che ritengo essere il più deleterio, quello cioè che ha determinato il deplorevole stato in cui versa l'intero comparto, è l'atteggiamento delle forze politiche. Tutte, nessuna esclusa. I vari governi di destra-centro-sinistra, succedutisi negli anni, hanno puntato solo ed esclusivamente a liberarsi dell'Alitalia, a privatizzarla, con motivazioni ed obiettivi diversi, ma tutti nello stesso solco: frantumare il corpo dell'azienda, disperderne professionalità e continuità, alienare o precarizzare quante più lavoratrici e lavoratori possibile, azzerare tutta una serie di conquiste sindacali e sociali esistenti. Al solo scopo di favorire le speculazioni e gli avventurismi dei nuovi padroni a cui lo Stato ha venduto interi pezzi del sistema Paese. Anche se il verbo vendere non è certo il più appropriato. Valga come esempio la privatizzazione di Aeroporti di Roma: venduta a Romiti che l'ha pagata con un prestito che ha poi iscritto come debito alla società stessa! Atteggiamento che vede coinvolto lo stesso Prc, dal quale arrivano i segnali più inquietanti: non solo tace sull'azienda pubblica, ma fa addirittura da sponda al Sulta ancora lui!- nella sponsorizzazione di un acquirente arabo, che sarebbe "miglior padrone" dei francesi!

In realtà, l'unica posizione possibile per chi ha a cuore il destino e il benessere della classe lavoratrice e degli utilizzatori del servizio del trasporto aereo è la nazionalizzazione -sotto il controllo operaio- dell'Alitalia, dei principali aeroporti nazionali e di tutti gli enti di controllo e gestione del traffico aereo. Come, del resto, dovrebbe essere per tutti i servizi pubblici che sono tali per definizione e così devono rimanere o ritornare, nazionalizzandoli senza indennizzo per gli speculatori che se ne sono impadroniti. L'unica forza politica che afferma ciò, l'unica forza politica che si impegna a lottare in prima fila, a fianco delle lavoratrici e dei lavoratori e nella difesa degli interessi della classe lavoratrice, l'unica forza politica che chiede e pretende la proprietà e il controllo pubblico dei servizi pubblici è oggi Progetto Comunista Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori!

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I giovani nella costruzione del nuovo partito
Intervento di Roberto Angiuoni (ex Giovani Comunisti, Roma)

Carissime compagne e carissimi compagni,

ne ha già dato rilievo chi è intervenuto prima di me, ma credo lo dimostrino innanzitutto i fatti di questi giorni (le tantissime adesioni al nostro appello di scissione, gli inquantificabili attestati di stima che stiamo ricevendo); possiamo considerare a tutti gli effetti questa giornata come un passo decisivo in avanti un momento storico- per i comunisti e per le giovani generazioni in Italia.

Molti dei qui presenti (bisogna ammetterlo, forse i più sfortunati) arrivano dall'esperienza infelice quanto sconfortante di Rifondazione e dei Giovani Comunisti; un'esperienza che irreversibilmente e drammaticamente va a concludersi oggi con l'accesso in un governo borghese, anti-operaio (e criminale come tutti i governi del capitale e dei poteri forti) di un partito su cui migliaia di lavoratori e di giovani lungo tutti questi anni avevano pur investito e concentrato le proprie speranze, il proprio entusiasmo militante.
Per tanto tempo abbiamo manifestato in piazza (contro la guerra, contro la barbarie e contro l'ingiustizia sociale delle politiche liberali) insieme con questo partito, demandadogli una conduzione radicale della lotta, insistendo perchè le potenzialità e i modesti risultati delle nostre battaglie non diventassero nuovo "oggetto di baratto" con la borghesia e la dote invitante per un "patto di governo". Ancora una volta queste nostre speranze sono state tradite, ancora una volta una forza riformista e "pacifista" una pessima forza socialdemocratica, quale è oggi Rifondazione- si serve delle migliori intenzioni dei giovani e delle nostre aspirazioni generali per sporchi e loschi affari di governo.

Compagni, è del tutto chiaro che non ci sarà nessun governo amico e nessun trapasso dal berlusconismo alla "Italia cha cambia davvero", cui inneggia Fausto Bertinotti: ci sarà l'ennesimo governo dei padroni per i padroni, un governo della Confindustria, il governo della concertazione e degli "inciuci" contro i giovani e i lavoratori. Ci dicevano che avrebbero sconfitto Berlusconi e costretto le destre in un angolo: Berlusconi recupera, al contrario, lo smacco degli ultimi anni e si accredita di nuovo come il principale interlocutore dei D'Alema e dei Rutelli di turno per politiche di "larga intesa" e manovre consociative. Di queste politiche il Prc e i Giovani Comunisti si renderanno direttamente corresponsabili; in ossequio a queste regole, ai nuovi vincoli istituzionali, alla violenta legalità che stanno per accettare, prenderanno la via dello scontro coi movimenti come hanno già fatto negli ultimi tempi, dopo averli sfruttati per un'intera fase (e si pensi al nuovo accordo tra Prc e Chiamparino, a Torino, sulla Tav; si badi alle dichiarazioni di Vendola sullo stessa questione)- chiamandoci tutti all'obbedienza.

Ma se vedo qui oggi tanti giovani a contestare questa aberrante logica e a rilanciare la parola d'ordine della "rifondazione comunista rivoluzionaria nel Paese come nel mondo", vuol dire finalmente che qualcosa sta iniziano a cambiare; vuol dire che già da qui, oggi, una voce significativa si leva contro la "pace sociale" e in direzione di un vero, coerente, radicale progetto anti-sistema. E vuol dire ancora che il mendace slogan, tipico degli opportunisti e di cui Prc e Gc sicuramente si serviranno nel corso della legislatura: "Oggi non possiamo, ma domani senz'altro faremo" (una litania contro la quale già nel 1921 si batterono i compagni che coraggiosamente diedero vita al Pcd'I) non troverà terreno fertile tra giovani e meno giovani, non potrà più attecchire con la stesso successo di una volta.
In passato, la vecchia generazione, che pur non in apparenza non ha pagato le vessazioni "ottocentesche" inferte quotidianamente alla mia e alla nostra generazione, ma che già aveva provato -quando timidamente, quando con forza- a rigettare questo slogan, ha dovuto costantemente "cedere" per l'assenza di una direzione politica avanzata, per l'assenza di un vero progetto comunista e per lo stesso motivo ha dovuto illudersi attorno alle virtù del riformismo, attorno ai richiami della sinistra "ufficiale". Questo valeva per il passato; questo non deve valere in alcun modo sicuro il presente e per il futuro.

Cosa propone in sostanza per i giovani il governo di centrosinistra; cosa somministrerà ai giovani il nuovo esecutivo del democristiano Prodi e del presidente "in pectore" della Camera Fausto Bertinotti? Conosciamo molto bene le loro ricette: precarietà costante e stabilizzata nel mondo del lavoro (non è solo il lascito della legge dell'infausto Biagi che prevede lo spezzettamento del lavoro giovanile in ben quarantatre forme diverse di "contratto flessibile"- , ma è la risultante tremenda e diretta del famigerato Pacchetto-Treu, voluto e sostenuto dal Prc nella passata esperienza di governo), mercificazione del sapere e del titolo di studio, asservimento dell'istruzione al profitto dei privati (pratiche rafforzate con la Moratti, ma incubate ed esperite innanzitutto da Berlinguer e De Mauro nelle scorse legislature); ancora una volta propongono l'umiliazione della donna e la sua sottomissione alla morale religiosa (e tutti giorni sentiamo i "miti consigli" che su sesso, famiglia e lavoro il Vaticano le confeziona per mezzo dei suoi rappresentanti istituzionali).
E' alquanto evidente che agli occhi dei padroni e dei suoi agenti nel movimento operaio non siamo altro, noi giovani (studenti, precari ed immigrati), che fresca e ricattabile forza-lavoro a basso costo; siamo solo delle bestie da soma a servizio della competizione capitalistica. Ma ci stiamo accorgendo, negli ultimi mesi (ed è, di nuovo, la lezione che arriva dalla Francia), che questo meccanismo può incepparsi; spontaneamente, e col massimo livello di rabbia possibile, qualcuno non da solo- già inizia ad alzare la testa. A questo abbiamo assistito, qualche mese fa, nelle periferie francesi: a dispetto finanche del disprezzo di sedicenti organizzazioni comuniste o trotskiste, i giovani immigrati delle banlieues, privati costantemente della loro dignità, della fruizione di servizi essenziali quali ospedali e scuole e soprattutto di un lavoro (il 40% dei figli di immigrati è disoccupato, in Francia), hanno dato vita ad una protesta su vasta scala che ha spaventato i più per la sua forza, la sua "irruenza", per la sua "incontrollabilità.".
Noi vogliamo essere chiari su questo punto, a differenza di tante altre organizzazioni: siamo (senza se e senza ma) dalla parte di questa "teppaglia", di questa "feccia" (come li hanno indecentemente definiti), dalla parte dei "giovani incendiari" di Francia!
E siamo incondizionatamente dalla parte degli studenti francesi, che hanno saputo magnificamente scavalcare nella loro lotta i "consigli responsabili" (meglio, la complicità con Chirac, Villepin e Sarkozy) dei sindacati, dei socialisti, del Partito Comunista Francese; hanno saputo dimostrare come si ottiene una vittoria, seppur parziale, e hanno saputo aggregare sul terreno del conflitto tutte le realtà disagiate del Paese (non a caso, proprio in questi giorni, stanno riprendendo le occupazioni e le proteste dei sans-papiers). Il fatto che molti rappresentanti studenteschi stiano spingendo per uno "sciopero generale prolungato contro il governo e fino alla rivoluzione", non accontentandosi quindi di un risultato minimo, da' proprio un'idea chiara e precisa della forza e del livello di coscienza di questa lotta. Puntualmente gli opportunisti precisano che questi mobilitazioni si palesano prescindere da rivendicazioni ideologiche e da obiettivi "a largo raggio": non credo ne fossero consapevoli studenti come quelli di Montmartre che in queste settimane hanno issato le barricate inneggiando all'Internazionale Comunista e alla Comune di Parigi.
Ma non crediamo che questo "risveglio" sia isolato e, di conseguenza, il nostro ottimismo non vale soltanto per Francia: cosa hanno rappresentato le ultime mobilitazioni in Italia (penso alla Val di Susa, alle lotte dei precari qui a Roma, penso all'AlfaSud di Pomigliano, di cui ci ha appena detto in dettaglio il compagno Mignano) se non una rottura degli schemi classici tanto cari a Cgil e Rifondazione- delle contestazioni rituali e a singhiozzo? Cosa dimostra, se non la necessità di una nuova attività di opposizione radicale nel Paese, in Europa e nel Mondo; se non l'esigenza di rilanciare la battaglia per un nuovo sistema e una nuova alternativa di potere?
Quel che e' mancato fino ad ora -ripeto- e' stato un partito d'avanguardia; una vera forza comunista conseguente che unificasse queste lotte e sapesse armarsi di un programma transitorio convincente, aggregante ed includente. Per questo e' nato PC-ROL, ed è anzitutto per questo motivo che abbiamo rotto mi si perdonino le sferzanti parole di Majakovskij- con la "merda pietrificata" di Rifondazione Comunista!

Certo, siamo consapevoli delle difficoltà della nostra battaglia e degli ostacoli che incontreremo sul nostro cammino. Nonostante la ventata di freschezza che portiamo qui con la nostra proposta, i principi onesti su cui questa si basa, qualcuno ci guarderà con scetticismo, sì lamentandosi: "Un nuovo partito? Già visto, già fatto, già sofferto". A questo timore che pure è naturale ed ha una sua logica- voglio rispondere, e mi avvio alle conclusione, con le parole di Trotsky, rimaste intatte negli anni nel loro effetto e nella loro veracità. Facendo appello ai giovani e alle donne lavoratrici, così scriveva il nostro rivoluzionario nel celebre Programma di Transizione:
"Naturalmente anche tra gli operai che in passato sono stati in prima fila, non pochi sono stanchi e delusi. Almeno nella prossima fase resteranno in disparte. Quando si logorano un programma e un'organizzazione (come nel caso dei Giovani Comunisti e di Rifondazione, nda), si logora anche la generazione che li ha retti sulle proprie spalle. Il rinnovamento del movimento avviene grazie ai giovani, che non hanno responsabilità per il passato. La IV Internazionale (e quindi Pc-Rol, nda) rivolge un'eccezionale attenzione alla nuova generazione proletaria. Con tutta la sua politica cerca di guadagnare la fiducia dei giovani nelle sue forze e nel suo avvenire. Soltanto l'entusiasmo intatto e lo spirito offensivo dei giovani possono assicurare i primi successi nella lotta; soltanto questi successi faranno tornare sulla strada della rivoluzione i migliori elementi della vecchia generazione. E' stato sempre così e sarà sempre così (...) A morte il burocratismo e il carrierismo! Apriamo le porte ai giovani e alle donne lavoratrici! Queste sono le parole d'ordine scritte sulla bandiera della IV Internazionale!"

Ebbene, compagni, queste parole non sono morte nel 1938: queste sono ancora oggi le parole d'ordine di Progetto Comunista: le parole d'ordine del nuovo partito dei lavoratori e dei giovani rivoluzionari!

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Le lotte operaie e sindacali alla base del nuovo partito
Intervento di Francesco Doro (direttivo reg. Fiom Cgil Veneto)

Prima dei cinque anni del secondo governo Berlusconi c'è stata una lunga stagione di concertazione e di pace sociale, una stagione in cui le condizioni di vita dei lavoratori, dei pensionati, dei precari e delle classi subalterne in generale sono state pesantemente colpite.

Con gli accordi del 23 luglio '93, firmati dai sindacati confederali Cgil Cisl e Uil e dal governo di allora, si giustificava -dopo l'abbattimento di una delle più alte conquiste della classe operaia: la scala mobile dei salari- una nuova stagione di contrattazione nella quale, attraverso il calcolo dell'inflazione programmata (che era sempre al di sotto di quella reale), si poteva procedere ai rinnovi contrattuali. Le contrattazioni di secondo livello vedevano sempre più il sindacato e le Rsu nelle aziende spostarsi dal ruolo rivendicativo e conflittuale, fino ad assumere un ruolo di responsabilità e compatibilità con le aziende stesse: infatti le piattaforme dei rinnovi aziendali venivano centrate tutte su meccanismi legati a competitività, produttività e flessibilità. Abbiamo visto anche come, contratto dopo contratto, anno dopo anno, si sia accentuata in maniera sempre più pesante la perdita del potere d'acquisto dei salari (diretto e differito) e delle pensioni. Abbiamo dovuto subire ben due pesanti contro-riforme delle pensioni (Dini e Amato), ritenute necessarie dalle confederazioni sindacali concertative. Si è avviata la grande truffa dei fondi complementari. Sotto il primo governo Prodi -anche con i voti del Prc- è stato varato il famoso pacchetto-Treu, che ha creato quella devastazione nel mondo del lavoro che ha aperto la strada alla precarietà, alla flessibilità, al lavoro gestito dalle agenzie interinali, ai contratti co.co.co, ecc� il tutto passato nella piena moderazione sindacale: le lotte hanno toccato qui il minimo storico!
Il governo Berlusconi appena insediato ha cercato sin da subito di isolare la Cgil il sindacato più forte erappresentativo- attraverso la firma separata sull'accordo della categoria dell'industria storicamente più combattiva: i meccanici. Qui la Fiom è riuscita a rispondere degnamente seppur con limiti e contraddizioni- attraverso una serie di mobilitazioni e lotte per i precontratti nelle aziende e l'avvio delle casse di resistenza.
A fronte della volontà di delegittimare la Cgil , funzionale a sferrare l'ennesimo attacco alla classe lavoratrice col tentativo di abolire lo statuto dei lavoratori (l'articolo 18), il sindacato capitanato da Cofferati rispose con la grande manifestazione contro il terrorismo e per i diritti nel marzo del 2002, alla quale parteciparono quasi 3 milioni di persone.
All'intenzione di abolire l'articolo 18, la Fiom, il sindacalismo di base e la sinistra politica, hanno risposto con il referendum per l'estensione di questo anche per le aziende con meno di 15 dipendenti: battaglia persa anche perché Cofferati e la Cgil si schierarono contro.

In questi ultimi anni le lotte operaie sono notevolmente aumentate fino a raggiungere un livello di scontro che non si vedeva da molti anni nel nostro Paese: basta citare la lotta degli autoferrotranvieri in risposta alla firma nel 2003 da parte del sindacato confederale del contratto definito dai lavoratori e dal sindacalismo di base "contratto bidone", che ha portato i lavoratori ad uno sciopero ad oltranza, mettendo finanche in discussione la stessa legge sugli scioperi. Inoltre la lotta alla Fiat di Melfi, Termini Imprese, le lotte dei metalmeccani sui precontratti che hanno visto una partecipazione agli scioperi soprattutto nei grossi gruppi industriali come la Fincantieri, con una adesione quasi totale dei lavoratori che per oltre un anno hanno bloccato gli straordinari e superato le 90 ore di sciopero.
Senza ironia si può affermare che se un pregio il governo Berlusconi l'ha avuto è stato quello di aver risvegliato le lotte sociali in questo Paese

Dove e cosa hanno portato queste lotte? Nonostante il livello di scontro sia stato alto, il freno delle burocrazie sindacali ha avuto un peso notevole. Tutti gli accordi firmati in questi ultimi anni, in virtù della crisi economica, hanno recepito pezzi di legge 30 e precarietà: contratto degli edili, commercio, trasporti ed infine il contratto dei meccanici, nel quale è emersa evidente la volontà del padronato di piegare la categoria più combattiva, conclusosi con un accordo al ribasso che ha tradito le ragioni stesse di quella importante lotta. Nonostante l'impegno delle burocrazie sindacali per convincere i lavoratori della bontà dell'accordo raggiunto, da parte dei delegati e dei settori più combattivi sono emersi dei profondi dissensi forti: in Veneto ad esempio all'attivo regionale della Fiom gli interventi che invitavano a bocciare questa firma, portati avanti da noi, dai delegati più combattivi della Fincantieri e da altri delegati, hanno messo in seria difficoltà le massime dirigenze del sindacato, le quali hanno dovuto schierare tutte le loro forze contro le voci di dissenso organizzato. Esemplare è anche la vicenda degli 8 lavoratori dello Slai-Cobas licenziati all'Alfaromeo di Pomigliano (a cui va tutta la nostra solidarietà), dove il dissenso è stato così alto che l'azienda in combutta con i confederali è dovuta ricorrere alla repressione. Il 16% del voto contrario a quest'accordo per noi è un dato molto significativo, nato, com'è, da un dissenso concentrato nei grossi gruppi dove le lotte sono state più radicali (vedi articolo su Progetto Comunista-Rol n� 1). Il limite dell' uso a senso unico dello strumento referendario pone una domanda sulla reale democrazia: per far passare il sì le burocrazie sindacali hanno mobilitato tutte le forze possibili, mentre per chi si è schierato dalla parte del no non è stato possibile, se non nelle fabbriche dove si lavora, far sentire quali erano le ragioni del dissenso. Si può realmente parlare di democrazia nei posti di lavoro?

Il congresso della Cgil iniziato con l'assenza, per la prima volta dopo anni di un documento alternativo, di un' area di dissenso organizzata al proprio interno, è terminato con la proposta di un patto di legislatura con il governo Prodi, con l'offerta di una nuova stagione concertativa e con nessuna indicazione di conquista sindacale immediata, a dimostrazione della mancanza di volontà reale di difendere concretamente e coerentemente le ragioni dei lavoratori.
La "Rete 28 aprile-sinistra sindacale in Cgil" capitanata da Cremaschi non ha saputo porre nessuna vera alternativa alla linea tracciata dall'asse Epifani-Patta, e i 48 voti di astensione della Fiom e di Cremaschi risultano deboli e insufficienti per dare una risposta ai lavoratori; al documento Epifani infatti sono andati solo 27 voti contrari.

A fronte di tutto questo (leggi precarizzanti, attacchi al sindacato,ecc.), in questi ultimi anni c'è stata una reale disponibilità dei lavoratori a lottare, quello che è mancato è stata una conseguente direzione delle lotte ed una reale contro-offensiva del sindacato. Dalla Cgil sono mancate parole d'ordine come "sciopero prolungato fino alla cacciata di Berlusconi" e "ritiro di tutti i provvedimenti contro i lavoratori (una caduta del governo da parte delle piazze avrebbe ribaltato i rapporti di forza )". La necessità di una sinistra sindacale di classe in Cgil, ed il coordinamento con tutto il sindacalismo di base e di classe deve essere messa all'ordine del giorno per dare quello che è mancato fino ad ora: ovvero un'altra direzione delle lotte contro il padronato ed i governi anti-operai, siano essi di destra o di sinistra. Urge la necessità di lanciare altre parole d'ordine: la crisi la devono pagare i padroni. Solo sul terreno dell'anti-capitalismo è possibile difendere vecchie conquiste e coglierne di nuove. Ancora una volta l'alternativa o è rivoluzionaria o non è.

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Il partito che vogliamo costruire: comunista, rivoluzionario, radicato nelle lotte politiche e sindacali
Intervento di Antonino Marceca (ex Cpn di Rifondazione Comunista)

Veniamo da una lunga e difficile lotta per il raggruppamento rivoluzionario nel Prc. Quindici anni di demarcazione, di lotta di tendenza, di chiarificazione politica e teorica, di paziente lavoro rivoluzionario nelle avanguardie di lotta. Non sono stati anni semplici né lineari. Abbiamo conosciuto salti organizzativi e separazioni mantenendo ferma la sbarra sulla prospettiva della costruzione del partito leninista in questo Paese.
Non è stato facile delimitare un'organizzazione che riprendeva nelle parole e nei fatti la concezione leninista del partito, tanta era ed è la confusione attorno a questo concetto di organizzazione rivoluzionaria. Particolarmente insidiosa è l'elaborazione che proviene dalla galassia centrista, notoriamente radicata nella storia politica della sinistra in questo Paese.
Rispetto alle concezioni socialdemocratiche e togliattiane, maggioritarie nel partito di Bertinotti, la nostra concezione politico-organizzativa era maggiormente comprensibile dalle avanguardie, dai lavoratori più militanti, disponibili allo studio e alla discussione. Il legame tra forme organizzative e natura opportunista dei gruppi dirigenti era evidente. La loro concezione del "partito di massa" è funzionale ad un approccio politico, elettoralista ed istituzionalista, finalizzato a stringere alleanze di governo con la borghesia liberale sia in ambito locale che nazionale. Per questo serve loro un partito di iscritti passivi, largo, lasso ed amorfo, base per un gruppo dirigente sempre più identificato con il gruppo parlamentare, i ministri e i presidenti, gli assessori e i membri dei consigli di amministrazione. Un corpo di iscritti che si illumina alla visione del segretario alla televisione e risponde all'appello dello stesso nei congressi. Un partito, per dirla con Lenin, operaio-borghese dove la prima componente costituisce il riflesso dei legami con la burocrazia sindacale riformista della Cgil, come di altri sindacati.

Più complesso evidenziare la nostra concezione politico organizzativa rispetto alle differenti varianti del centrismo che attraversano la storia del Prc; varianti oscillanti da sinistra a destra e viceversa, ma sempre più spesso cristallizzate e prive di una possibile evoluzione.
Un centrismo di destra esprime Erre - Sinistra critica, tutta tesa all'enfatizzazione dei movimenti come elementi di pressione sui governi di collaborazione di classe, locali e nazionali. A cui comunque non viene meno seppur criticamente il sostegno da parte di questa corrente. Un centrismo che associa una profonda sfiducia sia nel ruolo indipendente della classe operaia dalla borghesia sia nella costruzione del partito indipendente,e quindi, per questo, sempre alla ricerca di sostituti (ultimi in ordine di tempo Bertinotti e il movimentismo). In questo Erre - Sinistra critica mantiene una profonda continuità con il pablismo del fondatore della corrente, Livio Maitan.
Di natura differente il centrismo di Falce e Martello, il quale presenta in comune con Erre - Sinistra critica la rinuncia alla costruzione del partito indipendente. Ma mentre Erre Sinistra critica si affida ai movimenti, Fm si affida ai "partiti operai", compresi i Ds. La prospettiva è il governo delle sinistre tra Prc, Pdci e Ds, erroneamente identificato come "governo operaio", considerata la natura liberaldemocratica dei Ds. Fm mistifica di fronte ai lavoratori la reale natura di collaborazione di classe di questo eventuale governo delle sinistre. Un' offesa all'intelligenza dei lavoratori, sempre più sfruttati da padroni diessini, e dei comunisti, considerata la prospettiva di costruzione del Partito democratico con la Margherita in cui è coinvolta la maggioranza Ds.
Infine la componente più a sinistra del centrismo, quella di Ferrando e Grisolia. Una componente sempre più minoritaria in Rifondazione, in particolare tra i giovani (sembra che non siano riusciti a raccogliere nemmeno le firme per la presentazione di un loro documento alla conferenza dei giovani del Prc). Questo gruppuscolo ha subito un processo degenerativo in cui si associa il leaderismo narcisistico e la verticalizzante dei loro due capi (con Ferrando nel palcoscenico e Grisolia in penombra) -con fenomeni (come osservato alla manifestazione di Roma contro la guerra del 18 marzo in cui uno sparuto nucleo di sostenitori inneggiava al leader, presente anche in foto nella prima pagina del loro foglio) che ricordano i cartelli inneggianti Mao negli anni '70- e una base lassa ed eclettica, in cui viene meno ogni differenza tra simpatizzanti e militanti. La verticalizzazione è necessariamente congiunta con l'autonomia dei singoli e dei collettivi, risultandone posizioni a geometria variabile nel sindacato e nei rapporti con i partiti della borghesia a livello locale, con fenomeni sempre più diffusi di opportunismo. Il tutto teorizzato in nome della "democrazia" contro "la disciplina da caserma leninista". La loro eventuale uscita dal Prc per esaurimento degli spazi assegnatigli da Bertinotti si configurerebbe di fatto come un aborto di partito.

Noi oggi ci separiamo sul piano politico ed organizzativo da tutti questi, dai socialdemocratici e dai centristi. Dopo aver costatato il loro sostegno alle primarie, il loro voto all'Unione di Prodi, la loro deriva governista, il tradimento delle ragioni dei lavoratori e delle masse popolari, separandoci da loro iniziamo la fase costituente del nuovo partito comunista rivoluzionario, di un' organizzazione leninista e trotskista conseguente in questo Paese dopo tanti anni.
Questo significa costruire una organizzazione coesa sul piano politico e programmatico, che non parta da zero ma si ricolleghi alla migliore tradizione del marxismo rivoluzionario mondiale.
Vogliamo rendere attuale in Italia il patrimonio e il lascito teorico dei maggiori rivoluzionari dei secoli trascorsi: da Marx a Engels, da Lenin a Trotsky. Vogliamo ricollegarci con quel filone del movimento operaio italiano che con maggiore coerenza ha combattuto contro la variante stalinista in questo paese: il togliattismo. Riannodiamo il filo rosso che ci collega a Pietro Tresso e Nicola Di Bartolomeo e per essi alla nascita del Pcd'i nel 1921.

Una organizzazione centralizzata in Italia e domani nella Quarta Internazionale rifondata. Una organizzazione in cui siano i congressi nazionali a decidere la linea politica, in coerenza con i principi del marxismo rivoluzionario, attenta ad evitare il doppio pericolo dell'opportunismo e dell'avventurismo. Una organizzazione diretta, sulla base del nostro patrimonio teorico programmatico e della linea emersa dai congressi, dal Comitato Centrale, costituito da dirigenti con funzioni politico-esecutive nei rispettivi gruppi di lavoro, e dal Consiglio Nazionale.
Una organizzazione democratica perché le scelte, fermo restando la salvaguardia dei principi, sono frutto di un libero confronto dei compagni nei congressi e negli organismi eletti.
Una organizzazione disciplinata perché le decisioni una volta assunte e votate sono vincolanti per tutti i militanti e tutte le tendenze, perché il lassismo nella disciplina, come ci insegna anche la storia delle organizzazioni centriste del Prc, spesso degenera nell'opportunismo politico. Un partito di militanti e di quadri proiettato verso l'azione di massa, proteso a conquistare alla nostra prospettiva la maggioranza della classe operaia.

Il partito leninista che vogliamo costruire non vive al di fuori della lotta di classe. Esso interviene nella classe e nei movimenti sulla base del suo programma. Un programma articolato sulla base di rivendicazioni immediate e transitorie finalizzate da una lato alla unificazione della classe, delle diverse categorie e comparti del lavoro salariato e dei disoccupati, dall'altro nel legare le rivendicazioni immediate alla prospettiva socialista. Un programma che mentre eleva la coscienza socialista dei lavoratori e delle masse popolari riafferma l'egemonia della classe operaia nel processo rivoluzionario. Un partito che interviene, sulla base della tattica del fronte unico di classe contro la borghesia e i liberali, dove i lavoratori e i movimenti di lotta si concentrano. Da qui la costruzione attorno ad un quadro militante di una area di simpatizzanti e sostenitori tra i giovani e i lavoratori. Da qui la centralità del lavoro politico dei militanti comunisti nei sindacati, in particolare nei sindacati più rappresentativi e conflittuali presenti nei posti di lavoro. L'intervento comunista nei sindacati è funzionale da un lato all'acquisizione al programma del partito le avanguardie di lotta che si formano nei posti di lavoro, dall'altro alla costruzione di tendenze di classe in tutti i sindacati con l'obiettivo di strappare alla burocrazia sindacale riformista la direzione e il controllo di interi settori e categorie del lavoro salariato. Un partito che non rifugge dalla lotta elettorale, ma utilizza i propri eletti nelle assemblee ai vari livelli istituzionali come tribune, amplificatori delle lotte dei lavoratori e dei movimenti contro le politiche dei governi ai vari livelli di articolazione dello Stato borghese. Un partito che proprio perchè indipendente dallo Stato borghese poggia la propria politica principalmente sull'autofinanziamento: da qui l'importanza del pagamento delle quote dei quadri e dei militanti dell'organizzazione, segno inequivocabile di adesione programmatica e politica.

Su queste solide basi avviamo la fase costituente del partito comunista e rivoluzionario!

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Da "cuore dell'opposizione" ad appendice del governo liberale: la parabola riformista di Rifondazione. La necessità di un nuovo partito
Intervento di Ruggero Mantovani (ex Cpn di Rifondazione Comunista)

Con l'entrata del Prc nel governo liberale dell'Unione si è sancita definitivamente la scissione dell'apparato bertinottiano e dei suoi satelliti destri (l'Ernesto), sinistri (Erre) e dell'indistinto atollo del ferrandismo, dall'atto costitutivo della rifondazione comunista.
L'esito di questa sciagurata scelta è drammatico: l'azzeramento dell'opposizione di classe e della rappresentanza sociale e politica del movimento operaio. Da qui la necessità di costruire un nuovo soggetto politico (oggi rappresentato dal nostro Progetto Comunista), che si ponga il compito storico di sviluppare il processo della rifondazione comunista e al contempo di rifondare l'opposizione dei lavoratori. Una scelta non certamente ideologica o settaria, la nostra, ma iscritta nelle condizioni oggettive e nella necessità di rappresentanza del movimento operaio. I comunisti, direbbe Gramsci, non si abbandonano alla pratica annosa del compromesso e ad una tattica cretinamente parlamentarista. Se il Prc ha deciso di entrare nel pantano del governo borghese dell'Unione, noi, per dirla con Lenin, ci sentiamo obbligati a "combattere non solo contro quel pantano, ma anche contro coloro che si incamminano verso di esso". Insomma, se Bertinotti ammaina la bandiera della rifondazione comunista e rompe col movimento operaio, noi chiediamo al movimento operaio di rompere definitivamente con una falsa rifondazione comunista.
In definitiva, la necessità di rifondare un partito comunista rivoluzionario e radicato nelle lotte, lungi dal giustificarsi con una necessità contingente, ha segnato tutta la storia del movimento operaio internazionale di cui il bolscevismo è stato il suo più autorevole interprete."Dateci un'organizzazione di rivoluzionari e capovolgeremo il mondo" ( scrive Lenin nel "Che fare?"), ponendo la costruzione del partito comunista come centrale per la costruzione del socialismo.Un itinerario ripido e difficile ma assolutamente necessario e decisivo, consapevoli che, per dirla con Trotsky, " Nella lotta per il potere il proletariato non ha altra arma che l'organizzazione".Qui sta tutta l'attualità della costruzione di un nuovo partito comunista come unica risposta alla "crisi storica dell'umanità" e all'ennesimo tradimento del movimento operaio, oggi ben rappresentato dalla scelta governista del Prc.
Eppure il Prc nacque con grandi potenzialità. Rifondazione comunista non è nata da una pulsione nostalgica e artificiosa: la crisi congiunta dello stalinismo e la necessità di ricostruire un movimento operaio autonomo e indipendente, prodotto dallo slittamento dell'allora Pds nell'area governista, offrì un reale spazio di rappresentanza politica e sociale.
Rifondazione comunista si attestò come vera novità del quadro politico italiano, attraendo settori importanti della avanguardia del movimento operaio, rigenerando generazioni di militanti dell'estrema sinistra passivizzati. Ma la natura politica del Prc è stata fin dalla prima ora caratterizzata dalla tradizione del suo gruppo dirigente. Si riproponeva nella sua ampiezza e varietà l'essenzialità della cultura riformista sia togliattiana che ingraiana, le quali avevano entrambe attraversato la storia del Pci. Questa la contraddizione di fondo: il Prc nasceva ed assumeva un ruolo centrale come risposta al fallimento della pratica riformista del Pci, pur se il suo apparato dirigente si apprestava, per cultura, impostazione e tradizione, a rifondare il partito comunista sulle stesse basi di quel fallimento.

Il Prc venne di fatto obbligato dal quadro politico italiano tra il 1991 e il 1995, a collocarsi all'opposizione, concependo questa come processo di accumulazioni di forze da investire sul terreno contrattuale per rinsaldarsi sul piano istituzionale.
Dopo il fallimento nel 1993 della sinistra di alternativa (semi-blocco di opposizione con la rete di Orlando), nel 1994 strige l'accordo col Polo Progressista, embrione del centro-sinistra, candidandosi esplicitamente a partecipare, in caso di vittoria, a un governo borghese. Solo la sconfitta impedirà un ulteriore slittamento nell'area governativa. Oramai il progetto è maturo: emerge la volontà di consolidarsi come forza critica a sinistra del centrosinistra. Tutto l'investimento nel polo progressista sfumò per volontà del Pds che avviò la formazione di un polo meno composito, all'altezza di governare le politiche del capitalismo italiano.
Nel 1995 l'opposizione contro il governo Dini ( lotta alla la finanziaria e alla contro-riforma pensionistica) è giocata prevalentemente su un piano istituzionale. In questa fase Rifondazione riprende oggettivamente vigore attraendo le simpatie di una larga base della sinistra, ma fa una conflittualità più sindacale che politica (tant'è che a livello locale il Prc entrava in molte giunte di centro-sinistra), investendo proprio nel vuoto di rappresentanza di classe determinatosi dalla concertazione sindacale, nata dagli accordi confindustriali del 1992.
L'accumulo di questa massa d'urto, venne poi investita nel 1996 nell'accordo di desistenza col centrosinistra, e il voto al governo Prodi rappresentò la definizione di un intero corso politico, definito allora enfaticamente "dall'opposizione al progetto", come recitava il logo del III congresso.
Nel governo Prodi (che portò a casa veri e propri bottini per la borghesia italiana), il Prc investì ciò che di più spendibile aveva realizzato dalla precedente fase dall'opposizione: una pratica contrattualistica in netta competizione con le rappresentanza sindacali. Ma progressivamente si diluirono i contorni del contrattualismo bertinottiano, sino ad indurre Bertinotti nell'autunno del 1998 ad uscire dal governo Prodi, rilanciando però un governo di decantazione istituzionale con la speranza di ripartire con un nuovo accordo di legislatura, che non si realizzerà solo per la scissione dei cossuttiani realizzata sotto l'egida di d'Alema. Il Prc all'opposizione del nuovo governo d'Alema radicalizza lo scontro sociale provocato dalla guerra imperilista nel Kossovo. Ma anche in questa fase, malgrado l'enorme visibilità tra le forze dell'opposizione, esso non arriva alla rottura col centro-sinistra, assumendo non la parola d'ordine della confederazione Jugoslava e socialista dei Balcani, ma l'Onu come forza di pace, astenendosi persino sulla mozione del governo D'Alema che pre�vedeva la momentanea sospensione del conflitto. Non è un caso che la mancanza di una rottura definitiva anzitutto con l'apparato diessino, è stato il terreno privilegiato ove si è rinsaldato il nuovo compromesso alle regionali nell'aprile del 2000 (con 14 accordi su 15), e la non belligeranza alle politiche del 2001.
La crisi di egemonia sociale delle politiche liberiste incontrò la nascita di un movimento anti-globalizzazione che, dopo la manifestazione di Genova e malgrado la reazionaria campagna d'ordine di Berlusconi, fu il detonatore del conflitto sociale con reali basi di massa. Un nuovo vento si alzò nelle piazze e una nuova generazione rialzò la testa dopo anni di passivizzazione: giovane è stata la generazione del movimento antiglobalizzazione; giovane è stato il movimento pacifista; giovane è stata quella classe operaia che ruppe con la concertazione sindacale e torna a protestare nelle piazze; giovane è stata la resistenza delle nuova intifada in Palestina; giovane è la nuova resistenza irakena contro la guerra di occupazione. Un nuovo vento di lotta ha attraversato i settori più sensibili del mondo del lavoro e della società civile: dalla lotta degli autoferrotranvieri, dei lavoratori Alitalia; all'eroica resistenza degli operi di Melfi; dalla mobilitazione della popolazione di Acerra contro il termoinceneritore, alla lotta contro la Tav.
Ma l'enorme potenzialità che questo movimento ha espresso incontrò un appoggio truffaldino dell'apparato del Prc. Un patrimonio di lotta utilizzato da Bertinotti come carta di credito e dote preziosa per realizzare un nuovo compromesso di classe alle politiche del 2006 e l'entrata nel governo borghese dell'Unione.

La profonda crisi del capitalismo, la crisi storica del riformismo e, soprattutto, l'assenza di una reale direzione alternativa del movimento operaio, confermano una volta di più la necessità di una costruzione di un partito comunista che sappia recuperare un programma di liberazione delle masse lavoratrici e dunque un programma marxista rivoluzionario.
Oggi l'autonomia politica dall'Unione, che noi rivendichiamo, è l'autonomia dei fini della classe che vogliamo rappresentare: è questo in definitiva l'unica bussola che contraddistingue il nostro progetto politico. Un partito, tanto più oggi, necessario per ricostruire quel filo spezzato dallo stalinismo e dagli innumerevoli tradimenti della socialdemocrazia oggi ben rappresentata dal Prc. Un partito che, ancora una volta, assuma nel suo orizzonte strategico il socialismo e la rivoluzione proletaria come unica alternativa alla barbarie del capitalismo. Un partito che, a partire dalle lotte, si pone l'obbiettivo storico di costruire una civiltà superiore che noi orgogliosamente chiamiamo comunismo e che fa ben sperare, per dirla con le parole di una grande rivoluzionaria, Rosa Luxsemburg, che ancora una volta "l'avvenire appartenga dappertutto al bolscevismo".

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La nostra battaglia antimperialista e internazionalista
Intervento di Alberto Madoglio (ex Cpn di Rifondazione Comunista)

A quasi 20 anni dal crollo del muro di Berlino e dalla dissoluzione dell'Urss, il quadro che la situazione internazionale ci propone, è molto diverso da quello che avevano previsto all'epoca gli intellettuali borghesi fautori della bizzarra teoria della fine della storia.
Il mondo e' ben lontano dall'aver raggiunto un'epoca di pace e di prosperità: guerre, carestie, calamità che sembrano causate dalle forze della natura ma che sono in realtà frutto di un sistema anarchico, che devasta l'ambiente in nome del profitto, si susseguono senza soluzione di continuità.
La stessa supremazia del capitalismo, che all'epoca sembrava raggiunta definitivamente, è oggi sempre più messa in discussione.
Sia perché per la sua natura intrinseca non può trovare un equilibrio stabile e quindi ciclicamente produce crisi economiche e finanziarie sempre più devastanti. Sia perché per la sua sopravvivenza deve ridurre in miseria un numero sempre maggiore di persone, spingendole di conseguenza a ribellarsi ad uno stato di cose che qualcuno vorrebbe fosse ineluttabile.
Dall'America del sud all'Europa, dall'Africa all'Asia, non esiste un posto nei cinque continenti in cui l'economia di mercato sfugga alle regole cui accennavo in precedenza. Si può dire quindi che l'epoca delle guerre e delle rivoluzioni, apertasi all'inizio del XX secolo, non è ancora terminata.

L'area geografica in cui oggi sembrano concentrarsi tutte le contraddizioni dell'economia di mercato, e in cui è più evidente la difficoltà dell'imperialismo ad imporre il suo dominio, è il Medio Oriente. Quando nel maggio del 2003 Bush, dal ponte della portaerei Lincoln, parlò di "missione compiuta", riferendosi alla guerra all'Irak, i commentatori più accorti non erano altrettanto ottimisti, perché vedevano che il paese era lontano dall'essere pacificato.
Oggi, a tre anni di distanza, la situazione risulta decisamente peggiorata. Il parlamento fantoccio, frutto di elezioni truffaldine dalle forze occupanti, non riesce a nominare un governo che non si limiti ad esercitare la sua sovranità solo all'interno della cosiddetta "zona verde", l'area di Bagdad dove ha la sua sede. Intere province del paese sono in mano alle forze della resistenza popolare che si oppongono all'occupazione, e oramai anche in ambienti della Casa Bianca si parla apertamente di come uscire da una situazione di guerra civile conclamata.
La lotta che noi conduciamo per la disfatta militare dell'imperialismo, in primo luogo dell'imperialismo italiano, e il sostegno che noi diamo senza se e senza ma alla resistenza irachena non deve però farci dimenticare che le forze che attualmente la guidano, non sono in grado di garantire una vera liberazione ed indipendenza al paese. Solo l'emergere tra le sue fila di organizzazioni che lottino oltre che per la cacciata degli occupanti anche per l'affermazione di una prospettiva di classe, è la migliore garanzia per quelle popolazioni di non cadere in una nuova forma di oppressione, magari teocratica, dopo quella baathista di Saddam e dell'imperialismo.

In Palestina 80 anni di politica di pulizia etnica sionista basata sull'espulsione della maggioranza araba dalle sue terre, non sono bastati a sconfiggere definitivamente le masse palestinesi, costringendole ad accettare una situazione di servaggio. Nonostante gli accordi di Oslo del 1993 (che hanno segnato il tradimento palese della dirigenza storica dei palestinesi, guidata da Arafat), e il successivo aumento della repressione contro la resistenza all'occupazione, nonostante abbia il sostegno incondizionato di stati Uniti e Europa, possiamo senza dubbio affermare che lo stato di Israele non ha il controllo della situazione, né che il suo dominio coloniale sia più solido che in passato. Al contrario, questa situazione ha causato una maggiore radicalizzazione della resistenza, che ha fatto emergere tra i palestinesi organizzazioni che ai loro occhi appaiono maggiormente in grado di opporsi alle azioni dell'esercito israeliano rispetto alla ormai totalmente screditata dirigenza dell'OLP.
Chiediamoci però da chi potrà venire la soluzione alle legittime rivendicazioni del popolo palestinese. Non certo da Hamas, rappresentante delle tendenze più reazionarie e conservatrici della società palestinese. Non dal sionismo, che, anche nella versione di sinistra, ha la sua ragion d'essere nel mantenimento dell'occupazione su tutta l'area della Palestina storica (non solo nei territori occupati dopo il 1967), e nel disconoscimento di ogni minima rivendicazione da parte palestinese, come il ritorno dei profughi o una più equa ripartizione delle risorse, idriche in primo luogo. Da nessuno di questi soggetti verrà la soluzione ad un conflitto pluridecennale.
Solo una rivoluzione delle masse, in Palestina e in tutto il mondo arabo, mobilitate dalla parola d'ordine degli stati socialisti del medio oriente, garantirà loro la fine sia dell'oppressione sionista, attraverso l'abbattimento dello stato di Israele, sia di quella dei regimi corrotti e asserviti all'imperialismo che dominano la regione, si tratti delle monarchie teocratiche o dei regimi nazionalisti. Ed e' solo in questo modo che saranno allo stesso tempo garantiti la sicurezza e i diritti di minoranza nazionale alla popolazione ebraica.

L'imperialismo si illude di trovare la soluzione alle difficoltà e alle contraddizioni cui accennavo prima, valutando la possibilità di nuove aggressioni: Iran, Venezuela, Colombia, Corea del Nord, solo per citarne alcune.
Il copione non e' nuovo, l'abbiamo già visto all'epoca della preparazione del conflitto per cacciare Saddam Hussein: lotta al terrorismo e agli Stati canaglia che lo proteggono, presenza di armi di distruzione di massa, necessità di garantire libero accesso allo sfruttamento di risorse indispensabili per il benessere collettivo, in verità indispensabili per garantire enormi profitti alle multinazionali..
In alcuni casi si è molto vicini all'inizio delle ostilità.
Manca solo la smoking gun, il giusto pretesto, per scatenare una nuova guerra in nome dei valori della civiltà occidentale, gli stessi valori per i quali si sono combattute due guerre mondiali e innumerevoli guerre coloniali che hanno causato decine, se non centinaia di milioni di morti.
Anche nel caso di questi Paesi, probabili vittime delle politiche guerrafondaie, pur non accordando fiducia a nessuno dei loro governi - si tratti degli ayatollah di Teheran o del nuovo Bolivar di Caracas - come comunisti ci schieriamo incondizionatamente dalla loro parte, consapevoli che una loro vittoria indebolirebbe l'egemonia internazionale imperialista, aprendo nuove prospettive per i rivoluzionari.

La difficoltà che il capitalismo incontra nell'imporre il proprio dominio a livello globale, è resa ancora più evidente anche dai focolai di rivolta che si stanno sviluppando in varie parti del mondo, così come ricordavo all'inizio. Dai milioni di francesi scesi in piazza contro una proposta di legge volta ad aumentare in maniera intollerabile la precarietà nel mondo del lavoro, alle mobilitazioni degli immigrati clandestini negli Stati Uniti, quello che manca non è la volontà dei lavoratori e degli sfruttati e oppressi in generale ad opporsi ad un sistema sempre più al di fuori della storia ed a ogni idea di umanità.
Quello che oggi è assente, è una direzione politicamente conseguente di queste mobilitazioni. Una direzione che faccia comprendere alle masse, che ogni rivendicazione anche parziale non ha speranza di ottenere risultati concreti, se non è inserita in una prospettiva più complessiva contro il dominio di un sistema basato solo sulla ricerca del profitto, e che abbia come obiettivo finale irrinunciabile la sua distruzione per via rivoluzionaria. Far comprendere quindi che l'opposizione alla guerra, non deve essere solo una lotta per la pace, ma contro le ragioni economiche che stanno alla base dei conflitti. Deve essere altresì una direzione che renda chiaro che la lotta, oggi di resistenza domani di attacco, non deve essere limitata al campo nazionale, ma debba avere una prospettiva più ampia. E' per questo motivo che noi ci definiamo internazionalisti. Per noi questo termine non ha una valenza riduttiva, di mera solidarietà tra i popoli. Essere internazionalisti per noi vuol dire dichiarare una guerra senza confini al dominio dell'economia di mercato. Vuol dire essere consapevoli che ogni colpo sferrato al capitale, non solo deve essere considerata una vittoria degli sfruttati, ma deve vedere l'immediata sollevazione di tutti gli oppressi per far sì che questa vittoria parziale si trasformi in una disfatta senza possibilità di ripresa. Per permettere che ciò avvenga, è indispensabile quindi costruire un'internazionale. Ma un'internazionale che lotti per questo programma, non può che essere la Quarta Internazionale. Rivendicando questo nome, noi rivendichiamo un programma e un metodo di azione che hanno permesso la prima, e per il momento unica, esperienza vittoriosa di conquista del potere da parte del proletariato, la rivoluzione d'ottobre, e che hanno rappresentato allo stesso tempo la risposta dei comunisti allo stalinismo. Chi parla di nuova internazionale, non si limita a proporre un cambiamento nominale, ma nei fatti condanna ad una rinnovata schiavitù milioni di giovani, lavoratrici e lavoratori.
Il nuovo internazionalismo, millantato per anni da Bertinotti, si è trasformato nella vecchia politica della collaborazione di classe e del tradimento delle ragioni dei più deboli.
Se la Quarta Internazionale è viva dal punto di vista politico, così non si può dire dal punto di vista organizzativo. Oggi esistono nel mondo varie forze che si richiamo a quel nome, ma nessuna oggi è la Quarta Internazionale. Nemmeno noi abbiamo l'ambizione di poterci proclamare come i soli legittimi eredi di quel programma. Ma siamo, insieme ad altre organizzazioni internazionali che oggi ci mandano il loro saluto, consapevoli che anche col nostro, per ora modesto, contributo si potrà rifondare il partito mondiale della rivoluzione socialista, il partito che fu di Lenin e Trotsky.

Per concludere, a chi ci propone un futuro fatto di odio etnico, guerre di civiltà, conflitti sempre più sanguinosi, un futuro fatto, in poche parole, di una barbarie senza fine, noi rispondiamo facendo nostre le parole con cui si chiuse la conferenza internazionale socialista di Zimmerwald: "operai ed operaie, madri e padri, vedove e orfani, feriti e mutilati, a voi tutte, vittime della guerra, noi diciamo: al di sopra dei campi di battaglia, al di sopra delle campagne e delle città devastate: proletari di tutto il mondo unitevi!

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Il percorso costituente del nuovo partito
Intervento di Michele Rizzi (ex Cpn di Rifondazione Comunista)

Il successo evidente di questa assemblea pubblica, con centinaia di compagni arrivati da ogni parte d'Italia, è la dimostrazione lampante che l'organizzazione provvisoria nazionale che ci siamo dati è un buon viatico per l'avvio della nostra costituente. Le decine di adesioni simpatizzanti di Comitati di lotta di lavoratori, precari, di studenti sono la dimostrazione che c'è grande attenzione verso la costruzione di un'organizzazione comunista di opposizione al governo Prodi che, nella logica dell'alternanza, si connota quale governo sostenuto dai banchieri e dalla finanza nazionale.
Molti di questi compagni, sia per problemi lavorativi, sia per problemi logistici (c'era il ponte del 25 aprile) non hanno potuto essere presenti, pur avendo mandato attestati di adesione all'iniziativa e di richiesta di incontro.

E' chiaro a tutti che il successo anche numerico di questo meeting è innegabile ed è esclusivamente il primo passo. Questo dimostra che un'organizzazione reale di compagni che abbiano principi condivisi e non imposti, che lavori quotidianamente nella costruzione di rapporti sociali, di vertenze, di lotte, è da sempre preferibile ad un'organizzazione settaria, molle dal punto di vista organizzativo e che abbia come baricentro della sua azione politica, l'esposizione mediatica del suo leader. Che sia chiaro: noi, oggi, non andiamo a costruire un'organizzazione verticistica, né tantomeno un'accozzaglia di gruppi politici settari che cercano una ribalta nazionale. Invece, fulcro della nostra costituente in Partito politico è l'insieme di tutti i compagni che rompono o romperanno con il Prc -magari provenienti anche da altre aree di Rifondazione comunista- oltre a compagni che ne stanno fuori da tempo o giovani che si affacciano alla politica e che vogliono avvicinarsi alla nostra battaglia di opposizione ai governi della borghesia.

Questo è un giorno storico che avviene alla fine di un percorso di entrismo in Rifondazione comunista. Un percorso quindicennale che ci ha permesso di costruire la nostra organizzazione su sani principi di democrazia interna e di centralismo democratico, facendoci guadagnare compagni giovani e giovanissimi interessati alla nostra prospettiva politica.
Quello di oggi non è un punto di arrivo, ma di partenza. Si avvia la costituente di un nuovo Partito comunista che rifondi un'opposizione dei lavoratori in Italia.
In questi mesi rafforzeremo in nostri collettivi, ne costruiremo degli altri, rafforzeremo nel suo complesso la nostra organizzazione nazionale.
Gli organismi dirigenti nazionali che ci siamo dati con l'Assemblea di Rimini del febbraio scorso, hanno la funzione di accompagnare questo processo fino allo sbocco della costituente, ossia la nascita del nuovo Partito.

A luglio terremo il nostro annuale seminario di formazione per creare una necessaria omogeneità politica, soprattutto con le nuove leve. Sarà un seminario di tre giorni che si caratterizzerà per la presa in considerazione di argomenti legati all'attualità della nostra battaglia politica quotidiana.
In autunno, terremo i congressi dei collettivi locali per poi tenere il congresso nazionale di costituzione del nuovo Partito alla fine del corrente anno.
E' un processo costituente, lungo e difficile, ma nello stesso tempo entusiasmante e necessario, perché alla Rifondazione socialdemocratica di Bertinotti va opposta la costruzione ed il consolidamento di una Rifondazione comunista di opposizione dei lavoratori.

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La costruzione di un nuovo partito comunista, rivoluzionario
Conclusioni di Francesco Ricci (ex Esecutivo nazionale Prc)

(Riportiamo la trascrizione integrale del discorso conclusivo all'Assemblea nazionale che il 22 di aprile, a Roma, alla presenza di centinaia di militanti, ha sancito la scissione da Rifondazione della sinistra interna e l'avvio della costruzione di un nuovo partito. Nella lettura si tenga conto che si tratta di un discorso: di qui le ripetizioni e le altre modalità della lingua parlata. La trascrizione è letterale: gli unici interventi redazionali sono l'aggiunta di titoletti e l'indicazione dei frequenti applausi, indispensabile per rendere il clima poco "seminariale" in cui si è svolta l'assemblea e l'entusiasmo che la ha contraddistinta).

Cari compagni, care compagne, lasciatemi dire prima di tutto che erano anni che non partecipavo a un'assemblea così bella. Vi posso assicurare che da questo palco il panorama è davvero bello. [applausi].

La fine di Rifondazione nel governo dei banchieri
Non è ancora costituito il governo ma è già chiaro -non abbiamo bisogno di aspettare la composizione dei ministeri per dirlo- che sarà un governo borghese, un governo che farà gli interessi dei padroni.
Durante la campagna elettorale abbiamo detto: non ci schieriamo nella competizione tra i due poli; non accettiamo il ricatto del "meno peggio"; crediamo che in queste elezioni si confrontino, si azzuffino due ladri per stabilire chi dei due deruberà i lavoratori nei prossimi anni.
Mi sembra ora che l'avvio della discussione in vista della costituzione del governo abbia pienamente confermato questa nostra analisi. E in questo quadro i nomi dei possibili ministri sono solo una conferma di che cosa stanno preparando. Padoa Schioppa... basta il nome [risate, applausi].
Il programma di questo governo è chiaro: che la crisi la paghino i lavoratori.
A un chilometro da qui, nella federazione romana del Prc, si riunisce il Cpn. E lì decideranno -questo è il centro della discussione- la suddivisione degli incarichi, la divisione di una grande torta: un paio di ministri, qualche sottosegretario, poi gli incarichi nel partito da ridefinire, l'esteso sottobosco di governo...
Pensate che tra i nomi dei possibili ministri del Prc si parla di Pisapia, l'avvocato di De Benedetti; e poi di Alfonso Gianni, segretario di Bertinotti. Gianni è quello che qualche mese fa diceva: "noi andremo al governo per mettere il bastone fra le ruote delle classi dominanti." Abbiamo visto che cosa si prepara... e come le classi dominanti sono spaventate dal bastone di Alfonso Gianni [risate, applausi] i padroni dormono sonni tranquilli. Non è comunque un problema di nomi: i ministri di Rifondazione entreranno al governo come garanti della "pace sociale". Questo è il ruolo che viene assegnato al Prc.
Fausto Bertinotti ha superato tutti gli esami: inclusi quelli non previsti dal corso di laurea. Ha dato anche diversi esami supplementari in questi ultimi anni: con la partecipazione "responsabile" del Prc al governo di tante città e regioni; con il lavoro minuzioso di smantellamento, pezzo per pezzo, della simbologia, magari confusa, del corpo militante di questo partito.
C'è stato il dibattito sulla "non violenza". Abbiamo capito subito -e lo abbiamo denunciato: non era un astratto dibattito teorico. Era il biglietto da visita presentato alle classi dominanti: siamo un partito, questo il senso, che rifiuta e ripudia tutta la storia del movimento operaio. Anzi, la storia di tutte le rivoluzioni, a partire da quelle borghesi (perché non c'è stata nessuna rivoluzione che sia avvenuta attraverso il convincimento pacifico, al tavolo, delle classi dominanti. Mai è successo che le classi dominanti se ne siano andate senza reagire per lasciare il posto ai rivoluzionari).
E' stato un lavoro minuzioso quello che il gruppo dirigente del Prc ha fatto: di smantellamento profondo del senso comune dei militanti. E Bertinotti lo ha rivendicato ancora nelle scorse settimane: "noi abbiamo estirpato da questo partito l'idea che il comunismo sia la conquista del potere." E ciò è stato vantato come un merito del suo lavoro! Ci sarebbe da aggiungere che, evidentemente, siccome stamattina abbiamo letto sui giornali che Bertinotti ha buone probabilità di andare a sedersi sulla poltrona di presidente della Camera, nella lista del "potere" cattivo non rientrano certe poltrone... [applausi].
Ecco la grande conquista! Quindici anni di sacrificio di migliaia di militanti, per consentire a Bertinotti di sedersi su quella poltrona spelacchiata... da cui certo influirà sui rapporti di forza tra le classi... [risate].
L'ultimo passaggio è stato quello dell'intervista al Manifesto di un mese fa in cui Bertinotti ha proposto un'ulteriore innovazione nella storia del movimento operaio. Noi eravamo convinti, ingenuamente, che più indietro di così non si potesse andare: ma ci sbagliavamo. E così Bertinotti ha proposto di "tornare al socialismo dell'individuo". Questo è il nuovo esaltante orizzonte! [risate]. Dobbiamo purtroppo osservare che non si tratta di un orizzonte nuovissimo: era già nel dibattito del movimento operaio di due secoli fa. Se non fosse che nel frattempo sono passati due secoli: e quel socialismo utopistico che aveva una sua dignità, riproposto oggi combinato con la politica del Prc serve solo per dire: vedete come siamo affidabili? Siamo maturi per il governo.
E Mieli, in quell'editoriale del Corriere, a nome della grande borghesia, di un settore importante della grande borghesia, ha detto: sì, Bertinotti è nella lista dei politici affidabili. Affidabili per la borghesia.
E la stessa vicenda della presidenza della Camera cosa significa? E' il riconoscimento della borghesia di questa affidabilità. In cambio il Prc si impegna a essere strumento della "pace sociale" a difesa del governo. Ecco cosa sta dietro questi giri di poltrone.
Alcuni compagni, qui, prima di me, hanno detto che Rifondazione chiude un ciclo con questo ingresso al governo. E' così. Noi abbiamo sempre detto che non è esistita una "età dell'oro" del Prc e dunque non si tratta di tornare a un'improbabile Rifondazione delle origini. Questo partito, in realtà, è nato da una contraddizione tra gli obiettivi del gruppo dirigente storico (che si è sgretolato negli anni per alcuni ingressi anticipati al governo e che si ricompone domani nel Prodi bis), un gruppo dirigente votato alla collaborazione di classe; in contraddizione con le esigenze soggettive e lo sforzo di migliaia di compagni. Oggi si chiude un ciclo perché non abbiamo semplicemente il ripetersi di un'esperienza grave già fatta col primo governo Prodi. Oggi abbiamo un passaggio definitivo perché questo avviene alla fine di un lungo percorso di smantellamento del partito, della sua consistenza reale e del suo radicamento, ormai sostituito quasi ovunque con comitati elettorali e di sostegno agli assessori nelle giunte. E quello che fanno gli assessori nelle giunte è in contraddizione con qualsiasi ipotesi di radicamento nelle lotte.
Il ruolo che viene assegnato dalla borghesia al Prc è questo: di cuscinetto tra il governo e le lotte che comunque si svilupperanno in reazione all'attacco antioperaio fortissimo che il governo sferrerà (non c'è bisogno di essere fini economisti: basta sfogliare distrattamente i giornali per leggere delle manovre correttive "per risanare i conti", dei "sacrifici", ecc.). Altro che grande alternativa! Abbiamo la riprova di ciò in un episodio che è già stato citato qui: quello della Tav. Rifondazione Comunista ha partecipato, suo malgrado (cioè al rimorchio) a questa lotta. E' stato riconosciuto come l'unico partito che ha partecipato alla lotta e grazie a questo ha avuto anche un significativo risultato elettorale in Val di Susa. E cosa fa oggi? Si propone come il garante del "tavolo" che promette che la Tav si farà. La Tav si farà: certo, attraverso un percorso di discussione. La discussione non viene mai negata a nessuno. Li ci sono in ballo centinaia di milioni, figuriamoci se non ti concedono due chiacchiere! [applausi].
E Rifondazione ha stretto un accordo con Chiamparino, per le comunali, che prevede come punto fondamentale la costruzione della Tav. E questo è solo l'anticipo di quanto faranno una volta al governo.

La capitolazione delle opposizioni interne al Prc
E che cosa fanno di fronte a questa deriva governista le opposizioni interne? Si propongono di continuare a fare i critici di questo ingresso al governo.
Vi faccio un'anticipazione (domani leggendo Liberazione e i giornali mi direte se mi sono sbagliato): al Cpn che si riunisce oggi a un'ora da qua i "critici" staranno dicendo: le cose non vanno benissimo, si poteva fare meglio elettoralmente, però tutto sommato la minestra non è male e può essere mangiata.
L'area più grossa tra queste, quella dell'Ernesto, di Grassi, dopo aver ripetuto per tanto tempo che era necessario infilare paletti nel programma della borghesia, ora cosa fa? Prende atto che i paletti, se possiamo dirlo volgarmente, sono stati infilati... ma non nel programma borghese [risate] e così Grassi, dopo l'ultima Direzione dice: "Siamo favorevolmente colpiti dalla proposta di Bertinotti."
Ma cosa ha detto in Direzione (e ripeterà oggi al Cpn) Bertinotti di così interessante? La sua relazione ha avuto come unico punto reale (a parte due commenti scontati al "grande risultato" elettorale del Prc) quello della redistribuzione dei posti (tanto che alla fine hanno deciso in quella riunione di avviare consultazioni nel gruppo dirigente sul nuovo segretario e sugli incarichi). Questo era il punto: chi andrà a fare il ministro, chi il sottosegretario, chi il segretario? E' di fronte a tutto questo che Grassi ha detto: "siamo favorevolmente colpiti dalla proposta di Bertinotti."
La torta è grande, c'è spazio per tutti: anche noi siamo stati invitati al banchetto. Ma noi preferiamo stare qui, qui si discute di progetti ben più ambiziosi! [applausi].
E l'area Erre? Cannavò, Malabarba, ecc.? Cosa dicono? Ve lo devo citare perché altrimenti potete pensare che io stia facendo una caricatura. Sentite Malabarba dopo l'ultima Direzione: "O questo governo avrà un di più di radicalità e sarà un governo di alternativa di classe o non durerà." Questa è la minaccia con la quale Malabarba si è rivolto a Prodi! [risate, applausi] E leggendo questa frase per la prima volta ho capito cosa intendeva dire Engels (o Marx, non ricordo chi dei due) quando diceva: "abbiamo seminato draghi e raccogliamo pulci". [risate]
E Ferrando? Dedichiamo qualche parola anche a lui, anche se è una storia a parte, che appartiene più a un seminario di psicologia che a un dibattito politico.
E' stato giustamente detto che è caduto vittima dei colpi incrociati del centrodestra e del centrosinistra in campagna elettorale. Bisognerebbe aggiungere che è stato vittima in primo luogo di sé stesso, di quel narcisismo esasperato che nella vecchia Associazione (l'Amr) abbiamo contrastato e combattuto. Un atteggiamento in cui quello che conta non è la costruzione del partito, dei quadri, del radicamento ma è l'apparizione del leader sulla stampa. E allora per guadagnare due righe sul giornale si è disposti a tutto: fino a querelare alla magistratura borghese Fassino (che non è apparso preoccupato da questa cosa). E perché? Perché Fassino lo ha accusato di rivendicare Nassirya mentre Ferrando e Grisolia ci hanno spiegato che loro non rivendicano Nassirya: rivendicano il diritto alla resistenza degli irakeni, il diritto della resistenza a usare le armi, ecc. Ma Nassyria no. Nonostante sia stato, con tutta evidenza, un episodio di resistenza, nemmeno ascrivibile al cosiddetto "terrorismo" (non hanno fatto saltare in aria uno scuolabus ma un obiettivo militare, secondo l'affermazione dello stesso Sergio Romano). E in fondo lo slogan che viene urlato nelle piazze è la traduzione -certo rozza, come succede con gli slogan- di un concetto: massime perdite possibili per gli occupanti, cioè la sconfitta degli aggressori. [applausi]
Ecco cosa è la deriva lideristica di Ferrando. Sino ad arrivare agli episodi grotteschi citati anche in questo dibattito nel saluto che ci hanno portato qui dirigenti di una importante organizzazione trotskista internazionale. Dirigenti che non hanno vissuto certi passaggi direttamente ma li hanno ben interpretati e così i compagni della Lit qui hanno definito "metodi stalinisti" le calunnie utilizzate da Ferrando e Grisolia contro PC Rol. L'elenco delle malefatte di cui siamo stati accusati è completo: mi pare manchi ormai solo "l'oro della Germania" e i bambini lessati... [risate, applausi].
E allora quando qualche compagno ci chiede: che fine farà Ferrando col suo gruppo? Noi diciamo: non sappiamo se staranno dentro o fuori dal Prc (ogni giorno fanno una dichiarazione che smentisce quella del giorno precedente). Ma poco importa: ovunque collocati hanno un progetto che a noi non interessa. Che è la costruzione di una setta non delimitata da un programma ma solo dall'affidamento al guru (per questo hanno dichiarato di voler rinunciare persino alla delimitazione, a cui noi invece teniamo molto, tra militanti e simpatizzanti).
Ferrando -e concludo su questo argomento- dopo le elezioni, invece di attaccare Bertinotti si è dedicato a scrivere comunicati stampa contro di noi, per spiegare che c'è stata una scissione dal Prc ma che si tratta solo di 15-20 persone (non ricordo il numero esatto che ci ha attribuito). E cosa possiamo fare, allora, compagni? Manderemo una foto di questa bellissima assemblea a Ferrando e gli diremo: prova a contare, forse siamo un po' di più... [applausi].

L'opposizione di classe: un principio irrinunciabile per i comunisti
Le aree critiche del Prc ci hanno spesso accusato di essere "pregiudizialmente per l'opposizione". E noi lo rivendichiamo! E quando qualcuno viceversa pensa, sia Bertinotti o un dirigente "critico", che con l'ingresso al governo si stia sperimentando qualcosa di nuovo noi diciamo: guardate che è già stato fatto infinite volte nella storia del movimento operaio. Vi leggo una frase che sembra scritta ieri e invece è piuttosto vecchia: "Hanno accettato qualche ministero nel governo dei liberali borghesi. Sostengono tutte le infamie di quel governo e così paralizzano la classe operaia che pretendono di rappresentare." Non lo abbiamo scritto noi riferendoci al Prc: lo ha scritto Engels (qualcosa come 160 anni fa) parlando dell'ingresso in un governo borghese del socialista Louis Blanc.
E dopo di allora quell'"esperimento" di governo è stato ripetuto infinite volte. Un esperimento col quale si cercava l'accordo, la conciliazione tra gli interessi dei lavoratori e quelli della borghesia, mettendone i rappresentanti attorno a un tavolo.
Bertinotti ci ha detto che quando dirigenti e tecnici del Prc si sono seduti attorno a un tavolo con politici e tecnici liberali e hanno "affrontato i problemi del Paese per trovare delle soluzioni" ciò è stato "esaltante". Questa è l'idea geniale che è venuta a Fausto Bertinotti! [risate] Basta sedersi attorno a un tavolo e la disoccupazione, i salari da fame... si risolve tutto tra persone di buon senso. Purtroppo questa geniale idea, come dicevamo, l'hanno già avuta molti altri prima di Bertinotti e i risultati sono sempre stati disastrosi o tragici. E badate che in qualche caso parliamo di situazioni in cui i rapporti di forza erano ben diversi: l'esempio che facevo di Blanc avviene dopo una situazione rivoluzionaria; quando parliamo dei fronti popolari degli anni Trenta, parliamo di governi borghesi nati da rivoluzioni, di governi che nascevano appunto come tentativo estremo della borghesia di bloccare la rivoluzione, lasciando cadere dalla tavola qualche briciola. Oggi parliamo invece di una situazione in cui Rifondazione entra in un governo che farà controriforme!
Lo stalinismo ha riportato nella storia del movimento operaio il germe del governismo. Questa è stata la sua responsabilità maggiore, insieme allo strangolamento dell'Ottobre. E lo ha fatto con la cosiddetta svolta dei fronti popolari che ha riportato nel movimento comunista l'idea funesta che i comunisti avevano fin dai tempi di Marx combattuto; e che aveva combattuto la Luxemburg e la socialdemocrazia di sinistra contro i Millerand e i Bernstein; e che avevano combattuto proprio i bolscevichi contro il riformismo russo. Un'idea che era stata cacciata non in ossequio a qualche testo di Marx: ma che viceversa Marx aveva contrastato, lui stesso, sulla base della stessa esperienza storica. Perché la verità è che non esiste conciliazione possibile tra gli interessi dei lavoratori e quelli dei padroni! [applausi]. Non basta mettersi intorno a un tavolo! [applausi]
Eppure, nonostante l'esperienza storica, ci vengono a ripetere: bisogna fare la prova del budino. Cioè bisogna provare a infilare il cucchiaio per l'ennesima volta nel budino governista. Ebbene noi rispondiamo: no! E' un budino avvelenato. Mangiatelo tu, Bertinotti! [applausi]
Non basterebbero ore per elencare tutti gli "esperimenti" di governo che hanno tentato riformisti e stalinisti. Ma bastano poche parole per dire come si sono conclusi tutti: con la vittoria della borghesia e la disfatta dei lavoratori. E questo è quello che succederà anche nei prossimi mesi se non ci sarà qualcuno che saprà mettere davvero il bastone tra le ruote della borghesia: ma non con le modalità di Alfonso Gianni... [applausi]
Noi pensiamo che le fondamenta granitiche del marxismo rivoluzionario siano costituite allora proprio dall'idea che non si può governare coi liberali, con la borghesia. Da questa acquisizione bisogna ripartire. E allora a chi ci dice: ma voi siete pregiudizialmente per l'opposizione, noi rispondiamo che è proprio così. Sì, il posto dei comunisti è quello. Perché se l'obiettivo del comunismo è quello di costruire un governo dei lavoratori per i lavoratori, "un governo degli operai per gli operai" (come Marx salutò la Comune di Parigi), l'unica possibilità per riuscire a fare questo è liberare i lavoratori dalle illusioni che sia possibile all'interno di un governo liberale ottenere qualcosa. E se un partito comunista abbandona questo scopo e entra in un governo borghese, abbandona il suo ruolo. E' questo il motivo per cui noi ce ne siamo andati da Rifondazione Comunista! [applausi]

I comunisti non attendono "l'ora X": l'alternativa si conquista con la lotta
Ci dice qualcuno: ma voi allora volete attendere l'ora X, rinunciando a conquiste immediate, a riforme concrete. No. Questo non ha nulla a che fare con ciò che cercheremo di fare. E anzi: l'intera esperienza storica ci dice che i rivoluzionari non rinunciano alle riforme. Tuttavia -come spiegava meglio di me Lenin- le riforme stesse sono il sottoprodotto di lotte rivoluzionarie, non di chiacchierate intorno a un tavolo col nemico di classe.
D'altra parte, cosa ci insegna l'esperienza dei giovani francesi di questi mesi? Ne ha parlato qui la compagna Stefanoni. Come è che hanno ottenuto il ritiro del Cpe? Sedendosi attorno a un tavolo o facendo le barricate per Parigi? [applausi] E allora le "concessioni" che già oggi puoi strappare alla borghesia, le guadagni solo nel corso della lotta, di una lotta che metta in discussione il quadro d'insieme.
Arriva però sempre qualcuno -e non è la prima volta nella storia- che ci viene a dire: non aspettatevi uno sviluppo delle lotte perché è finita la stagione delle lotte. Chi dice questo è spesso gente che ha partecipato alle lotte in gioventù ed è convinto che la chiusura del proprio ciclo vitale individuale coincida con la chiusura di una fase storica. Ti dicono: io ho fatto il '68 e quei tempi non tornano più.
E c'è persino chi ha fatto i soldi con queste "teorizzazioni". L'esempio più noto è quello di Revelli che ha scritto per anni libri (alcuni in verità si trovano in vendite sulle bancarelle a metà prezzo) in cui ogni volta ci spiega che la stagione delle lotte è finita, appartiene sempre al passato. La classe operaia -ci spiega- è destrutturata, è imborghesita... Alla fine del ragionamento la conclusione è immancabilmente una: bisogna navigare nella merda dell'esistente (che non so se abbia attinenza con la "merda" di cui parlava Majakovsky e che è stata citata qui). [risate]
E ti vengono a dire che i giovani francesi non hanno obiettivi politici. Prima lo hanno detto dei giovani delle banlieues. Poi lo hanno ripetuto degli studenti (cui hanno dato un sostegno i lavoratori, anche con scioperi spontanei). Lo hanno detto cioè di un movimento che non ha avuto uno sbocco ulteriore solo per l'assenza di una direzione politica (le direzioni sindacali si sono impiegate per spegnere l'incendio; le forze dell'estrema sinistra stesse hanno fatto di tutto meno quello che dovevano fare). Ti ripetono: il movimento è spoliticizzato. E lo ha scritto non solo la stampa borghese: Liberazione e il Manifesto hanno dedicato pagine intere a sviluppare queste profonde analisi.
Dopo di che cosa succede? Che questi giovani portano in manifestazione la bandiera rossa e marciano al canto dell'Internazionale! Ecco la dimostrazione di come sono "impolitici"... [risate]
Ciò che si è verificato in Francia ora e nella storia degli ultimi due secoli ovunque è un'altra cosa: non l'assenza di lotte, che viceversa ciclicamente rimettono in discussione oggettivamente il sistema sociale; ma l'assenza di direzioni rivoluzionarie, di partiti in grado di condurre queste lotte al loro sviluppo conseguente.
Veniva qui, in un intervento che mi ha preceduto, citata una frase chiave del Programma di Transizione del 1938, dunque una frase che ha qualche annetto ma che mantiene -purtroppo- la sua attualità: la crisi dell'umanità coincide, in definitiva, con la crisi di direzione del proletariato, con l'assenza di un partito rivoluzionario.
Non le lotte mancano ma il partito! La lotta di classe esiste non a condizione che lo riconoscano i sociologi: ma perché la società è divisa in classi che sono destinate a scontrarsi perché incarnano interessi diversi e inconciliabili. [applausi]

Serve un partito, diverso da tutti gli altri: rivoluzionario
Anche in Italia, in questi anni, non si può proprio dire che siano mancate le lotte. Che cosa è mancato, allora? Un partito. E questo partito non è stata sicuramente Rifondazione, che già prima di questi ultimi sviluppi, già stava al governo localmente con la borghesia, in una collocazione di inconciliabilità tra ciò che predicava nei movimenti e ciò che praticava nelle giunte, con gli assessori.
Serve un partito. Un partito basato sull'indipendenza di classe. Un partito di militanti (non di iscritti passivi chiamati ogni tre anni a votare ai congressi). Un partito d'avanguardia (noi non abbiamo paura di usare queste parole. Anzi, sappiamo che chi rimuove un certo vocabolario, rimuove i concetti che vi stanno dietro). Un partito che sviluppa il suo intervento sulla base di un programma transitorio. Anche questa è una espressione vecchia ma che ha un significato importante e attuale. Si intende con questo concetto un partito che non proclama nei seminari domenicali l'avvento futuro del socialismo e in attesa del socialismo la navigazione nella miseria capitalistica. No! Un partito che sta in ogni lotta e in ogni mobilitazione per svilupparla, per portare i lavoratori alla comprensione che l'unico risultato vero e definitivo si può ottenere nell'indipendenza di classe, sviluppando l'opposizione alla borghesia e ai suoi governi, propagandando incessantemente una alternativa di classe, cioè un governo operaio.
Un partito, insomma, che abbia come scopo il potere. Ma, per riadattare la cantilena elettorale di Rifondazione: il potere, quello vero! [applausi]. Che non c'entra nulla con le poltroncine che lascia libere la borghesia.
Un partito basato su un programma di costruzione dell'Internazionale. Il compagno Madoglio ha spiegato nel suo intervento cosa intendiamo. Noi oggi ci stiamo confrontando con organizzazioni internazionali che come noi ritengono che il socialismo non si può costruire in un Paese solo, che il proletariato ha bisogno di un partito mondiale, la Quarta Internazionale.
E quando parliamo di Quarta Internazionale non pensiamo a un'etichetta ma a cosa sta dietro quell'etichetta. Perché alle etichette e ai nomi corrispondono programmi. E quando ci definiamo -senza imbarazzo, a differenza di altri- trotskisti, non parliamo di percorsi o di provenienze individuali (qui dentro e in PC Rol confluiscono percorsi individuali di militanza diversi). Né pensiamo a una ideologia: a uno sventola il libretto rosso di Trotsky al posto di quello di Mao. Noi diciamo che ci definiamo marxisti rivoluzionari, cioè trotskisti (perché il trotskismo è il marxismo rivoluzionario della nostra epoca) perché difendiamo e sviluppiamo un programma. Un programma che solo il trotskismo ha difeso in questo secolo contro la socialdemocrazia e lo stalinismo. Solo il trotskismo ha difeso il programma fondamentale del comunismo, che Lenin diceva può essere sintetizzato in poche parole: dittatura del proletariato. E questa espressione che è considerata "demodé" -specialmente da chi invece della dittatura del proletariato difende la dittatura della borghesia- noi la riproponiamo.
Cosa sintetizza quell'espressione? La necessità di distruggere, attraverso la rivoluzione, questo sistema sociale. E' questo il comunismo, no? Distruggere questo sistema politico e sociale e costruire una società non più basata sulla divisione in classi, passando attraverso una fase di dominio della stragrande maggioranza dell'umanità, il proletariato. Questa è la dittatura del proletariato. Ecco perché noi diciamo: sì, noi lottiamo per la dittatura del proletariato! [applausi]. Questo è il comunismo!
Bertinotti ha detto tempo fa e lo ha ripetuto di recente: fatemi vedere uno che al giorno d'oggi difenda la dittatura del proletariato. Bene, gli possiamo dire: nei salotti che frequenti abitualmente, non ne troverai. Vieni qui: noi sicuramente abbiamo quell'obiettivo! [applausi]

A chi rivolgiamo la nostra proposta
Con chi è che ci proponiamo di costruire questo obiettivo? Noi siamo realisti e consci dei nostri limiti e delle nostre forze. Cerchiamo di iniziare un percorso. E' stato spiegato da Michele Rizzi nel suo intervento che noi oggi qua non abbiamo la presunzione di fondare un partito ma solo quella di avviare un processo costituente. Per arrivare poi a fine anno, dopo la costituzione di nuovi collettivi locali o il rafforzamento degli esistenti, a una discussione congressuale che coinvolga chiunque voglia sostenere in termini militanti questo progetto. Faremo un congresso a fine anno e nemmeno quello sarà "la costruzione del partito rivoluzionario". Non siamo così sciocchi da pensare di farlo in sei mesi. Quella sarà però una tappa più avanzata di un processo lungo e difficile.
Noi avanziamo questa proposta in primo luogo a chi è stato nel Prc e oggi prende atto che non c'è più spazio di battaglia possibile in quel partito. Lo proponiamo ai militanti delle "aree critiche" che vedono i loro dirigenti occuparsi ormai solo della spartizione dei posti. Lo proponiamo a chi è stato fuori dal Prc o vi è entrato e poi ne è uscito. Il problema non è quello della provenienza ma della convergenza su un programma, su una prospettiva. E questa prospettiva la proponiamo, naturalmente, visto che vogliamo costruire un partito comunista, ai lavoratori.
Vi voglio raccontare un episodio che mi è stato raccontato in un'assemblea in Veneto.
In una fabbrica metalmeccanica si tiene un'assemblea sul contratto (già qui ben criticato dal compagno Doro) e un operaio di Rifondazione si alza e spiega perché è contro quel contratto bidone. E riceve molti applausi. Il giorno dopo, i burocrati della Federazione del Prc si affrettano -con un comunicato- a spiegare che quell'operaio è del Prc, ma "di una parte ininfluente" del Prc, Progetto Comunista, e dunque quanto ha detto non esprime le posizioni del partito. In realtà i burocrati si sbagliavano in parte e avevano però anche ragione. Si sbagliavano, perché quell'operaio non era di PC Rol. Avevano ragione, perché noi vogliamo guadagnare quell'operaio a PC Rol, insieme a tutti gli operai combattivi che hanno votato contro il contratto dei meccanici. [applausi]
Qui ci è stato proposto da un compagno dello Slai Cobas, operaio della Fiat di Pomigliano d'Arco, licenziato per le sue lotte sindacali insieme ad altri compagni che ringraziamo per la loro presenza qui; il compagno dello Slai ci ha proposto di aderire a una assemblea in preparazione di una manifestazione contro il governo e le sue prime misure. E io credo di poter rispondere su questo, pur non avendo un mandato formale di PC Rol, che noi aderiamo, che aderiremo a questo come a ogni momento di lotta di opposizione al governo Prodi! [applausi]

Perché pensiamo di poterci provare. Il patrimonio da cui partiamo
Ci dovremo scontrare, nei prossimi mesi, con gli scettici. Lo scetticismo è una malattia grave nel movimento operaio. Sono scettici quelli che ti dicono: sì, hai ragione su tante cose, ma come si fa? Noi sappiamo che ci proponiamo cose difficili: non siamo scettici ma nemmeno sciocchi. Eppure pensiamo di doverci provare, di poterci riuscire. E pensiamo di poterci riuscire, in questa impresa che inizia oggi, per una serie di motivi.
Primo. Perché si libera in Italia uno spazio storico che per anni è stato occupato abusivamente. Per decenni c'è stato un tappo ostruente la costruzione di un partito rivoluzionario: lo stalinismo. E dopo il crollo dello stalinismo c'è stato un tappetto più piccolo, il Prc. Siamo stati in quel partito non pensando mai di spostarne gli equilibri interni, ma per raggruppare, su un programma alternativo a quello riformista del suo gruppo dirigente, militanti e giovani. E qualcosa siamo riusciti a fare, visto che oggi siamo qui, non abbiamo sprecato quindici anni. Oggi il Prc libera quello spazio e va a prendere lo spazio che compete ai riformisti. Non sarà più -nemmeno nei simboli e nelle forme (non lo è mai stato nella sostanza)- un partito di opposizione di classe. Diventerà a pieno titolo un partito di governo a braccetto coi banchieri. E questo è il primo elemento -lo spazio politico nuovo- che ci fa credere di poterci provare.
Secondo. Pensiamo che questo spazio politico si allargherà. Il governo Prodi si prepara a sferrare un attacco pesantissimo ai lavoratori. Lo ha spiegato Visco stamattina; lo ha ripetuto D'Alema ("serve una stagione di privatizzazioni e sacrifici per rimettere i conti a posto"). Quell'attacco produrrà una reazione. E' necessario che una organizzazione, anche piccola, pianti subito oggi la bandiera dell'opposizione per poter essere visibile nelle lotte di domani.
Terzo. Possiamo partire con un patrimonio di centinaia di quadri in grado di affrontare l'impresa. E' sufficiente guardare in questa sala colma, vedere l'età media di chi siede qui, la così alta percentuale di giovani, l'entusiasmo, per dire: sì, possiamo provarci; sì, possiamo riuscirci! [applausi]
Quarto. Pensiamo di avere infine un'arma segreta... Che poi tanto segreta non è: è il marxismo rivoluzionario. Qualcosa che manca ed è mancato alle tante organizzazioni e sette che pure sono state in questi anni e stanno fuori dal Prc. Attenzione: non è un patrimonio di cui vogliamo l'esclusiva: è il patrimonio di lotte, di sconfitte e di vittorie del movimento rivoluzionario di due secoli. [applausi]
E noi vogliamo ripartire da lì, non da zero. Lasciamo ad altri i seminari sul nulla, o i "minimo comun denominatore". Sono quelli che ci dicono: voi farete un partitino, noi abbiamo trovato invece la ricetta giusta, mettiamoci insieme su due o tre punti minimi in comune (non un programma). E' la formula magica del "minimo comun denominatore". Poi succede che questi qua mettono insieme gruppi con posizioni lontanissime (abbiamo in mente una esperienza di questi mesi) e non riescono a trovare nemmeno una cosa in comune da dire sulle elezioni, e si sciolgono subito.
Noi invece diciamo: no, è molto più difficile ma non ci sono scorciatoie. Serve un partito basato sul programma del marxismo rivoluzionario, non un'accozzaglia eterogenea.
Riusciremo? In politica, a differenza che in matematica, non esiste la "sezione aurea", non c'è quel numero particolare che se applicato a un'opera d'arte garantisce armoniche proporzioni. Non ci sono regole certe per la costruzione del partito: altrimenti non saremmo qui a un secolo dall'Ottobre a dire che bisogna fare la rivoluzione e costruire il partito rivoluzionario. Ma questi quattro elementi che ho citato ci fanno partire bene. Il resto dipenderà dall'impegno che ognuno di noi ci metterà. [applausi]
E allora a quelli che sono riuniti a un chilometro da qui, al Cpn di Rifondazione, e stanno occupandosi di numeri e proporzioni, di divisione dei posti, noi ripetiamo: noi abbiamo ambizioni maggiori, noi vogliamo costruire un partito rivoluzionario! [applausi]

Un partito per una prospettiva rivoluzionaria
Vorrei finire questo intervento con una frase di un grande dirigente rivoluzionario, Karl Liebknecht, che insieme a Rosa Luxemburg guidò la rivoluzione in Germania nel 1918. Bertinotti si è richiamato spesso a questi dirigenti e ogni anno partecipa alle manifestazioni a Berlino per commemorarli. Sinceramente non ho mai capito che cosa c'entrasse Bertinotti con dirigenti che sono morti sulle barricate per fare l'opposizione rivoluzionaria a un governo borghese! [applausi]. Liebknecht è stato accostato anche in queste settimane da qualcuno a un senatore trombato... be', attenzione alle proporzioni! [risate, applausi]
Liebknecht scriveva queste righe che voglio leggervi nel momento in cui scindeva dai socialdemocratici di sinistra (l'Uspd), il partito in cui era con la frazione Spartachista; mentre l'Uspd sosteneva un governo borghese (anche se nato da un processo rivoluzionario e quindi ben più a sinistra di quello in cui sta per entrare Bertinotti).
Gli Spartachisti, cioè i bolscevichi tedeschi, dicevano: noi non entreremo nel governo; bisogna anzi rovesciarlo per sviluppare la rivoluzione, così come hanno fatto i bolscevichi russi con il governo Kerenskij. E aggiungevano: dobbiamo dunque scindere dalla socialdemocrazia che sostiene il governo borghese e dobbiamo costruire un nuovo partito.
Leggo: "Non abbiamo più niente da spartire con loro: è arrivato il momento di tracciare una grande linea di separazione. E' arrivato il momento di costruire un partito autonomo.
Dobbiamo fondare un partito che si contrapponga ai partiti pseudo-comunisti che abusano della parola comunismo per ingannare le masse e che operano invece in accordo con le classi dominanti.
Dobbiamo costruire un partito che rappresenti gli interessi dei lavoratori. Un partito con un programma rivoluzionario, nel quale gli obiettivi e i mezzi per raggiungerli siano scelti con intransigenza e fermezza incrollabile.
Un partito nel quale tutto sia in funzione degli interessi della rivoluzione socialista."
Questo scriveva Karl Liebknecht novanta anni fa. Questo proclamavano solennemente i comunisti tedeschi di fronte al governo di collaborazione di classe. E questo stesso impegno noi prendiamo qui, oggi, in questa sala!
[applausi. L'assemblea si conclude al canto dell'Internazionale]

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GLI INTERVENTI DI SALUTO ALL'ASSEMBLEA

Numerosi sono stati gli interventi di saluto all'Assemblea: lettere di gruppi di compagni e individuali, interventi scritti e brevi discorsi. Tra questi ultimi, ricordiamo l'intervento (applauditissimo) di Domenico Mignano, dirigente dello Slai Cobas, operaio della Fiat di Pomigliano d'Arco licenziato -insieme ad altri compagni dello stesso stabilimento- per la lotta sviluppata in fabbrica contro il padronato e contro le burocrazie sindacali della Fiom-Cgil.

Impressionante la lista degli interventi di saluto di organizzazioni rivoluzionarie internazionali, diverse delle quali hanno inviato propri rappresentanti.
Hanno inviato saluti
- la Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale (LIT - CI) ed era presente in sala Joao Pascoal, membro del Comitato Esecutivo internazionale, dirigente della sezione portoghese;
- la Frazione Trotskista - Quarta Internazionale (FT - CI) di cui era presente all'assemblea Juan Chingo, dirigente internazionale e della sezione argentina (Pts);
- Iniziativa Marxista (IM) della Germania, che ha inviato una lettera di saluto;
- l'Unità Internazionale dei Lavoratori (UIT- CI) di cui era presente in sala Jean Paul Cros, dirigente della sezione francese che ha portato un saluto dell'organizzazione internazionale e delle sue sezioni di USA e America Latina. Sono arrivati poi saluti della sezione francese della Uit e del Mst, sezione argentina..
Riportiamo qui sotto i saluti di cui ci è stata data copia scritta.

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IL SALUTO DEL SEGRETARIATO INTERNAZIONALE DELLA
LEGA INTERNAZIONALE DEI LAVORATORI - QUARTA INTERNAZIONALE (LIT-CI)

Compagni di Progetto Comunista - Rifondare l�Opposizione dei Lavoratori
Vi inviamo il nostro più caloroso saluto per la manifestazione in cui vi proponete di "rilanciare il processo di costruzione di un partito comunista rivoluzionario" in Italia.
Lo fate in un momento speciale della vita politica italiana. � appena caduto il governo conservatore di Silvio Berlusconi. Ma il nuovo governo di Romano Prodi, al di là delle illusioni che suscita tra i lavoratori, sarà, come voi esprimete, "un altro governo dei banchieri e di Confindustria" che, al servizio della borghesia imperialista italiana, prepara duri attacchi alla classe operaia.
Per questo motivo, condividiamo la vostra denuncia delle posizioni espresse dalla direzione di Rifondazione Comunista con il suo ingresso nel governo Prodi "come garanzia della pace sociale", ciò che ha portato il PRC alla sua "divisione inevitabile" e collocato i rivoluzionari davanti alla necessità di "rilanciare la lotta per un programma di classe, opporsi al governo dei padroni e costruire una vera alternativa dei lavoratori."
Occorre aggiungere che correnti che si rivendicano trotskiste, o che provengono dal trotskismo, capitolano a loro volta di fronte a questa politica del PRC, dando priorità ai posti in Parlamento ed abbandonando, di fatto, la spinta alla mobilitazione dei lavoratori e la costruzione di partiti secondo il modello leninista.
In questo senso, concordiamo con la lotta che intraprende PC-ROL contro il governo Prodi perché è simile a quello che la LIT-CI ed il PSTU stanno portando avanti in Brasile contro il governo frontepopulista di Lula. Allo stesso tempo, concordiamo anche con la chiara delimitazione di classe e la vostra proposta strategica rivoluzionaria davanti alla capitolazione della gran parte della sinistra italiana al governo Prodi. In Brasile, anche noi dobbiamo lottare contro una capitolazione di fronte al governo Lula.
Siamo convinti che, nella misura in cui il governo Prodi comincerà a mostrare il suo vero volto, la classe operaia italiana lotterà contro di esso e metterà da parte le illusioni che ora nutre. D'altra parte, questo processo si svilupperà come parte di una crescente ondata di lotte nell'insieme della "Vecchia Europa", come hanno dimostrato la vittoriosa battaglia contro il CPE in Francia o lo sciopero dei lavoratori pubblici britannici.
Lo spazio per la costruzione di un partito comunista rivoluzionario in Italia continuerà a crescere, sicuramente, nella cornice di queste lotte e dell'esperienza del governo Prodi. Perciò è tanto necessario presentare un chiara alternativa strategica e, insieme a questo, legarsi ed intervenire nei processi reali di lotta e di trasformazione della coscienza che vivono i lavoratori e le masse.
Allo stesso tempo, come c'insegnarono Lenin e Trotsky, è parte del nostro capitale teorico-politico comune che la costruzione di un autentico partito comunista rivoluzionario è possibile solo come parte di un'organizzazione rivoluzionaria internazionale, la Quarta Internazionale.
Oltre le sue debolezze, la LIT-CI sta lottando per la ricostruzione della Quarta Internazionale. Ma lo facciamo senza nessuna intenzione autoproclamatoria. A differenza di altre correnti trotskiste che rivendicano se stesse come "la Quarta Internazionale ricostruita" o come "gli unici rivoluzionari autentici", crediamo che la ricostruzione del partito mondiale della rivoluzione potrà essere solo il risultato della confluenza di diverse correnti trotskiste conseguenti e di nuove generazioni di combattenti non trotskiste.
Per questa stessa ragione, proponiamo che questa relazione che è cominciata tra PC-ROL e la LIT-CI continui attraverso discussioni fraterne e scambio di esperienze per verificare la possibilità di avanzare in progetti comuni.
Infine, vogliamo farvi giungere la nostra completa solidarietà di fronte alle calunnie che sono state mosse contro di voi da parte dell'organizzazione nazionale ed internazionale di cui, fino a poco tempo fa, facevate parte. Questa metodologia di calunniare chi ha differenze politiche è propria dello stalinismo e completamente estranea alla vera tradizione trotskista. Per questo motivo, deve essere ripudiata.
Auspichiamo che la manifestazione del 22 di aprile abbia un grande successo.

Con saluti comunisti rivoluzionari.

San Paolo del Brasile, 19 aprile 2006.

Segretariato Internazionale della
Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale

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IL SALUTO DELLE SEZIONI ARGENTINA, STATUNITENSE, CILENA E URUGUAIANA DELL'UNIT� INTERNAZIONALE DEI LAVORATORI - QUARTA INTERNAZIONALE (UIT- CI)

Cari compagni di Progetto Comunista - Rilanciare l'Opposizione dei Lavoratori
In una tappa dove ogni giorno più si acuisce lo scontro tra la classe lavoratrice mondiale e la controrivoluzione mondiale guidata dall'imperialismo yankee, le masse rivoluzionarie producono in diversi luoghi del mondo vere e proprie insurrezioni contro i piani economici di saccheggio capitalista.
Nell'Iraq, in Palestina, in Venezuela, in Argentina, in tutti i continenti, le masse sbaragliano i piani dell'imperialismo e dei suoi governi. E lo più importante, lo fanno nel cuore stesso dell'imperialismo mondiale. Così lo hanno fatto i lavoratori immigrati dell'America Latina negli Stati Uniti e la gloriosa insurrezione giovanile contro la CPE e il governo Chirac nella Francia!
Più che mai, dopo la seconda guerra mondiale, la mobilitazione rivoluzionaria del movimento di massa offre ai rivoluzionari la possibilità di superare la crisi di direzione rivoluzionaria che trascina l'umanità!
In questa situazione mondiale la costituzione di un nuovo partito rivoluzionario in Italia acquisisce un'importanza fondamentale. Le ultime elezioni dimostrano che non c'era una proposta convincente per la classe operaia e il popolo italiano. Rompere con la vergognosa capitolazione di Rifondazione Comunista era il compito fondamentale per fuggire dalla gabbia costruita dalla borghesia imperialista e la socialdemocrazia italiana. Ormai, la classe operaia, con le sue lotte, offrirà delle nuove e delle più grandi opportunità per costruire la direzione rivoluzionaria, il più grande compito e non privo delle difficoltà. In questo cammino salutiamo l'importante passo dato per voi e siamo sicuri che dell'esperienza che svilupperemo come rivoluzionari, sapremo tirar fuori le migliori conclusioni per riuscire nella costruzione della Internazionale Rivoluzionaria di cui ha bisogno la classe operaia mondiale e i popoli del mondo per sconfiggere l'imperialismo.
Carissimi compagni, sotto il segno dell'insurrezione operaia e giovanile in Francia niente può essere più auspicabile per la nascita del nuovo partito rivoluzionario.
Viva la classe operaia mondiale!!!
Viva la rivoluzione socialista internazionale!!!
Viva Progetto Comunista Rilanciare l'Opposizione dei Lavoratori!!!

Sezioni della UIT:
Movimento Socialista de los Trabajadores (Argentina)
International Socialist Organization (USA)
Izquierda Socialista (Chile)
Rumbo Socialista (Uruguay)

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IL SALUTO DEL MOVIMENTO SOCIALISTA DEI LAVORATORI (MST), SEZIONE ARGENTINA DELLA UIT

Cari compagni di Progetto Comunista - Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori
Viviamo un momento in cui lo scontro tra la classe lavoratrice mondiale e la controrivoluzione mondiale guidata dall'imperialismo yankee si acuisce ogni giorno di più, e dove le masse rivoluzionarie attuano in diversi luoghi del mondo vere e proprie insurrezioni contro i piani economici di saccheggio capitalista.
In Iraq, in Palestina, in Venezuela, in Argentina, in tutti i continenti, le masse sbaragliano i piani dell'imperialismo e dei suoi governi. E, cosa più importante, lo fanno nel cuore stesso dell'imperialismo mondiale. Lo hanno fatto i lavoratori dell'America Latina immigrati negli Stati Uniti e gli studenti francesi hanno dato vita alla gloriosa insurrezione giovanile contro il CPE e il governo Chirac!
Più che mai, dopo la seconda guerra mondiale, la mobilitazione rivoluzionaria del movimento di massa offre ai rivoluzionari la possibilità di superare la crisi di direzione rivoluzionaria che trascina l'umanità!
In questa situazione mondiale, la costituzione di un nuovo partito rivoluzionario in Italia acquisisce un'importanza fondamentale. Le ultime elezioni hanno dimostrato che non c'era una proposta convincente per la classe operaia e il popolo italiano. Rompere con la vergognosa capitolazione di Rifondazione Comunista era il compito fondamentale per fuggire dalla gabbia costruita dalla borghesia imperialista e dalla socialdemocrazia italiana. La classe operaia, con le sue lotte, offrirà nuove e più grandi opportunità per costruire la direzione rivoluzionaria, un grande compito, non privo di difficoltà.
In questo cammino salutiamo il vostro importante passo e siamo sicuri che dall'esperienza che svilupperemo i rivoluzionari sapranno tirar fuori le migliori conclusioni per riuscire nella costruzione dell'Internazionale Rivoluzionaria di cui la classe operaia mondiale e i popoli del mondo hanno bisogno per sconfiggere l'imperialismo.
Carissimi compagni, per la nascita del nuovo partito rivoluzionario niente può essere più auspicabile dell'insurrezione operaia e giovanile in Francia.
Viva la classe operaia mondiale !!!
Viva la rivoluzione socialista internazionale !!!
Viva Progetto Comunista Rilanciare l'Opposizione dei Lavoratori !!!

Movimiento Socialista de los Trabajadores (Argentina)
Vilma Ripoll, Diputada (MC);
Alejandro Bodart, Direccion Nacional MST
Nestor Segovia, Dirigente Subterraneos de Buenos Aires;
Abel Andrade, Dirigente petrolero;
Claudio Carre�o, Dirigente ferroviario;
Guillermo Pacagnini, Dirigente de la salud;
Guillermo Garcia, Dirigente docente;
Segio Escobar, Dirigente Astilleros Rio Santiago;
Gustavo Gimenez, Dirigente del Movimiento Sin Trabajo Teresa Vive;
Agustin Vanella, Presidente Federacion Universitaria Buenos Aires (FUBA);
Fabian Cerro, Redacci�n Alternativa Socialista.

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IL SALUTO DI INIZIATIVA MARXISTA (IM, GERMANIA )

Cari compagni di Progetto Comunista - Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori,
in occasione del vostro congresso, Rifondiamo un Partito Comunista, da Iniziativa Marxista in Germania Vi giungano i nostri saluti più calorosi.
Ci rallegriamo che, in questa decisivo momento, siate rimasti fedeli al leninismo invece di capitolare di fronte alla tentazione del parlamentarismo. Ora la seconda tappa della vostra battaglia, una tappa ancor più importante, avrà inizio.
Di fronte al prossimo governo frontepopulista, una grande responsabilità pesa su di voi per difendere con forza gli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici e dei giovani contro l'Unione di Prodi, il grande capitale ed i partiti che non sono comunisti che a parole. Il compito che vi siete posti è di costruire un autentico partito comunista.
La resistenza armata contro le nuove guerre coloniali in Medioriente, le proteste del movimento internaionale contro la guerra con la quale gli Stati Uniti minacciano l'Iran, la svolta a sinistra che prosegue in America Latina, il grande movimento giovanile e studentesco in Francia, la ripresa degli scioperi in Germania, l'insurrezione popolare nel nord del Kurdistan: tutto ciò costituisce la dimostrazione del fatto che la valutazione di Lenin, che caratterizzava l'epoca imperialista all'inizio del XX secolo come un'epoca di crisi, guerre e rivoluzioni, resta del tutto confermata nel XXI secolo.
La constatazione di Trotsky che la crisi dell'umanità è prima di tutto la crisi della direzione del proletariato è del pari confermata, tenuto conto della politica opportunista della direzione del PRC e della capitolazione dell'opposizione di sinistra all'interno di questo partito.
Noi vi auguriamo che possiate prendere parte, in Italia, alla risoluzione di questa crisi.
Con i nostri saluti internazionalisti e rivoluzionari,

Nick Brauns, per Iniziativa Marxista (Germania)

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IL SALUTO DI LA COMUNE (SEZIONE FRANCESE DELLA UIT)

Aux militants de Progetto Comunista Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori

Chers camarades,
Viola maintenant dix jours, qu'au bout de deux mois de greve dans le facultes et les lycees, de manifestations historiques des salaries et de la jeunesse (Contrat Premiere Embauche) est mort et enterre.
C'est une victoire considerable de la jeunesse et des salaries contre le gouvernement Chirac-Villepin-Srkozy.
C'est une victoire de la mobilisation unie de la jeunesse, organisee a travers ses assemblees generales et ses piquets de greve, qui a contraint les organisations syndicales de salaries a l'unite sur un seul mot d'ordre : � retrait du CNE-CPE ! ï¿½
C'est une victoire contre tous les gouvernements qui au sein de l'Union europeenne organisent la distruction de tous les droits arraches dans la vague revolutionnaire qui a suivi l'effondrement des regimes fascistes.
C'est une victoire contre Romano Prodi President de la Commission Europeenne de 1999 a 2004 et a ce titre co-redacteur de la constitution europeenne massivement rejetee en France et aux Pays-Bas.
En decidant a l'occasion des recentes elections italiennes de rester sur le terrain de l'independence de classe,
En refusant de souscrire au programme de l'Unione frere jumeau de celui de Berlusconi,
En rompant avec le PRC pour ouvrir la voie a la contruction d'un authentique Parti ouvrier,
Vous ne pouviez repondre de meilleure maniere a ce formidable soulevement de la jeunesse et de la classe ouvriere de France :
Vive l'unite da la jeunesse et de la classe ouvriere d'Europe et du monde!
Vive Progetto Comunista Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori !

La Comune (Section francaise de l'UIT IV Internazionale)

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IL SALUTO DELL'UNT DEL VENEZUELA

Cari compagni di Progetto Comunista - Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori
Vi inviamo dal Venezuela il nostro più sincero e fraterno saluto bolivariano, rivoluzionario e socialista. Voi state compiendo questo enorme passo e lanciando una sfida in un momento in cui il mondo vive un forte scontro con l'imperialismo ed il capitalismo. In tutti i continenti le masse operaio e popolari organizzano enormi mobilitazioni, scioperi ed insurrezioni contro i governi ed i loro piani economici. Ed affrontano la controrivoluzione imperialista capeggiata dagli USA.
Che esempi gloriosi ci danno il popolo della Palestina, sempre all'avanguardia nonostante la sofferenza che patisce; il popolo iracheno che resiste ed indebolisce sempre di più gli invasori; o i paesi dell'America latina come Argentina, Bolivia, Ecuador ed il nostro paese, esempi anche di una lotta eroica. E come ancora noi ci rallegriamo che al centro di questo scontro l'insurrezione giovanile contro il CPE abbia sconfitto il governo di Chirac in Francia, e gli immigranti degli Stati Uniti stiano battendo al governo di Bush.
Come non credere in mezzo a tante grandi lotte, come non avere fiducia nel fatto che i rivoluzionari potranno superare la crisi di direzione rivoluzionaria. Il passo che voi state compiendo, di cominciare a costruire un nuovo partito in Italia, è un passo in più di questa battaglia che richiedeva, per essere compiuto, di rompere i legami con la capitolazione di Rifondazione Comunista.
Per questo motivo salutiamo i compagni italiani, che si lanciano nella costruzione di un nuovo partito rivoluzionario, e restiamo a disposizione per ciò di cui avranno bisogno. Pensiamo che sicuramente il vostro sarà un nuovo apporto per la costruzione dell'internazionale rivoluzianaria di cui hanno bisogno la classe operaia ed i popoli del mondo.
Evviva la rivoluzione Socialista mondiale!!!
Viva Progetto Comunista - Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori!!!
Augurandovi il massimo successo, vi salutano dal Venezuela

O. Chirino e S. Pérez Borges, Coordinatori Nazionali dell'UNT e Membri del Comitato Nazionale del PRS

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IL SALUTO DI JUAN CHINGO A NOME DELLA FRAZIONE TROTSKISTA PER LA QUARTA INTERNAZIONALE (FT-CI)

Vorrei prima di tutto ringraziare la direzione di PCROL per l'invito a questa assemblea.
A due settimane dalle elezioni politiche, l'unica caratteristica non è solo la vittoria "risicata" di Prodi ma il fatto che l'Unione, il governo del capitale imperialista italiano più concentrato, sia costituito da un arco politico che va da vecchi pezzi della DC fino a coloro che all'interno di Rifondazione pretendono di essere rivoluzionari.
Da questo punto di vista noi, compagni e compagne dei diversi gruppi della Frazione Trotskista, consideriamo di buon auspicio questa conferenza animata da tutte e tutti coloro che non intendono rinunciare alla battaglia per l'indipendenza di classe e hanno deciso di impegnarsi per garantire l'alternativa anticapitalistica.
Ho avuto la fortuna, quese ultime settimane in cui mi trovavo in Europa, di poter seguire da vicino il massiccio movimento operaio studentesco francese contro la precarietà che è riuscito a far retrocedere il governo. Questa lotta sta cambiando non soltanto il panorama politico e sociale francese ma avrà sicuramente importanti ripercussioni in Europa. I lavoratori, insieme agli studenti hanno dimostrato di avere la forza di far ritirare il CPE ma anche di sconfiggere il governo e poter imporre un programma operaio popolare di uscita dalla crisi. Perciò hanno bisogno di superare le loro direzioni sindacali burocratiche e gli amici francesi dell'Unione, il PS e il PCF, gli Hollande, i Fabius, i Buffet.
Allo stesso tempo abbiamo assistito nelle ultime settimane negli Stati Uniti alle imponenti manifestazioni di lavoratori immigrati e precari, in particolare latinos, che molti comparano con l'inizio del movimento dei diritti civili negli anni Sessanta.
Per noi, una corrente essenzialmente latinoamericana, questi avvenimenti sono molto stimolanti.
Negli ultimi anni abbiamo assistito al risveglio del movimento di massa in Sud America come nel caso delle giornate argentine del 2001 o le successive insurrezioni dei lavoratori, minatori e contadini in Bolivia.
Stiamo partecipando a questi processi da una prospettiva di classe e rivoluzionaria attraverso per esempio la costruzione del Sindacato degli Aeroportuali del Alto-La Paz in Bolivia e con l'occupazione e il controllo operaio di Zanon in Argentina, esperienza conosciuta a livello mondiale, di cui siamo orgogliosi di avere capeggiato fino ad ora la lotta. Per noi quindi, gli avvenimenti statunitensi e francesi mostrano una tendenza alla convergenza della lotta di classe nella periferia e nei paesi centrali che da anni non si vedeva.
Queste condizioni oggettive pongono tutti noi che ci rivendichiamo rivoluzionari davanti a una responsabilità più importante ancora: cercare attivamente le vie della rifondazione del partito mondiale della rivoluzione capace di portare a delle prime vittorie e rovesciare il capitalismo imperialista: la Quarta Internazionale. E' in questo senso che partecipiamo a questa assemblea e manifestiamo la nostra intenzione di avere relazioni fraterne con Progetto Comunista- Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori che possano essere il punto di partenza verso una convergenza politica superiore.
W la lotta della classe operaia mondiale!
W la battaglia per la ricostruzione della Quarta Internazionale!

 

 

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