Partito di Alternativa Comunista

L’importanza di Lenin nella storia

L’importanza di Lenin nella storia

 

 

 

di Matteo Bavassano

 

 

 

Il ruolo delle personalità nella storia è uno di quei fattori che un certo «marxismo» volgare e determinista, di matrice socialdemocratica così come stalinista, non tiene in considerazione: con la sua enfasi sulle forze produttive, sulle leggi dell’economia che determinano la storia, sui livelli di sviluppo dei Paesi per valutare la loro maturità «oggettiva» per la rivoluzione… tutto questo determinismo «materialistico» – che non ha nulla in comune con il marxismo – relega al nulla l’azione viva degli uomini nella storia. Proprio Lenin combatté per tutta la sua vita contro tali concezioni deterministiche, prima costruendo un partito d’avanguardia per cercare di elevare la coscienza degli strati più avanzati del proletariato, poi guidando la prima rivoluzione proletaria vittoriosa della storia in uno dei Paesi economicamente più arretrati d’Europa. Ma andiamo con ordine. Chi era Lenin, come divenne Lenin e quale è stato il suo apporto al movimento operaio?

 

Un prodotto del suo ambiente

Vladimir Il’ič Ul’janov nacque il 22 aprile 1870 a Simbirsk, città della regione del Volga. Il padre del futuro Lenin, Il’ja Nikolaevič Ul’janov, era di estrazione piccolo-borghese e fu insegnante, prima di diventare ispettore delle scuole elementari del governatorato di Simbirsk nel 1869 e poi direttore dell’ispettorato nel 1874, divenendo così un piccolo funzionario di spirito progressista. La servitù della gleba era stata abolita da Alessandro II (detto per questo «liberatore») il 19 febbraio 1861, tuttavia questo da una parte non risolse la questione agraria, cioè i problemi dei piccoli contadini che si erano indebitati comprando a prezzi esorbitanti dai latifondisti le terre che lavoravano prima come servi, dall’altra la riforma non era sufficiente, soprattutto in mancanza di una classe borghese consolidata, a creare le condizioni per lo sviluppo di una società borghese moderna.
In questo clima si sviluppò il movimento populista, che avrebbe avuto un ruolo importante nella maturazione politica di Vladimir: questo, nonostante l’enfasi sul ruolo dei contadini nella società russa, era un movimento composto principalmente dall’intelligencija. «La società fondata sulla servitù della gleba si disintegrava più rapidamente di quanto non si costituisse una società di tipo borghese. Gli intellettuali, sorti in seguito a una simile disintegrazione, non trovavano né offerte d’impiego né carriere sufficienti onde esplicare la loro influenza politica» (1). Nacque così l’organizzazione Zemlja i volja [Terra e libertà], che univa la propaganda delle idee rivoluzionarie alle masse contadine ai primi attentati contro gli esponenti più odiati dell’autocrazia. Nel 1879 Zemlja i volja si scisse in due: da una parte Čërnyj peredel [Ripartizione nera], che puntava sulla propaganda e che fu antesignana della prima organizzazione marxista russa Emancipazione del lavoro, e dall’altra Narodnaja volja [Volontà del popolo], che faceva del terrorismo l’unico strumento di lotta contro l’autocrazia.
Non è questa la sede per approfondire il discorso sulla storia e le idee del populismo russo, però la formazione politica del giovane Vladimir fu segnata dallo sterminio di una generazione di giovani rivoluzionari che si erano votati alla causa terrorista, soprattutto per via del fatto che suo fratello maggiore fu uno di loro. Aleksandr Il'ič Ul'janov, nato quattro anni prima di Vladimir, si unì alla Narodnaja volja mentre era studente all’università di Pietroburgo, probabilmente nel 1886 (2). Il 1° marzo 1887 vennero arrestati sei terroristi che si preparavano ad attentare alla vita dello zar Alessandro III:(3) Aleksandr, che aveva partecipato all’organizzazione dell’attentato utilizzando le sue doti di chimico per confezionare i proiettili e gli ordigni esplosivi, venne arrestato a causa della delazione di uno dei fermati. Pur se non avrebbe preso parte materialmente all’attentato, Aleksandr venne condannato a morte e fu impiccato il 20 maggio 1887.

 

La formazione politica di Lenin

Mentre Aleksandr veniva giustiziato, Vladimir frequentava l’ultimo anno di liceo. L’anno successivo si iscrisse alla facoltà di legge dell’università di Kazan, dove si iscrisse perché, dopo l’esecuzione del fratello, la madre voleva cercare di sottrarlo alle idee rivoluzionarie che contaminavano i centri universitari delle principali città della Russia. Tuttavia, il 4 dicembre 1887 – nell’anno stesso in cui entrò all’università – venne arrestato e poi espulso dall’università per aver partecipato ad un’assemblea studentesca non autorizzata. Contrariamente a quanto si dice in versioni apologetiche, Vladimir non cominciò l’attività politica in opposizione al terrorismo, anzi si avvicinò a un circolo della Narodnaja volja, ma la reazione seguita al fallito attentato allo zar del 1° marzo 1887, nonché il fatto che l’organizzazione era già stata decimata dagli arresti e dalle esecuzioni, aveva posto fine a qualsiasi possibilità di compiere attentati. Tuttavia, fu in una riunione della Narodnaja volja che sentì esporre per la prima volta le idee del marxismo.
Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta molti giovani che si radicalizzavano si avvicinarono a Marx. Così, nell’inverno tra 1888 e 1889 il futuro Lenin comincia a studiare la teoria economica marxista, ma la sua adesione al marxismo doveva ancora attendere. Riuscì a procurarsi l’Anti-Dühring di Engels nell’autunno del 1890 a San Pietroburgo (dove aveva infine ottenuto il permesso di sostenere gli esami da studente esterno) e probabilmente lesse alcuni scritti di Plechanov e dell’Emancipazione del lavoro nel 1891. Solo a questo punto abbandonò le concezioni della Narodnaja volja per abbracciare completamente il marxismo.
Laureatosi alla fine del 1891, iniziò l’apprendistato come avvocato a Samara (dove viveva con la famiglia) nell’estate 1892, ma ben presto si cominciò a dedicare con maggiore assiduità alla teoria e all’attività rivoluzionaria, grazie anche alla carestia che colpì la Russia nello stesso anno, e l’attività di avvocato divenne solo una (breve) copertura per le sue nuove attività. Si unì al circolo socialdemocratico clandestino di Samara, di cui divenne uno dei principali animatori.
Nel 1893 si trasferì a San Pietroburgo, continuando a lavorare come apprendista in uno studio di avvocato. Qui si unì ad un piccolo circolo socialdemocratico che teneva corsi di marxismo e faceva propaganda tra gli operai. Durante questa attività conobbe Nadežda Krupskaja, che vi teneva delle lezioni e che divenne sua moglie. Nel 1895 il circolo cui apparteneva Lenin si fuse con un altro circolo socialdemocratico guidato da Julii Martov, futuro esponente di primo piano dei menscevichi, dando vita all’Unione di lotta per l’emancipazione della classe operaia. Nel maggio 1895 l’organizzazione inviò Lenin in Svizzera, perché prendesse contatto con Plechanov e il gruppo Emancipazione del lavoro. Tornato in Russia a settembre dopo aver visitato anche Parigi e Berlino, il 21 dicembre 1895 Lenin venne arrestato insieme ad altri componenti dell’Unione.
Condannato a tre anni di deportazione in Siberia, nel 1898 si sposò con Nadežda Krupskaja e nel 1899 pubblicò Lo sviluppo del capitalismo in Russia. Liberato nel 1900, chiese ed ottenne di poter andare a vivere all’estero, dove iniziò una nuova fase della sua attività politica.

 

L’Iskra e la battaglia per il partito d’avanguardia

Una volta all’estero, dopo dei brevi soggiorni a Zurigo, Ginevra e Parigi, Lenin si stabilì a Monaco di Baviera, dove già risiedevano Martov e Plechanov. Lì diedero vita all’Iskra [Scintilla], un giornale da diffondere clandestinamente in Russia. Nel 1901 fondarono anche una rivista teorica marxista, Zarja [Alba], sulle cui pagine Vladimir utilizzò per la prima volta lo pseudonimo «Lenin». L’obiettivo dell’Iskra era di diventare un giornale di indirizzo politico che dall’estero potesse svolgere la funzione di unire, sulla base del programma marxista, i vari circoli socialdemocratici. Per fare questo, oltre a compiti prettamente organizzativi, erano necessarie delle battaglie politiche: contro i resti del populismo, contro i revisionisti russi (4) e contro gli economicisti.
Le concezioni politiche e organizzative di Lenin saranno riassunte nel suo famoso libro Che fare?. Pubblicato nel 1902, quindi un anno prima della rottura con gli altri componenti della redazione dell’Iskra, non ricevette particolari critiche prima del II Congresso del Posdr. L’idea centrale del testo è come sia necessario costruire un partito d’avanguardia centralizzato per elevare la coscienza degli strati del proletariato, perché la coscienza socialista non deriva automaticamente dalle lotte spontanee delle masse. La rottura con Martov, al di là del punto specifico su cui avviene al II Congresso, verte sulla questione della coscienza: non delimitando chiaramente il partito d’avanguardia dal resto della classe, i menscevichi rinunciavano a svolgere la funzione di elevare la coscienza della classe operaia. Per il marxismo, infatti, la coscienza dominante è sempre la coscienza della classe dominante: rinunciare a lottare per egemonizzare la coscienza degli operai equivale a lasciare campo libero alla borghesia e ai suoi agenti all’interno del movimento operaio.
Così, il primo apporto di Lenin alla storia del movimento operaio è il concetto di partito d’avanguardia. Non che questo fosse un suo concetto originale: infatti era già presente in Marx ed Engels. Il merito di Lenin è stato quello di aver riportato alla luce questo concetto fondamentale, indispensabile per realizzare un programma rivoluzionario, in un momento in cui nella Seconda Internazionale stavano trionfando le tendenze riformiste. Il concetto di partito d’avanguardia cozzava contro qualsiasi concezione riformista, gradualista o determinista del socialismo. Il resto della vita di Lenin fino alla Rivoluzione d’ottobre fu dedicato alla costruzione di questo partito.

 

Dalla Biblioteca di Berna al Cremlino

Tuttavia, Lenin non si rendeva ancora conto di quanto la sua concezione del partito fosse in contrasto con le pratiche di una parte sempre maggiore della Seconda Internazionale: credeva sinceramente di esprimere coerentemente le idee del centro rappresentato da Kautsky, che era all’epoca il più autorevole teorico della Socialdemocrazia tedesca (e quindi dell’Internazionale, di cui la Spd era il principale partito) e da cui Lenin aveva ripreso la teoria della coscienza portata dall’esterno. Solo con lo scoppio della Prima guerra mondiale la realtà del riformismo imperante nella Seconda Internazionale divenne manifesta a un incredulo Lenin (5). La ricerca della ragione del crollo della Seconda Internazionale portò Lenin, che allora viveva a Berna, a ripartire dallo studio: prima della filosofia (partendo da Hegel per arrivare a capire il materialismo dialettico), poi dell’imperialismo e infine della teoria marxista dello Stato. Sulla base di questi studi, Lenin poté arrivare ad aggiornare il programma del bolscevismo, il che fu necessario al «riarmo del Partito» messo in atto da Lenin al suo ritorno in Russia.
Il programma dei bolscevichi per la rivoluzione in Russia prevedeva ancora la «dittatura democratica del proletariato e dei contadini», cioè l’abbattimento dell’autocrazia per creare una repubblica democratica borghese per poi, dopo lo sviluppo della rivoluzione nei Paesi capitalisti avanzati, arrivare alla fase socialista della rivoluzione anche in Russia. Fin dal 1905 Lenin aveva individuato nel proletariato la forza motrice della rivoluzione in Russia, una rivoluzione che per lui era borghese – sebbene la borghesia fosse incapace di condurla – e in cui il proletariato doveva limitarsi ad avanzare un programma democratico, lottando in stretta alleanza con i contadini sulla base di questo programma. Questa concezione, seppure ancora lontana dalla concezione rivoluzionaria sviluppata da Lenin nel 1917 (e già sviluppata da Trotsky fin dal 1905 con la teoria della rivoluzione permanente), era profondamente in contrasto con quella dei menscevichi, secondo cui non solo la rivoluzione sarebbe stata borghese, ma la sua forza motrice sarebbe stata la borghesia, e la socialdemocrazia avrebbe dovuto al massimo «fare pressione» da sinistra sul governo borghese (6).
Lo studio della filosofia hegeliana, che permise a Lenin di comprendere meglio la dimensione dialettica del materialismo di Marx ed Engels, portandolo a correggere le posizioni filosofiche che Lenin aveva precedentemente espresso in Materialismo ed empiriocriticismo e che erano influenzate dalle concezioni di Plechanov, lo aiutò a superare un certo determinismo residuale contenuto nella teoria della «dittatura democratica del proletariato e dei contadini» e che era in contrasto con la concezione del partito d’avanguardia. L’ultimo passaggio di questa evoluzione politica di Lenin è coinciso con il suo studio dei testi di Marx ed Engels sullo Stato, che gli ha permesso di precisare la sua concezione della dittatura del proletariato, la sua valutazione del ruolo dei soviet nella rivoluzione (anche grazie all’esperienza della Rivoluzione di febbraio) e di condensare queste idee nelle famose Tesi di aprile, che sono state il programma alla base della presa del potere nell’Ottobre ’17 (7).
Grazie al nuovo programma elaborato nella primavera del 1917, Lenin poté armare il partito d’avanguardia che stava costruendo fin dal 1903 e guidare la classe operaia russa alla conquista del potere. Questo è il nucleo centrale dell’apporto di Lenin al movimento operaio, a cui si potrebbero aggiungere ovviamente decine di altri contributi: dall’analisi dell’imperialismo, al lavoro di costruzione della Terza Internazionale, l’esperienza pratica di organizzazione del primo Stato operaio fino alla sua «ultima battaglia», quella contro Stalin e la nascente burocrazia. In occasione del centesimo anniversario della morte di Lenin, avremo occasione di affrontare molti di questi temi in articoli sul nostro giornale (8).
Ma crediamo sia giusto iniziare parlando di quello che ha contraddistinto la sua azione politica: la costruzione di un partito e di un programma con cui la classe operaia potesse essere indipendente dalla borghesia, premessa necessaria per costruire una nuova società più giusta. È lo stesso criterio centrale che cerchiamo di mettere in pratica quotidianamente anche noi nella costruzione del Partito di alternativa comunista.

 

Note

1) L. Trotsky, Il giovane Lenin, 1936, Oscar Mondadori, 1971, p. 47.

2) Non si hanno informazioni certe sulla data in cui Aleksandr si unì alla Narodnaja volja. Contestando letture apologetiche della sua biografia (essendo fratello di Lenin, per gli stalinisti andava ricoperto della stessa aura di santità di Lenin), Trotsky sostiene che non ci siano prove che Aleksandr si fosse sempre interessato alla politica, e indica la data del 1886 come inizio della sua breve militanza.

3) Alessandro II era morto il 13 marzo 1883 sotto le bombe della Narodnaja volja. Tuttavia, nemmeno la morte dello zar aveva scosso l’autocrazia, né provocato una sollevazione delle masse contro il regime. Il terrorismo individuale aveva portato solo all’esecuzione dei rivoluzionari che avevano organizzato l’attentato.

4) Ci riferiamo a quei socialdemocratici russi che condividevano le posizioni che Bernstein sosteneva all’interno della Socialdemocrazia tedesca, riassumibili nel motto revisionista «il movimento è tutto, il fine è nulla».

5) Quando ricevette la copia del Vorwärts in cui si annunciava il sostegno della Spd allo sforzo bellico e il voto a favore dei crediti di guerra da parte del gruppo socialdemocratico al Reichstag, Lenin credette che si trattasse di un falso confezionato dallo Stato maggiore tedesco.

6) Per un approfondimento sulle concezioni della rivoluzione in Russia, rimandiamo al saggio di Francesco Ricci, “Che cosa è la teoria della rivoluzione permanente”, in Trotskismo oggi, n. 1, settembre 2011. La rivista è scaricabile gratuitamente dal sito web del Pdac.

7) Per un approfondimento dell’evoluzione del pensiero di Lenin sullo Stato, rimandiamo al nostro saggio “Lenin e la dittatura del proletariato. Come è nato Stato e rivoluzione”, in Trotskismo oggi, n. 19, autunno 2021.

8) Per chi volesse approfondire i temi del partito d’avanguardia, della lotta politica contro populismo ed economicismo, del Che fare?, del II Congresso, così come del «Testamento» di Lenin e delle Tesi di aprile, consigliamo la lettura del nuovo libro di Francesco Ricci, Lenin e il Partito bolscevico, Associazione Rjazanov, 2024.

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