
A differenza di quanto successo in Italia, dove l’aumento dell’età
pensionabile è stato approvato con solo due ore di sciopero e dove il Jobs Act
ha visto la luce con un’opposizione soltanto di facciata da parte dei burocrati
dei sindacati concertativi Cgil-Cisl-Uil, veri agenti del padronato all’interno
della classe lavoratrice, e da un’opposizione debole e frammentata da parte del
sindacalismo di base, in Francia i lavoratori, da settimane, fanno sentire forte
la propria voce, occupando strade e piazze con grandi manifestazioni, contro la
Riforma del Codice del Lavoro proposta dal governo francese. Proteste che
testimoniano come il proletariato e la gioventù francese non intenda sottostare
ai diktat europei (ci aveva offerto già un segnale con la vittoria del No al
referendum sulla ratifica della Costituzione europea) e lo fa usando le armi
storiche del movimento dei lavoratori (con gli scioperi, le manifestazioni
sindacali, l’unità di classe) evitando, in questo modo, di appellarsi, per la
difesa dei propri diritti, ad ideologie nazionaliste e di piccola patria.
Non intendono, i lavoratori francesi, farsi trascinare dai ricatti e dal
bisogno di competitività capitalista che mira ad abbassare in Francia il costo
del lavoro com’è successo (con il pacchetto Hartz) ai vicini lavoratori tedeschi
e con il Jobs Act a quelli italiani. Le lavoratrici e i lavoratori in Francia
non intendono sottostare ai provvedimenti di Myriam El Khomri, Ministro che ha
dichiarato che l’obiettivo è quello di “adattarsi ai bisogni delle imprese”. Una
riforma simile al Jobs Act che rende più facili i licenziamenti e che serve per
rendere più precari e ricattabili i cosiddetti “garantiti” (vale a dire i
lavoratori oggi più protetti e sindacalizzati) fornendo al contempo degli
strumenti giuridici utili alle imprese, in grado cioè di mettere al primo posto
la contrattazione aziendale, con il risultato di abbassare le condizioni di
lavoro e dei salari francesi.
La presentazione della riforma è accompagnata,
come successo in Italia, da spiegazioni martellanti che vogliono far passare
nell’opinione pubblica l’idea che il diritto del lavoro è stata una causa, o la
causa, della disoccupazione, che le aziende hanno paura di assumere per paura di
non essere in grado di licenziare, anche se alcuni economisti hanno rilevato la
fragilità del ragionamento ricordando, empiricamente, che non è vero che nei
Paesi in cui la legislazione del lavoro è più protettiva la disoccupazione è
superiore, e portando l’esempio di Spagna e l'Italia, due Paesi che hanno
colpito duramente i diritti dei lavoratori e in cui l'occupazione non ha
ancora riacquistato i livelli del 2008. Gli scioperi di questi giorni stanno
mettendo in affanno l’esecutivo socialista guidato da Hollande, in difficoltà
anche in virtù del fatto che le elezioni parlamentari del 2017 sono vicine e le
misure proposte dal governo sono impopolari e rischiose dal punto di vista
elettorale.
Lo stato d’emergenza, in nome della sicurezza e della lotta contro il terrorismo, è utile al governo per annullare diritti fondamentali ed è utile soprattutto in un periodo in cui l’attacco ai diritti dei lavoratori, la disoccupazione, il disagio sociale, si trasformano in proteste che, con lo stato d’emergenza, è più semplice controllare e contrastare. Un provvedimento che serve inoltre per criminalizzare anche l’attivismo contro l’occupazione israeliana dei territori palestinesi, spiare i cittadini francesi, bloccare i siti web, cioè contrastare con la repressione le voci dissidenti nei confronti della politica del governo. Ed è così che, da un’emergenza che doveva durare pochi mesi, il senato ha approvato l’estensione dello stato d’emergenza per altri tre mesi a partire dal 26 febbraio e la Francia si sta trasformando in uno Stato di polizia che può agire contro i sospetti trattenendoli in stato d’arresto anche fino a dodici giorni, negando loro l'assistenza legale per tutto questo periodo e può censurare i giornalisti non allineati, ostacolando in questo modo, ad esempio, le indagini indipendenti proprio su attività criminali e terroriste.
Ed è stato sempre François Hollande, il 16 novembre scorso, ad aver proposto una riforma costituzionale per introdurre due nuovi articoli: il primo sullo stato d’emergenza e il secondo sulla decadenza della nazionalità come pena per chi, disponendo di un altro passaporto, sia condannato in via definitiva per aver gravemente attentato alla nazione. Tale proposta di introdurre la privazione di nazionalità nella Costituzione ha provocato anche una crisi politica, con le dimissioni del Ministro della giustizia, Christiane Taubira, che ha definito la sua scelta “un disaccordo politico importante”. Ma anche sull’argomento della riforma costituzionale la sinistra istituzionale non sembra essere in grado di contrapporsi in modo convincente e significativo. Quest’importante compito lo stanno assumendo i lavoratori in lotta, che nelle radicali mobilitazioni di questi giorni, legano le parole d’ordine contro la Riforma del lavoro con quelle contro le leggi d’emergenza. Stanno vivendo, infatti, quotidianamente, sulla propria pelle, durante le manifestazioni e gli scioperi di questi giorni, la violenza dello Stato borghese sulle classi sfruttate che lottano per i propri diritti, una repressione che è cresciuta proporzionalmente alla crescita della partecipazione dei giovani e degli studenti nelle manifestazioni.
Secondo un sondaggio Odoxa per le Parisien e France Info, pubblicato il 24 marzo, il numero di francesi che si oppongono al nuovo testo di riforma è praticamente lo stesso che si opponeva alla prima versione ed i sindacati hanno annunciato che le concessioni non sono sufficienti e chiedono il ritiro della riforma, un ritiro che il governo francese non vuole attuare anche perché deve rispondere alle promesse di riforme fatte a Bruxelles, soprattutto la riforma del lavoro. Le organizzazioni di sinistra, i movimenti giovanili, i sindacati, sotto pressione a causa della grande disponibilità alla lotta dimostrata in queste settimane dalle masse lavoratrici, stanno preparando, con numerosi incontri a Parigi e nelle diverse regioni della Francia, la giornata di mobilitazione del 31 marzo.
Per i sindacati la giornata del 31 marzo sarà un test importante e l’obiettivo è quello di superare i numeri della protesta del 9 marzo scorso. Nel comunicato congiunto dei sindacati CGT, FO, FSU, Union syndicale Solidaires, UNEF, UNL, FIDL si legge: “…In questo contesto in cui l'occupazione e salari rimangono preoccupazioni principali, è urgente sviluppare l'occupazione stabile, di qualità, e nuovi diritti sociali. I sindacati (CGT, FO, FSU, Union syndicale Solidaires, UNEF, UNL, FIDL) chiamano tutti i salariati, le salariate, i disoccupati, le disoccupate, gli studenti, le studentesse i pensionati, le pensionate, a mobilitarsi per lo sciopero e a partecipare in maniera massiccia alle manifestazioni del 31 marzo per il ritiro di questo disegno di legge e per conquistare nuove garanzie e protezioni collettive...”.
Al contempo un appello firmato da più di 500 sindacalisti e organizzazioni sindacali francesi invita alla mobilitazione generale; sull’appello si legge: “….da parte nostra, lo diciamo senza mezzi termini, il disegno di legge non è né modificabile, né negoziabile, e solo il suo ritiro, definitivo e totale, si impone come soluzione… Il 31 marzo, infine, all'ordine del giorno ci sarà lo sciopero… L’unico modo che abbiamo per vincere e piegare il governo, è bloccare l'economia... E per bloccare l'economia, il primo passo è quello di condurre con successo lo sciopero del 31 marzo …La riduzione dell'orario di lavoro a 32 ore settimanali, senza riduzioni salariali, senza flessibilità, senza sconti o prese in giro….Noi ci impegnano a sottoporre tutto ciò alla discussione con i nostri colleghi, sul posto di lavoro, nelle nostre strutture sindacali, nei coordinamenti inter-sindacali ai quali partecipiamo…. Al di là dell’appartenenza sindacale, chiediamo loro di aderire a questo appello, di proporne l’adesione alla loro struttura sindacale… E’ insieme che andiamo alla lotta, è insieme che vinceremo!”.
E’ necessario uno sciopero generale prolungato fino al ritiro definitivo della riforma e per arrivare a questo è necessario che entri quale protagonista principale nella lotta, in modo deciso e unitario, la classe operaia, che ha nelle sue mani i settori principali dell’economia. In questo modo, la classe operaia, fermando la produzione economica, e unita ai lavoratori e alle lavoratrici degli altri settori e agli studenti, potrà fermare tutta la Francia, potrà costringere i sindacati ad appoggiare la lotta ad oltranza, scacciando le vecchie organizzazioni burocratiche sindacali e politiche che collaborano con i padroni, per sostituirle con le organizzazioni indipendenti che sostengono la lotta del popolo francese fino alla capitolazione del governo e al ritiro dei provvedimenti contro i lavoratori.
Note