Partito di Alternativa Comunista

CONTRO LE MINACCE IMPERIALISTE ALL

Correo Internacional - pubblicazione del Segretariato della Lit - Quarta Internazionale
 
La contesa che riguarda il programma nucleare iraniano è aumentata di livello in questi primi mesi del 2010: sono aumentate le accuse, le pressioni diplomatiche e le minacce di sanzioni economiche all’Iran. Già si riparla della possibilità di “conflitto militare”, con un possibile attacco degli Usa, o anche di Israele, al Paese.
 
obama iran
 
Si sta sviluppando un’aggressiva campagna internazionale orchestrata dagli Usa e da Israele con l’obiettivo di fare pressioni sulle altre potenze mondiali affinché accettino provvedimenti più duri contro l’Iran. La campagna ha anche come obiettivo di convincere e preparare l’opinione pubblica internazionale a questo possibile attacco militare oppure, più probabilmente, all’applicazione di sanzioni ancora più dure di quelle già irrogate.
L’obiettivo è “demonizzare” l’Iran, classificandolo come una “dittatura” che potrebbe “mettere in pericolo l’umanità” nel caso che esso abbia accesso alla tecnologia nucleare. Una delle ultime tappe di questa campagna è stata la grottesca e vergognosa “lettera aperta”, firmata da diversi vincitori del premio Nobel e da altri scienziati, indirizzata alle massime autorità delle potenze mondiali (Usa, Francia, Russia, Inghilterra e Germania), chiedendo loro che “reagiscano di fronte alle atrocità del regime iraniano e dalle sue irresponsabili e assurde ambizioni nucleari con sanzioni più dure …”. Questa “lettera aperta” è stata pubblicata a tutta pagina nei giornali The New York Times (7/2/2010) e International Herald Tribune (9/2/2010) e pagata da un’organizzazione sionista. Questi illustri scrittori e scienziati giammai si erano sensibilizzati o mobilitati contro l’arsenale nucleare statunitense o israeliano.
Noi abbiamo una posizione chiara di difesa dei diritti democratici e dei lavoratori dell’Iran contro gli abusi del reazionario regime degli Ayatollah, siamo solidali con le mobilitazioni che si sono scontrate con la dittatura e facciamo appello affinché la lotta di massa la rovesci. Tuttavia, vogliamo richiamare l’attenzione sul fatto che l’attuale campagna imperialista cerca di utilizzare questo carattere del regime e la repressione esercitata in un senso ancor più reazionario: preparare un attacco contro l’autonomia del paese e un attacco ancor più violento alle libertà democratiche.
Questa campagna contro l’Iran viene da molto lontano e la sua vera ragione sta nel fatto che l’imperialismo non accetta che un paese che non sia del tutto sottomesso ai suoi disegni, ed abbia una certa indipendenza, sviluppi tecnologia in un settore così strategico e sensibile. Nel caso dell’Iran, in particolare, l’imperialismo statunitense non ha ancora digerito la sconfitta subita 31 anni fa, quando una rivoluzione rovesciò lo Scià Reza Phalevi, fantoccio degli yankee nella regione, alla testa di una dittatura corrotta. Questa rivoluzione nazionalizzò il petrolio e il gas, cacciando le compagnie petrolifere statunitensi.
 
La “ipocrisia nucleare” imperialista
Quando si tratta di temi che hanno a che fare con la tecnologia nucleare, ciò che prevale sono la menzogna e l’ipocrisia da parte dei Paesi che possiedono questo tipo di armamento, i quali fanno sempre in modo di creare e alimentare dubbi, sospetti ed insicurezze nella popolazione mondiale. Settori della sinistra mondiale, sotto la pressione di posizioni pacifiste sedicenti “progressiste”, amplificano questo discorso contribuendo, nei fatti, alla perpetuazione del dominio politico, economico e militare di queste “potenze nucleari”. Sull’altare del “No al pericolo nucleare”, finiscono in pratica per appoggiare la politica imperialista tesa al mantenimento del monopolio delle armi nucleari nelle proprie mani e in quelle dei suoi alleati o agenti diretti.
Al di la del terreno militare, un altro aspetto da considerare è che l’imperialismo vuol conservare il monopolio nucleare anche nel commercio della tecnologia e degli investimenti necessari per la produzione pacifica, si da ottenere grandi profitti da questo settore energetico.
Quel che è certo è che il “pericolo nucleare” già esiste ed è concreto da molto tempo, indipendentemente dal programma nucleare iraniano o di qualsiasi altro Paese lo stia sviluppando. L’unico Paese che finora ha utilizzato questo tipo di armi contro la popolazione furono gli Usa che lanciarono sul Giappone due bombe atomiche (Hiroshima e Nagasaki) sul finire della II Guerra Mondiale, nel 1946. Fu un attacco criminale e, da un punto di vista militare, non necessario, dal momento che il Giappone era già praticamente sconfitto (Germania e Italia si erano già arrese) e non avrebbe potuto proseguire la guerra. Quei bombardamenti furono un messaggio al mondo, una dimostrazione di forza e potere della grande potenza che usciva vittoriosa dal conflitto. Oggi, gli Usa possiedono un arsenale nucleare capace di distruggere varie volte il pianeta e la sua borghesia imperialista ha dimostrato che, se lo ritiene necessario, è disposto ad usarlo. È questo il vero “pericolo nucleare” che minaccia l’umanità, non già quello dell’Iran.
Ancor più scandaloso è il caso di Israele: non è un segreto per nessuno che questo Paese possegga da 200 a 300 armi nucleari, che non si sottopone a nessuna ispezione o controllo esterno e che viene appoggiato dagli Usa quanto allo sviluppo del suo programma nucleare. Inoltre, ha già utilizzato armi proibite non nucleari, provocando stragi di civili palestinesi, come nella striscia di Gaza, e vive permanentemente in guerra con i paesi vicini, minacciando di bombardarli come fa oggi con l’Iran.
L’ideale sarebbe che non ci fossero arsenali nucleari, ma fintanto che esisterà l’imperialismo con il suo irrinunciabile arsenale nucleare, con i suoi eserciti equipaggiati con armi chimiche e ad alta tecnologia; senza prima dire chi disarmerà il principale arsenale, quello degli Usa, non si potrà parlare di “disarmo” in generale. Infine, anche dopo la fine della “guerra fredda” con l’ex Urss, che era la vecchia scusa statunitense per il suo immenso arsenale nucleare, esso si è mantenuto intatto ed anzi è stato ammodernato con il suo terribile potere di distruzione che minaccia l’umanità.
 
Il ruolo dell’Aiea e del Trattato di Non Proliferazione Nucleare
L’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (Aiea) venne creata nel 1957, come organizzazione autonoma all’interno dell’Onu, con il supposto obiettivo di “promuovere l’uso pacifico dell’energia nucleare e limitare il suo utilizzo a fini militari in armi atomiche”. Logicamente, la sua azione ha poco a che fare con questo, trattandosi di un organismo completamente manipolato dalle grandi potenze imperialiste, in particolare gli Usa.
Lo strumento del quale l’Aiea si serve selettivamente affinché determinati paesi non sviluppino tecnologie nucleari è il Trattato di Non Proliferazione di Armi Nucleari (Tnp). Questo trattato fu firmato nel 1968 ed entrò in vigore nel 1970. Prevedeva il congelamento della produzione di armi nucleari: i firmatari che ancora non le possedevano rinunciavano a svilupparle, mentre i Paesi che già li avevano si impegnavano a ridurre il loro arsenale atomico (tuttavia non si stabilirono termini né obiettivi concreti per questo “disarmo”).Così, in pratica, la tecnologia per la fabbricazione di armi atomiche sarebbe rimasta ristretta esclusivamente alle sole cinque nazioni che, a quell’epoca, già la dominavano (Usa, Francia, Gran Bretagna, Russia e Cina).
In contropartita, le altre nazioni firmatarie avrebbero ricevuto appoggio ed incentivi per lo sviluppo dell’energia nucleare a fini pacifici (ad esempio, produzione di elettricità, radioisotopi e radiofarmaci, irradiazioni di materiali, di alimenti, ecc.). I Paesi che sottoscrissero il Tnp si impegnarono a comunicare ed a informare l’Aiea di tutte le loro attività nucleari ed a consentire ai suoi ispettori di indagare sulle installazioni. Questi obblighi, tuttavia, non debbono essere osservati dalle 5 nazioni che già posseggono armi nucleari. Il Tnp fu sottoscritto da 187 dei 190 Paesi che sono parte dell’Onu, ma è stato ratificato da meno della metà di essi. Tra quelli che non lo sottoscrissero figurano India, Pakistan e Israele.
Come si vede, il trattato è estremamente discriminatorio, poiché cerca di concentrare e consolidare il potere militare in pochi Paesi imperialisti o in pochi loro alleati. Non è un caso che le principali “potenze nucleari” sono le stesse nazioni che compongono il Consiglio di Sicurezza dell’Onu (Usa, Russia, Cina, Regno Unito e Francia): riflesso, questo, della distribuzione del potere dopo la fine della II Guerra Mondiale. Non resta alcun dubbio, tuttavia, su cosa abbia significato e significhi il possesso della tecnologia nucleare come fattore di potere, dominio e imposizione di interessi.
L’altro punto nodale di questo trattato, la promessa delle potenze nucleari di ridurre il loro arsenale, non è andato oltre le dichiarazioni diplomatiche di buone intenzioni. Nella pratica, in questi anni di vigenza del Tnp, si è verificato un significativo aumento di questo arsenale. Oltre alle cinque potenze nucleari originali, si sa che altri quattro Paesi hanno già prodotto armi nucleari: India, Pakistan e Israele, cioè esattamente quelli che non avevano aderito al Tnp; ed anche la Corea del Nord, che si è ritirata dal Tnp nel 2003. Però, non trattandosi di un alleato dell’imperialismo, continua a subire pressioni perché interrompa il suo programma nucleare.
Il Tnp è sempre più messo in discussione per non essere democratico e per non garantire i suoi obiettivi originali. Al contrario, è cresciuto il numero dei Paesi che padroneggiano la tecnologia di fabbricazione di armi nucleari, mentre le potenze nucleari non rispettano la loro parte del trattato (il disarmo). Inoltre, l’Aiea è utilizzata conformemente agli interessi definiti dalla maggiore potenza imperialista, gli Usa. Nel maggio del 2010, si svolgerà una nuova Conferenza internazionale di revisione del Tnp (che ha periodicità quinquennale), in cui gli Usa e i loro alleati faranno pressioni affinché i Paesi firmino il Protocollo Addizionale, che permetterebbe all’Aiea di promuovere controlli senza restrizioni, più ampi e dettagliati, e senza preavviso. L’attuale protocollo è del 1997 ed è stato firmato solo da 93 degli originali firmatari del Tnp.
Inoltre, c’è la proposta statunitense di creare una “Banca Internazionale dell’uranio arricchito”, che dovrebbe coordinarne la distribuzione in base alle comprovate necessità dei paesi. Questa proposta è vista con molta diffidenza e difficilmente sarà accettata, poiché significherebbe che i Paesi firmatari non potrebbero più qualificarsi tecnologicamente per padroneggiare le fasi dell’arricchimento dell’uranio, restando totalmente dipendenti dalle grandi potenze. Attualmente sono pochi i Paesi che padroneggiano tutto il ciclo di arricchimento dell’uranio (le cinque potenze nucleari, la Germania, l’Olanda, il Brasile, e parzialmente, l’Argentina). Tuttavia ce ne sono altri che stanno realizzando sforzi in questo senso, come l’Iran, che ha appena annunciato di aver raggiunto il completo dominio della tecnologia.
Siccome le grandi potenze non dovranno offrire niente in cambio, rispetto al loro stesso disarmo, si ipotizza che questa conferenza sarà un fallimento come quella precedente del 2005, da cui non emerse nemmeno un minimo consenso che permettesse un documento finale. L’altro punto nodale che attraverserà la Conferenza è quello relativo alla crisi generata dal programma nucleare iraniano.
 
Il programma nucleare iraniano
L’Iran ha iniziato il suo programma nucleare a metà degli anni ’60, ancora sotto la dittatura dello Scià Reza Phalevi, con l’appoggio e l’incentivo degli Usa. Nel 1967, fu costruito il primo insediamento nucleare iraniano, il Centro di Ricerca Nucleare di Teheran, con un piccolo reattore sperimentale di 5 megawatt di potenza. Nel 1968, l’Iran firmò il Trattato di Non Proliferazione di Armi Nucleari (TNP), ratificato dal Parlamento nel 1970.
A metà degli anni ’70, avvalendosi di uno studio dello Stanford Research Institute (Srt), gli Usa convinsero lo Scià a costruire vari reattori nucleari per fronteggiare la futura domanda di energia elettrica, poiché, secondo gli studi del Srt, nel 1990 l’Iran avrebbe avuto un fabbisogno energetico di 20.000 megawatt. In tal modo, le imprese statunitensi avrebbero potuto vendere tecnologia nucleare all’Iran, o costruire questi reattori, e gli Usa avrebbero potuto recuperare parte delle loro spese dall’acquisto del petrolio iraniano.
Nel 1979, anno della rivoluzione che rovesciò lo Scià, l’Iran costruiva due reattori per la produzione di energia elettrica, sotto responsabilità di imprese tedesche: uno con il 90% e l’altro con il 50% dei suoi insediamenti costruiti. Su pressione degli Usa, nessuna impresa o paese hanno accettato di continuare la costruzione di questi reattori e solo di recente, nel febbraio del 2009, la prima centrale nucleare iraniana è stata portata a termine da imprese russe.
Nel 2003, venne rivelato che l’Iran possedeva installazioni nucleari a Natanz e Arak, nelle quali sarebbe possibile, teoricamente, arricchire uranio a livelli sufficienti per la produzione di armi. L’Iran firmò allora il protocollo addizionale del Tnp allo scopo di ridurre le pressioni internazionali e l’allora presidente Katami aprì le installazioni agli ispettori dell’Aiea, affermando che l’Iran avrebbe prodotto il proprio combustibile nucleare per far fronte alle necessità del suo reattore di ricerca.
In altri termini, perlomeno dal 2003 non era una sorpresa per nessuno che l’Iran, come diversi altri Paesi, stava cercando di sviluppare e/o acquisire tecnologia per l’arricchimento di uranio, cosa assolutamente permessa ai paesi firmatari del Tnp, che possono avere il loro programma nucleare ed arricchire uranio al 20%, sempre che dichiarino che è per “fini pacifici” ed aprano le loro installazioni all’ispezione dell’Aiea. Pertanto l’Iran non stava infrangendo alcuna regola del Tnp che serve agli interessi delle grandi potenze.
Nondimeno, gli Stati Uniti argomentarono che l’Iran, possedendo enormi riserve di petrolio e gas, non aveva bisogno di energia nucleare per la produzione di elettricità. E che, pertanto, il suo interesse era la costruzione di armi nucleari. Con questo argomento pretesero la fine del programma nucleare iraniano, dimenticando, che alcuni anni prima avevano usato l’argomento opposto per poter vendere reattori all’Iran, quando questo Paese era diretto da un governo fantoccio. Resta così chiarito che l’imperialismo si preoccupa della “proliferazione” quando questa può significare che un qualche Paese sfugge al suo controllo assoluto sulle armi nucleari.
 
La questione centrale è il monopolio nucleare dell’imperialismo
Durante gli anni della guerra fredda, quando l’Urss e altri paesi possedevano già la tecnologia e producevano armi nucleari, gli Usa dovevano fare i conti con la possibilità di una rappresaglia prima di usare nuovamente il loro poderoso arsenale nucleare. Era quello che abitualmente si chiamava “potere di dissuasione”. Ciò che gli Usa cercano di garantire oggi è che non vi siano più Paesi che riescano ad avere la possibilità di raggiungere questo potere, affinché non possano opporre resistenza ai loro ordini e alla loro politica di colonizzazione e dominio mondiale, assicurandosi un’egemonia militare incontestabile.
Dal 2003, il programma nucleare iraniano, anche se rispettoso di tutti gli articoli del Tnp, costituisce motivo di pressioni e sanzioni da parte delle potenze internazionali, nonostante tutte le indagini svolte dall’Aiea. Perfino dopo che il precedente presidente di quest’Agenzia, Mohamed El Baradei, affermò di non essere in possesso di nessuna informazione o evidenza che l’Iran potesse avere un programma di produzione di armi.
Tuttavia, questa stessa agenzia ha cambiato posizione sotto il fuoco delle pressioni politiche delle grandi potenze. Come esempio di questa condotta politica parziale dell’Aiea, possiamo citare la sua reazione quando si scoprì che l’Egitto e la Corea del Sud avevano realizzato esperimenti nucleari segreti per lunghi anni: in nessun momento si ipotizzò che questi paesi potessero costruire armi nucleari, non vennero mobilitate le diplomazie, non si reclamarono rappresaglie o sanzioni economiche … L’Agenzia si limitò ad ammonire in punta di piedi questi paesi alleati degli Usa. L’altro esempio assurdo è quello già citato di Israele, in possesso di centinaia di bombe atomiche, che non è mai stato neppure accusato o “importunato” dall’Aiea.
Per tutto quanto detto, difendiamo il diritto dell’Iran di sviluppare la sua tecnologia nucleare ed anche di fabbricare bombe atomiche per difendersi da un attacco imperialista o israeliano. In realtà, il possesso di queste armi sarebbe un forte ostacolo a tali possibili attacchi. In questo senso è necessario disputare la coscienza dei lavoratori e metterli sull’avviso rispetto a queste menzogne e all’ipocrisia dell’imperialismo. Coloro i quali sbandierano il programma nucleare dell’Iran puntino invece le loro attenzioni sul più grande arsenale esistente che nessuno controlla, quello degli Usa, l’unico paese che lo ha già utilizzato contro i popoli. Facciamo altresì appello a pronunciarsi chiaramente contro le sanzioni dei Paesi e degli organismi imperialisti contro l’Iran.
Riaffermiamo che il pericolo di un disastro nucleare per l’umanità non sta nel programma nucleare iraniano (o brasiliano, argentino, nord coreano, ecc.), bensì nell’arsenale già esistente a disposizione delle nazioni imperialiste e del loro alleati, che, in ogni momento, violano le regole che cercano di imporre agli altri e dimostrano il loro carattere belligerante , colonizzatore e imperialista.
 

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