Partito di Alternativa Comunista

Covid-19, capitalismo, guerre, rivoluzioni...

 

Covid-19, capitalismo, guerre, rivoluzioni...

 

 

 

di Martin Hernández (*)

 

 

 

Quando la cancelliera tedesca Angela Merkel ha dichiarato che l'attuale pandemia di Covid-19 rappresentava la più grande sfida per la Germania dopo la Seconda guerra mondiale, ha dato l'impressione di essere esagerata. Solo che, successivamente, il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha dichiarato la stessa cosa. E perfino Donald Trump, che all'inizio della pandemia aveva detto che era «eguale ad un'influenza comune», ha finito poi col dichiarare che questa era la più grande sfida per il suo Paese dopo la Seconda guerra mondiale.
Allo stesso modo, personalità note in ambito scientifico, culturale e politico, sono arrivate a paragonare l'attuale pandemia all'«influenza spagnola», una delle due più grandi pandemie della storia. È inoltre stato affermato che le sue possibili conseguenze siano paragonabili a quelle della Prima e della Seconda guerra mondiale.
È ancora troppo presto per conoscere tutte le conseguenze che l'attuale pandemia porterà all'umanità, ma se le misure utilizzate per affrontarla dipenderanno solo dai governi capitalisti, è molto probabile che essa causerà danni, su tutto il pianeta, molto simili a quelli causati dalle tragedie sopra menzionate.

Pandemie e capitalismo
Il Covid-19, così come la «peste di Giustiniano», la «peste bubbonica» e l’«influenza spagnola», è uno dei tanti virus che, nel corso della storia, hanno sterminato parti importanti dell'umanità. Solo che, sempre nel corso della storia, l'essere umano ha dominato la natura al punto che, attualmente, esistono tutte le condizioni che avrebbero potuto impedire a questo tipo di epidemia di trasformarsi in una pandemia e, seppur giunti a questo punto, per prevenire che avesse gravi conseguenze.
La peste di Giustiniano, che raggiunse il picco tra il 541 e il 544 (d.C.), non poteva essere controllata. Ha attraversato due secoli, uccidendo tra 25 a 100 milioni di persone circa.
La peste bubbonica, nota come «peste nera», al contrario, avrebbe potuto essere controllata. Questa pandemia, nata in Cina ed esportata in Europa tra il 1347 e il 1351, causò la morte di molte persone (tra 75 e 200 milioni). Causò lo sterminio di oltre un terzo degli abitanti dell'Europa. Tuttavia, riuscì a essere controllata attraverso due misure che sembrerebbero semplicemente applicabili oggi: quarantena e cure igieniche.
Ma, se 669 anni fa era possibile controllare la peste nera, come si spiega che oggi non è stato possibile tenere sotto controllo, dal primo momento, il Covid-19?
Questa contraddizione si spiega con le stesse ragioni per cui, 100 anni fa, un'altra terribile pandemia non poté essere tenuta sotto controllo: l'«influenza spagnola». Quell'influenza non poteva essere tenuta sotto controllo perché gli interessi dei grandi poteri imperialisti dell'epoca lo impedirono.
Marx, più di 170 anni fa, disse che «...la vita della borghesia è divenuta incompatibile con quella della società» (1) e questa frase prese corpo quando, nel 1914, scoppiò la Prima guerra mondiale.
Durante la Prima guerra mondiale gli interessi delle diverse potenze dell'epoca entrarono in conflitto e, per difendere i propri, ogni potenza inviò i suoi eserciti, costituiti da giovani contadini e operai, rapidamente integrati [negli eserciti, ndt], ad uccidere i lavoratori e i contadini delle altre potenze. Il risultato fu terrificante. 10 milioni di persone morirono, tra cui soldati e civili, e 20 milioni rimasero ferite, la maggior parte mutilate. Fu in questo contesto che si verificò la pandemia di influenza spagnola, che causò, in tutto il mondo, un numero di vittime molto più elevato di quelle della guerra.
Vi erano le condizioni per prevenire questa tragedia 100 anni fa? Sarebbe bastato applicare, per lo meno, le misure che controllarono la peste bubbonica nel Medioevo (la quarantena). Ma ciò avrebbe conflitto con gli interessi delle grandi potenze imperialiste, in particolare gli Stati Uniti. E quindi si decise di «salvare l'economia» con un tragico costo in termini di vite umane.
L'influenza spagnola, contrariamente a quanto indica il suo nome, non ebbe origini in Spagna ma negli Stati Uniti. Nel marzo del 1918 l'epidemia iniziò all'interno di un campo di soldati che si stavano preparando ad intervenire nella guerra e si diffuse in altri 13 campi. Nonostante ciò, la necessità di «prendersi cura dell'economia» prevalse sulla salute e le truppe infettate dall'influenza spagnola furono inviate in Europa. Quindi, quella che era un'epidemia, all'interno degli Stati Uniti, si diffuse in tutti i continenti e si trasformò in una pandemia. In un'Europa distrutta dalla guerra inter-imperialista, l'influenza trovò terreno fertile per svilupparsi e lo stesso accadde nelle colonie dove regnava una povertà estrema. Mentre accadeva tutto ciò, l'esistenza dell'influenza spagnola veniva tenuta segreta da tutti i Paesi in guerra. Dopo che l'influenza colpì la Francia, dove erano entrati i soldati americani, per poi diffondersi in Gran Bretagna e da lì in Italia passando attraverso la Germania, la situazione cambiò quando essa giunse infine in Spagna, che, essendo un Paese neutrale, rese pubblica l'esistenza del terribile flagello. È quindi nota come «influenza spagnola» perché si diceva (mentendo) che era l'unico Paese in cui vi fosse tale influenza.
Per evitare che l'epidemia si trasformasse in una pandemia, gli Stati Uniti avrebbero dovuto isolarsi dal resto del mondo. Ma ciò, in pratica, avrebbe significato il ritiro dalla guerra in cui erano appena entrati e ciò era impensabile per l'imperialismo americano.
Gli Stati Uniti, inizialmente, non avevano preso parte alla Prima guerra mondiale, consentendo a Thomas Woodrow Wilson, attraverso la propaganda pacifista, di vincere le elezioni presidenziali. Ma, dopo la sua vittoria, Wilson attuò un cambio di politica e con il discorso ipocrita di voler «rendere il mondo sicuro per la democrazia» decise di intervenire per non perdere la spartizione del bottino e quindi inviò un milione e mezzo di soldati, alcuni contagiati dall’influenza spagnola, causando la morte di molti di loro sulle navi prima di raggiungere l'Europa.
L'intervento degli Stati Uniti fu decisivo per l'Intesa (2) per vincere la guerra. Se così non fosse stato, gli Stati Uniti non sarebbero la potenza imperialista che sono oggi.
Alla fine della pandemia fu possibile fare il punto sui «danni collaterali». Gli Stati Uniti, che avevano avuto 116.000 morti in guerra, ebbero più di 500.000 malati di influenza spagnola; la Francia 400.000; la Gran Bretagna 250.000; l’Italia 400.000; l’India tra 10 e 17 milioni; la Cina 30 milioni; la Spagna 200.000; la Russia tra 450.000 e 2 milioni settecentomila; il Brasile 35.000; l’Argentina 15.000; il Cile 43.000. In totale, si stima che tra 50 e 100 milioni di persone siano morte in tutto il mondo, mentre le piccole comunità indigene sono state completamente sterminate.

Capitalismo e Covid-19
Se nel 1918 esistevano le condizioni per impedire che l'epidemia di influenza spagnola si trasformasse in una pandemia, ora ci sono, in teoria, condizioni molto migliori per affrontare il Covid-19. Ad esempio, per affrontare questa pandemia oggi ci sono più di 100 diversi test per rilevare le persone contaminate e quindi essere in grado di isolarle dal resto, qualcosa che non esisteva nel 1918.

Inoltre, attualmente i pazienti più gravi possono essere curati con respiratori meccanici e con tutti i tipi di antibiotici, e in una settimana può essere costruito un ospedale enorme e moderno. Tutto ciò era impensabile nel 1918. D'altra parte, l'influenza spagnola poté diffondersi rapidamente in Europa perché il continente era distrutto dalla guerra.
Tuttavia, nonostante tutti i progressi scientifici e tecnici, e nonostante il fatto che non vi sia una guerra mondiale in corso, il mondo è attualmente nelle stesse condizioni o anche peggiori rispetto al 1918 per affrontare una pandemia che minaccia di causare milioni di morti.
Questo accade perché, esattamente come nel 1918, gli interessi del capitalismo, come diceva Marx, sono contrapposti a quelli della società nel suo insieme che, per questa ragione, non può trarre vantaggio dai progressi compiuti dalla scienza. In realtà, il capitalismo non è in grado di garantire nemmeno quelle misure che furono utilizzate nel Medioevo per fermare la peste bubbonica.
La pandemia si è già diffusa in quasi tutto il mondo producendo un numero di infezioni e morti che non smettono di crescere. D'altra parte, ha prodotto un forte crollo sia dei mercati azionari che della produzione, in modo generalizzato, e tutti i dati indicano che il mondo è entrato in una profonda recessione economica (3) che potrebbe provocare una depressione.(4)
La situazione pregressa ha fatto sì che l'intera società entrasse in «guerra contro il Covid-19», solo che si tratta di una guerra con obiettivi diversi. La popolazione nel suo insieme, con i medici e gli infermieri in testa, cerca disperatamente, in primo luogo, di salvare le vite umane. I governi, insieme ai grandi capitalisti, cercano disperatamente, in primo luogo, di salvare i loro affari.
Per questo il governo americano ha stanziato molti milioni di dollari per la «guerra contro il Covid-19», ma buona parte di queste risorse è destinata solo ad aiutare le grandi aziende, anche se, apparentemente, «per difendere l'occupazione». Sono quelle stesse aziende che, sostenute dal governo, hanno già licenziato 22 milioni di lavoratori nelle ultime settimane.
Nel frattempo, il governo americano, nonostante abbia enormi risorse, solo ora sta cominciando a comprare forniture per gli ospedali, che intanto sono al tracollo. Al punto che mancano non solo i respiratori, ma anche le mascherine per proteggere i medici e gli infermieri e, contemporaneamente, non si può valutare chi è infetto e chi no, perché pochissime persone sono state sottoposte a test.
Il fatto che il governo americano, così come la stragrande maggioranza dei governi del mondo, stia solo ora cercando di acquistare forniture ospedaliere, non è dovuto a una presunta «ignoranza», ma alla politica consapevole che persegue da anni, finalizzata a disarmare il sistema sanitario pubblico, e alle misure utilizzate inizialmente per affrontare la pandemia, che ora sta, solo parzialmente, modificando.

È in corso un genocidio
C'è praticamente unanimità, tra gli scienziati di tutto il mondo, sul fatto che la politica basata sul «non fare nulla» per consentire [o meglio condannare, ndt] alla popolazione di contaminarsi con il virus e, in questo modo, fare in modo che la maggioranza della popolazione diventi immune, causerebbe la morte di molti milioni di persone, a causa del collasso che sarebbe provocato nei sistemi sanitari dei diversi Paesi, nei quali i pazienti più gravemente malati di Covid-19 morirebbero, non essendo in grado di essere curati, e lo stesso accadrebbe con i pazienti affetti da altre malattie gravi. Al contrario, attraverso la politica della cosiddetta «soppressione», in cui le misure di isolamento sociale si combinano con la quarantena e i test di massa, le perdite umane sarebbero qualitativamente inferiori.

Il problema è che quest'ultimo tipo di politiche inciderebbe notevolmente sull'economia. Da ciò deriva l’attuale dilemma: cosa è più importante, l'economia o la salute?
Le masse, in tutto il mondo, non hanno avuto dubbi. Hanno optato per la salute o, per essere più precisi, hanno optato per la vita, perché è di questo che si tratta. Al contrario, i capitalisti hanno scelto di privilegiare i loro interessi al costo della vita di milioni e milioni di persone, anche se molti fingono di difendere questa politica, sostenendo ipocritamente di «difendere la salute».
Il governo Trump, negli Stati Uniti, così come i governi di Regno Unito, Paesi Bassi, Messico, Brasile, Francia e molti altri Paesi, all'inizio hanno difeso la linea del «non fare nulla», ricorrendo alla menzogna che la pandemia di coronavirus non si sarebbe verificata o sarebbe stata come un «raffreddore». Una politica molto simile a quella applicata nel 1918 quando fu usata dagli Stati Uniti alla stessa maniera, servendosi della menzognera argomentazione che l'influenza fosse presente solo in Spagna. È per aver difeso questa linea, nel caso dell'attuale pandemia, che gli Stati Uniti e la maggior parte degli altri Paesi non si sono preparati ad affrontare il Covid-19.
Ma quella politica è stata poi abbandonata dalla maggior parte di questi Paesi, principalmente a causa delle ripercussioni mondiali conseguenti al bilancio delle vittime in Italia, Spagna e negli stessi Stati Uniti, poiché i governi, sicuramente, hanno temuto possibili rivolte una volta che le masse avessero compreso che non si trattava di un «raffreddore».
Però la nuova strategia adottata da Trump e dai restanti governi, ancora una volta, non è stata quella della «soppressione». In questo momento la maggior parte dei governi sta dedicando risorse alla salute e sta adottando misure più energiche, come quella dell’«isolamento sociale». Tuttavia, nella maggior parte dei Paesi, tale isolamento non include le fabbriche, che continuano a funzionare, così come i trasporti. In tal modo i lavoratori, le lavoratrici e le loro famiglie sono esposti al contagio anche nel momento in cui queste misure limitate vengono prese, e gran parte dei padroni e persino i presidenti dei Paesi premono per porre rapidamente termine a tali misure.
Trump ha annunciato il suo cambio di linea politica per gli Stati Uniti dicendo che se non fosse stato fatto nulla (come con la linea politica precedente) sarebbero morte più di 2 milioni di persone, mentre, con la nuova linea politica, vi sarebbero stati «solo» tra 100.000 e 200.000 morti (un numero che è stato messo in discussione da vari scienziati).
Ma ciò che Trump non ha detto è che, con le misure limitate che sta adottando, saranno i settori più poveri della popolazione ad essere maggiormente colpiti. Attualmente, negli Stati Uniti, sono i neri a morire di più. Così nella città di Chicago, dove rappresentano il 30% della popolazione, raggiungono il 70% tra i morti.
Se è così negli Stati Uniti, è possibile immaginare cosa accadrà quando la pandemia raggiungerà i Paesi più poveri dell'America Latina, dell'Africa e dell'Asia.
La pandemia, finora, ha raggiunto con la forza solo i Paesi più ricchi e ci sono già [nel momento in cui è stato scritto l'articolo, in aprile, ndt] 2 milioni e 300.000 infetti nel mondo e 158.000 morti. Solo, in questi Paesi, i «gruppi a rischio» (oltre 60 anni e/o con malattie gravi preesistenti) sono una minoranza della popolazione. Ma cosa accadrà quando raggiungerà i Paesi più poveri in cui la maggior parte della popolazione è ad alto rischio?
Cosa succederà quando arriverà in un Paese come la Repubblica Democratica del Congo, con 80 milioni di abitanti, dove la maggioranza soffre di malnutrizione? O cosa accadrà quando arriverà nella Repubblica Centrafricana, che ha cinque milioni di abitanti e solo tre respiratori meccanici in tutto il Paese?
Quello che accadrà è che grandi settori di queste popolazioni saranno sterminati. Un vero genocidio. E non solo in quei due Paesi.
Rapporti ufficiali, dell'Oms e delle Nazioni Unite, mostrano come sia composto il mondo capitalista, costituito da 7 miliardi di abitanti. La maggior parte dei Paesi è ad alto rischio a causa della pandemia perché 2 miliardi di persone vivono in abitazioni precarie; 2,4 miliardi non hanno servizi igienici di base nelle loro case; 2 miliardi non hanno l’elettricità, 1,1 miliardi non hanno accesso all'acqua potabile; 821 milioni di persone sono malnutrite; 2,6 miliardi non hanno servizi igienici nelle loro case e infine c'è un deficit di 5 milioni di infermieri.
Questo è il mondo reale, il mondo capitalista, ecco perché il Covid-19 provocherà un genocidio nella maggioranza povera del pianeta.
Quanto attuali, di fronte a questa situazione, suonano le parole di Marx! «Ecco una chiara prova dell'incapacità della borghesia di continuare a governare la società... Non è in grado di governare, perché non è in grado di garantire l'esistenza dei suoi schiavi, nemmeno dentro la sua schiavitù...».(5)

Guerre e rivoluzione
I governi e la stampa internazionale identificano la lotta contro la pandemia con una «guerra», e hanno ragione. È una guerra, non a causa delle modalità, ma a causa delle conseguenze catastrofiche, specialmente per le masse di tutto il mondo e in particolare, come in ogni guerra, per i più poveri e i più svantaggiati. Questa guerra contro il Covid-19 è simile alle guerre mondiali, anche se, in questo caso, è molto più grande, a causa della sua estensione poiché vi partecipano 188 Paesi dei 193 che esistono.
Ma, per essere più precisi, dovremmo confrontarla con quelle guerre in cui i soldati vanno a combattere armati talmente male che, sin dal primo momento, vengono massacrati dal nemico, come è accaduto con la Russia degli zar, durante la Prima guerra mondiale. E possiamo anche paragonarla a quelle giuste guerre, come quella delle Falkland, dell'Argentina contro l'Inghilterra, che hanno una leadership talmente reazionaria che, avendo paura di affrontare il nemico, è molto «coraggiosa» nell’affrontare i propri soldati, che vengono umiliati, puniti e persino torturati.
In questa guerra tutta la stampa sottolinea, con stupore, le azioni di solidarietà e di coraggio che provengono dalle diverse popolazioni del mondo. Ovunque gli operatori sanitari sono giustamente chiamati «eroi» e vengono spesso onorati dalla popolazione, perché vanno in guerra, senza armature per difendersi, con poche armi per attaccare il nemico e non disertano. Le loro condizioni di lavoro sono talmente precarie che coloro che sono già stati contaminati si contano a decine di migliaia. Solo in Italia ce ne sono già 14.000 con oltre 130, già morti, tra medici e infermieri. Nonostante ciò, quando alcuni governi convocano medici e infermieri per mandarli in prima linea, decine di migliaia di questi rispondono alla chiamata e lo stesso accade quando i volontari vengono convocati per altri compiti.
Lo stesso accade con il resto dei lavoratori dei «servizi essenziali». Svolgono con orgoglio i loro doveri (nessuno diserta) nonostante siano a conoscenza del rischio di contagio che corrono.
Nei quartieri di molti Paesi, migliaia di giovani rischiano pur di andare a fare la spesa per gli anziani, rifugiati nelle loro case, mentre migliaia di persone, di tutte le età, raccolgono cibo da consegnare ai più bisognosi. Così abbiamo visto questo tipo di comportamento diffondersi, nei quartieri poveri di Santiago del Cile e nelle favelas brasiliane di San Paolo e Rio de Janeiro.
Man mano che la pandemia cresce, la solidarietà umana, specialmente tra i settori più poveri, si propaga come un incendio. Questa solidarietà umana contrasta visibilmente con il tipico egoismo degli uomini d'affari e dei loro governi, preoccupati, principalmente, per i loro affari.
Il caso già citato dell’isolamento sociale, con le fabbriche che però continuano a funzionare nonostante non facciano parte dei servizi essenziali, è un esempio di questo egoismo di classe. E lo stesso accade con la produzione di respiratori meccanici, uno strumento insostituibile per salvare la vita ai pazienti più gravemente malati. Senza di loro, milioni di persone moriranno inevitabilmente. Tuttavia, in buona parte degli ospedali del mondo tali strumenti non esistono o sono completamente insufficienti. All'inizio i respiratori non esistevano perché i governi, per i motivi che abbiamo indicato, non si preparavano [ad affrontare la pandemia, ndt]. Oggi non vi sono perché gli imprenditori, che fabbricano questi dispositivi, «fanno affari in Cina», vendendoli solo dietro pagamento anticipato e facendosi pagare prezzi astronomici. Per avere un'idea, un dispositivo relativamente semplice, che ha un prezzo di costo di circa $ 400, all'inizio della pandemia veniva venduto per $ 9.000 e attualmente i prezzi sono arrivati fino a $ 40.000.
I governi dicono «siamo in guerra»: ma non fanno ciò che un governo farebbe in una guerra convenzionale, cioè mettere la produzione di fabbriche al servizio dei bisogni della guerra. In questo caso dovrebbero costringere gli imprenditori a fabbricare ventilatori polmonari e consegnarli ai governi a un prezzo di costo. L'unica «eccezione» è rappresentata dal governo degli Stati Uniti, che, facendo appello a una legge risalente all’epoca della guerra in Corea, ha costretto la General Motors (Gm) a produrre 30.000 respiratori. Però la società voleva far pagare prezzi così assurdi che persino lo stesso Trump ha dovuto protestare pubblicamente. Alla fine, dopo un mese di trattative, Gm si è impegnata ad offrire i respiratori al prezzo più «basso» di $ 16.000 ciascuno (il prezzo di costo, secondo Gm), e il governo ha accettato. Ma poiché il governo non era preparato e la negoziazione ha richiesto molto tempo, la società consegnerà i respiratori solo a giugno.
38.000 persone sono già morte negli Stati Uniti, molte per mancanza di respiratori. Quante altre ne dovranno morire fino a giugno? Se questa è la situazione con i respiratori negli Stati Uniti, è possibile immaginare come sarà nelle loro colonie e semi-colonie.
I governi capitalisti non sono in grado di garantire una vera quarantena, garantire standard di igiene per l'intera popolazione, eseguire test di massa, produrre respiratori polmonari per salvare milioni di vite, garantire maschere e guanti, almeno per tutti i medici e gli infermieri e, molte volte, non sono nemmeno in grado di garantire una discreta sepoltura per le persone, come abbiamo recentemente visto nella città di Guayaquil e nelle fosse comuni di New York City, il centro dell'imperialismo. E la pandemia è ancora agli inizi.
In questo modo i governi capitalisti dimostrano, fin dall'inizio, che non sono in grado di vincere questa guerra. I loro meschini interessi di classe lo impediscono. Al punto che, a causa dell'impotenza della borghesia, milioni di persone moriranno, in tutto il mondo, vittime di Covid-19, nello stesso momento in cui milioni di sopravvissuti si uniranno ai milioni di disoccupati in tutto il mondo. Per ora, già nella più grande potenza capitalista, gli Stati Uniti, nelle ultime quattro settimane sono stati licenziati 22 milioni di lavoratori.
C'erano tutte le condizioni per vincere questa guerra contro il Covid-19, perché sarebbe stato sufficiente che la disponibilità e la solidarietà che le masse stanno dimostrando, in difesa della vita, si unissero ad una eguale disponibilità dei governi. Ma ciò è impossibile perché, in questa guerra, ciò che è in gioco, prima di tutto, sono le vite di milioni di poveri mentre, per gli attuali detentori del potere, ciò che è in gioco, in primo luogo, sono i loro affari.
Per vincere questa guerra, sarebbe necessario che i migliori rappresentanti di quelle masse, che sono disposti ad affrontare la pandemia, fossero alla testa dei diversi Paesi. A tal proposito è bene ricordare cosa accadde in Russia, a partire dal 1918, con un'altra epidemia.
In Russia si sviluppò una forte epidemia di tifo, una malattia che viene trasmessa dai pidocchi che affliggevano la Russia, conseguenza della distruzione e della miseria generate dalla guerra civile. Quell'epidemia contaminò 25 milioni di persone e ne uccise 3 milioni. Ma la guerra contro i pidocchi e il tifo fu considerata un compito centrale dal governo che era emerso con il trionfo della rivoluzione, che si unì alle masse e attraverso campagne in difesa dell'igiene, attraverso la costruzione di un gran numero di ospedali e di servizi medici all'interno delle fabbriche, poté tenere sotto controllo l'epidemia e quindi salvare milioni di vite.
C'è un discorso di Lenin, dell'anno 1919, che è molto eloquente a proposito della lotta che il governo condusse assieme alla popolazione: «Pidocchi e tifo stanno abbattendo le nostre truppe... Per questo diciamo: Compagni, dobbiamo concentrare tutto su questo problema. O i pidocchi sconfiggeranno il socialismo, o il socialismo sconfiggerà i pidocchi! (...) È necessario che ogni lavoratore, ogni organizzazione, ogni istituzione ne tenga conto in ogni riunione. Se dedichiamo tutti i nostri sforzi per eliminare il tifo in Russia, che è causato dalla mancanza di cultura, dalla povertà, dall’arretratezza e dall’ignoranza, se dedichiamo tutta la forza e l'esperienza acquisite da una sanguinosa guerra a questa guerra senza sangue, possiamo essere sicuri che otterremo un successo sempre maggiore in questo compito».
Ma sfortunatamente non sono i lavoratori in lotta, come è avvenuto in Russia nel 1918, che oggi sono in prima linea nei diversi Paesi. Per questo motivo, la combinazione della pandemia e della recessione economica darà luogo a importanti cambiamenti nel mondo. Il mondo somiglierà a quei Paesi devastati dalla guerra. Con fabbriche chiuse, con milioni di nuovi rifugiati, disoccupati, malnutriti. Con un aumento significativo della violenza urbana e anche dei suicidi.
Il Covid-19 vince una battaglia dopo l'altra e, se continua così, porterà a una sconfitta per gli sfruttati e gli oppressi del mondo. Non possiamo negare questa possibilità, o meglio, questa realtà, a meno che il virus, da un giorno all'altro, subisca una mutazione, come è successo con l'influenza spagnola,(6) e la pandemia si trasformi in una normale «influenza». Come vorrebbe Trump. Oppure che gli scienziati scoprano alcune medicine per curare le persone contaminate. Ma se queste ipotesi, abbastanza improbabili, non si realizzano, il capitalismo, ancora una volta, commetterà un crimine di grandi proporzioni contro l'umanità.
E cosa possiamo aspettarci da questa sconfitta? Come reagiranno le masse?
Coloro che amano analizzare la realtà usando il «buon senso» giungeranno sicuramente alla conclusione che dopo una grande sconfitta, inevitabilmente, arriveranno nuove e nuove sconfitte. Tuttavia, la lotta di classe, di solito, non è molto amica del buon senso comune.
Riguardo al futuro, a partire dalla nuova realtà che sta emergendo, nulla può essere escluso. Possiamo avere solo due certezze. La prima è che molte cose cambieranno e la seconda è che, come sempre, la lotta di classe avrà l'ultima parola.
Pertanto, non possiamo escludere che le masse non risponderanno a questo attacco. O che rispondano ma subiscano una sconfitta storica (di quelle che durano decenni), che potrebbe persino portare alla generalizzazione di regimi fascisti.
Tuttavia, dal confronto che stiamo facendo con una grande guerra, non ci sembra che questo sia molto probabile. Le guerre, in quanto situazioni in cui le masse sono costrette ad assumere una lotta per la vita o la morte, portano all'estremo tutte le contraddizioni sociali e questo significa che i processi precedenti vengono potenziati a tal punto che, normalmente, una settimana di guerra equivale a più di un anno di lotta di classe.
Quando iniziò la Prima guerra mondiale, durante la quale milioni di lavoratori, contadini e masse popolari furono costretti a uccidere i loro fratelli di classe degli altri Paesi, stava iniziando la peggior sconfitta nella storia della classe operaia mondiale, rafforzata dal fatto che quei milioni di persone erano state inviate, ad uccidere o morire, dalle direzioni dei loro partiti operai della Seconda Internazionale. Quella guerra, dal punto di vista delle masse, portò solo sconfitte. Dieci milioni di morti, a cui almeno altri 50 milioni vanno aggiunti a causa dell'«influenza spagnola».
Tuttavia, Lenin, poco dopo l'inizio della guerra, disse che una situazione rivoluzionaria si era aperta in Europa e, nel mezzo delle atrocità della guerra, nel 1916, affermò: «L'Europa è gravida di una rivoluzione».(7) Questa posizione di Lenin doveva sicuramente apparire, per molti ai suoi tempi, una sorta di delirio, ma la storia ha confermato che aveva ragione. Quindi l'esistenza della guerra costituì un elemento qualitativo affinché una serie di rivolte rivoluzionarie si verificassero all'interno dell'esercito dell'impero austro-ungarico, in Francia, in Germania, in Russia, in Italia, in Inghilterra, e fu precisamente in quel contesto che si ebbe il trionfo della più grande rivoluzione della storia, la Rivoluzione russa.
Questo è noto. Ma non è così noto fino a che punto la guerra sia stata il fattore qualitativo per i soviet che hanno preso il potere in Russia, come dimostra il fatto seguente: all'interno del Partito bolscevico, nei momenti decisivi, vi erano molti dubbi e incertezze intorno alla proposta di Lenin che fossero i soviet a prendere il potere. E, per sconfiggere questi dubbi, fu decisiva la posizione assunta da numerosi battaglioni di soldati che erano sul fronte di battaglia. Poiché questi non solo difesero la posizione della presa del potere da parte dei soviet, ma sostennero che, in caso contrario, avrebbero marciato, con le loro armi, su San Pietroburgo, per occupare il Soviet. E questo perché, per i soldati, la parola d’ordine bolscevica della «Pace», rappresentava la differenza tra la vita e la morte.
Sul ruolo della guerra, pochi mesi prima del trionfo della rivoluzione, Lenin disse: «Se non ci fosse stata la guerra, la Russia avrebbe vissuto forse anni, o addirittura decenni, senza una rivoluzione contro i capitalisti».(8) E su questo stesso argomento Trotsky scrisse: «Non invano la guerra è stata la madre della rivoluzione molte volte nella storia».(9)
Apparentemente ora ci sembra di trovarci in una situazione diversa perché diversi governi, avendo cambiato la loro posizione ed essendosi posti in prima linea nella guerra contro il Covid-19, si sono rafforzati. Come nel caso di Trump negli Stati Uniti, Fernández in Argentina o dei governatori in Brasile. Ma questo non deve ingannarci. Normalmente, all'inizio di tutte le guerre, le menzogne dei leader capitalistici riescono a convincere le masse. Fu così nella Prima guerra mondiale. All'inizio, il sentimento patriottico fu accolto dalle masse dei diversi Paesi, che si radunarono nelle strade per salutare i giovani soldati che stavano marciando verso la guerra.
Quando iniziò la guerra, Trotsky era in Austria e poté assistere al fervore patriottico della nazione, traendone la seguente conclusione: «La mobilitazione e la dichiarazione di guerra sembrano aver cancellato tutti gli antagonismi sociali e razziali nel Paese per il momento. Ma questa è solo una tregua momentanea, una specie di moratoria politica per così dire. Le circostanze hanno cambiato la data di scadenza della fattura, ma verrà il momento di riscuoterla».(10)
La domanda da porsi ora è: arriverà il momento in cui le masse del mondo inizieranno a chiedere il conto ai governi capitalistici per le loro responsabilità nel genocidio? Con l'attuale guerra alla pandemia, nel mezzo della crisi economica, si ripeterà in qualche modo ciò che è accaduto in Europa durante e alla fine della Prima guerra mondiale? Si sta aprendo una stagione di grandi scontri di una classe contro l’altra? Cadranno i governi e persino i regimi? Saremo in grado di assistere a esplosioni rivoluzionarie e persino a rivoluzioni? La classe lavoratrice e altri settori popolari saranno in grado di fare passi da gigante nella loro unione e organizzazione politica? Le piccole organizzazioni rivoluzionarie che esistono oggi saranno in grado di avere uno sviluppo significativo? La classe lavoratrice, assieme ai settori popolari, sarà in grado di prendere il potere in uno di questi Paesi?
Queste domande, per ora, non hanno risposta. Quello che sappiamo è che tutti i governi si preoccupano della possibile reazione delle masse e si stanno preparando per questo. Hanno fatto una serie di concessioni per evitare il peggio, come quella di aver cambiato la strategia per affrontare il Covid-19, anche se si tratta di un cambiamento completamente insufficiente, incapace di evitare il genocidio. Stanno dando aiuti ai settori più bisognosi, che sono completamente insufficienti poiché dureranno solo per tre o quattro mesi, mentre la recessione economica durerà per molto tempo. D'altra parte, con il pretesto di disciplinare le persone al fine di combattere la pandemia, nei diversi Paesi la presenza della polizia e dei militari diventa sempre più frequente, facendosi al momento carico dell’attuale situazione ma con l'evidente obiettivo di agire, in futuro, per contrastare possibili insurrezioni delle masse.
Da parte loro le masse, in parte spaventate, anche confuse e in gran parte confinate nelle loro case, iniziano ad esprimere alcune reazioni che molto probabilmente aumenteranno quando il genocidio diventerà realtà e la maschera del capitalismo comincerà a cadere.
Una nuova realtà mondiale, in tutte le aree, si sta sviluppando e i suoi contorni saranno determinati, in definitiva, dallo scontro di interessi tra tutte le classi e tutti i settori di classe in gioco.
I grandi eventi generano grandi cambiamenti e i grandi eventi a cui stiamo assistendo, la pandemia di Covid-19, che sta per provocare un genocidio, e la recessione economica, che può diventare una depressione, genereranno inevitabilmente nuovi e importanti cambiamenti.
Ciò pone i rivoluzionari, i marxisti, di fronte a una grande sfida, che è quella di raggiungere una profonda comprensione della nuova realtà che sta nascendo e, da lì, trarre le conclusioni pratiche che emergono da essa e quindi compiere passi verso una società socialista che può liberare l'umanità dal capitalismo. È una sfida molto difficile in cui la maggior parte dei marxisti, in situazioni precedenti simili, ha fallito. Questo è stato il caso di fronte ai grandi cambiamenti avvenuti dopo la Prima guerra mondiale, la Seconda guerra mondiale e i processi dell'Europa orientale, di restaurazione e rivoluzione.
Solo un piccolo numero di leader rivoluzionari, tra cui spiccano le figure di Lenin e Trotsky, riuscì a comprendere in profondità il significato della nuova realtà che era stata creata con la Prima guerra mondiale e da lì fu in grado di trarre conclusioni pratiche. Senza quella comprensione, il trionfo della Rivoluzione russa sarebbe stato impossibile.
È proprio per questo motivo che i marxisti, per cercare di comprendere la nuova realtà che sta iniziando a prendere forma, devono fare affidamento sulle loro precedenti elaborazioni, anche se corrispondono a una realtà diversa. Ma questo non è sufficiente. Solo intervenendo negli attuali processi della lotta di classe, per quanto incipienti possano essere, possiamo avanzare nella costruzione del programma, che non ha altro obiettivo se non quello di incrociare il percorso delle masse e quindi costruire quella direzione rivoluzionaria senza la quale la vittoria degli sfruttati e degli oppressi sarà impossibile.

Note
1) Marx ed Engels, frase del Manifesto del partito comunista, dal capitolo «Borghesi e proletari».
2) Triplice Intesa, un accordo militare tra Francia, Regno Unito e Impero russo, a cui in seguito si unirono l'Italia e gli Stati Uniti.
3) Una recessione occorre quando il Pil (prodotto interno lordo) di un determinato Paese, regione o mondo è negativo per due trimestri consecutivi.
4) Non esiste un unico criterio per determinare quando si verifica una depressione. Alcuni economisti ritengono che ciò avvenga quando la caduta del Pil è superiore al 10% o quando la caduta del Pil si mantiene per più di tre anni.
5) Idem.
6) Il virus dell'influenza spagnola, ai suoi inizi, fu molto letale; solo nel marzo del 1918 subì una mutazione che causò la morte di milioni di persone in pochi giorni e, in seguito, una nuova mutazione che lo trasformò in un virus abbastanza innocuo. È così che finì la pandemia.
7) Lenin, citato da Jean-Jacques Marie nel suo libro Lenin, Editore POSI, p. 138.
8) Lenin, Opere complete, volume 32, pag. 31.
(9) León Trotsky, La mia vita, pag. 183, Edizione Pluma.
(10) Idem, pag. 184.

(*) dal sito della Lit-Quarta Internazionale www.litci.org
(traduzione dallo spagnolo di Salvo de Lorenzo)

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