Partito di Alternativa Comunista

Elezioni in Israele

Elezioni in Israele
Vince l'estrema destra
Distruggere lo Stato sionista
per una Palestina libera

 
 
 
 
di Davide Margiotta
 
Le recenti elezioni israeliane hanno sancito una nettissima affermazione della destra e dell'estrema destra.
 
manifestazpalestina
 
La competizione elettorale, in cui gareggiavano criminali di guerra e corrotti, ha avuto per cornice i recenti massacri sionisti in Libano e a Gaza e al centro del dibattito la “sicurezza nazionale” (leggi: pulizia etnica e apartheid). L'operazione “Piombo fuso”, che ha causato oltre 1400 vittime palestinesi, ha trovato appoggio e consenso nella grande parte dell'elettorato: una recente inchiesta pubblicata dal Jerusalem Post ha rivelato come oggi la maggioranza relativa  degli israeliani (il 33%) si dichiari di destra o di centrodestra.
Il primo e più evidente risultato di questa tornata elettorale è senza dubbio l'estrema parcellizzazione della Knesset, il Parlamento ebraico: Kadima (il partito di centrodestra scissosi dal Likud e guidato da Tzipi Livni), ha vinto di misura sulla destra (Likud) guidata da  Benjamin Netanyahu, 29 seggi contro 28. Il partito laico di estrema destra Israel Beitenu ha invece preso 14 seggi, scavalcando i laburisti che, con 13 deputati, hanno ottenuto uno dei peggiori risultati della loro  storia. Segue la destra religiosa storica dello Shas con 11 seggi.
Nonostante l'affermazione di misura di Kadima, è Nethanyahu a trovarsi in una posizione di forza per formare il prossimo esecutivo, visti gli ottimi risultati dei suoi alleati “naturali” di estrema destra.
 
La destra israeliana
Netanyahu si è presentato in campagna elettorale come il paladino della difesa di Israele con ogni mezzo: si è detto contrario a riprendere qualunque negoziato coi palestinesi che implichi la restituzione dei territori occupati, alla divisione di Gerusalemme, alla restituzione alla Siria delle alture del Golan e allo sgombero degli insediamenti di coloni in Cisgiordania.
Ma il vero grande vincitore è stato Lieberman e il suo partito di estrema destra Israel Beitenu, che hanno portato avanti una campagna elettorale all'insegna dell'odio razziale.
Avigdor Lieberman, 51 anni, nato nell'ex Unione sovietica, è arrivato in Israele all'età di 21 anni. Dopo essere stato vicino a Benyamin Netanyahu, ha fondato un nuovo partito, ottenendo 11 seggi nelle precedenti elezioni del 2006.  Ora è la terza forza del parlamento, e sarà determinante per la formazione dell'esecutivo. Israel Beitenu rappresenta per Israele una nuova destra laica, che trova il suo blocco elettorale principale negli immigrati provenienti dall'ex Urss, gli immigrati della generazione dei refuzniki, sbarcati in Israele negli anni Settanta, ai quali un decennio più tardi sarebbe seguita la grande ondata del periodo del tracollo sovietico. Negli anni il suo consenso si è allargato dai soli cittadini russofoni a una fetta più ampia di elettorato fatto di piccola borghesia, coloni e giovanissimi. Un recente sondaggio condotto in dieci scuole superiori ha mostrato come per I giovanissimi Israel Beitenu è oggi il primo partito del Paese.
La campagna di Lieberman (un personaggio che in una recente conferenza stampa ha cacciato I giornalisti arabi presenti!) si è basata su parole d'ordine come il rifiuto di qualsiasi tregua con Hamas, linea ferrea con l'Iran, no alla minima spartizione di Gerusalemme, accordi con i palestinesi solo sulla base di scambi di pezzi di territorio e di popolazione (Lieberman potrebbe accettare la nascita di uno Stato palestinese a condizione che gli arabi israeliani si trasferissero in massa nel nuovo Stato!). Il suo principale cavallo di battaglia è stato il test di lealtà obbligatorio per tutti gli arabo-israeliani: questi dovrebbero giurare fedeltà “alla natura sionista ed ebraica dello Stato”, pena la revoca della cittadinanza e l'espulsione da Israele. Israel Beinetu rappresenta una nuova versione della estrema destra sionista, slegata dai grandi capi religiosi (tra le proposte ha fatto capolino addirittura la separazione della religione dallo Stato), tanto che il capo spirituale Rabbi Ovadia Yosef ha paragonato per questo Lieberman a Satana.
 Il Partito laburista, dal canto suo, versa in uno stato di coma profondo. Secondo un editoriale di Haaretz il partito non ha più senso di esistere autonomamente e dovrebbe fondersi con Kadima, dal momento che visto il suo  spostamento verso il centro(destra) non esistono differenze politiche e ideologiche significative tra le due formazioni. La realtà è proprio questa: entrambe combinano una politica interna liberista e una estera votata alla linea dura coi palestinesi e che mette in primo piano la questione della “sicurezza”. Il Partito Meretz, tradizionalmente identificato con il pacifismo, ha pagato l'aperto appoggio dato al massacro nella Striscia di Gaza, collassando letteralmente e ottenendo solamente tre deputati.

Prove di Grande coalizione
Nella situazione data, la "grande coalizione" appare come un passaggio obbligato. La Livni ha invitato il Likud ad allearsi con Kadima per formare un governo di coalizione nazionale, che dovrebbe comprendere anche i laburisti. Ma con il sostegno dell’estrema destra e dei partiti religiosi (suoi alleati naturali), Netanyahu appare in posizione migliore per formare una coalizione di governo, con una maggioranza di 64 seggi su 120.
Al di là del teatrino messo in scena, la vera difficoltà non è nel programma, ma nella composizione del governo. Netanyahu vorrebbe allargare la coalizione il più possibile, per avere più spazio di manovra. La Livni è disposta all'unità solo se Kadima avrà potere di veto, condizione per cui è necessaria una coalizione ristretta, che non preveda alcuni dei partiti di estrema destra come  Unione Nazionale, il partito del movimento dei coloni, e del cosiddetto “blocco religioso” (Shas, United Torah e Casa Ebraica) o, in alternativa, di Israel Beiteinu di Avigdor Lieberman. Solo così, Kadima, con i suoi 28 seggi, sarebbe determinante in qualunque decisione di governo.
 
Ancora una volta, per una Palestina libera, laica e socialista!
La liberazione della Palestina e una reale pace in Medio Oriente passano inevitabilmente per la distruzione dello Stato sionista e coloniale di Israele. Oggi più che mai, questa necessità appare evidente di fronte a un governo che, qualunque sarà la sua composizione finale, si prefugura già come un governo di nuovi massacri e genocidi.
L'odioso Stato sionista deve essere sostituito dalla creazione di una Palestina unica, laica, socialista, in cui siano garantiti i diritti di minoranza nazionale agli ebrei: solo così si può garantire pace e la prosperità nella regione.
Una Palestina di questo tipo è immaginabile solo nel quadro più ampio di una Federazione socialista del Medio Oriente, in cui le masse arabe riescano a rovesciare i governi fantoccio dell'imperialismo che tradiscono la causa palestinese ogni giorno e di fatto assecondano i massacri sionisti per preservare il proprio corrotto dominio sulle masse.
Questo compito può essere svolto solo da una organizzazione internazionalista, che liberi le masse arabe dalle guide nazionaliste-confessionali-piccolo-borghesi che ogni giorno capitolano di fronte all'imperialismo.
Questo compito è del proletariato di ogni etnia in tutta la regione. L'unica forza che può rompere con l'imperialismo. Per questo compito immane serve un'Internazionale operaia rivoluzionaria, che mini alle fondamenta il potere imperialista dal Medio Oriente all'America latina, fino alle metropoli imperialiste stesse.
La Lega internazionale dei lavoratori - Quarta Internazionale lavora per costruire questa organizzazione mondiale del proletariato.

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