LA RIVOLUZIONE CONTINUA!
Grecia: i manifestanti assediano il parlamento
Egitto: masse in piazza contro il governo provvisorio
![grecia giugno2011 grecia giugno2011](/images/stories/articoli/4articoliprimapagina/grecia%20giugno2011.jpg)
Nelle stesse ore in cui il governo Berlusconi si apprestava a varare una manovra finanziaria lacrime e sangue a danno dei lavoratori e delle masse popolari, la Grecia è stata paralizzata da due giorni di sciopero generale, con scontri tra migliaia di manifestanti (lavoratori, disoccupati, donne, giovani) davanti al parlamento. Gli stessi mass media, che avevano cercato di presentare la protesta come il frutto di gesti isolati di gruppi anarchici, hanno dovuto, durante la giornata del 29 giugno, rettificare le loro stesse affermazioni, ammettendo che “non si tratta di pochi anarchici, ma di migliaia di lavoratori in scontro con il governo”.
Sacrifici per le masse lavoratrici per favorire azionisti e banchieri
Gli occhi degli azionisti e dei
banchieri di tutto il mondo sono rivolti verso la Grecia. Il governo (di
centrosinistra) greco ha deciso di “onorare” i suoi impegni con l’Unione
Europea e con il Fondo Monetario Internazionale sulla pelle dei lavoratori. Il
rischio di default (cioè di mancato
pagamento del debito) allarma gli investitori di mezzo mondo, perché potrebbe
avere un effetto cascata sugli investimenti delle grandi banche europee e
statunitensi.
Papandreu, il primo ministro
greco, esponente del Pasok (partito che si autodefinisce ancora
socialdemocratico, ma ormai di fatto di orientamento liberale), rappresenta
pienamente il capitalismo internazionale: la sua manovra è indispensabile per
consentire agli investitori miliardari di continuare a sguazzare nell’oro.
A pagare il conto dovrebbero
essere, ancora una volta, le masse lavoratrici. La manovra finanziaria prevede,
infatti, il taglio di oltre 12 miliardi di spese pubbliche (stipendi, pensioni,
sanità, istruzione) e il recupero di 50 miliardi con le privatizzazioni.
Sciopero prolungato e resistenza nelle piazze
Ma i lavoratori greci non ci
stanno a pagare per le banche. I prestiti promessi dalla Banca Centrale Europea
non finiranno nelle tasche dei lavoratori, ma in quelle di un pugno di
investitori plurimiliardari. E’ per questo che i sindacati hanno proclamato, su
pressione della loro base, decine di scioperi negli ultimi mesi. Da due
settimane di fatto la Grecia è nuovamente paralizzata da una situazione di
sciopero prolungato: dopo il grande sciopero generale del 15 giugno, è stata la
volta di due nuove giornate di sciopero generale il 28 e 29 giugno. I
manifestanti, a migliaia, hanno assediato il parlamento greco che stava varando
la manovra finanziaria: i parlamentari per ore sono stati bloccati dalla folla,
che ha impedito a molti di loro di avvicinarsi all'aula.
La polizia, in assetto
antisommossa, ha lanciato lacrimogeni e ferito molti manifestanti, ma i
lavoratori in sciopero hanno saputo organizzare l’autodifesa: il cordone della
polizia è stato più volte sfondato, i manifestanti sono arrivati fin sotto il
parlamento. E’ la dimostrazione che gli apparati polizieschi, al soldo dello
Stato e dei capitalisti, nulla possono di fronte alla forza d’urto delle masse
lavoratrici in lotta.
La soluzione per la crisi greca è
una sola: organizzare comitati di lotta e di contropotere dei lavoratori,
abbattere il governo, costruire un governo dei lavoratori che rifiuti il
pagamento del debito, che espropri le banche e le industrie ponendole sotto il
controllo dei lavoratori. Per fare questo serve un partito comunista
rivoluzionario, che in Grecia oggi non c’è e che è urgente costruire.
Nuove manifestazioni a piazza Tahir
Nelle stesse ore della rivolta
greca, in Egitto è ripresa la mobilitazione di massa. Durante una
manifestazione di protesta, organizzata dai parenti delle 840 vittime della
rivoluzione che il febbraio scorso ha rovesciato Mubarak, le forze di polizia
hanno fatto diversi arresti. Da qui è scoppiata una protesta di ampie
dimensioni, che ha visto scendere in piazza, di nuovo, migliaia di manifestanti
sotto il ministero dell’Interno, vicino a piazza Tahir. L’esercito e le guardie
del nuovo governo hanno represso con violenza la manifestazione: sono almeno
800 i manifestanti feriti, mentre centinaia sono agli arresti.
La straordinaria ondata di
rivoluzioni che ha solcato in questi mesi i Paesi arabi – abbattendo in poche
settimane, in Egitto e Tunisia, regimi sanguinari che parevano inossidabili e
mettendo in seria difficoltà i governi di Siria, Yemen, Berhein – ha avuto per
ora, come esito, la costruzione di nuovi governi collaborazionisti, al soldo
dell’imperialismo. Solo la costruzione in questi Paesi di governi operai e
contadini, che esproprino il latifondo e che nazionalizzino le aziende e le
riserve di petrolio e gas naturale a vantaggio delle masse popolari, potrà consentire
lo sviluppo socialista delle rivoluzioni.
Facciamo come la Grecia!
In Italia, la manovra di Tremonti
ha lo stesso sapore della manovra di Papandreu: privatizzazioni, tagli agli
stipendi dei dipendenti pubblici (con il blocco degli scatti stipendiali),
aumento del ticket sulle spese mediche, aumento dell’età pensionabile. Ma in
Italia le direzioni dei sindacati non organizzano la resistenza dei lavoratori,
non chiamano allo sciopero generale prolungato. La Camusso, su mandato del
direttivo Cgil (con la sola opposizione della Fiom e della minoranza interna
“la Cgil che vogliamo”), ha stretto un accordo con Confindustria, Cisl e Uil
definito “storico” dalla stessa Marcegaglia: un accordo che prevede lo
smantellamento di fatto del contratto nazionale, la limitazione del diritto di
sciopero e del diritto di rappresentanza sindacale, riconosce la legittimità
degli accordi di Pomigliano e Mirafiori.
E’ la dimostrazione di quello che
il Partito di Alternativa Comunista ha denunciato da tempo: la direzione della
Cgil in tutto questo periodo mirava solo a tornare al tavolo della
concertazione, e oggi ci riesce. Si tratta del tradimento delle aspettative di
quei milioni di lavoratori che hanno scioperato e sono scesi in piazza il 6
maggio e che oggi vedono chi li ha chiamati allo sciopero stringere sorridente la
mano della Marcegaglia e di Sacconi.
Ma, a differenza che in Grecia,
di fronte a una situazione anche qui bollente (sono milioni i disoccupati,
centinaia di migliaia i licenziamenti in corso, nel pubblico e nel privato),
nemmeno i sindacati di base, divisi in tante piccole organizzazioni diverse,
riescono finora a rappresentare una valida alternativa di lotta. Proprio mentre
sarebbe necessario organizzare un grande sciopero generale prolungato che
respinga al mittente gli attacchi di governo e Confindustria, le organizzazioni
sindacali si limitano a scioperi di poche ore. L’assenza di un partito
comunista rivoluzionario con influenza di massa e di un sindacato di classe in
Italia si traduce anche in carenza di mobilitazioni, di fronte ad attacchi
senza precedenti. Per questo il compito principale è quello di sviluppare le
lotte e contemporaneamente colmare questi due vuoti.