Partito di Alternativa Comunista

Il dramma dei migranti: un problema di classe

Il dramma dei migranti: un problema di classe  

 

 

 

di Mario Avossa

 

 

Da anni è in corso intorno al Mar Mediterraneo un esodo biblico di popolazioni stremate da violenze, soprusi, fame, stenti, miserie e ingiustizie. Queste masse in fuga sono ignorate dagli Stati capitalisti di provenienza e ostacolate nella maggior parte degli Stati capitalisti di arrivo o di transito. Finiscono nel migliore dei casi per integrare un esercito industriale di riserva; mentre per tanti, già fortunati se sopravvissuti al deserto, al mare o al gelo, il sogno europeo si trasforma in un incubo di lager, muri, respingimenti, violenze, povertà, discriminazioni e sofferenze.
Nel 2021 si contano 1.581 morti accertati nel Mediterraneo, 600 in più dell'anno precedente (1). Dal 2013 al 2021 sono oltre 17.800 gli uomini, le donne e i bambini morti o dispersi nel Mediterraneo centrale (2). Un contatore attendibile (3) enumera in quest’anno, al 29 maggio 2022, 695 fra morti e dispersi nel Mediterraneo. La stampa borghese mostra, con riluttanza e minimizzando, uno spaccato dei danni prodotti dal capitalismo stesso nei Paesi in difficoltà che generano le condizioni da cui le persone fuggono in massa (4).

 

Fenomeno strutturale

Non si tratta di un fenomeno transitorio ma strutturale. Le crisi di sovrapproduzione subentranti a livello planetario si susseguono in un contesto in cui il capitalismo concentra le ricchezze estorte alle classi oppresse nelle mani di un numero sempre minore di ricchi, mentre un numero sempre maggiore di masse precipita nella miseria. Questa contraddizione genera una polarizzazione sociale e economica cui il capitalismo non è in grado di opporre argini. Genera anche una polarizzazione politica di classe. In questi giorni vediamo come in Europa, di fronte a una crisi di lunga durata dei mercati di merci e capitali, il conflitto politico fra capitalisti si integra sul terreno bellico perché alle crisi di sovrapproduzione il capitalismo non può opporre altro che la manovra di capitali speculativi o la guerra. Il capitalismo è irrazionale, oltre che parassitario.
A differenza delle migrazioni di popoli di epoca classica nel Mediterraneo antico, in cui queste rappresentavano fenomeni espansivi della produzione di ricchezza, in epoca capitalista esse rappresentano un fenomeno di crisi regressiva senza sbocchi. Non si tratta quindi di transiti di popoli in cerca di fortuna ma di fuga precipitosa di masse povere da situazioni in cui un futuro incerto, affidato alla sorte, è preferibile alla rovina certa, incombente nei Paesi di origine.

 

Il primo problema è umanitario

È ancora vivo il ricordo della tragedia del peschereccio naufragato il 18 aprile del 2015 nel Canale di Sicilia, in cui morirono tutti insieme mille migranti partiti dalla Libia; e ogni settimana si susseguono annegamenti e naufragi. Pochi giorni fa sono annegate cento persone su un barcone sovraffollato partito dalla Libia, nessuno si è occupato di loro, una petroliera ha ricondotto in Libia quattro sopravvissuti, riconsegnandoli così ai loro torturatori (5). Le Ong intervengono per lavare la coscienza degli Stati capitalisti di fronte a tali enormità, ma non possono fare altro che intervenire a valle del problema e allestire soccorsi in mare, nei limiti delle loro possibilità. Ulteriori violazioni dei diritti umani ritroviamo nei respingimenti violenti a manganellate nei boschi dell’Europa dell’Est e ai confini della Francia, in cui si registrano centinaia di feriti e sono stati riferiti morti per assideramento. In Est Europa sono state disposte recinzioni in filo spinato e sono in costruzione muri invalicabili, alcuni con sistemi di riconoscimento automatico e pattugliati da uomini armati (6), a somiglianza di quanto accade in Palestina. Fra le altre violenze, le intercettazioni di imbarcazioni in fuga dalla Libia condotte dalla cosiddetta guardia costiera libica che agguanta i fuggiaschi in mare e li riconsegna ai torturatori dei lager libici; questi trattengono in ostaggio centinaia di persone in fuga dalla miseria; e a ogni riconsegna vedono aumentare i loro affari estorsivi ai danni delle famiglie di provenienza.
Persino l’Alto Commissariato per i diritti umani dell’Onu lamenta ipocritamente che «…ciò che sta accadendo ai migranti lungo la rotta del Mediterraneo centrale è il risultato del fallimento del sistema di governance dei flussi migratori, che non mette al centro i diritti umani dei migranti e per troppo tempo è stato caratterizzato dall’assenza di solidarietà. Si è rinunciato progressivamente alle operazioni di ricerca e soccorso privilegiando la protezione dei confini e arrivando a scoraggiare l’impegno per il salvataggio in mare» (7).

 

Nessun diritto democratico

Il secondo problema riguarda la negazione dei diritti democratici nei Paesi di origine e in quelli di destinazione, fra i quali il diritto all’espatrio: passaporti, visti, canali legali di trasporto, dalla partenza all’arrivo. Gli Stati coloniali, semicoloniali o subordinati all’imperialismo si liberano delle masse scomode senza concedere loro nessun documento che ne qualifichi lo status, relegando ampi settori di proletariato in fuga al rango di disertori. Nessun visto, nessun canale istituzionale, se non in rari casi individuali. Questo atteggiamento delle pubbliche amministrazioni e degli apparati diplomatici degli Stati poverissimi da cui fuggono i proletari permette il proliferare di gruppi di gangster senza scrupoli che si occupano della tratta e pretendono somme di denaro a fronte della promessa di vie di fuga. Se si considera l’estensione internazionale dei gruppi criminali che si dedicano alla tratta di esseri umani, il giro d’affari è enorme e in nero, non quantificabile con precisione. I diritti democratici delle masse povere, come il diritto all’espatrio, sono negati dai governi capitalisti dei Paesi di fuga ma sono allo stesso tempo garantiti alle classi abbienti, che non hanno alcuna difficoltà nei loro spostamenti.

 

Confusione di definizioni di status

Il terzo problema concerne lo status dei rifugiati nei Paesi di destinazione o transito. La sezione Onu che si occupa di rifugiati, l’Unhcr, suddivide i migranti in rifugiati e fuggiaschi, regolari e irregolari: legittima così la definizione di flussi misti (6) tanto comoda per la contrapposizione, la diversificazione e la repressione delle masse proletarie migranti ad opera delle forze repressive e ammnistrative degli Stati borghesi: ne disconosce, nei fatti, il carattere di classe. Anche in questo, l’Onu si dimostra prona ai bisogni del capitalismo e chiacchierona nei confronti dei bisogni delle classi oppresse: tutto il suo impegno è concentrato in un simpatico volumetto di trecento pagine (8) «The 10-Point Plan in action - Refugee Protection and Mixed Migration», di cui le persone alla deriva fra i flutti del Mediterraneo probabilmente non si sono neanche accorte.
I fatti hanno la testa dura e, al di là della propaganda borghese, dimostrano che le masse proletarie in fuga poco interessano ai governi borghesi. Questi delegano le sorti dei migranti all’Onu, a varie Ong, a strutture inefficienti o sottodimensionate e a organizzazioni caritatevoli locali; tutto il resto è delegato alle forze di repressione.

 

Il benvenuto nei campi di concentramento

Quarto problema è l’accoglienza dei sopravvissuti agli stenti che siano riusciti a entrare nei confini degli Stati borghesi di transito o di destinazione. La maggior parte di essi è raccolta in campi di concentramento più simili a luoghi di detenzione che a strutture di accoglienza umanitaria (9); è difficilissimo ottenere un permesso di soggiorno, essere inclusi nell’assistenza sanitaria, ottenere un lavoro stabile e sicuro, un alloggio dignitoso; figurarsi la cittadinanza. Stati come la Germania o la Svezia sembrano più accoglienti; altri, come la Grecia, la Turchia, i Paesi dell’Est, respingono duramente i migranti in transito. Questa disparità di trattamento non dipende semplicemente dalla benevolenza dei governi o dalla loro pregiudiziale ostilità ma da calcoli imposti dalle organizzazioni padronali che sviluppano parametri entro i quali far rientrare la proporzione fra forza lavoro impiegata e esercito industriale di riserva: perché da una parte la presenza di un esercito proletario di riserva tiene bassi i salari dei lavoratori, cosa molto gradita ali imprenditori; ma dall’altra genera spese di welfare e compromette l‘ordine pubblico a vari livelli. Viene fomentato il razzismo per ragioni ben spiegate da Marx, in modo direttamente proporzionale all’interesse politico degli imprenditori di contrapporre fra loro i vari segmenti delle classi oppresse.

 

Se il problema è di classe, la soluzione è di classe

Il dramma dei migranti ha radici di classe. È necessario costruire l’unità di classe con i migranti di qualunque nazionalità, provenienza e fede, esigere il rispetto dei diritti democratici, di status e di assistenza pubblica universali, unire le lotte operaie con le rivendicazioni democratiche di immigrati residenti o in transito. La liberazione delle masse proletarie migranti non può avvenire senza lotta rivoluzionaria della classe operaia: fino all’abbattimento del capitalismo e all’emancipazione dell’umanità da ogni forma di razzismo e xenofobia.

 

Note

https://www.wired.it/attualita/politica/2021/08/25/migranti-europa-muri-respingere-frontex/

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