Il sudest dell’Ucraina e la politica dei marxisti
Polemica con la corrente internazionale Socialismo o Barbarie (SoB)
di Ronald León
Il
processo rivoluzionario in Ucraina, uno dei più acuti e contraddittori del’attualità,
è minacciato da due grandi forze controrivoluzionarie.
Da
una parte è all’opera il nuovo governo filo-imperialista dell’oligarca Petro
Poroshenko, che, su mandato dei banditi imperialisti del FMI e dell’Unione
Europea (UE), porterà avanti il brutale attacco contro la classe operaia e il
popolo ucraini intrapreso dal governo Turchínov-Yatseniuk.
Dall’altra,
agisce il reazionario governo di Vladimir Putin, rappresentante della storica
oppressione nazionale della Russia sull’Ucraina, che ha subito un duro colpo
con la caduta di Yanukóvich e ha quindi lanciato un’offensiva
controrivoluzionaria per mantenere l’Ucraina all’interno della sua “zona di
influenza”, tentativo che ha raggiunto il suo apice con l’occupazione militare
e la successiva annessione della Crimea [1].
Come
abbiamo detto nella nostra ultima dichiarazione: “Sia il nuovo governo
ucraino che Mosca condividono la politica di scaricare sui lavoratori la crisi
che essi hanno provocato e puntano a fermare il processo rivoluzionario. Sono
entrambi agenti dell’imperialismo. Ma, in questo quadro, si contendono porzioni
della quota di sfruttamento e saccheggio delle risorse ucraine” [2].
La
controrivoluzione in Ucraina è una creatura dalle due teste, ed entrambe devono
essere stroncate dall’azione indipendente della classe operaia e delle masse
popolari sia dell’est che dell’ovest del Paese.
Perciò
abbiamo detto che è fondamentale l’unità della classe operaia ucraina contro i
due progetti borghesi controrivoluzionari, per lottare contro la colonizzazione
voluta da Poroshenko-FMI-UE e contro qualsiasi movimento separatista che divida
i lavoratori a attenti alla sovranità e all’unità territoriale dell’Ucraina.
Soltanto
una politica indipendente di questa natura può condurre alla conquista di un’Ucraina
indipendente, unita e socialista.
La posizione dello stalinismo…
Purtroppo
non è questa la posizione della maggior parte della sinistra. Lo stalinismo,
nelle sue diverse varianti, una delle quali è rappresentata dal
castro-chavismo, si è schierata fin dall’inizio contro il processo
rivoluzionario ucraino e in difesa degli oligarchi assassini come Yanukóvich,
dunque per il mantenimento dell’oppressione nazionale russa e della
colonizzazione imperialista del Paese.
Queste
correnti isolano e assolutizzano le contraddizioni del processo, come
l’esistenza di illusioni nella UE e la presenza di organizzazioni nazionaliste
di estrema destra e neonaziste durante le proteste in piazza Maidán, per
concludere che si sarebbe trattato di un “golpe fascista finanziato dalla
Cia e dalla UE”.
Secondo
la logica di questa posizione, l’occupazione militare e il referendum
secessionista voluto da Putin, che ha portato all’annessione della Crimea alla
Russia, e il separatismo di settori filo-russi che si sviluppa ora nel sudest
dell’Ucraina sarebbero una risposta giusta e progressiva dinanzi alla presunta
“vittoria del nazifascismo” a Kiev.
In
questo modo lo stalinismo ripete in Ucraina lo stesso mantra che utilizza in
Libia e Siria: quando le masse popolari si ribellano contro i governi borghesi
che esso appoggia, questa corrente presenta questi processi come parte di una
“cospirazione mondiale imperialista” e si colloca al fianco di questi regimi oppressori
e contro i popoli.
Con
questa logica lo stalinismo in generale e il castro-chavismo in particolare
hanno sostenuto Yanukóvich, e ora appoggiano in Ucraina qualsiasi azione
proveniente dal “campo” guidato da Putin, presentato dalla loro propaganda come
una specie di nuovo “leader antimperialista”, associato nostalgicamente ad un
rinato “potere sovietico” che starebbe conducendo i “non allineati” verso una
sorta di riedizione della “guerra fredda” contro gli Stati Uniti.
…e i suoi ripetitori cosiddetti “trotskisti”
In
questo quadro, correnti che si rivendicano trotskiste hanno ceduto alle
pressioni del castro-chavismo e, anche se con argomenti apparentemente più “di
sinistra”, giungono alle stesse conclusioni. Abbiamo già visto questo triste
fenomeno nei casi di Libia e Siria. Ora lo ritroviamo in Ucraina.
E’
il caso di Socialismo o barbarie (SoB), corrente internazionale alla quale
appartiene il Nuovo MAS argentino. Le sue analisi sulla situazione ucraina
-soprattutto a partire dagli avvenimenti nel sudest di questo Paese- sono state
tanto frequenti quanto coincidenti, in linea generale, con le posizioni
castro-chaviste e dello stesso Putin in almeno tre punti principali: 1. Le
proteste di piazza Maidán e la caduta di Yanukóvich; 2. La comprensione del
diritto all’autodeterminazione delle nazioni nell’ottica marxista; 3. Sulla
base di quest’ultimo punto, la sua posizione di fronte all’annessione della
Crimea e all’autoproclamata “Repubblica Popolare di Donetsk” (RPD).
Caduta di Yanukóvich: fu o no una vittoria democratica?
SoB critica
la nostra caratterizzazione, secondo cui la caduta di Yanukóvich è stata
un’enorme vittoria democratica delle masse, una prima grande conquista di un
processo rivoluzionario che si è aperto ed è tuttora in corso, perché “nella
coscienza dei settori di massa che fecero esplodere l’Euro-Maidan primeggiano
le illusioni sull’Unione Europea e non la prospettiva del socialismo né
alcunché di simile” [3] e per il fatto che dopo la sua caduta è sorto “un
governo eterodiretto da Stati Uniti, UE
e FMI, integrato da oligarchi o loro agenti, a cui si aggiunge una buona quota
di nazifascisti” [4].
Lo
schema di SoB è questo: siccome le masse non avevano una “prospettiva
socialista” e confidavano nella Ue, e al posto di Yanukóvich sorse un governo
filo-imperialista e con partecipazione di rappresentanti dell’estrema destra,
il processo fu interamente reazionario; vi fu una sconfitta delle masse e una
vittoria dell’imperialismo e del nazifascismo.
Questo
ragionamento settario, che identifica i processi progressivi di lotta delle
masse sfruttate contro i governi e regimi capitalisti con le loro direzioni
controrivoluzionarie, comincia negando la realtà, che è sempre contraddittoria.
L’attuale
situazione internazionale, nella quale si manifesta un’acutizzazione della crisi
di direzione rivoluzionaria, fa sì che si diano vittorie parziali che vengono
poi usurpate da direzioni controrivoluzionarie. Ma non per questo cessano di
essere vittorie nelle quali le masse lavoratrici realizzano fantastiche
esperienze di lotta. Per via di queste direzioni controrivoluzionarie possono
anche andare incontro a successive sconfitte, ma finché si tratterà di processi
vivi non sarà mai detto che ciò accada.
Questa
è una verità che qualsiasi operaio che abbia partecipato qualche volta ad uno
sciopero comprende e riconosce, poiché nessuno che abbia una qualche nozione
della lotta di classe cesserebbe di appoggiare, per esempio, un giusto sciopero
dei lavoratori soltanto perché ha una direzione traditrice. Al contrario,
appoggiamo fino in fondo lo sciopero e a partire da questa posizione
affrontiamo la burocrazia.
Perciò
uno schema meccanico e soggettivista come quello di SoB finirebbe
inevitabilmente nella sterilità politica e nell’opportunismo, negando i
processi reali e, in questo senso, la possibilità di contenderli alle direzioni
controrivoluzionarie per mezzo di una politica indipendente che possa superare
questa drammatica contraddizione e costruire una direzione marxista
rivoluzionaria nel seno delle lotte delle masse, con i limiti inevitabili e
nella forma che esse si danno. Il risultato pratico di questa visione settaria
è, in sintesi, la peggiore delle capitolazioni: è la rinuncia alla lotta per
costruire una direzione rivoluzionaria.
Inoltre,
nel caso di SoB, esiste un altro problema di metodo. Essi falsificano la nostra
posizione e lo stesso contributo teorico di Nahuel Moreno (fondatore e
principale dirigente della Lit, ndt) quando ci accusano di sostenere che le
vittorie democratiche o il trionfo di rivoluzioni politiche democratiche contro
regimi dittatoriali “in sé” condurrebbero “oggettivamente” al socialismo.
Consideriamo questi processi delle conquiste importanti, ma sempre nel quadro
di processi rivoluzionari in cui i rivoluzionari devono agire, appoggiandosi su
tali vittorie, lottando per la presa del potere operaio e per il socialismo.
Questo
fraintendimento teorico fa sì che correnti come SoB citino nei loro articoli le
analisi “serie” di “marxisti” come Boris Kagarlitsky, che dice: “Perciò la
Maidan, indipendentemente dalle rivendicazioni che poneva, nella sua base aveva
un programma di disfacimento della democrazia. Quello di Yanukovich era un
governo corrotto ma democratico, cosa che ben conoscete in America Latina”
[5]
Curioso
concetto di “democrazia”, inclusa quella borghese, è quello difeso
dall’analista prediletto di SoB, che qualifica come “democratico” un oligarca
che governava quasi con poteri assoluti [6] e che fece reprimere a sangue e
fuoco i manifestanti in piazza, lanciando su di essi le Berkut (truppe
d’élite della polizia) [7] e decine di franchi tiratori che assassinarono più
di cento persone [8].
Ma
SoB dovrebbe essere conseguente con il proprio schema. Se quello di Yanukóvich
era un “governo democratico” che si scontrava con un movimento che intendeva
“smontare la democrazia”, “egemonizzato in modo crescente dai
fascisti di Svoboda e dai neonazisti del Pravyi Sektor, che sventolavano le
insegne Wolfsangel usate dalle Waffen-SS”, [9] e che era favorevole alla “ascesa
al potere del filo-occidentale Yatsenyuk e dei fascisti di Svoboda” [10],
dovrebbe dire chiaramente, come fanno gli stalinisti, che stava con Yanukóvich
e a favore della repressione di questo movimento essenzialmente “nazifascista”.
Inoltre,
se ciò che abbiamo visto durante il rovesciamento di Yanukóvich è stato un
fenomeno di tipo neonazista con influenza di massa ed “egemonico”, SoB dovrebbe
spiegare perché Svoboda e il Settore di Destra hanno ottenuto nelle recenti
elezioni rispettivamente l’1,17% e lo 0,67% dei voti [11].
Per
noi la “mancanza di prospettive socialiste” da parte delle masse e l’ascesa al
potere di un governo neo-liberale, filo-imperialista e con presenza di partiti
di estrema destra, che ha usurpato la vittoria democratica rappresentata dal
rovesciamento di Yanukóvich, sono conseguenze, anzitutto, dell’assenza di una
direzione operaia e rivoluzionaria.
Ma
ciò non sminuisce l’importanza di questa vittoria democratica, né tantomeno
invalida il processo rivoluzionario che l’azione delle masse, con le loro
confusioni e i loro limiti, ha aperto in Ucraina e che è tuttora in corso.
Ciò
che importa in Ucraina è che la Maidán ha aperto un processo di scontro aperto
tra rivoluzione e controrivoluzione che né il nuovo governo né l’imperialismo
né Putin stanno riuscendo a controllare o stabilizzare.
È
così perché le masse hanno fatto un’esperienza accelerata e si sentono
vittoriose. Si sono scontrate e hanno sconfitto la polizia (dopodiché la fecero
mettere in ginocchio per chiedere perdono pubblicamente per la repressione),
hanno aperto una crisi nell’Esercito e hanno tolto il potere ad un oligarca
autoritario considerato l’agente della dominazione russa. Questo sentimento
secondo cui “bisogna lottare e si può vincere” sarà molto importante per le
future battaglie contro i piani di ristrutturazione che Kiev ha già cominciato
ad attuare.
Soltanto
se si comprende il processo nel suo insieme, con le sue contraddizioni e i suoi
limiti, sarà possibile intervenire in esso per costruire una direzione
rivoluzionaria che conduca le azioni eroiche delle masse ucraine verso la presa
del potere e il socialismo.
Le
visioni schematiche delle correnti come SoB sono sterili nei confronti di
questo obiettivo centrale.
Una falsificazione del leninismo per abbandonare la lotta per l’unità dell’Ucraina
E’
evidente come SoB, che assume sempre una postura arrogante e professorale
quando polemizza con altre correnti, si perda nella ragnatela delle sue stesse
contraddizioni, prodotto dei suoi schemi errati che utilizza per analizzare la
realtà.
Un
altro argomento avanzato da questa corrente per negare la vittoria popolare in
piazza Maidán è che questo processo poneva all’”ordine del giorno il
pericolo di una spartizione dell’Ucraina” [12]. Sulla base di questo ha
ripetuto in varie occasioni che “fin dall’inizio” le sue note “allertavano” che
“è in gioco l’unità nazionale dell’Ucraina” [13]. Nonostante questi
allertamenti, SoB non ha avuto problemi nell’appoggiare l’annessione della
Crimea da parte di Putin e l’intero movimento separatista che si riunisce
nell’autoproclamata “Repubblica Popolare di Donetsk”.
E’ dunque
SoB non vede alcuna lesione dell’“unità nazionale dell’Ucraina”
nell’occupazione militare e nell’annessione di questa penisola alla Russia,
avvenuta lo scorso marzo. E risultano divertenti i panegirici e gli eufemismi
che utilizzano per nascondere la forte aggressione di Putin all’Ucraina quando
si riferiscono a questa spoliazione come alla “’migrazione’ verso la Russia
della penisola di Crimea” [14]. Questa immagine giocosa dà l’impressione
che la Crimea si sia “messa in cammino” verso le braccia del Cremlino.
Per
i commentatori di SoB quella della Crimea non fu un’annessione da parte di
Putin, ma significò semplicemente “raccogliere dal suolo un frutto maturo”
[15], poiché per questa corrente “la Crimea, avente una popolazione
maggioritariamente russa con una minoranza tartara, non ha mai fatto parte
dell’Ucraina storica” [16]. Inoltre, la “migrazione” avvenne sulla base di
un referendum che le diede una “legittimità democratica; una legittimità che
oggi non ha, per esempio, il governo di Kiev” [17].
Questo
è esattamente il discorso di Putin e di tutto lo stalinismo per giustificare
l’annessione della Crimea. Quando SoB parla di una “popolazione
maggioritariamente russa con una minoranza tartara, non ha mai fatto parte
dell’Ucraina storica” semplicemente “dimentica” che l’attuale Crimea, molto
tempo prima della “cessione” di questo territorio all’Ucraina da parte di
Kruschev nel 1954, era una nazione-stato tartara che fu annessa nel 1783
dall’impero zarista. “Dimentica” inoltre che l’attuale “maggioranza russa” in
Crimea fu il prodotto di una russificazione brutale perpetuata dagli zar e di
un genocidio contro la popolazione tartara -nel quale morirono tra le 200 e le
250 mila persone- voluto da Stalin nel 1944, che rappresenta una delle più
brutali e criminali pulizie etniche della storia moderna [18].
La
Crimea, nel giro di più di due secoli, si trasformò in un’enclave russa, ossia
in un territorio occupato da una popolazione maggioritariamente trapiantata (a
partire dall’espulsione e dalla pulizia etnica della popolazione autoctona, i
tartari di Crimea) per garantire il controllo totale della base navale a
Sebastopoli, storico avamposto militare degli interessi russi nella regione fin
dall’epoca imperiale.
È
per questo motivo che ci siamo opposti al referendum separatista in Crimea. Non
solo perché era voluto da Putin e veniva realizzato nel mezzo di un’occupazione militare, ma
anche perché questa “popolazione russa” non ha alcun diritto
all’autodeterminazione nazionale, intendendo con ciò il concetto
marxista-leninista di “separazione” e diritto alla “formazione di uno Stato
nazionale Indipendente” [19].
Il paragone della Crimea è con le Malvine
E’
quindi completamente infondata l’equiparazione che fa SoB tra la popolazione di
etnia russa o russofona in Crimea e i casi di Catalogna e Paesi Baschi. Queste
ultime sono nazionalità oppresse all’interno dello Stato spagnolo; i “russi” di
Crimea non sono una nazionalità oppressa, ma sono invece parte di un’enclave
che è prodotto del brutale sciovinismo grande russo che opprime l’Ucraina e le
altre ex repubbliche sovietiche non russe.
Difendere
il diritto democratico all’”autodeterminazione nazionale” dei russi in Crimea
sarebbe lo stesso che difendere questo diritto per i kelpers delle
Malvine e riconoscere le loro aspirazioni “volontarie” a mantenere questo
territorio argentino sotto il dominio britannico, espresse nei farseschi
“referendum” che vuole Londra.
Ma
questa posizione di SoB, che giustifica l’aggressione dell’oppressore grande
russo in Crimea, si aggrava quando la ripropone nel caso delle regioni del
sudest dell’Ucraina, che considera invece “storicamente parte dell’Ucraina”
[20].
Ciò
nonostante hanno appoggiato il referendum separatista dell’11 maggio, sottolineando
al suo “carattere massivo” e il “diritto a decidere” della popolazione di etnia
russa e russofona di queste città, il che dimostra che il pericolo che
segnalavano riguardo all’”unità dell’Ucraina” era mera fraseologia.
Esiste
una qualche “spiegazione teorica” che giustifichi il sostegno di SoB a questi
attentati all’unità dell’Ucraina, nonostante si dica a favore di essa?
SoB
risponde: “siamo per l’unità nazionale dell’Ucraina. Ma l’unità nazionale
deve essere necessariamente volontaria (…)” [21]. E rafforzano questa idea:
“per i socialisti rivoluzionari l’unità nazionale di questo Paese o di
qualunque altro deve essere libera e volontaria. Non si può sostenerla puntando
una pistola alla testa di un settore della popolazione, negandogli il suo
diritto a decidere se si separa o no” [22].
Ciò
vuol dire che, in qualsiasi Paese, basterebbe che “un settore della
popolazione” (non parlano nemmeno di “nazionalità”) possegga la “libera
volontà” di separarsi da questo o quell’altro Stato nazionale perché i
socialisti rivoluzionari siano costretti a riconoscergli questo “diritto”.
Per
giustificare questa posizione SoB utilizza una citazione de “Il diritto delle
nazioni all’autodeterminazione”, testo scritto da Lenin nel 1914 che
trascriviamo così come è riportato sul sito web di SoB: “La Norvegia è legata
alla Svezia da lacci geografici, economici e linguistici non meno stretti di
quelli che uniscono molte nazioni slave non russe ai russi. Ma l’unione della
Norvegia con la Svezia non era volontaria…” [23].
In
questo testo Lenin difendeva effettivamente il diritto alla separazione dei
norvegesi dallo Stato svedese perché l’”unione della Norvegia alla Svezia non
era volontaria”. Il problema è che SoB omette l’altra parte della citazione, troncando
a metà il paragrafo. È opportuno fare giustifica al metodo di discussione marxista
e fornire al lettore la citazione completa di Lenin, estratta dalla stesa fonte
di SoB: “La Norvegia è legata alla Svezia da lacci geografici, economici e
linguistici non meno stretti di quelli che uniscono molte nazioni slave non
russe ai russi. Ma l’unione della Norvegia con la Svezia non era volontaria, il
che dimostra che Rosa Luxemburg parla di “federazione” in una maniera
completamente vuota, semplicemente perché non sa cosa dire. La Norvegia fu
consegnata alla Svezia dai monarchi durante le guerre napoleoniche e contro la
volontà dei norvegesi, e gli svedesi dovettero inviare truppe in Norvegia per
sottometterla” [24].
Ciò
significa che l’”unione della Norvegia alla Svezia non era volontaria” perché
la Norvegia era una nazione che era stata annessa alla Svezia contro la volontà
dei norvegesi e con la forza delle armi. È in questo contesto storico concreto,
che SoB occulta ai lettori, che Lenin difendeva incondizionatamente “la
libertà di separazione della Norvegia” [25].
Il
marxismo, contrariamente alla concezione di SoB, sebbene nella generalità dei
casi sia contrario alla creazione di multipli “mini-Stati”, difende il diritto
incondizionato all’autodeterminazione nazionale (separazione) delle nazionalità
oppresse.
In
questo quadro, la popolazione di origine russa o russofona del sudest
dell’Ucraina è una nazionalità oppressa all’interno dello Stato ucraino? In
alcun modo. Tantomeno la popolazione di etnia russa della Crimea. Al contrario
sono sempre stati gli ucraini ad essere oppressi dalla Russia.
Il
terribile “carcere dei popoli” si espresse in Ucraina mediante invasioni e
occupazioni militari, genocidi, proibizione della lingua ucraina, ecc. Solo per
dare un’idea della brutale “russificazione” riguardo a quest’ultimo apetto,
ancora nel 1987 di tutte le scuole delle principali città soltanto nel 16% di
esse si insegnava in lingua ucraina, contro l’84% in cui si insegnava in russo
[26].
Non
vale perciò nessuna delle false comparazioni che fa SoB tra queste popolazioni
e i catalani, i baschi o i norvegesi.
La
rivoluzione in corso in Ucraina deve servire, inoltre, affinché le correnti che
si dicono rivoluzionarie -e ancor di più quelle che si definiscono trotskiste-
recuperino l’intero contributo teorico di Trotsky sula questione
dell’oppressione nazionale che la Russia esercita da secoli sull’Ucraina. A
questo riguardo Trotsky fu categorico: “La burocrazia strangolò e saccheggiò
anche il popolo della Grande Russia. Ma nelle questioni ucraine le cose si
complicarono ancora di più per via del massacro delle speranze nazionali. In
nessun altra parte le restrizioni, le purghe, le repressioni e tutte le forme
di oppressione burocratica in genere assunsero dimensioni tanto assassine come
in Ucraina, allo scopo di soffocare i grandi aneliti di maggiore libertà e
indipendenza profondamente radicati nelle masse” [27].
E’
fondamentale, contro l’alluvione ideologica stalinista che cerca di negare
l’oppressione storica della Russia sull’Ucraina [28], alla quale molti
“trotskisti” si adattano, che le nuove generazioni di marxisti studino gli
insegnamenti generali di Lenin sul problema nazionale: “Bisogna distinguere tra
il nazionalismo della nazione oppressora e il nazionalismo della nazione
oppressa, tra il nazionalismo della grande nazione e il nazionalismo della
nazione piccola”.
“[..]
l’internazionalismo da parte della nazione oppressora, o della cosiddetta
nazione “grande” (anche nel caso in cui sia grande solo per le sue violenze,
come lo è uno sbirro), non deve ridursi ad osservare l’uguaglianza formale
delle nazioni, ma deve osservare anche una diseguaglianza che da parte della
nazione oppressora, della nazione grande, compensi la disuguaglianza che si
produce praticamente nella vita”.
“Chi
non ha compreso questo, non ha compreso la posizione veramente proletaria di
fronte al problema nazionale; in fondo continua a mantenere il punto di vista
piccolo-borghese, e perciò non può fare a meno di scivolare ad ogni istante
verso il punto di vista borghese” [29].
“Silenzio nella notte” di fronte al separatismo…
Il brutale piano di ristrutturazione
perpetuato dal governo di Kiev attacca tutti i lavoratori, sia quelli
dell’ovest che quelli dell’est. Questi attacchi, come vedremo, stanno
provocando un progressivo processo di lotta operaia in alcune città del sudest.
E’ indubbiamente un errore tanto grave quanto comune nella maggior parte della
sinistra confondere questi processi di lotta operaia con le azioni armate e la
conformazione stessa della “Repubblica Popolare di Donetsk”. Sono cose totalmente
differenti.
Così
ci siamo espressi nella nostra ultima dichiarazione: “Esiste una lotta
nazionale progressiva dell’Ucraina in quanto nazione oppressa, tanto contro la
storica oppressione russa quanto contro l’imperialismo mondiale. Questa lotta
deve continuare, e si esprime oggi nello scontro con il governo di Kiev e le
politiche della UE-FMI e di Mosca. Questo non ha nulla a che vedere con
l’attuale intento secessionista espresso dalla Repubblica Popolare di Donetsk e
dal criminale tentativo separatista guidato dalle organizzazioni che hanno
realizzato il referendum dell’11 maggio, che deve essere rifiutato dalla classe
lavoratrice ucraina e dal mondo” [30].
Una
ricapitolazione delle posizioni staliniste sulla caratterizzazione degli
avvenimenti nel sudest ucraino la troviamo in un articolo di James Petras che
cita il Partito Comunista Brasiliano: “Il governo di Kiev è il prodotto di
un golpe finanziato dagli Stati Uniti (…)” [31] e la RPD e le sue milizie
sarebbero: “I Consigli Operai e Popolari in Ucraina Orientale sono un
embrione della democrazia socialista. Le milizie popolari sono il germe di un
Esercito di Liberazione” [32].
Ebbene,
ancora una volta, la visione dei fatti di SoB è essenzialmente la stessa: “Il
sollevamento dell’Est è, dal punto di vista sociale, la ribellione della
regione industriale e operaia dell’Ucraina” [33]. Affermano che sarebbe una
sollevazione “armata e che nei fatti esercita il potere nelle principali
città dell’est” [34] e molto progressiva e opposta alla Maidán perché “si
vedono bandiere rosse con falce e martello nelle concentrazioni che avvengono
nei pressi della statua di Lenin” [35].
Allo
stesso modo, cercando di attribuire un “carattere massivo” e progressivo alla
RPD, sottolineano che “i referendum negli oblasts di Donetsk e Lugansk hanno
visto una partecipazione di massa” [36] e che “la dichiarazione della
Repubblica Popolare di Donetsk parla anche di proprietà sociale” [37], ecc.
Questa
è ancora una volta la ripetizione con vernice “marxista” dei “Consigli Operai”
e dell’”Esercito di Liberazione” che lo stalinismo ha inventato per sostenere
il separatismo filo-russo.
Come
abbiamo detto, ci sono diffidenza e malcontento enormi in settori del movimento
operaio nelle città del sudest dell’Ucraina, diretti contro il governo centrale
di Kiev e i suoi brutali attacchi al livello di vita delle masse. Tutto ciò è
molto progressivo perché dimostra l’esistenza di uno spazio importante per
promuovere una politica indipendente della classe operaia contro Kiev e contro
Mosca, fondamentale affinché il processo rivoluzionario possa avanzare. Ma
questi incipienti ma importantissimi processi di lotta operaia indipendenti
sono l’opposto della Repubblica Popolare di Donetsk e di quella di Lugansk.
Nella
nostra ultima dichiarazione abbiamo salutato i valorosi esempi dei minatori di
Kryvyi Rih (Dnipropetrovsk), che sono del sudest e hanno appoggiato la lotta di
piazza Maidán, e ora rivendicano la necessità di una “Maidán operaia”. Essi
lottano contro i piani di ristrutturazione di Kiev ma anche contro il
separatismo, e sono per l’unità del Paese. In questo quadro rivendicano l’unità
della classe operaia dell’est e dell’ovest per lottare contro gli oligarchi
russi e ucraini.
Questo
processo si vede anche in altre città minerarie come Krasnodon (Lugansk) e
Mariupol (Donetsk), dove migliaia di operai che lavorano nelle miniere
dell’oligarca Akhmetov sono usciti nelle strade per esprimere il loro sostegno
a un’”Ucraina unita” ed espellere i separatisti armati filo-russi dal municipio
e da altri edifici pubblici [38]. Questi fatti dimostrano che è esiste una
possibilità reale che i lavoratori controllino la situazione, affrontando i
separatisti filo-russi e il governo filo-imperialista di Kiev, oltre che gli
oligarchi come Akhmetov.
Qual
è il motivo del “silenzio nella notte” di SoB su questi reali processi operai
progressivi?
Contrariamente
all’opinione secondo cui l’autoproclamata RPD esprimerebbe “la ribellione
della regione industriale e operaia dell’Ucraina”, i fatti dimostrano che
la RPD è la materializzazione di un progetto separatista che è sempre più
isolato, e che i veri movimenti operai e popolari si stanno schierando contro
di essa adesso che il suo programma di divisione del Paese e annessione alla
Russia appare evidente.
La
RPD e il referendum secessionista promosso dai suoi leader non possono essere
sostenuti in alcun modo dai rivoluzionari. E’ un movimento reazionario che,
seguendo la linea dell’annessione della Crimea alla Russia, propone la
spartizione dell’Ucraina allo scopo di creare un nuovo Paese chiamato
“Novorossia” (Nuova Russia) [39].
Questo
progetto è apparso chiaro all’indomani del referendum ingannevole che la RPD ha
organizzato a favore di un’astratta idea di “indipendenza” [40].
Il
giorno seguente Denis Pushilin, uno dei leader della RPD, lesse una
dichiarazione “ufficiale” che afferma: “sulla base dell’espressione della
volontà popolare della Repubblica Popolare di Donetsk e con l’obiettivo di
ristabilire la giustizia storica, chiediamo alla Federazione Russa di esaminare
il tema dell’incorporazione della Repubblica Popolare di Donetsk alla
Federazione Russa” [41].
Recentemente,
riferendosi alle elezioni, Andrei Purgin, vicepremier della RPD, fu chiaro
riguardo a ciò: “questa non è più l’Ucraina, perciò non c’è nulla da votare.
E’ un’elezione per eleggere il presidente di un Paese straniero (…) Il nostro
progetto di rifondazione della Nuova Russia riguarda altre province oltre a
Donetsk e Lugansk, ma abbiamo bisogno di tempo” [42].
Questo
progetto secessionista è nefasto poiché, se si dovesse realizzare, l’Ucraina
perderebbe il 26,2% della sua popolazione e il 18,5% del suo territorio
(inclusa la Crimea); una regione responsabile per il 15% del PIL e che
concentra il 12% delle risorse naturali [43].
…e di fronte ai leader nazifascisti filo-russi
E’
curioso poi che SoB, che denuncia giustamente le organizzazioni nazifasciste
come Svoboda e il Settore di Destra, mantenga il “silenzio” anche nei confronti
dei leader della presunta “ribellione operaia” che sarebbe rappresentata nella
RPD. Questo non è un tema minore, poiché essi sono nazionalisti filo-russi
estremisti e legati tra l’altro ad organizzazioni nazifasciste russe.
Il “primo
ministro” della RPD, Alexander Borodai, è un russo che si presenta come il
principale architetto dell’annessione russa della Crimea: “Ciò che sta
accadendo nell’est dell’Ucraina fa parte dello stesso progetto geopolitico. Il
territorio della Crimea è strettamente connesso con quello del Donbass, e la
gente che promosse i movimenti è la stessa. Perciò quando finisco il mio lavoro
in Crimea, automaticamente vengo qui”, ha dichiarato [44].
Il
comandante in capo di tutti i gruppi armati della RPD è anch’egli russo e dice
di chiamarsi Igor Strelkov, ma è in realtà Igor Guirkin, ufficiale del servizio
di intelligence militare russo [45].
Pável
Gúbarev, proclamato “governatore popolare” della RPD, è conosciuto per i
meeting del Partito delle Regioni (PR) dell’ex presidente Víctor Yanukóvich,
che egli organizzava prima della crisi di piazza Maidán [46].
Viacheslav
Ponomariov, “sindaco popolare” di Slaviansk, è uno di quelli che continuamente chiedono
appoggio e armi a Putin [47].
Il
nucleo politico di quelli che stanno dirigendo l’autoproclamata RPD è in realtà
un movimento fondato già nel 2005 e che si chiamava appunto “Repubblica di
Donetsk” (“Donetskaya Republika”). Tra i suoi fondatori figurano Aleksandr
Tsurkan, Andrey Purgin e Oleg Frolov; il primo faceva parte già da un anno del
comitato elettorale di Yanukóvich; gli altri facevano parte della potente e
filo-Putin “Unione Euroasiatica della Gioventù” (Evraziyskiy Soyuz Molodezhi),
un’organizzazione di estrema destra molto vicina al Cremlino, fondata dal neo-fascista
russo Aleksandr Dugin, professore dell’Università Statale di Mosca e assessore
della presidenza sulla Duma russa. Di questo movimento fa parte anche il
neo-nazista Aleksandr Matyushin, conosciuto negli ambienti neo-fascisti con il
soprannome “Varyag” e membro dell’organizzazione neo-fascista russa “Immagine
Russa” (“Russkiy Obraz”).
Alla
fine di gennaio, quando cominciava la crisi più acuta in piazza Maidán, si
realizzò una riunione di questi gruppi di estrema destra. Vi parteciparono
movimenti come “Patriya”, i neo-nazisti di “Unità Slava” (“Slavyanskoe
Edinstvo”) e “Taganrog Bianco” (“Bely Taganrog”) di Rostov e gli ultras della
squadra di calcio Shakhtar. L’incontro si intitolava “Il ‘progetto Ucraina’
come minaccia per il mondo russo” e decretò la creazione di un “comitato di
organizzazione” per la “difesa della città” e “gruppi mobili,
capaci di muoversi rapidamente in qualsiasi momento” [48].
Allo
stesso modo il nucleo centrale delle cosiddette “autodifese” della RPD sono
gruppi paramilitari nazifascisti che esistevano già molto tempo prima
dell’attuale crisi e che, come riconoscono i loro stessi leader, contano sulla
partecipazione diretta di militari russi [49].
A
mo’ di esempio citiamo l’organizzazione paramilitare “Unità Nazionale Russa”,
un’organizzazione fascista con “decine di migliaia di membri” che è presente in
più di 400 città russe e che recentemente ha fatto appello a formare un “corpo
di volontari” per aiutare i loro “fratelli ortodossi russi” nell’est
dell’Ucraina [50].
Tra
le organizzazioni militari maggiormente preparate troviamo anche il
“Battaglione Vostok” e “Oplot”. Quest’ultima risponde a Miroslav Rudenko, uno
dei leader della RPD, e difende apertamente l’appartenenza del sudest dell’Ucraina
all’ex impero russo. Oplot sostiene che, dopo la sua indipendenza, l’Ucraina “si
affermò dapprima come un’entità differente dalla Russia e poi come un’entità
antirussa” [51]. Un altro dirigente della RPD, Zajárchenko, confessa che
Oplot “era l’unica organizzazione che possedesse armi per mettere ordine nel
Paese” [52] durante le proteste contro Yanukóvich a Kiev.
Tra
le “milizie popolari” troviamo anche, infine, una buona quantità di effettivi
delle dissolte Berkut. Molti di questi soldati si erano uniti ai separatisti di
Crimea, passando a far parte delle truppe russe. In questo senso, le ex Berkut
del sudest dell’Ucraina si aggiunsero alle forze della RPD sulla scia dei loro
colleghi di Crimea [53].
Questi
fatti smentiscono le versioni staliniste che cercano di presentare questi
dirigenti e questi gruppi armati nazifascisti come parte di una “ribellione
operaia” o come lottatori “antifascisti”. E’ vero il contrario: i processi
incipienti ma molto progressivi di lotte operaie si danno, come abbiamo visto,
in contrapposizione al progetto separatista della RPD.
E’
quindi scandaloso che, pur riconoscendo che la RPD possiede un progetto
separatista con “due varianti programmatiche che si esprimono nella
ribellione dell’Est ucraino, quella di un federalismo estremo (che includerebbe
anche le aree dei rapporti con l’estero, le misure economiche e il commercio
estero) o quella di annettersi direttamente alla Federazione Russa” [54],
esigano da Putin (allo steso modo dei dirigenti russi della RPD) un intervento
più deciso, anche inviando armi per questi gruppi separatisti e neo-nazisti.
E’
così accusano Putin di avere una politica “sinistra”, “perfida, “codarda” e
“pusillanime” perché “non invia nemmeno una cartuccia ai “filo-russi”
dell’Est ucraino” [55], “…e non parliamo di armamento pesante né
tantomeno di soldati russi travestiti…” [56], il che, per SoB , configura
un “tradimento di Putin nei confronti delle maggioranze ribelli dell’est
dell’Ucraina” [57]. Chiediamo a SoB: se Putin “tradì” le “maggioranze ribelli”
è perché qualche volta era stato dalla loro parte?
La
conclusione coerente che si ricava da queste “critiche” di SoB al “tradimento”
di Putin non può essere che questa: “Putin, intervieni NUOVAMENTE nel sudest
dell’Ucraina!; Putin, lascia da parte i discorsi e invia armi alla RPD! Il
risultato di una politica di questo tipo non sarebbe altro che l’annessione,
come accadde con la Crimea, del sudest dell’Ucraina. Tutte queste questioni
dimostrano che, intrappolata nelle contraddizioni dei suoi stessi vaneggiamenti
teorici, la direzione di SoB non ha una politica indipendente di fronte al
processo rivoluzionario in Ucraina. È caduta invece, più o meno coscientemente,
nella trappola mortale del “campismo” proposto dallo stalinismo, allineandosi
oggettivamente alle azioni di Putin e dei secessionisti della RPD.
Noi
continueremo a sostenere che per il proseguo della rivoluzione in Ucraina è
necessario affrontare senza mezzi termini e sconfiggere le due minacce
controrivoluzionarie che la combattono, sia quella rappresentata dai
saccheggiatori imperialisti e dal governo di Kiev sia quella che si
materializza nella politica di Putin e del separatismo filo-russo. Di fronte a
questa doppia minaccia controrivoluzionaria, soltanto una politica indipendente
che lotti per l’unità della classe operaia e per l’unità e la sovranità del
Paese può aprire il passo alla rivoluzione socialista, che avverrà in
contrapposizione all’offensiva colonizzatrice imperialista e all’oppressore
grande russo.
__________________________________
Note
[1]http://litci.org/inicio/newspaises/europa/ucrania/4270-referendo-historia-revolucion-y-contrarrevolucion y http://litci.org/inicio/newspaises/europa/ucrania/4262-ifuera-putin-de-ucrania-ipor-una-ucrania-independiente-y-unida
[2]http://www.litci.org/declaraciones/740-declaracion-litci-europa/4385-declaracion-de-la-lit-ci-sobre-la-situacion-en-ucrania
[3] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2113
[4] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2374
[5] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2508 - I corsivi sono nostri, salvo laddove è indicato il contrario.
[6] Ricordiamo che uno dei motori delle mobilitazioni di piazza Maidán era costituito dalla rivendicazione della deposizione immediata di Yanukóvich, del ritiro delle “leggi repressive” e dell’annullamento della Costituzione del 2010, allo scopo di ridurre i poteri del presidente.
[7] Yanukóvich tentò in varie occasioni di inviare l’Esercito a reprimere direttamente i manifestanti. Non ci riuscì perché il processo rivoluzionario aveva aperto una crisi alla base dell’Esercito stesso, che si espresse nella catena di comando. Vedere: http://pstu.org.br/node/20421
[8] http://pstu.org.br/node/20421
[9] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2113
[10] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2113
[11] http://www.la-razon.com/mundo/Poroshenko-gana-elecciones-presidenciales-Ucrania_0_2058994144.html
[12] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2047
[13] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2128
[14] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2220
[15] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2128
[16] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2220
[17] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2128
[18] http://litci.org/inicio/newspaises/europa/ucrania/4270-referendo-historia-revolucion-y-contrarrevolucion
[19] http://www.marxists.org/espanol/lenin/obras/1910s/derech.htm
[20]http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2220
[21] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2452
[22] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2128
[23] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2452
[24] http://www.marxists.org/espanol/lenin/obras/1910s /derech.htm
[25] http://www.marxists.org/espanol/lenin/obras/1910s/derech.htm
[26] KOWALEWSKI, Zbigniew: Ucraina: ridestare un popolo, recupero di una memoria. Rivista Correo Internacional 56, novembre 1991.
[27] http://www.ceipleontrotsky.org/La-cuestion-ucraniana (Corsivi nostri).
[28] Nel sito web del PCB si leggono, per esempio, cose come questa: L’URSS non esiste più. L’oppressione nazionale che si stabilì col tempo all’interno dell’URSS sull’Ucraina non esiste più, il che significa che non esiste un imperialismo russo che sta agendo su di essa. Ma l’oppressione nazionale che esiste oggi è quella degli ucraini occidentali sugli ucraini orientali con maggioranza russa. Se l’oppressione russa del passato sugli ucraini spiega la rabbia degli ucraini occidentali contro Mosca, non giustifica l’oppressione attuale sui russi dell’Ucraina orientale. http://pcb.org.br/portal/index.php?
[29] http://litci.org/component/content/article/4276-especialucrania
[30] http://litci.org/declaraciones/740-declaracion-litci-europa/4385-declaracion-de-la-lit-ci-sobre-la-situacion-en-ucrania
[31]http://pcb.org.br/portal/index.php?option=com_content&view=article&id=7401:na-ucrania-ha-uma-ofensiva-militarizada-com-metas-totalitarias&catid=43:imperialismo
[32]http://pcb.org.br/portal/index.php?option=com_content&view=article&id=7401:na-ucrania-ha-uma-ofensiva-militarizada-com-metas-totalitarias&catid=43:imperialismo
[33] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2368
[34] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2286
[35] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2452
[36] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2460
[37] http://www.mas.org.ar/?p=1546
[38]http://www.litci.org/declaraciones/740-declaracion-litci-europa/4385-declaracion-de-la-lit-ci-sobre-la-situacion-en-ucrania
[39]http://www.elconfidencial.com/ultima-hora-en-vivo/2014-05-07/regiones-del-sureste-de-ucrania-quieren-estado-independiente-de-novorossia_251161/. Invocando le mappe dell’antico impero zarista, Putin ha utilizzato il termine Novorossia riferendosi alle regioni del sudest dell’Ucraina: “Impiegando la terminologia zarista, voglio dire che questa non è l’Ucraina ma la Novorossia. Si tratta di Járkov, Donetsk, Lugansk, Hersón, Nikoláiev, Odessa, che in epoca zarista non stavano in Ucraina, ma che le furono consegnate più tardi. Sa Dio perché (El País, 19/04/2014). La Novorossia fu una provincia zarista che si formò nel XVIII secolo nel territorio conquistato all’impero ottomano al nord del Mar Nero e che è esistita fino al 1802.
[40] Sulla posizione della LIT di fronte al referendum nel sudest ucraino, vedere: http://www.litci.org/declaraciones/740-declaracion-litci-europa/4385-declaracion-de-la-lit-ci-sobre-la-situacion-en-ucrania
[41] http://internacional.elpais.com/internacional/2014/05/12/actualidad/1399909578_267199.html
[42] http://www.abc.es/internacional/20140525/abci-entrevista-andrei-pugin-donetsk-201405241737.html
[43] http://elcomercio.pe/mundo/actualidad/ucrania-podria-perder-185-su-territorio-mayo-noticia-1726191
[44] http://internacional.elpais.com/internacional/2014/05/18/actualidad/1400435500_563668.html
[45] http://internacional.elpais.com/internacional/2014/05/10/actualidad/1399742901_257025.html
[46] http://internacional.elpais.com/internacional/2014/05/10/actualidad/1399742901_257025.html
[47] http://internacional.elpais.com/internacional/2014/05/10/actualidad/1399742901_257025.html
[48] Tutte queste informazioni si trovano nel sito: http://crisiglobale.wordpress.com/2014/04/29/focus-ucraina-lanima-nera-della-repubblica-di-donetsk/, che rinvia per una sintesi di questo incontro alle pagine web http://politikus.ru/articles/12097-vrag-u-vorot-rasskaz-o-konferencii-russkih-nacionalistov-v-donecke.html y http://zavtra.ru/content/view/na-zaschitu-rodnoj-zemli/).
[49] http://sp.ria.ru/international/20140529/160258770.html
[50] http://www.elministerio.org.mx/blog/2014/05/nacionalistas-rusos-ucrania/
[51] http://internacional.elpais.com/internacional/2014/04/30/actualidad/1398886956_295432.html
[52] http://internacional.elpais.com/internacional/2014/04/30/actualidad/1398886956_295432.html
[53] http://es.wikipedia.org/wiki/Rep%C3%BAblica_Popular_de_Donetsk
[54] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2460
[55] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2368
[56] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2368
[57] http://www.socialismo-o-barbarie.org/?p=2286
(traduzione di Simone Tornese dall'originale in spagnolo)