Partito di Alternativa Comunista

L'incontro romano tra Bush e Prodi

L'incontro romano tra Bush e Prodi
La politica imperialista del governo italiano
 
 
di Davide Margiotta
 
Il ruolo del governo Prodi è quello di garantire e favorire la massima espansione possibile alla borghesia nazionale, in patria come all’estero.
Così, se all’interno l’Unione dichiara guerra ai lavoratori e alle masse popolari attaccando Tfr, Pensioni, Sanità e Scuola pubblica, all’esterno dichiara guerra ai popoli dipendenti a suon di missioni militari e strozzinaggio finanziario.
I temi che saranno discussi nell’imminente incontro tra George Bush e Romano Prodi sono la migliore conferma di questa elementare verità.
A tenere banco, come comunicato da fonti diplomatiche di Palazzo Chigi all’Agenzia Reuters, saranno infatti le possibili collaborazioni economiche tra i due Paesi nei settori Spazio e Difesa, a partire del progetto americano di scudo spaziale, cui collabora anche l’Italia, come rivelato il 28 marzo dal comandante dell'agenzia missilistica del Pentagono, generale Henry Obering. A questo va aggiunto il fatto che gli Usa e l'Italia hanno firmato un accordo per la condivisione di tecnologie legate al progetto.
Tra le molte collaborazioni è senza dubbio importante anche la mega-commessa da sette miliardi di dollari delle Forze armate americane per 140 aerei da trasporto per la quale è in gara anche Alenia Aeronautica, del gruppo Finmeccanica.
Dal suo insediamento, tutto l’operato del governo Prodi ha confermato in pieno questa analisi, a partire dall’aumento delle spese militari previsto dall’ultima Finanziaria, passando per la costruzione della base Usa Dal Molin a Vicenza, fino al varo della missione coloniale in Libano e al rifinanziamento di quella in Afghanistan, rinforzata in vista dell’intensificarsi dei combattimenti già in corso in queste settimane, come testimoniato dall’aumento degli episodi in cui le truppe italiane sono protagoniste degli scontri contro la resistenza.

L’Italia spende oggi per la difesa 484 dollari pro-capite, ben più di altri Paesi del G8 come Germania, Giappone e Canada.
I sedicenti pacifisti della cosiddetta sinistra di governo cercano di nascondere i crimini del governo dell’Unione con la foglia di fico del ritiro dall’Iraq (missione che persino la Gran Bretagna prevede di abbandonare entro un anno).
In realtà il ritiro è avvenuto in piena continuità con quanto già deciso dal calendario di Berlusconi, e semplicemente per far posto alla nuova missione in Libano e al rafforzamento di quella afghana.
Del resto, nonostante la questione irachena sia stata al centro dei dibattiti negli ultimi anni, l’Italia è impegnata in 29 missioni militari in diverse parti del mondo, con l’impegno di oltre 11 mila soldati.  Proviamo a capire perché l’Italia abbia la necessità di sviluppare politiche così aggressive nei confronti dei Paesi dipendenti e perché proprio il Governo Prodi risponda al meglio alle attuali necessità dell’imperialismo made in Italy.

Con la fine della Guerra Fredda, l’Italia perdeva la propria posizione privilegiata di Paese di confine col blocco nemico. Lo stravolgimento dello scacchiere mondiale aveva la conseguenza principale di lasciare ai Paesi imperialisti le mani completamente libere. E’ questo lo scenario in cui comincia l’epoca della “guerra infinita”, che altro non è che una nuova fase dell’espansione imperialista, resa particolarmente aggressiva dalla perdurante crisi di sovrapproduzione di capitale mondiale.
Sospinto da paesi come la Francia e la Germania, prendeva sostanza il disegno di un blocco imperialista europeo antagonista a quello statunitense, disegno spalleggiato da buona parte della grande borghesia del vecchio continente.
Snodo centrale di tutta la politica dei governi di centrosinistra è questo progetto di polo imperialista europeo. Il programma e perfino il personale politico dell’Unione ne sono testimoni. Prodi e Padoa Schioppa sono stati a capo delle massime istituzioni politiche e finanziarie dell’Europa di Maastricht. Questa è l’unica vera differenza col centrodestra, che puntava principalmente sull’asse atlantico con Regno Unito e Usa, sempre comunque nel quadro comune della Nato.
 
Contrariamente a quanto teorizzato negli ultimi anni da eminenti intellettuali e carrieristi politici di vario grado e rango, non esiste un modo pacifico per combattere la guerra.
La guerra è generata continuamente dal capitalismo, e ancor di più dalla sua fase attuale, quella imperialista, in cui per agevolare l’esportazione di capitali e merci della propria borghesia nazionale, tutti i Paesi imperialisti cercano continuamente di assoggettare sempre nuovi mercati, di accaparrarsi sempre nuove fonti di materie prime e concessioni favorevoli, al fine di assicurarsi il massimo profitto possibile, passando sopra cadaveri e macerie. Solamente l’abbattimento del sistema capitalista potrà liberare per l’umanità un futuro di pace.
In concreto, esistono solamente due maniere di lottare contro la guerra: appoggiare le resistenze popolari dei Paesi aggrediti, indipendentemente dalla loro direzione, e lottare contro il proprio governo di guerra.
Una buona parte dei pacifisti di questi anni riponeva grandi speranze nell’avvento al governo del centrosinistra. Specialmente in un sistema bipolare la tentazione di appoggiare uno dei due schieramenti politici con la speranza di ottenere qualcosa di vantaggioso per sé è una delle illusioni più antiche dei lavoratori. In realtà, questa tentazione è molto più di una tentazione pericolosa: è un vero e proprio suicidio.
In una società in cui a dominare è il capitale, cioè lo sfruttamento della forza-lavoro di miliardi di lavoratori da parte di un pugno di capitalisti, pensare che il sistema politico sia immune da questa dittatura è una pia illusione.

Le lotte di questi anni non devono essere sacrificate sull’altare delle compatibilità di governo con gli interessi dell’impresa; è necessaria la mobilitazione più ampia e unitaria possibile contro la guerra e contro le politiche antipopolari del governo Prodi.
Chi sta col governo Prodi, sta con la guerra, anche se magari (ed è il caso di tanti militanti in buona fede, non certo dei dirigenti della sinistra governista o "critica") ancora non lo sa.

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