PODEMOS DICE CHE NOI CATALANI
NON POSSIAMO
di Núria Campanera e Felipe Alegría*
Podemos (Possiamo), la formazione politica che è nata solo 10 mesi fa, già si posiziona negli ultimi sondaggi come prima forza elettorale in Spagna e terza in Catalogna. Ha quindi, una grande responsabilità di fronte alla complicata politica catalana, segnata dalla lotta tra il popolo catalano, determinato a decidere del suo futuro, e il governo spagnolo che gli nega questo diritto facendo appello alla legalità e alla “democrazia”. Anche il PSOE nega il nostro diritto di decidere e serra le fila con Rajoy, opponendosi a qualsiasi consultazione. A differenza del PP, tuttavia, dice che è necessaria una riforma costituzionale. Il PSC, da parte sua, si allinea al PSOE ma aggiunge che sarebbe favorevole ad una consultazione... sempre che fosse “legale e concordata”, vale a dire, sempre che il governo e la magistratura spagnole fossero d'accordo.
Che dice Podemos di tutto questo?
Le
dichiarazioni di Pablo Iglesias dalla sua prima apparizione mediatica hanno
sempre difeso il diritto di decidere per i popoli dello Stato Spagnolo, sebbene
egli abbia ben chiarito di essere contrario all'indipendenza. Il 19 gennaio
diceva: «Vorrei che potessimo continuare ad essere uniti, ma se i catalani non
vogliono, non c'è niente da discutere». Il 5 giugno aggiungeva: «Podemos
difende il diritto di decidere dei baschi, dei catalani e degli spagnoli, e per
questo difende il referendum».
Come
è ben noto, tuttavia, la nuova formazione (pur essendo diventata la prima forza
nelle intenzioni di voto), non ha ancora definito il suo programma e quindi è
difficile sapere esattamente quale sarà la sua proposta finale per i catalani.
Tuttavia, le ultime dichiarazioni di Pablo Iglesias, lasciano intravedere una
profonda trasformazione del pensiero del gruppo dirigente del nuovo partito.
Infatti, Iglesias, cinque giorni dopo la sua nomina a Segretario Generale, ha
detto all'emittente radiofonica Cadena SER che «la Generalitat (l'entità
amministrativa autonoma della Catalogna ndt) non ha le competenze
(giuridiche) per dichiarare unilateralmente l'indipendenza» e che «tali
processi dovrebbero corrispondere alla legalità e alla democrazia».
Il
problema di queste dichiarazioni è che contrastano brutalmente con una realtà
nella quale l'intransigenza del regime chiude ogni possibilità di un processo
“legale e democratico”. Quindi bisogna scegliere: o dalla parte della legalità
e contro la democrazia o dalla parte della democrazia contro la legalità. Non
ci sono altri scenari. Il popolo catalano ha scelto la democrazia e il 9
novembre scorso è andato a votare in massa, sfidando la legalità del regime.
Una marcata evoluzione in soli 10 mesi
Le
posizioni di Podemos sul conflitto catalano si sono evolute nei suoi
pochi mesi di vita. Le prime dichiarazioni dei suoi dirigenti, come abbiamo
visto, pur essendo molto generali, non offrivano dubbi sulla difesa del diritto
di decidere del popolo della Catalogna.
Poi,
in coincidenza con la fase finale della sua Assemblea Cittadina, l'avvicinarsi
del referendum del 9 novembre e col crescere delle aspettative elettorali,
dirigenti come Errejón o Monedero hanno cominciato ad introdurre importanti
sfumature nei loro discorsi. L'enfasi non la ponevano più sulla difesa
incondizionata del diritto di decidere dei catalani, ma sull'avvertirli che
dovranno aspettare che “cambi il rapporto di forza all'interno dello Stato Spagnolo”
giacché "altrimenti, il diritto di decidere non potrà essere effettivo”.
Si tratterebbe, se lo interpretiamo bene, di aspettare che vinca Podemos.
Quindi, quando loro saranno al governo, risolveranno la “crisi territoriale”
mettendo in marcia “un processo costituente” che apra “porte e finestre
togliendo il lucchetto del 78”; un processo in cui parleranno “tutti e di
tutto” per “costruire un Paese” che sia “un progetto plurale” in cui si sentano
a loro agio “galiziani, catalani, baschi e andalusi”.
Ma
solo con una mentalità centralista e affatto sensibile alla volontà dei popoli
si può dire a noi catalani, dopo tutto quello che abbiamo vissuto negli ultimi
tre anni, che dobbiamo aspettare una ipotetica vittoria di Podemos per
esercitare il diritto di decidere. I dirigenti di Podemos dimenticano,
inoltre, che la lotta dei catalani per esercitare il loro diritto
all'autodeterminazione è determinante per cambiare quei rapporti di forza a cui
si appellano per implorare pazienza.
Le ultime dichiarazioni di Pablo Iglesias
Ma
la cosa è andata oltre. Ora, una volta terminato il processo dell'Assemblea
Cittadina e con Pablo Iglesias come Segretario Generale, Podemos ha
fatto un altro passo. Nelle dichiarazioni alla radio Cadena SER che
abbiamo menzionato sopra, Iglesias oltrepassa per la prima volta una importante
linea rossa. Quando nega che la Generalitat abbia la competenza giuridica per
dichiarare unilateralmente l'indipendenza, si schiera dalla parte della
legalità del regime contro la legittimità democratica: quella di un popolo che
ha tutto il diritto di proclamare unilateralmente l'indipendenza se questa è la
volontà della maggioranza dei catalani e il regime gli chiude le porte.
Affermare che “il diritto di decidere non si deve esercitare unilateralmente,
senza un accordo con lo Stato” è negare nella pratica il diritto
all'autodeterminazione.
Queste
dichiarazioni di Pablo Iglesias, così rispettose della legalità vigente ci
suscitano dubbi anche sul come intendono i dirigenti di Podemos il
processo costituzionale che dovrebbe porre fine al regime del 78: dovremo
aspettare fino a che Podemos e ipotetici alleati abbiano i 2/3 dei seggi
del Congresso come stabiliscono le procedure di riforma della Costituzione? Se
è così, possiamo dire, come Don Chisciotte: “Finché mi dai fiducia, amico
Sancio”
Per
quanto vogliamo girarci intorno, ciò che la realtà dimostra con forza, e ora
più che mai dopo la querela contro il presidente Mas[1], è
che non c'è altro modo di garantire l'esercizio del diritto
all'autodeterminazione se non proclamare la Repubblica Catalana. Questa
proclamazione è il miglior incoraggiamento che possiamo offrire dalle terre
catalane ai lavoratori e alle lavoratrici e ai popoli dello Stato spagnolo per
dare il colpo finale al regime del 78 e liberarci dalle sue catene. E, ancora
più importante, solo il rispetto e il riconoscimento di una Repubblica catalana
libera offrono la base democratica per costruire l'unione libera dei popoli liberi,
delle repubbliche iberiche, di cui la classe lavoratrice e i popoli hanno
bisogno.
*militanti di Corriente Roja[2]
(Traduzione dallo spagnolo di Giovanni “Ivan” Alberotanza)
Note
[1] Artur Mas, presidente della Generalitat è accusato dalla magistratura spagnola (che con tali accuse palesa per l'ennesima volta la propria funzione politica), di disobbedienza, prevaricazione, malversazione e usurpazione di funzioni in relazione alla realizzazione della consultazione referendaria del nove novembre che Madrid considera illegale.
[2] L'organizzazione della Lit-Quarta Internazionale in Spagna.