Partito di Alternativa Comunista

L'affaire Battisti: giustizia borghese è fatta

L'affaire Battisti:
giustizia borghese è fatta
I veri motivi dell’accanimento mediatico e poliziesco
 
 
 
 
 
di Fabiana Stefanoni 
 
 
 
 
 
battisti_giustizia_borghese

 
Eccolo lì: il ministro dell’Interno più razzista della storia dell’Italia repubblicana – quello che civetta con le frasi di Mussolini, che si stringe al fianco di Bolsonaro nell’elogio delle dittature sudamericane, che si vanta di mettere a rischio la vita di immigrati stremati dalla fame e dal freddo, che offende le donne e ha rapporti di amicizia coi fascisti picchiatori di Casapound – ha finalmente il suo trofeo “comunista”. Eh sì, perché proprio così Salvini ha definito Cesare Battisti sui social: un “assassino comunista”. Non ci vuole un genio per intuire il messaggio recondito di questo tweet: ogni “comunista” è in fondo un assassino e merita di fare la fine di Battisti. Il vero desiderio del ministro “molti nemici molto onore” (1) è fare piazza pulita di tutti i “comunisti” che si ostinano a scendere in piazza contro di lui.
 
Perché tanto accanimento contro Cesare Battisti?
Come abbiamo scritto in diversi articoli pubblicati su questo sito, l’accanimento contro Cesare Battisti è un fatto che si spiega in un solo modo: la volontà di vendetta da parte dello Stato borghese (e dei suoi apparati) nei confronti di una stagione di lotte di massa – quella che va dal Sessantotto alla seconda metà degli anni Settanta – che ha messo in seria crisi la tenuta del dominio capitalista. 
Non si può giudicare il “caso Battisti” senza contestualizzarlo in quegli anni di duro conflitto di classe: anni che non si possono ridurre agli scontri armati tra organizzazioni terroristiche e apparati dello Stato. Non abbiamo qui la possibilità di approfondire questo argomento (2). Ci limitiamo a ricordare che tra il 1968 e il 1969 le più grandi fabbriche del Paese, con in testa la Fiat, furono letteralmente bloccate da scioperi prolungati, ripetuti fermi della produzione, assemblee e comitati permanenti: erano, di fatto, sotto ostaggio delle lotte operaie. Contemporaneamente, le piazze venivano invase da ondate di protesta che vedevano uniti studenti, operai e disoccupati. In Italia le mobilitazioni di massa e, soprattutto, le lotte operaie proseguirono anche negli anni Settanta: nella primavera del 1973 uno dei più grandi stabilimenti simbolo del Paese, che vantava profitti miliardari, la Fiat di Mirafiori, era occupato dagli operai sotto la direzione di attivisti dell’estrema sinistra (Lotta continua in primis). Per anni il contagio si è esteso a tutte le principali fabbriche del Paese, mettendo in seria difficoltà i profitti dei capitalisti nostrani. E’ in questo quadro che si diffusero e radicarono organizzazioni di “estrema sinistra” che si richiamavano, spesso confusamente e impropriamente, alla tradizione marxista in contrapposizione al Partito comunista italiano (completamente schiacciato su una linea di collaborazione di classe in ossequio ai dettami dello stalinismo): dalla già citata Lotta continua a Potere operaio, da Avanguardia operaia all’Autonomia operaia fino a Prima linea, ai Pac, ecc.
Una volta rifluite le lotte di massa, arrivò il momento di massima espansione delle organizzazioni che utilizzavano metodi terroristici. Pretendendo di sostituire la cospirazione di piccoli gruppi clandestini all’azione delle masse, facevano indirettamente il gioco della borghesia e dello Stato che ne approfittarono per accentuare l'utilizzo dei metodi repressivi da sempre strumento delle polizie di tutto il mondo. Venne tessuta una fitta trama fatta di infiltrati, agenti provocatori, tribunali e leggi speciali, accordi con la mafia, omicidi (e finti suicidi) di attivisti politici, collaborazione con gruppi fascisti… fino alle note stragi non a caso definite (nei tempi in cui esisteva ancora in Italia un giornalismo d’inchiesta degno di questo nome) “stragi di Stato”.
E’ in questo contesto che assume a tratti i caratteri di uno scontro aperto – un contesto fatto contemporaneamente di lotte operaie e studentesche, attentati, stragi, arresti e processi sommari - che va inserita la vicenda di Cesare Battisti. Battisti era uno dei tanti giovani che avevano deciso, a un certo punto, di intraprendere la strada del terrorismo: una strada estranea alla tradizione del marxismo e che bruciò allora un’intera generazione di attivisti politici. Noi siamo marxisti e, come Marx, non siamo pacifisti. Sappiamo che lo scontro di classe non può prescindere dalla violenza (che, parafrasando lo stesso Marx, è la “levatrice della storia”) e, per questo, rivendichiamo l’autodifesa delle lotte e la prospettiva rivoluzionaria. Ma pensiamo che senza le masse in mobilitazione la violenza di piccoli gruppi che tramano nell’ombra sia destinata al fallimento. Per questo siamo politicamente contrari ai metodi terroristici.
Ma l'accanimento contro Cesare Battisti non è motivato realmente dalla sua attività terroristica e non è rivolto contro un singolo uomo: è un accanimento contro tutta quella stagione di lotte operaie. L’arresto in stile hollywoodiano - con tanto di elicotteri, cecchini, agenti in divisa, ministri come palloni gonfiati, telecamere di tutto il mondo puntate – è evidentemente troppo per il caso a cui si riferisce. Stiamo parlando di una persona che non fa più militanza politica da decenni e che dagli anni Ottanta si è dedicato alla scrittura di romanzi noir: il vero trofeo di caccia non è lui. Nessuno dotato di ragione può veramente pensare che Cesare Battisti, anziano papà di un bimbo di cinque anni, sia oggi un personaggio pericoloso. E’ stato difeso persino da ministri e capi di Stato borghesi (ricordiamo che è stato in Francia sotto la protezione della “dottrina Mitterrand” (3) per diversi anni) e ha frequentato ambienti di intellettuali e scrittori.
Non abbiamo visto tanto accanimento contro criminali – quelli sì! – nazisti e fascisti rimasti impuniti per stragi di innocenti: persino il famigerato Priebke, responsabile dell’eccidio delle Fosse Ardeatine (335 morti!), una volta estradato in Italia ha avuto diritto a un processo, vergognosamente terminato con pochissimi mesi di prigione convertiti in arresti domiciliari in un lussuoso appartamento romano con abbondanza di permessi per partecipare a eventi mondani. Non abbiamo visto tanto accanimento contro fascisti come Roberto Fiore, che non ha scontato nemmeno un giorno delle pene a lui inflitte per banda armata e associazione sovversiva in quanto leader di Terza posizione, la banda che negli anni Settanta organizzava i settori più violenti della destra eversiva (4).
Da dove deriva, quindi, tanto accanimento verso Cesare Battisti - che dovrà subire un “ergastolo ostativo” senza alcuna possibilità di godere dei benefici concessi al nazista mai pentito Priebke né tantomeno dell’impunità di cui gode Roberto Fiore - se non dalla volontà dello Stato borghese di vendicarsi di una stagione di lotte troppo scomode per essere semplicemente archiviate?
 
La vera storia di Cesare Battisti
Come abbiamo ricostruito in numerosi articoli (5), Cesare Battisti non è affatto un feroce assassino come si cerca di dimostrare. Battisti venne inizialmente arrestato per gli “espropri proletari” (6). Uscito di prigione nel 1977, aderì ai Proletari armati per il comunismo, un'organizzazione che usava metodi cospirativi terroristici pretendendo di sostituirsi all’azione delle masse. Il fondatore dei Pac era Pietro Mutti, poi pentito, il principale accusatore di Battisti. Battisti fu arrestato di nuovo nel 1979, nell'ambito di una serie di retate a Milano in seguito all'omicidio di un gioielliere, Torregiani: si trattava di un caso di delinquenza comune che, come spesso allora accadeva, venne utilizzato per colpire il movimento milanese. Battisti fu accusato di coinvolgimento in questo omicidio e, fatto assurdo, di aver partecipato anche a un omicidio che avvenne lo stesso giorno quasi alla stessa ora a centinaia di chilometri di distanza (l'omicidio del macellaio Sabbadin, a Udine). È accusato anche senza prove di altri due omicidi e varie rapine. Nel 1981 riuscì a evadere dal carcere di Frosinone dove era rinchiuso e a fuggire prima in Francia, poi in Messico, per poi tornare nel 1990 in Francia, che inizialmente negò l'estradizione in Italia per la già citata dottrina Mitterrand. Dalla Francia è fuggito in Brasile nel 2004 dopo l’accoglimento della domanda d’estradizione da parte dell'Italia ai tempi del leghista Castelli ministro della Giustizia.
La condanna all'ergastolo (in contumacia, poiché Battisti non partecipò al processo) non si può comprendere se non la si colloca nel contesto delle leggi fortemente repressive del periodo. Ci saremmo aspettati che qualche giornalista “democratico” lo ricordasse, ma la canea reazionaria sembra in questi giorni aver pervaso anche le coscienze più "illuminate". Le cosiddette leggi speciali, inasprite in particolare da Cossiga agli inizi degli anni Ottanta, prevedevano e legittimavano pratiche in tempi di pace sociale stigmatizzate anche dalla borghesia di orientamento liberale: dall'uso spregiudicato dei processi in contumacia all'utilizzo su larga scala di ben poco affidabili dichiarazione di “pentiti” che ricevevano sconti di pena o l'assoluzione nel caso avessero denunciato loro ex compagni (ci sono anche numerose testimonianze di torture e minacce per estorcere pentimenti). Rispolverando vecchie norme del codice fascista mai abolite, ogni organizzazione o associazione politica dell'estrema sinistra diventava suscettibile di accusa di "associazione sovversiva". Un unico testimone (magari “pentito”) era ritenuto più che sufficiente per condannare militanti politici (si pensi al noto processo "7 aprile" o al caso Sofri). Era frequente l'arresto per "concorso morale" in omicidio. Il senso storico di tutto questo a noi appare chiaro: gli apparati dello Stato approfittavano del riflusso delle lotte operaie per "farla pagare" ad alcuni protagonisti delle proteste di quegli anni e soprattutto dare una lezione, a futura memoria, a tutti i lavoratori e gli operai che pensino di mettere in discussione con le lotte il sistema capitalistico e i suoi profitti…
È in questo contesto – e solo a partire da questo contesto – che possiamo comprendere la condanna e la persecuzione di Cesare Battisti, che ha sempre negato gli omicidi di cui è stato accusato e le cui "colpe" sono quelle di non aver negato la sua appartenenza ai Pac (da cui si allontanò nel 1978) che rivendicarono quegli stessi omicidi e di non aver fatto pubblica abiura del suo passato politico.
Dire oggi, come tutti fanno, a destra come a “sinistra”, che finalmente “giustizia è fatta” significa una cosa sola: rivendicare quella stagione di repressione violenta e indiscriminata da parte dello Stato borghese nei confronti dei movimenti di lotta degli anni Sessanta e Settanta (repressione condotta con il pretesto della “lotta al terrorismo”). Da parte nostra non ci stupiamo del fatto che la borghesia all'occorrenza decida di armarsi fino ai denti per difendere i propri interessi. Ma troviamo veramente disgustoso questo coro unanime da “caccia alle streghe”.
 
Le gravi responsabilità a sinistra
Che i partiti di estrema destra o razzisti celebrino l’arresto di Battisti e si esaltino per Bolsonaro è cosa scontata. Non ci sorprendono nemmeno le dichiarazioni di autorevoli esponenti del Pd (Renzi in testa) che da sempre sono stati in prima linea nella persecuzione di Cesare Battisti e negli attacchi alla classe lavoratrice. Ma ciò che non era scontato era l’atteggiamento servile e forcaiolo di esponenti di partiti e organizzazioni che si definiscono “di sinistra”. Dalla Boldrini a Fassina, tutti hanno brindato all’arresto in pompa magna organizzato da Salvini e Bolsonaro. Paolo Ferrero, di Rifondazione comunista, oggi rivendica l’amnistia ma si dimentica di ricordare che anche un governo di cui lui era ministro (quando Bertinotti era presidente della Camera) aveva richiesto l’estradizione di Cesare Battisti.
Soprattutto, non possiamo fingere – come fanno in molti – di non vedere il ruolo che ha avuto il presidente della Bolivia, Morales, in questa vicenda. Evo Morales, tra i principali esponenti del “socialismo del XXI secolo” (tanto celebrato anche in Italia da organizzazioni e partiti stalinisti, riformisti e semi-riformisti), ha gettato in un cestino la lettera a lui inviata da Cesare Battisti il 18 dicembre: in quel testo Battisti spiegava la persecuzione di cui è stato vittima e chiedeva che gli venisse riconosciuto lo status di rifugiato in Bolivia (dopo che l’ex presidente del Brasile Temer, per mano del magistrato Luiz Fux, aveva dato l’ordine di estradizione). Ma Morales ha preferito accordarsi in tempi rapidi con i “sovranisti” italiani: in poche ore ha consegnato il pacco regalo al ministro Salvini.
Come Lega Internazionale dei Lavoratori – Quarta Internazionale da sempre abbiamo costruito l’opposizione di sinistra e di classe al governo Morales, che non ha nulla di socialista se non il nome del partito che dirige. Queste ultime vicende ci confermano che avevamo ragione.
Concludiamo questo articolo rivendicando il fatto che la nostra organizzazione internazionale è tra quelli che la stampa e la magistratura hanno definito, in questi giorni di delirio mediatico, i “fiancheggiatori” di Cesare Battisti. Il Pstu, la sezione brasiliana della Lit-Quarta Internazionale, insieme col sindacato di base Csp Conlutas, in questi anni di esilio di Battisti in Brasile ha offerto sostegno e aiuto al “mostro”. Lo abbiamo fatto con convinzione, perché pensiamo che Battisti sia vittima di una vergognosa operazione di vendetta storica. Abbiamo sostenuto campagne internazionali per la sua libertà e continueremo a farlo. Battisti non è un militante: ha semplicemente diritto ad essere uno scrittore e un anziano papà libero. In Italia difendere il suo diritto alla libertà significa anche difendere la memoria di una stagione di mobilitazione operaie e di massa che auspichiamo possano ritornare: non accetteremo di veder tramutati quegli anni di lotte in un trofeo di caccia sul caminetto di Salvini.  
 
Note
(1) Il ministro dell’Interno Salvini a luglio ha citato Mussolini in un tweet provocatorio: “Tanti nemici tanto onore” ha scritto, riferendosi ai suoi critici.
(2) Rimandiamo agli articoli sul tema pubblicati sulla nostra rivista teorica Trotskismo oggi.
(3) La “dottrina Mitterrand” permise a molti rifugiati della stagione degli "anni di piombo" di ottenere il permesso di risiedere in Francia in cambio del rendersi visibili alle autorità e della rinuncia definitiva alla "violenza politica".
(4) Rimandiamo alla lettura di un articolo dell’Espresso dove si racconta la storia di Roberto Fiore: “è stato condannato per banda armata e associazione sovversiva come capo di Terza posizione, l’organizzazione che alla fine degli anni Settanta ha riunito alcuni dei criminali più violenti della destra eversiva. Dai ranghi di Terza Posizione è uscita una generazione di stragisti, assassini, rapinatori, sequestratori. Dichiarato colpevole in tutti i gradi di giudizio, Fiore avrebbe dovuto scontare almeno cinque anni e mezzo di reclusione. Invece è scappato all’estero. E a Londra ha fatto molti soldi con appoggi sospetti. Quando rientra in Italia, a quattro giorni dal 25 aprile 1999, è un uomo libero. Ricco. Pronto a guidare un nuovo movimento politico. Neofascista, razzista, pieno di criminali violenti. Come il precedente, ma con una sigla diversa”.
http://espresso.repubblica.it/inchieste/2017/12/15/news/soldi-oscuri-servizi-e-delinquenza-tutti-i-segreti-di-roberto-fiore-il-fascista-a-capo-di-foza-nuova-1.316175.
(5) Trovate qui alcuni nostri vecchi articoli pubblicati sul sito di Alternativa comunista (e tradotti in spagnolo e portoghese): https://www.alternativacomunista.it/politica/libert%E0%A0-per-cesare-battisti; https://www.alternativacomunista.it/politica/cesare-battisti-il-mostro-in-prima-pagina
(6) La pratica del cosiddetto esproprio proletario, consistente in rapine funzionali all’autofinanziamento delle organizzazioni politiche, era molto diffusa e praticata negli anni Settanta.

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