Partito di Alternativa Comunista

Caro Ferrando, il problema

di Francesco Ricci
 
Gli odierni appelli di Ferrando ai militanti del partito in difesa "dell'autonomia del Prc" contro i diktat di D'Alema e Prodi sulla sua candidatura risultano quanto meno grotteschi.
Certamente Bertinotti ha sacrificato Ferrando sulla via dell'alleanza di governo con Prodi e con i banchieri. Ma ciò che sembra smarrita nelle dichiarazioni di Ferrando è la consapevolezza che l'indipendenza del Prc è compromessa non per la sua eslcusione dal Senato ma appunto per la deriva governista che porterà tra qualche settimana ministri del Prc a sedere a fianco dei rappresentanti della Confindustria e delle Banche in un governo che parteciperà ad altre guerre, come già hanno fatto i governi D'Alema (Jugoslavia) e Prodi (Albania).
Se fosse stato candidato e poi eletto al Senato, Ferrando avrebbe dovuto votare la fiducia a Prodi. Questa era la richiesta esplicita di Bertinotti a cui Ferrando (nonostante i nostri ripetuti inviti) non ha mai opposto un rifiuto. Altro che "autonomia dai liberali"!
Questa personalizzazione esasperata della politica (per cui al centro di tutto pare esserci una poltrona di parlamentare e non la lotta di classe) è la conferma di quella deriva lideristica di Ferrando che la maggioranza dei quadri e dei militanti della sua ex area ha contestato e per cui ha rotto con lui, dando vita proprio nei giorni scorsi a una nuova area Progetto Comunista - Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori.
 
Non meno grotteschi sono gli odierni appelli di Ferrando a "rispettare la democrazia nel partito", appelli strumentalmente ripresi dai dirigenti delle minoranze (Cannavò e Grassi), interessati soltanto a guadagnarsi una visibilità mediatica.
Né Ferrando né Cannavò né Grassi, infatti, trovarono da ridire sul deficiti di democrazia quando al Cpn che varò le liste fu direttamente Bertinotti a scegliere la candidatura per la terza mozione, ignorando il parere contrario di 10 sui 17 rappresentanti di Progetto Comunista in Cpn. Anzi, Ferrando e Grisolia, nell'accettare l'offerta di Bertinotti, parlarono in quella occasione della vittoria di una "battaglia di democrazia per tutto il partito"; e accettarono persino di non votare contro le liste, limitandosi a una innocua astensione.
Bertinotti ha scelto Ferrando, Bertinotti lo scarica. In entrambi i casi solo in funzione della politica governista del partito. Nel primo caso per usare Ferrando (e l'impegno a votare la fiducia a Prodi) come copertura di sinistra; ora per garantire alla borghesia (e a Prodi e D'Alema che si apprestano a governare per conto dei padroni) la completa affidabilità ministeriale di Rifondazione.
 
Il "caso Ferrando" è in definitiva semplicemente l'ingenuo scivolone in una trappola giornalistica in piena campagna elettorale. La sua "trombatura" è il prodotto degli interessi convergenti del centrodestra (in cerca di presunti "scandali") e dei liberali dell'Unione (interessati a usare il Prc in funzione del contenimento delle lotte, al contempo pretendendo dal Prc un aspetto presentabile). Le sue dichiarazioni odierne, invece, ponendo al centro dell'universo la propria candidatura a senatore paiono smarrire il senso stesso di una decennale battaglia per l'indipendenza di classe dei comunisti: che certo non sarebbe stata garantita dalla presenza di Ferrando tra i senatori dell'Unione.
 
La contrarietà che ribadiamo alla candidatura di Ferrando muove quindi da ragioni diametralmente opposte a quelle della segreteria del Prc. Non certo per le posizioni espresse da Ferrando sull'Irak e sulla Palestina -che condividiamo pienamente- ma per la sua disponibilità a disciplinarsi nel gruppo parlamentare e a votare -laddove fosse stato eletto- la fiducia a Prodi. Disponibilità che noi abbiamo sempre rifiutato (anche quando si sceglievano le candidature) e che continuiamo a rifiutare anche ora, a fronte di notizie giornalistiche che parlano di una possibile candidatura di altri dirigenti della Terza Mozione. Lo ripetiamo: noi non saremmo stati, non siamo e non saremo mai disponibili a sostenere il governo Prodi-Montezemolo.
 
Per quanto ci riguarda, come Progetto Comunista - Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori, vogliamo riportare al centro della battaglia politica non una questione di poltrone parlamentari ma la difesa dell'opposizione di classe e il rilancio di una vera rifondazione comunista e rivoluzionaria. A partire dalla difesa incondizionata della resistenza irakena e del suo diritto a contrastare con ogni mezzo le truppe imperialiste. A partire dalla difesa della lotta palestinese, nella prospettiva rivoluzionaria per una Palestina laica e socialista. Con queste posizioni parteciperemo sabato prossimo, 18 febbraio, alla manifestazione indetta a Roma.

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