Partito di Alternativa Comunista

Chi siamo e cosa vogliamo (gennaio 2006)

ASSOCIAZIONE PROGETTO COMUNISTA:

I MOTIVI DELLA DIVISIONE IN DUE FRAZIONI, LA NASCITA E LA PROSPETTIVA DI

PROGETTO COMUNISTA RIFONDARE L'OPPOSIZIONE DEI LAVORATORI

 

Molti compagni ci chiedono maggiori informazioni sulla divisione che si è prodotta nell'Associazione Progetto Comunista. Non è semplice riassumere un dibattito che all'interno dell'Associazione dura da quasi due anni. Proviamo allora a indicare gli assi principali di una divisione che ha visto l'Associazione (circa 400 iscritti sui 3300 votanti dell'area) rotta più o meno in due, ma con la larga maggioranza del Direttivo nazionale (12 membri su 19) insieme a Ricci in opposizione a Ferrando e Grisolia (il Direttivo era l'organismo di direzione politica dell'Associazione, che ha organizzato la battaglia di Progetto Comunista negli ultimi tre anni, anche al VI Congresso del Prc).

Il dibattito è nato su singole vicende, su cui è impossibile tornare qui in poche righe, tutte comunque ruotanti attorno a un tema: quale prospettiva organizzata per i marxisti rivoluzionari? Un'Associazione dai contorni indefiniti, sia in termini politici che organizzativi, o un'organizzazione leninista d'avanguardia, su basi militanti e politicamente nette?

Ferrando e Grisolia, pur continuando a parole a riferirsi ai concetti politico-organizzativi del leninismo, hanno nel tempo iniziato ad assecondare elementi politicamente ambigui e lontani dal marxismo rivoluzionario. Questo si è tradotto nel tentativo contrastato dalla maggioranza dei dirigenti dell'Amr- di trasformare Progetto Comunista in un'organizzazione lassa, in cui veniva di fatto a scomparire ogni distinzione tra militanti e simpatizzanti, tra posizioni politiche coerenti e opportunismi di vario tipo (dalla mancata opposizione alle giunte di centrosinistra o l'ingresso in esse, è il caso di Matteo Malerba, ex dirigente di primo piano dell'Amr, a Vibo Valentia; fino ad accettare alleanze: con An e i radicali, come è il caso di presunti simpatizzanti ferrandiani di Avellino).

Il confronto non era tra una concezione "flessibile" e una concezione "settaria", che nessuno nell'Amr ha mai teorizzato o praticato (in questi anni, come sanno i compagni che con noi hanno partecipato a questa fase o che comunque ci hanno osservato, Progetto Comunista è stata partecipe di ogni lotta in ogni luogo ove era presente). Il tentativo di Ferrando e Grisolia di trasformare l'Amr in un calderone privo di reali discriminanti politico-organizzative, con organismi dirigenti svuotati dei loro ruoli e senza precisi criteri per l'adesione, aveva piuttosto lo scopo di assicurare una centralità assoluta e indiscutibile dei due leader. L'Associazione ha cioè vissuto negli ultimi due anni essenzialmente una deriva lideristica, a cui si sono opposti la larga maggioranza dei quadri e dei militanti più attivi, quasi tutti i giovani. Una deriva e una concezione in profondo contrasto col senso stesso della nascita (nel gennaio 2003 a Rimini, dopo un precedente percorso di anni) di un'Associazione fondata non per costituire un club di discussioni o l'ennesima setta intorno a un guru, ma con l'ambizione di lavorare alla costruzione di un partito rivoluzionario, a partire dalla battaglia nel Prc, luogo in cui obiettivamente (cioè al di là dei progetti governisti della sua maggioranza dirigente) si è concentrata in questi anni l'attività di una parte significativa dell'avanguardia di lotta e giovanile.


GLI OBIETTIVI ORIGINARI DELL'AMR

"Una rifondazione mancata", scrivevamo nel Manifesto (disponibile qui) a proposito di Rifondazione Comunista. Nato dalla crisi del riformismo, il Prc non ha saputo rispondere a quella crisi e ha viceversa ripreso a percorrere vecchie strade su cui tante volte è già stato battuto nei secoli scorsi il movimento operaio. L'ultima "svolta" -confermata dal VI Congresso- ha impresso una nuova accelerazione a questa marcia che porta solo in un vicolo cieco. Ciò in netta contraddizione con le potenzialità di alternativa che si sono espresse in questi anni e che hanno portato ad avvicinarsi al Prc migliaia di giovani alla ricerca di "un mondo nuovo" da costruire.

Impegnati quotidianamente nel partito, i militanti della nostra Associazione non si sono limitati a "criticare" una prospettiva organicamente riformista. Hanno lavorato in ogni movimento e mobilitazione. Dentro a una rifondazione mancata abbiamo lavorato per una rifondazione rivoluzionaria. Non nella logica di "pressione" sul gruppo dirigente nell'illusione di un suo ripensamento strategico: ma in un processo di raggruppamento delle migliori e più coscienti energie del partito.

 

LA BATTAGLIA CONTRO UNA DERIVA LIDERISTICA

La scomposizione di Progetto Comunista si è determinata a Rimini il 7 gennaio in occasione del Congresso nazionale dell'Amr, dove Ferrando e Grisolia hanno cercato di recuperare una maggioranza che non avevano ricorrendo ad alcune proposte di: revisione aritmetica dei voti, cooptando delegati anche da assemblee di non iscritti all'Associazione. Era l'esito di un percorso in cui per riguadagnare in ogni modo il controllo dell'Amr (in una concezione proprietaria) Ferrando e Grisolia hanno raggruppato attorno a sé quattro o cinque posizioni diverse, ognuna con una propria prospettiva per i prossimi mesi, ognuna con una diversa concezione dell'organizzazione, dei suoi scopi, delle sue posizioni su questioni fondamentali: dal sindacato alle primarie all'articolazione della nostra battaglia dopo l'entrata del Prc in un futuro governo Prodi.

Per fare solo qualche esempio, sul terreno sindacale sono state assecondate le posizioni di "autorevoli" dirigenti -con responsabilità nazionali in Cgil- che, in contrapposizione agli elementari presupposti per un intervento di classe nei sindacati, prima hanno accettato la piattaforma unitaria dei metalmeccanici (Fim, Fiom, Uilm) per il rinnovo del biennio economico del Ccnl (piattaforma insufficiente a recuperare il potere d'acquisto dei salari e che rappresenta un arretramento); successivamente nel Congresso Nazionale della Cgil, a fronte della collocazione critica di larga parte dei nostri compagni e compagne nella Rete 28 aprile (in quanto unica area che, seppur con grandi limiti, si è espressa contro la concertazione; area da cui passa necessariamente la costruzione di un'opposizione di classe in Cgil contro la burocrazia riformista), malgrado l'ordine del giorno presentato al congresso nazionale del Prc, le circolari, le decisioni del nostro ultimo Direttivo hanno sostenuto l'ex sinistra sindacale "Lavoro e Società" di Patta che insieme ad Epifani ha costituito il nuovo blocco concertativo di maggioranza nella Confederazione.

Sulle primarie, l'atteggiamento iniziale di Ferrando e Grisolia -disposti ad andare a votare per Bertinotti dichiarando di farlo solo per "disciplina di partito", di fatto assecondando quei dirigenti di Progetto Comunista che addirittura raccoglievano le firme per Bertinotti (v. Genova)- assume una luce nuova di fronte all'accordo di fatto stretto con la segreteria del Prc, accordo che prevedeva: una linea "più morbida" sulle primarie, un voto non contrario alle liste elettorali del Prc, in cambio di una candidatura sicura di Ferrando al senato. Ovviamente (si fa per dire) di questo accordo noi, come tutti i militanti e i simpatizzanti di Progetto Comunista, non eravamo stati minimamente informati. Anche in quell'occasione il "leader" (Ferrando) non ha ritenuto di doversi confrontare col gruppo dirigente della sua organizzazione.

Lo scivolone sulle primarie (l'ipotesi di un voto a favore di un breve odg di Bertinotti, premessa di un impegno nella campagna delle primarie) fu scongiurato solo grazie alla maggioranza del Direttivo nazionale e della delegazione in Cpn che si pronunciò per un voto contrario a quel testo: questa indicazione fu comunque ignorata da Ferrando e Grisolia che infine concordarono con Erre la non partecipazione al voto; scelta su cui anche noi ripiegammo per evitare una immediata rottura.

Il voto di astensione di Ferrando e Grisolia in Cpn sulle liste elettorali del Prc (contro cui abbiamo votato noi, l'area dell'Ernesto e Falcemartello) e l'impegno non smentito pubblicamente per il voto a favore al futuro governo Prodi non sono che l'ultimo atto di una serie di prese di posizione che hanno danneggiato la credibilità di Progetto Comunista.

E questi sono solo alcuni esempi che evidenziano la costanza di un metodo che è stato all'origine di una serie di crisi che Progetto Comunista ha vissuto negli anni anche precedenti la sua costituzione (nel 2003) come Associazione: dalle separazioni con i gruppi di Izzo (transitato per la mozione 4 e poi confluito in una prospettiva di costruzione locale) e poi di Malerba (passato direttamente all'area dell'Ernesto dopo aver giurato come assessore a Vibo) alla perdita complessivamente di metà degli eletti in Cpn al V Congresso.

La rimozione dei problemi politici, combinata con una pratica (seppure non teorizzata) federalista in cui si tende a voler lasciare alle situazioni locali una sorta di "libertà di fare" che implica un riconoscimento puramente passivo delle scelte democraticamente assunte a livello nazionale purché non vengano messi in discussione i ruoli dirigenti dei due "leader" (Ferrando e Grisolia); un reclutamento basato talvolta più sull'affidamento ai leader che sulla costruzione di una reale condivisione generale del progetto; l'esasperazione del dibattito interno e la reazione furibonda a qualsiasi rilievo critico come conseguenza dell'indisponibilità a un sano esercizio di autocritica del gruppo dirigente; sono tutti elementi che hanno contraddistinto la minoranza del nostro Direttivo, raccolta attorno a Ferrando.

A questa impostazione una ampia maggioranza del Direttivo ha opposto l'idea e la pratica di una Associazione basata sul rigore organizzativo, la capacità di dare traduzione concreta alla battaglia politica, la costruzione di un gruppo dirigente largo, con l'ingresso di tanti giovani, la suddivisione delle responsabilità tra tutti i militanti, una pratica di lavoro collettivo con responsabilità suddivise tra tutti i dirigenti, collegialità effettiva degli organismi (che è qualcosa di diverso dalla mera consultazione), senza liderismi, dove ognuno ragiona con la sua testa.

Non una contrapposizione tra "chiusura" e "apertura" ma tra un'organizzazione leninista di quadri (che aspira ad avere un'influenza di massa) e qualcosa di diverso che -di là dalle intenzioni- non può che essere un raggruppamento lasso -fatto cioè su basi non chiare- e quindi soggetto a continue crisi per localismi, opportunismi, personalismi.

 

NON BASTA UN SENATORE PER ROVESCIARE IL MONDO

In un'altra circolare (disponibile qui) e nella dichiarazione della maggioranza dei membri di Progetto Comunista al Cpn del Prc abbiamo chiarito la nostra posizione su questa vicenda.

Abbiamo contestato l'accordo diretto di Ferrando con Bertinotti, alle spalle del gruppo dirigente chiamato alla scelta ma anche di tutta l'area; abbiamo rifiutato la scelta di accettare condizioni pesantissime poste dai bertinottiani: a partire dal tentativo di vincolare Progetto Comunista alle primarie; passando per il voto di astensione alle liste elettorali (in dissenso con la maggioranza dei membri in Cpn di Progetto Comunista, e facendosi scavalcare a sinistra dall'Ernesto); fino all'accettazione sottolineata da Bertinotti in Cpn- della disciplina del futuro gruppo parlamentare, a partire dal voto di fiducia al governo Prodi.

A Ferrando diciamo: Lenin con una celebra parafrasi sosteneva: "datemi un partito e rovescerò il mondo". Ad essa non si può sostituire il motto "datemi un parlamentare e rovescerò il mondo". Non ne facciamo una questione di moralismi o di cretinismo anti-parlamentare. La tribuna parlamentare può essere se non è vissuta come l'orizzonte della battaglia- un utile strumento accessorio per dei rivoluzionari. Ma essa non può essere conquistata al prezzo di compromessi squalificanti. E' necessario dire ora: l'eventuale senatore voterà o no la fiducia a Prodi? Non ci si può nascondere dietro giochi di parole o rilanciare l'illusione che "il partito ci ripensi" (v. intervista di Ferrando al Corriere della Sera). Bisogna decidere da che parte stare. L'unico che fa in tempo a "ripensarci" è Ferrando.

 

LA NOSTRA PROSPETTIVA

La costruzione di una organizzazione d'avanguardia, con l'ambizione di costruire un'influenza di massa, non è mai stata una cosa semplice. Non è la "prospettiva Nevsky", si diceva una volta. Nella storia ogni tentativo (riuscito o fallito) è passato attraverso processi di scissioni e fusioni. Su questa via difficile -che non ammette scorciatoie- si sono fermati anzitempo tanti militanti e dirigenti, più o meno illustri.

Per quello che ci riguarda, intendiamo proseguire la nostra lotta. Ci aspetta nei prossimi mesi una gigantesca battaglia, resa certo più difficile dalla separazione che si è determinata in Progetto Comunista.  Ma resa comunque possibile dal fatto che la maggioranza dei militanti reali di Progetto Comunista e la quasi totalità dei suoi giovani sta con noi e non pensa che il marxismo rivoluzionario in Italia nasca o muoia con Marco Ferrando o con un qualsiasi "leader".

Il partito in cui siamo cresciuti in questi anni, il Prc, è alla vigilia di una svolta definitiva: quell'approdo (largamente probabile) in un governo borghese che i suoi gruppi dirigenti hanno tenacemente perseguito fin dalla sua fondazione e contro cui i rivoluzionari del Prc hanno condotto una lunga battaglia tesa non tanto a "riformare i riformisti" (questo è quanto hanno cercato di fare vanamente e continueranno a fare anche dopo il giuramento dei ministri di Rifondazione- i centristi come Erre) quanto piuttosto mirata a raggruppare attorno al progetto di una rifondazione realmente comunista centinaia di militanti. Il completamento bertinottiano della rifondazione di una forza socialdemocratica tradirà definitivamente le aspettative e gli sforzi di migliaia di militanti: ma al contempo libererà uno spazio occupato abusivamente. Il nostro compito dei prossimi mesi sarà offrire alla più larga area possibile di militanti e simpatizzanti del Prc ed esterni al Prc un'alternativa alla collaborazione di classe prospettata seppure con articolazioni differenti- tanto da Bertinotti quanto dai suoi critici riformisti (l'Ernesto).

Lavoreremo per raccogliere le tante energie militanti che abbiamo incontrato nel congresso, che -di là dalle provenienze individuali- hanno con noi condiviso e condividono la necessità di contrastare la dissoluzione del Prc come forza di classe e dunque di salvaguardare la presenza di una opposizione a ogni governo della borghesia.

 

A tutti coloro che oggi convergono sugli indirizzi di fondo di Progetto Comunista e che cercano un orizzonte di rivoluzione fuori da ogni logica governista (o di mera e sterile critica movimentista al governismo), a tutti chiediamo di partecipare con noi, nel vivo della lotta politica e sociale, all'accumulazione delle forze per una rifondazione rivoluzionaria. Iniziando dal compito odierno di rafforzamento di Progetto Comunista Rifondare l'opposizione dei lavoratori, come strumento organizzato di questo progetto realmente ambizioso. Un progetto che può apparire impossibile: specie a chi crede "realistico" il sostegno all'alternanza borghese a fronte della barbarie capitalistica. Un progetto che ha invece davanti uno spazio politico nuovo e più ampio di costruzione e che ha bisogno dell'impegno quotidiano di centinaia di militanti rivoluzionari.

 

Il coordinamento provvisorio eletto al Congresso nazionale Amr (7 gennaio 2006) dai delegati del documento presentato da Ricci e altri (maggioranza del Direttivo di Progetto Comunista).

 

 

I delegati che hanno sostenuto il documento ed eletto il coordinamento provvisorio sono:

 

Ivan Alberotanza (Chieti); Roberto Angiuoni (Roma); Patrizia Artizzu (Cagliari);

Vanessa Atzori (Cagliari); Riccardo Bocchese (Vicenza); Alberto Cacciatore (Latina); Giacomo Di Leo (Messina); Amina Elmersi (Roma); Fabio Alfonsetti (Brindisi); Alberto Faccini (Pescara); Francesco Fioravanti (Roma); Enrica Franco (Pesaro); Nicola Fumarulo (Barletta); Pia Gigli (Latina); Pasquale Gorgoglione (Barletta); Peppe Guarnaccia (Salerno); Raffaella Lettieri (Salerno); Alberto Madoglio (Cremona); Ruggero Mantovani (Latina); Antonino Marceca (Venezia); Davide Margiotta (Pesaro); Alessandro Mazzolini (Cremona); Cristian Nobili (Milano); Enrico Pellegrini (Venezia); Giovanni Pierri (Salerno); Luigi Pisci (Nuoro); Ingmar Potenza (Catania); Francesco Ricci (Cremona); Michele Rizzi (Barletta); Nicola Scarlino (Barletta); Mirko Seniga (Cremona); Giuseppe Spadaro (Barletta); Andrea Spadoni (Roma); Leonardo Spinedi (Roma); Fabiana Stefanoni (Milano); Valerio Torre (Salerno); Andrea Vallerini (Lecce); Sabrina Volta (Cremona)

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