Partito di Alternativa Comunista

DI QUALE PARTITO ABBIAMO BISOGNO

DI QUALE PARTITO ABBIAMO BISOGNO

Perché ho lasciato il PCL di Ferrando per aderire ad Alternativa comunista.

 

 

di Cosimo Puce

(ex coordinamento nazionale Pcl)

 

Oscar Wilde sosteneva che "l'esperienza è il tipo più difficile di insegnante: prima ti fa l'esame, poi ti spiega la lezione" ed è, in qualche modo, quanto ho potuto verificare personalmente nell'esperienza politica che ho vissuto dapprima nell'ultima fase dell’Associazione Progetto Comunista e poi successivamente nel breve periodo come dirigente del Pcl.

Esperienza che comprende grosso modo un periodo che va da ottobre 2005 a gennaio 2007, data in cui decisi di rassegnare le dimissioni dal Coordinamento Nazionale e dal Pcl, iniziando così un percorso di riflessione politica.

 

L'Associazione Progetto Comunista e le due linee a confronto

Quando all'epoca (ottobre 2005) scoppiò la questione interna all'Associazione Progetto Comunista e fu subito chiaro a tutti che vi erano due visioni interne opposte e ben distinte sulla costruzione del partito comunista rivoluzionario, ed in vista della oramai imminente conferenza nazionale dell'Associazione che si teneva a Rimini, la base militante dell'organizzazione si schierò tra chi sostenne la minoranza del Consiglio Nazionale (anche se maggioranza in Direttivo Nazionale) che rivendicava una linea coerentemente leninista e che faceva riferimento al compagno Ricci, e chi invece preferì continuare a dare credito alla figura del compagno portavoce nazionale dell'Area, Ferrando che era per un tesseramento più largo, e sostanzialmente senza disciplina interna.
I compagni che da tempo erano inseriti nell'Associazione ebbero modo di cogliere nelle denunce dei dirigenti "ricciani", tutti i corretti richiami volti al disperato tentativo di incanalare l'organizzazione sui binari del leninismo, in prospettiva anche e soprattutto dell'inevitabile scissione dal Prc che da lì a pochi mesi si sarebbe realizzata. Altri invece, che magari erano da poco entrati nell'Associazione, o addirittura entravano in quel periodo (come lo scrivente) interpretarono la volontà di scindere e quindi di fatto spaccare l'Associazione, non come una necessità ineluttabile per ricominciare dai soggetti sani, ma come un suicidio politico senza speranza di riuscita e con la certezza che si sarebbe andati ad ingrossare la lista degli innumerevoli partiti e partitini settari che compongono la galassia extra-parlamentare di sinistra. Inoltre, specie tra i nuovi entrati e comunque in coloro che avevano una formazione politica meno definita, o se vogliamo ancora confusa, si fece largo l'idea del "tradimento" nei confronti del leader maximo. Confesso che Oscar Wilde in quel caso avrebbe visto giusto.
Di quella cecità che molti mostrammo di avere allora, la mancanza d'esperienza unita ad una trascurabile formazione teorico-politica di per sé precaria, costituirono l'elemento di congiunzione che univa compagne e compagni del tutto diversi tra loro sul terreno del programma politico rivoluzionario, ma uniti nella difesa di colui che si materializzava a quegli occhi come il padre di quella "cosa" e come tale andava difeso a prescindere; anche se, col senno di poi, quegli attacchi si è visto non contenevano nulla di personale ma miravano piuttosto a demolire quel sistema di aggregazione dei militanti che si traduceva spesso nell'allegra gestione del tesseramento, e che la maggioranza del Cn di allora aveva regolato da tempo sulla base di semplici accordi verbali con il leader reclutando così di tutto e di più -e senza porre nessuna discriminante politica se non la condivisione totale ed esclusiva di tutto ciò che i leader enunciavano, e soprattutto senza che si realizzasse quel radicamento locale dei militanti nelle lotte e nelle mobilitazioni sul territorio, che restavano invece in attesa di ciò che il leader nazionale produceva a mezzo comunicato stampa.
L'esatto opposto del bolscevismo nella costruzione e nella strutturazione di un'organizzazione leninista. L'esatta fotocopia invece, di ciò che si è ricreato nell'attuale Pcl.
Da lì a poco maturò la scissione interna all'Associazione dalla quale, dopo l'uscita dal Prc (aprile 2006), le forze militanti giovani e la maggior parte dei dirigenti nazionali diedero vita ad una organizzazione comunista d'avanguardia che li portò, nel giro di pochi mesi, al Congresso Nazionale di fondazione dell'attuale Partito di Alternativa Comunista. Il resto degli iscritti di allora, tra cui lo scrivente, rimase all'ombra del leader sino all'uscita dal Prc, nel maggio 2006, con il miraggio di quel partito comunista rivoluzionario che diveniva realtà gettando così, finalmente, le basi per la sua costruzione.

 

Il Pcl : organizzazione leninista o aggregazione mista?

Nella fase costituente del movimento che si aprì nel giugno 2006 e che avrebbe dovuto portare -secondo le intenzioni del leade - alla nascita del Pcl sbarcando finalmente al congresso di fondazione, molti erano gli elementi che aprivano la strada a dubbi e a incertezze sulla reale volontà di costruire una vera organizzazione leninista da parte di questo leader e del suo stretto collaboratore e consigliere, Grisolia.
La prima cosa che mi colpì fu la leggerezza con la quale si chiedeva a tutti quei compagni che come me erano responsabili di una provincia, di avere sempre bene in mente due priorità: i contatti con la stampa locale, e l'elargire il numero più alto possibile di tessere a tutti coloro che ne facessero richiesta o che comunque venivano a contatto con noi, ponendo solo apparentemente, come strumento di selezione, l'accettazione dei famosi 4 punti programmatici.
Avere uno stretto contatto con i mezzi di informazione di per sé non era certo una cosa negativa; se per stretto contatto s'intende ad esempio, la possibilità di avere più spazi per far conoscere il nostro programma, o per dare risalto alle lotte e alle mobilitazioni in cui si era presenti. Ma invitare la stampa ad un'assemblea pubblica solo perché c'era Ferrando, quando poi era pressoché deserta dal punto di vista della partecipazione, non era certo cosa buona, così come non mi sembrava cosa buona per un leader che, tra una presenza da Funari, e un incontro pubblico già organizzato da un gruppo di giovani universitari di un'associazione barese, si sceglieva di declinare all'ultimo momento, l'invito dei giovani che peraltro avevano anche speso un botto in manifesti e pubblicità, per sedersi invece su una poltrona in tv; ma loro ci facevano notare che l'importante comunque era che vi fosse sempre la possibilità di intervistare il leader, magari tentando anche di evitare di fare inquadrare la platea quando fosse stata deserta...
Ricordo un esempio eclatante a tal proposito che si verificò in pieno lancio del movimento costitutivo, quando in un paese del Basso Salento, terra di una coppia di anarchici (unico riferimento ferrandiano rimasto in Puglia), ad un' assemblea pubblica da loro stessi organizzata non si presentò nessuno, tanto che lo stesso Ferrando non potè fare a meno di rasserenarli: "vorrà dire che faremo una chiacchierata tra di noi" su una piazzetta desolatamente vuota e la gente che ci passava accanto senza nemmeno fermarsi a vedere chi fosse; tutto questo nonostante - stando al curioso tesseramento di quel paese vanto della coppia di anarchici - vi fossero una ventina di giovani iscritti militanti! La fortuna volle che la troupe di una TV privata di Lecce da me contattata per l'occasione, per un loro inconveniente tecnico fu impossibilitata a raggiungerci laggiù.
Sul tesseramento poi non si poteva dir nulla.
Alcune volte intervenivo per far presente al Nazionale che si stavano ricreando situazioni molto vicine ai cammellaggi di Rifondazione, ma loro rispondevano che eravamo in una fase di movimento costituente, che era normale raccogliere tutto ciò che si poteva, e che in ogni caso poi ci sarebbe stata una cernita al congresso di fondazione, ecc ecc
Tutto questo ha prodotto il risultato che oggi è sotto gli occhi di tutti.
Un insieme di tesserati isolati e passivi. Pressoché nessuna presenza attiva come partito nelle lotte e nelle mobilitazioni locali. Un insieme di iscritti di varia provenienza passata ma soprattutto di varia e differente direzione futura. Gomito a gomito tra pseudo-trotskisti, marxisti-leninisti, maoisti e come detto anche anarchici. L'internazionalismo visto tra chi lavorava per la rifondazione della Quarta Internazionale, e chi diceva di non sapere che farsene di una nuova Internazionale; tra chi era per un partito leninista e chi si rispecchiava nella figura di Malatesta, noto anarchico italiano, chi ancora in Bakunin, e chi difendeva le posizioni assunte dal Poum!
Talmente anarchici e talmente libertari quest'ultimi, che non solo tesseravano fratelli, sorelle e passanti, ma poi come prevedibile, molto spesso capitava che non pagavano le tessere, e tantomeno i giornali che io ero poi costretto ad accollarmi.
Anche qui, dal Nazionale le risposte erano sempre evasive; anzi per concludere, quei soggetti sono gli stessi che non solo non hanno subito nessuna "cernita" dopo il Congresso, ma che nella lista dei candidati alle politiche per il Pcl, per esempio, occupavano i primi posti insieme a fratelli, sorelle e passanti vari.
Davvero un bell'esempio di partito comunista rivoluzionario!

 

L'Alternativa è solo Comunista.

Nel mio percorso di riflessione, e dopo questa esperienza che non a caso ho definito menscevica, ho concentrato il mio interesse su quello che mi sembra essere l'unica organizzazione oggi in Italia che punti alla costruzione di un partito di militanti inseriti nelle lotte, un partito di tipo bolscevico.
Oggi più che mai occorre stare dalla parte giusta. Diffidare da organizzazioni che si costruiscono, come visto, sul lassismo, senza disciplina interna, senza distinzione tra militante e simpatizzante, senza un vero programma di rivendicazioni e di lotta condiviso da tutti, senza un collegamento importante e solido con organizzazioni internazionali che lottano come noi nei loro rispettivi paesi e che condividono un programma comune internazionale, con un solo adulato guru che parla e decide la linea per tutti invece di un gruppo dirigente più largo e collettivo che lavora, e non semplicemente partecipa in trasmissioni televisive sui giornali amici con dichiarazioni roboanti e proclami ad eserciti formati da numeri che poi non esistono. Occorre svoltare:
"E' arrivato il momento di costruire un partito autonomo.
Dobbiamo fondare un partito che si contrapponga ai partiti pseudo-comunisti che abusanodella parola comunismo per ingannare le masse e che operano invece in accordo con le classi dominanti. Dobbiamo costruire un partito che rappresenti gli interessi dei lavoratori. Un partito con un programma rivoluzionario, nel quale gli obiettivi e i mezzi per raggiungerli siano scelti con intransigenza e fermezza incrollabile. Un partito nel quale tutto sia in funzione degli interessi della rivoluzione socialista." Karl Liebknecht (1918).
Questo è il Partito di Alternativa Comunista cui tutti i sinceri comunisti, ovunque finora collocati, dovrebbero cominciare a guardare se sono interessati a continuare il lavoro che Lenin, Trotskij e tanti altri marxisti rivoluzionari hanno iniziato. Da qui voglio ripartire anche io per costruire la ribellione e contribuire al rovesciamento di questo stato di cose. Questo è il partito a cui io sono interessato.

 

 

 

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