Partito di Alternativa Comunista

DIFENDIAMO LA FALCEMARTELLO

LA SINISTRA GOVERNISTA HA FALLITO

RIPARTIAMO DALLE LOTTE

 RENDIAMO VISIBILE L'OPPOSIZIONE DI CLASSE ANCHE IN CAMPAGNA ELETTORALE

DIFENDIAMO LA FALCEMARTELLO,

SIMBOLO DEI LAVORATORI

 

odg del Comitato Centrale PdAC 11 febbraio 2008

 

 

1. Dopo due anni di politiche di guerra sociale contro gli operai, i disoccupati, gli immigrati, dopo due anni guerra militare contro i popoli oppressi, il governo Prodi è caduto per uno scontro tutto interno al "pollaio del parlamentarismo borghese".

A nulla sono valsi gli appelli "disperati" di Montezemolo, della grande borghesia, della Chiesa, che hanno cercato fino all'ultimo un rinvio delle elezioni, sia per ottenere una legge elettorale che garantisca la stabilità dei governi di alternanza -e dunque l'efficacia delle loro politiche contro i lavoratori- sia per evitare la probabile sconfitta del centrosinistra in elezioni a breve termine. Infatti, i settori principali della grande borghesia industriale e finanziaria da sempre preferiscono che a governare sia il centrosinistra perché è, tra i due poli, quello meglio in grado di garantire contemporaneamente la crescita di sfruttamento e profitti e la diminuzione delle ore di sciopero e del tasso di combattività dei lavoratori, grazie al ruolo traditore delle burocrazie sindacali e socialdemocratiche.
La crisi di governo porta ulteriormente alla luce l'intreccio inestricabile di sfruttamento e corruzione e la putrescenza del sistema capitalistico che per aumentare i profitti di un pugno di persone continua a produrre massacri tanto nelle fabbriche come sui fronti delle guerre coloniali, distruggendo nel frattempo il pianeta.

 

2. Il fallimento del capitalismo, a ogni latitudine, trascina con sé anche il fallimento di ogni presunto tentativo di "riformare" questo sistema o di governarlo "diversamente".
L'intera esperienza storica del movimento operaio degli ultimi due secoli, senza una sola eccezione, ha dimostrato l'impossibilità di conciliare gli interessi di sfruttatori e sfruttati, di padroni e operai. I dirigenti della sinistra governista, pur essendo consapevoli di tutto ciò, per garantire i loro interessi burocratici e potersi sedere su qualche poltrona vellutata, hanno cercato di cancellare l'esperienza storica e di mascherare questa verità elementare, diffondendo a piene mani illusioni su una possibile "grande svolta riformatrice". Anche questa volta, invece, l'esperienza concreta ha dimostrato che non solo non si è fatto un passo avanti verso un'alternativa di sistema, non solo non si sono guadagnate a tavolino delle concessioni, non solo non si è fermato Berlusconi (si è anzi favorito il suo ritorno) ma, nella "pace sociale" e nel riflusso dei movimenti, la borghesia ha imposto le sue politiche e una regressione generale dei lavoratori: misurabile anche solo nel crollo del potere d'acquisto dei salari, combinato con uno sviluppo impetuoso dei profitti.

 

3. I dirigenti di questa ennesima disfatta per i lavoratori, i vertici della sinistra governista (Prc, Pdci, Sd, Verdi) fingono di non vedere il bilancio fallimentare della loro politica, assicurano che la "grande svolta" era dietro l'angolo (bastava aspettarla ancora un po'...) e riprendono, incuranti di tutto, a seminare illusioni sulla prossima volta e sulla futura "redistribuzione sociale" che è mancata questa volta. La "cosa rossa" di Bertinotti si presenterà, suo malgrado, formalmente da sola alle prossime elezioni. Ma il progetto è quello, nel caso di una vittoria elettorale, di rilanciare l'alleanza di governo con il Pd e garantire un nuovo governo dei banchieri. In caso di vittoria di Berlusconi, la Sinistra arcobaleno e il Pd aspetteranno che il pendolo dell'alternanza torni sulla loro casella, governando nel frattempo insieme nelle grandi città (a partire da Roma) e in tante regioni, sempre sulla base dei programmi dettati dalla Confindustria. A suggello di questa vocazione "responsabile", di forza di governo, la socialdemocrazia è disponibile anche a rinunciare ai simboli che per due secoli hanno contraddistinto le lotte del movimento operaio: la falce e martello.

 

4. Comunque vadano le prossime elezioni, quale che sia il polo dell'alternanza che vincerà, a governare saranno comunque le politiche dei padroni. Tanto Veltroni come Berlusconi cercheranno di fare pagare la crisi economica del capitalismo alle classi sociali più deboli. Per questo i lavoratori e le loro organizzazioni politiche e sindacali devono, nella piena autonomia di classe, ricostruire l'opposizione, ripartendo dalle lotte e dalle mobilitazioni.
Il baricentro va ricercato nelle piazze e nei luoghi di lavoro, nella ripresa della conflittualità operaia che è stata soffocata in questi due anni per l'assenza di un grande sindacato di classe e di un partito comunista con influenza di massa. Occorre unire i lavoratori, i precari, i disoccupati, attorno a una piattaforma rivendicativa che rovesci tutte le politiche sociali e militari dei governi di centrodestra e centrosinistra che si sono alternati in questi anni.

 

5. Il nostro partito è nato poco più di un anno fa, da una scissione di Rifondazione Comunista, proprio per costruire un progetto autonomo e contrapposto alla deriva governista di quel partito. Le nostre analisi sono state confermate dai fatti: non c'è governo amico dei lavoratori nel capitalismo, non c'è possibilità di "condizionare" i governi della borghesia, il ruolo dei comunisti è sviluppare l'opposizione a ognuno di questi governi per preparare i rapporti di forza necessari a rovesciare questo sistema sociale e i suoi governi e aprire la strada a un governo degli operai per gli operai.

 

6. A partire da questa analisi e dalla centralità delle lotte nei luoghi di lavoro e nelle piazze, abbiamo valutato la possibilità di utilizzare la scadenza elettorale per amplificare la battaglia dell'opposizione di classe. Per questo, già da diverse settimane, abbiamo proposto a tutte le organizzazioni che si collocano a sinistra della "cosa rossa" e che si dichiarano indisponibili a governare col Pd di formare un blocco elettorale per sostenere una lista dell'opposizione di classe ai due poli dell'alternanza.
Consapevoli delle differenze non secondarie che ci dividono (e che non abbiamo mai nascosto e che non abbiamo proposto di nascondere nemmeno in campagna elettorale) -noi non condividiamo, ad esempio, i progetti di partito leggero, di semplici iscritti, a cui lavorano altri; o la diluizione dei comunisti in "reti anticapitaliste", come sta facendo la Lcr in Francia e in Italia Sinistra Critica- abbiamo proposto a tutti di mettere da parte i riflessi settari e riconoscere che, vista la limitatezza delle forze in campo, una unione tattica avrebbe consentito un risultato maggiormente visibile e la presentazione su tutto il territorio nazionale.

 

7. La nostra proposta ha raccolto il favore di molti compagni (come testimoniano anche soltanto la diffusione che essa ha avuto e i dibattiti che ha innescato). Ma negativa è stata la risposta delle altre due organizzazioni nate come noi in questi mesi a sinistra del Prc: Sinistra Critica e Pcl di Ferrando, che hanno deciso di andare al voto in solitudine.
Il leader del Pcl, Ferrando, ignorando il dibattito che si è sviluppato a sinistra della Cosa rossa, ha proclamato da subito che "correrà" da solo e ha invitato tutti gli altri a raggrupparsi attorno al suo simbolo. Sinistra Critica, che inizialmente sembrava consapevole del fatto che nessuno è autosufficiente sul terreno elettorale, ha lanciato una proposta di "lista antagonista": ma la traduzione concreta, poi spiegata dai proponenti, sarebbe una lista denominata Sinistra Critica, cioè nient'altro che la lista della loro organizzazione.
Nessuno ha dunque raccolto la sola proposta realmente unitaria, da noi avanzata, che consisteva nell'unificare le forze e, nel rispetto della reciproca autonomia, presentare una sola lista comune concordata -ovviamente non sotto il simbolo e il nome di una sola delle tre organizzazioni.

 

8. In questo quadro, consapevoli delle difficoltà di visibilità in campagna elettorale e delle difficoltà anche meramente pratiche che ricadranno moltiplicate su tutte le organizzazioni, vista la necessità di raccogliere in poco più di due settimane decine di migliaia di firme (in quanto la legge elettorale antidemocratica impone questo requisito ai partiti non presenti in parlamento con un proprio gruppo), non ci sottrarremo ai nostri compiti.

Il Partito di Alternativa Comunista presenterà proprie liste alle elezioni ovunque possibile. Risponderemo agli attacchi dei padroni ai lavoratori, alle leggi precarizzanti e razziste, alle politiche di guerra di entrambi gli schieramenti, alla messa in discussione del diritto di aborto e alle ingerenze del Vaticano presentando candidati operai, giovani, precari, donne. La nostra candidata alla presidenza sarà una giovane donna, lavoratrice precaria, Fabiana Stefanoni.

 

 

 

 

 

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