Partito di Alternativa Comunista

Dopo i 12 punti di Prodi

Dopo i 12 punti di Prodi
"LIBERALIZZAZIONI" E GRANDE CONCERTAZIONE
 
 
di Antonino Marceca
 
Il 22 marzo 2007 il governo ha dato avvio al tavolo di concertazione - pensioni, mercato del lavoro, pubblico impiego – con le associazioni padronali e i sindacati. L’unico sindacato, che pur presentando i requisiti di legge sulla rappresentatività nel pubblico impiego, non è stato ammesso è la RdB Cub. Di fronte a questa esclusione la RdB Cub per protesta ha occupato il Ministero della funzione pubblica.
Sono quindi seguiti i tavoli tematici: il 28 marzo su pubblica amministrazione, il 29 marzo su produttività e competitività, sistema delle tutele, mercato del lavoro e previdenza. Il vicepresidente di Confindustria, Alberto Bombassei, appena tre giorni prima  dell’inizio ufficiale del tavolo di concertazione è ritornato a chiedere, dopo la sconfitta subita nel 2002, l’abrogazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, la flessibilità in uscita garantita dalla libertà padronale di licenziare. Con tutta evidenza si tratta di un’entrata a gamba tesa nella trattativa, forte del sostegno sia del governo che della Commissione dell’Unione Europea che nel libro verde sul lavoro chiede la totale disarticolazione dei diritti dei lavoratori.
Nelle intenzioni di Confindustria c’è il proposito di intervenire sui modelli contrattuali, sul salario, sugli orari di lavoro, sui diritti e sulle tutele dei lavoratori. L’obiettivo dichiarato è quello di svuotare di contenuti il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro a favore della contrattazione aziendale, utilizzando la detassazione degli aumenti salariali a questo livello, in modo tale da introdurre la diversificazione salariale tra le aziende e i territori (le gabbie salariali), riducendo la parte fissa e garantita del salario a favore della parte variabile. Sugli orari l’obiettivo padronale è quello di svuotare di ogni potere negoziale le Rsu aziendali e per questa via assumere il totale controllo sull’orario. In tema di flessibilità in entrata il direttore generale di Confindustria, Maurizio Beretta, ha ribadito la totale contrarietà padronale a rinunciare al pacchetto Treu e alla Legge 30, dicendosi disponibile a discutere la proposta del ministro del Lavoro, Cesare Damiano, sugli ammortizzatori sociali.

Il governo partecipa al tavolo con l’obiettivo di continuare a tagliare la previdenza pubblica e le risorse destinate alla pubblica amministrazione. Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, intervenendo all’apertura del tavolo ha voluto ribadire la necessita di assicurare, in tema di previdenza, l’equilibrio finanziario dello Stato attraverso “una periodica revisione dei coefficienti di trasformazione e un innalzamento graduale dell’età pensionabile” portando ad esempio le misure attuate dai governi europei. Attraverso la revisione dei coefficienti le pensioni subiranno una decurtazione del 6-8 %, mentre lo scalone di Maroni sarà sostituito dalla scala tutta in salita di Damiano. Non c’è dubbio che dopo l’avvio dei Fondi pensioni, attraverso il furto del Tfr, il governo, gli imprenditori e le burocrazie sindacali considerano, per evidenti interessi materiali, ormai residuale la copertura pensionistica pubblica.

Le burocrazie sindacali di Cgil, Cisl e Uil partecipano al tavolo sulla base di un “documento unitario su welfare, sviluppo e pubblico impiego”, presentato il 6 febbraio a Roma, privo di qualsiasi piattaforma sindacale di fase in grado di difendere gli interessi immediati dei lavoratori. Anzi il documento chiede al governo di affrontare i problemi di produttività ed efficienza del sistema economico capitalistico e della pubblica amministrazione, di estendere la previdenza integrativa ai pubblici dipendenti, scippando il loro Tfs dopo aver scippato il Tfr dei lavoratori del settore privato. Per il resto si tratta di un documento di estrema vaghezza aperto a qualsiasi compromesso. Non a caso le prime dichiarazioni degli esponenti più rappresentativi di Cgil, Cisl e Uil accolgono nella sostanza le richieste di governo e associazioni imprenditoriali: dalla disponibilità all’aumento dell’età pensionabile all’accettazione di detassare gli aumenti salariali in ambito aziendale.
 
Il crescente malessere operaio e popolare
Tanta disponibilità deve comunque fare i conti con il crescente malessere dei lavoratori: il contratto nazionale dei lavoratori pubblici è scaduto il 31 dicembre 2005, oltre 400 mila lavoratori del settore sono precari; nelle ferrovie si annunciano aumenti delle tariffe e nuovi esuberi, almeno 10 mila, dopo che l’azienda in quindici anni è passata da 220 mila a 95 mila addetti; l’ultimo pacchetto Bersani sulle liberalizzazioni, oltre a colpire la piccola borghesia commerciale e artigianale (parrucchieri, estetiste), all’articolo 13 apre agli investimenti privati nelle scuole pubbliche “finalizzati all’innovazione tecnologica, edilizia scolastica e offerta formativa” prevedendo la loro partecipazione al “consiglio d’istituto e della giunta esecutiva delle istituzioni scolastiche”, mentre all’articolo 12 si occupa della TAV; a seguire il Disegno di legge Lanzillotta sulla privatizzazione dei servizi pubblici locali.

Proprio contro lo smantellamento della pubblica amministrazione e per la stabilizzazione dei lavoratori pubblici precari la RdB Cub ha indetto per oggi (30 marzo) uno sciopero nel settore, mentre Cgil, Cisl e Uil hanno annunciato uno sciopero per il 16 aprile ma senza una chiara piattaforma rivendicativa se non il rinnovo del contratto e la richiesta all’Aran (agenzia incaricata di gestire le vertenze del settore pubblico) delle direttive contenenti le cifre precise da parte de governo per il rinnovo contrattuale.
Tra i lavoratori del settore privato l’insoddisfazione è ancora più profonda dopo lo scippo del Tfr e l’avvio truffaldino dei Fondi pensione, come dimostrano i fischi indirizzati ai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil e al maggior rappresentante della sinistra di governo, Fausto Bertinotti, alla Fiat Mirafiori. Proprio per questo i delegati e i lavoratori metalmeccanici esprimono “perplessità e preoccupazione” per una piattaforma salariale, relativa al rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale della categoria, assolutamente insufficiente ad assicurare un aumento salariale dignitoso a tutti i lavoratori, mentre le aziende ricevono miliardi di euro dallo Stato  e macinano profitti.

Le fascine si accumulano: dalla finanziaria “lacrime e sangue” al finanziamento della guerra imperialista, dalle liberalizzazioni di Bersani e Lanzillotta ai miliardi di euro agli industriali, dalle leggi precarizzanti Treu e Biagi, alla Turco Napolitano e Bossi Fini oggi riproposte negli assi centrali del decreto Ferrero-Amato, dal contratto dei pubblici dipendenti a quello dei metalmeccanici, dallo smantellamento delle pensioni pubbliche al furto del Tfr/Tfs. Altro che grande concertazione!
Il Partito di Alternativa Comunista chiede alle organizzazioni sindacali, e in particolare alla Cgil, di alzarsi dal tavolo di concertazione e alle forze della sinistra di rompere con il governo liberale dell’Unione. E’ sempre più urgente e necessaria la costruzione di un fronte unico di lotta tra le forze sociali e politiche del movimento operaio per aprire una vertenza unificante sostenuta dallo sciopero generale contro il governo e il padronato.

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