Partito di Alternativa Comunista

Il capitalismo

La politica estera dei due poli e l'ipocrisia dell'Arcobaleno
Il capitalismo è guerra
 
 
di Davide Margiotta
 

Per la borghesia la guerra di rapina e lo strozzinaggio finanziario sono una necessità assoluta per tentare di frenare la caduta del saggio di profitto, conquistando nuovi mercati e nuove zone di influenza per l’esportazione di capitali e merci o per accaparrarsi le fonti delle materie prime.

Di qui la necessità che alla guida del Paese vi sia un governo in grado di assicurare le missioni coloniali che di volta in volta sono ritenute opportune. Questo è il senso del bipolarismo. Quando si parla di assicurare la stabilità dei governi, si parla in realtà della necessità di assicurare la continuità della doppia guerra della borghesia: contro i proletari all’interno e contro i Paesi dipendenti all’esterno.
 
Le presunte differenze…
Ovviamente questa continuità della politica imperialista non significa una identità totale tra i due schieramenti. In particolare il centrodestra ha sempre avuto il baricentro della propria azione nell’alleanza atlantica con Usa e Gran Bretagna, mentre il centrosinistra ha da sempre il suo punto di riferimento nell’Europa di Maastricht. Sempre peraltro nel comune quadro della Nato. Significativo al riguardo è stato tutto il dibattito sulla guerra in Iraq, quando l’avversità del centrosinistra era congeniale al rafforzamento del polo imperialista europeo, capeggiato da Francia e Germania, che in quel momento si opponeva all’intervento armato per ragioni tutt’altro che nobili. Va detto anche che il centrosinistra nelle sue varie edizioni ha sempre avuto maggiori difficoltà nel far digerire questa politica ai propri elettori (che in molti hanno fatto parte del gigantesco movimento pacifista di questi anni), trovandosi a dover inventare le formule più fantasiose per giustificare il proprio interventismo: memorabile quella di Massimo D’Alema di “guerra umanitaria” per giustificare i bombardamenti su Belgrado.
Il tema della guerra non ha certo fatto la parte del leone in questa campagna elettorale, tornando in auge solamente di recente con le dichiarazioni di Martino secondo cui occorrerebbe inviare altri istruttori in Iraq (dopo il ritiro deciso dal governo Prodi, peraltro secondo il calendario già fissato da Berlusconi e mantenendo comunque un contingente di Carabinieri per addestrare le truppe collaborazioniste) e di lasciare, o comunque di ridurre drasticamente il contingente, il Libano.
Forse si tratta solo di propaganda elettorale, ad ogni modo niente di nuovo sotto il sole: è la semplice conferma del filoatlantismo del centrodestra.
 
…e la reale continuità
Tutti i governi borghesi sono governi di guerra. Sono i fatti a parlare.
Tutto l’operato del governo Prodi è testimone di questo: dall’aumento delle spese militari, passando per la costruzione della base Usa Dal Molin a Vicenza, fino al varo della missione coloniale in Libano e il rifinanziamento di quella in Afghanistan.
L’Italia spende oggi per la “difesa” 514 dollari pro-capite, ben più di altri paesi del G8 come Germania, Giappone e Canada.
Del resto l’Italia è impegnata in 29 missioni militari in diverse parti del mondo, con l’impegno di oltre 11 mila soldati.
Secondo il Rapporto Sipri (l’Istituto Stockholm International Peace Research Institute) del 2007 le spese militari italiane ammontano a quasi trenta miliardi di dollari, mentre il fatturato delle esportazioni di armi è pari a 860 milioni di dollari (Finmeccanica, i cui affari sono costituiti per il 70% dalla vendita di armamenti, è in questa classifica al settimo posto nel mondo).
Significativamente, molte delle missioni militari italiane sono iniziate durante il primo centrosinistra, quasi tutte sono state votate da entrambi i poli, e anche quelle che non sono state votate all’unanimità, come quella in Iraq, sono poi però state rifinanziate all’unanimità.
 
Un Arcobaleno di guerra
Nel programma della Sinistra Arcobaleno si leggono frasi come “L’Italia non deve più partecipare a missioni al di fuori del comando politico e militare delle Nazioni Unite”, degne di un guerrafondaio come D’Alema, o “Siamo contrari alla costruzione della nuova base militare a Vicenza...”: è incredibile fin dove possa spingersi la faccia tosta di questi arrivisti!
E’ bene ricordare che la costruzione della nuova base a Vicenza è stata votata dai partiti che compongono la Sinistra Arcobaleno (Prc, Pdci, verdi e Sd) in Parlamento, così come il prolungamento delle missioni militari e l’aumento delle spese militari contenuto in Finanziaria!
Solo recentemente, scaricati dal Pd di Veltroni  e costretti dall’esigenza di racimolare voti in vista delle elezioni, i partiti dell’Arcobaleno non hanno votato a favore della proroga alle missioni militari all'estero.
 
Guerra alla guerra: senza inciuci né compromessi
Il No alla guerra non può essere un nì: gli inciuci e i compromessi non ci interessano, al contrario di altri, pure a sinistra dell’Arcobaleno, come il Pcl di Ferrando, che ha potuto presentare le proprie liste grazie alla firma di personaggi come Giorgio Carta, convinto sostenitore delle guerre imperialiste, presentatore pochi mesi fa in parlamento di una proposta di legge per favorire l'apertura di nuove basi militari anche al sud!
O come Sinistra Critica, che ha sostenuto per un anno e mezzo il governo Prodi e i suoi atti di guerra votandone (o usando stratagemmi penosi come la “non partecipazione al voto”, che per il regolamento del Senato equivale ad un voto a favore) i provvedimenti principali come le missioni in Afghanistan e in Libano, e votando più volte la fiducia.
Per quanto ci riguarda, siamo irriducibili avversari della guerra imperialista, che intendiamo combattere sostenendo le resistenze dei Paesi aggrediti (anche quando non ne condividiamo la leadership attuale) e combattendo ogni governo di guerra.

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