Partito di Alternativa Comunista

L'anti-berlusconismo di Confindustria

di Francesco Fioravanti 

Quella di sabato 18 marzo può sicuramente considerarsi una giornata storica per ciò che riguarda le vicende politiche italiane degli ultimi decenni: mai un presidente del consiglio era sembrato così distante dagli umori dei vertici confindustriali, mai si era vista divampare in questo modo una polemica che fotografa perfettamente lo stato dei rapporti fra la coalizione di centro-destra, che aspira a riconfermarsi alla guida del paese, e la grande borghesia italiana, bisognosa, al contrario, di un nuovo referente politico in grado di risollevare le sorti di un capitalismo italiano che sempre più difficoltà incontra nel fronteggiare la concorrenza di economie meglio attrezzate nella corsa alla conquista di nuovi mercati. Lo scontro fra Della Valle e Berlusconi prodottosi sabato a Vicenza non ha fatto altro che rendere ancora più esplicito ciò che ormai sembra chiaro ai più: la frattura fra i vertici economici del paese e la coalizione di centro-destra è divenuta insanabile, il programma delle classi dominanti non coincide più con quello delle forze politiche che sostengono l'imprenditore di Arcore.

Per rendersi conto di ciò basta sfogliare i cosiddetti "quotidiani influenti" controllati dai grandi gruppi industriali e finanziari del paese: dal "Corriere della Sera" alla "Stampa", passando per "Il sole 24 ore", non uno solo di questi si leva in difesa dell'operato del presidente del consiglio; al contrario, essi si trovano in perfetto accordo nel ritenere la coalizione guidata da Romano Prodi come la più affidabile per tentare di arrestare il declino italiano. Cosa ci può essere di più indicativo per comprendere che ad oggi è l'Unione la coalizione sulla quale i poteri forti investono pesantemente per vedere realizzate le proprie aspirazioni? E soprattutto, perché accade questo? Semplice, lo svilupparsi di una conflittualità diffusa su tutto il territorio della penisola ciò che è avvenuto in quest' ultimo quinquennio- non può essere accettata dal padronato: troppo alto è il rischio di veder alterato il favorevole quadro dei rapporti di forza fra le classi, soprattutto se i risultati incamerati non sono poi così redditizi. Ecco spiegata l'improrogabile necessità di invertire la rotta,  tornando a rispolverare quelle parole magiche che tante soddisfazioni hanno regalato ai padroni negli anni'90: concertazione, pace sociale, sacrifici per il bene del paese.

Ancora una volta la borghesia italiana è il mandante di un'operazione tendente ad arrestare sul nascere qualsiasi possibilità di modificare una situazione che vede i profitti dei colossi industriali e finanziari nazionali continuare a crescere, e le condizioni di lavoro e di vita delle masse peggiorare notevolmente. Da qui il risentimento dei vari Della Valle, Montezemolo, Pininfarina, Tronchetti Provera, contro Berlusconi. Quest'ultimo è diventato un ostacolo per il soddisfacimento dei loro interessi, quindi va semplicemente rimosso. Combattuto se necessario.

Il possibile svilupparsi di una nuova stagione di lotte operaie nel paese terrorizza le classi dominanti. Per rilanciare una nuova stagione di concertazione e pace sociale è però fondamentale avere il sostegno della Cgil e di tutte quelle forze politiche (Rifondazione Comunista in primis) che negli anni scorsi sono state viste come un punto di riferimento nelle mobilitazioni, nelle proteste e nelle vertenze che da nord a sud hanno attraversato il paese. Arriva a dirlo esplicitamente anche Paolo Mieli, direttore del "Corriere della Sera" , da sempre il giornale di riferimento della grande borghesia del nord, che in un ormai celebre articolo di fondo apparso sul quotidiano milanese lo scorso mese, si schiera apertamente dalla parte dell'Unione, spingendosi finanche ad affermare che la "responsabilità politica" (leggasi capitolazione ai poteri forti del paese o,ancora meglio, tradimento delle ragioni dei movimenti di lotta) dimostrata da Bertinotti e dal Prc ha influito sulla scelta del giornale di appoggiare la coalizione prodiana. A dimostrazione che settori più influenti delle classi dominanti hanno assegnato un ruolo ben definito alle forze che controllano il movimento operaio: quello di mantenere un rapporto di dialogo con i movimenti nell'ottica di minarne la forza e di lavorare alla sconfitta delle loro ragioni. In un quadro economico generale caratterizzato da una crisi capitalistica che si fa via via sempre più acuta, a questo si riduce il ruolo politico di riformisti che millantano di voler preparare il terreno ad un' "alternativa di società": ad essere cioè l'ultimo baluardo in difesa di questa società, basata sull'oppressione e sullo sfruttamento.

Noi, da parte nostra, crediamo si renda necessaria la salvaguardia di un opposizione di classe e comunista in grado di dare uno sbocco concreto ai movimenti di lotta che si sono prodotti negli ultimi anni. Non si può nuovamente assistere impotenti al massacro di diritti conquistati attraverso grandi sacrifici da parte delle masse di questo paese.  La rifondazione di una forza genuinamente comunista deve essere posta all'ordine del giorno, ne vale il futuro di milioni di lavoratori che non possono e non vogliono nuovamente sperimentare sulla loro pelle una nuova stagione di politiche anti-popolari.

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