Partito di Alternativa Comunista

L'atteggiamento del PdAC alle prossime amministrative

Il PdAC alle Amministrative 2007: autonomi e indipendenti

di Francesco Fioravanti


Nella prossima primavera alcune città della penisola saranno interessate dalle elezioni amministrative, primo importante termometro per valutare lo stato di salute dei partiti e delle coalizioni che compongono il panorama politico italiano.

Dagli ultimi sondaggi effettuati emerge un dato politico che si è costantemente ripetuto negli ultimi anni: la coalizione di partiti che governa il Paese si presenta a quest’appuntamento in netta difficoltà rispetto a quella che si trova all’opposizione, beneficiata quest’ ultima dal non dover imporre misure che vengono percepite come dannose dalla stragrande maggioranza della popolazione.
A questa regola elementare non sfugge nemmeno l’Unione di Romano Prodi, che, dopo il varo della finanziaria 2006, ha visto letteralmente crollare la proprio capacità d’attrazione nei confronti degli elettori. Ancora una volta i migliori amici di Berlusconi si stanno rivelando quei “sacrifici necessari per rilanciare il sistema-Paese” dietro i quali si sono trincerati gli esponenti politici dell’Unione per giustificare le loro politiche a sostegno dei grandi gruppi finanziari ed industriali: per favore, c’è qualcuno che può spiegarlo a Giordano e Diliberto? A noi quel “bisogna sostenere il Governo sennò torna Berlusconi” inizia a dare la nausea.
 
Se questi elementi interessano solo indirettamente il nostro partito, le elezioni amministrative del 2007 ci chiamano invece in causa in prima persona: come Partito di Alternativa Comunista intendiamo presentare infatti, là dove ci sarà la possibilità, nostre liste, indipendenti sia dal centrodestra che dal centrosinistra.
A differenza di altri, abbiamo l’opportunità di candidare numerosi compagni e compagne contraddistintisi nelle recenti lotte operaie e presenti nei movimenti che in questi anni si sono battuti contro le politiche dei governi borghesi: è questo ad esempio il caso di Vicenza (elezioni provinciali), una città in lotta contro la costruzione della nuova base Usa voluta dal Governo di centrosinistra. All’interno del movimento vicentino sono presenti nostri militanti che sono riusciti a svolgere un ruolo importante grazie alla capacità di legare sempre la questione locale a quella nazionale, riuscendo a mettere in evidenza come la natura imperialista e guerrafondaia del governo Prodi non consenta ad esso di essere vicino alle istanze che provengono dalle persone comuni; è questo anche il caso di Latina, dove i nostri quadri hanno un profilo riconosciuto e riconoscibile grazie all’essere stati continuamente a fianco dei lavoratori nelle lotte che questa realtà non ha mancato di produrre negli anni passati: non è un caso che alcuni operai promotori della lotta dei Comitati contro l’amianto alla Nexans, un’importante fabbrica di fibre ottiche della città laziale, siano interessati a candidarsi con noi per avere un ulteriore spazio grazie al quale far conoscere la loro storia e proseguire la battaglia per il diritto alla salute in fabbrica.
 
La questione della partecipazioni dei comunisti alle elezioni borghesi ha attraversato il dibattito interno al movimento operaio fin quasi dalla sua nascita, e non crediamo sia inutile soffermarci brevemente a spiegare in questo articolo le ragioni che ci spingono a ritenere corretta una presentazione autonoma del Partito di Alternativa Comunista a questa tornata elettorale, non fosse altro che per fugare da subito possibili dubbi circa la bontà della nostra scelta, dubbi che potrebbero legittimamente presentarsi di fronte a coloro che seguono con interesse le vicende del nostro giovane partito: “che senso ha presentarsi alle elezione quando ci si pone l’obiettivo del superamento di questo sistema per arrivare ad instaurare un altro modello di relazioni politiche e sociali?, “la partecipazione alle elezioni non finisce alla fine per distogliere l’attenzione da ciò che realmente dovrebbe interessare un partito comunista: il proletariato e le sue lotte”?, potrebbe giustamente domandarsi qualcuno che, stanco del solito teatrino nel quale si assiste ad una recita divenuta ormai sfiancante, ha visto nella nascita del PdAC un piccolo evento in grado di portare una ventata di freschezza all’interno di un mondo –quello della sinistra italiana- nel quale la conquista di poltrone e prebende sembra essere diventata la metà finale da raggiungere ad ogni costo e con qualunque mezzo (vedi alla voce Rifondazione Comunista).
 
Paradossalmente uno dei principali motivi che ci porta a ritenere necessario in questa fase presentarci alle elezioni con il nostro programma e con le nostre parole d’ordine è proprio il desiderio di rimarcare e far emergere una differenziazione quanto più netta possibile con le forze politiche della sinistra socialdemocratica. Anche un terreno che non ci è particolarmente caro come quello della competizione elettorale è in grado di mettere in evidenza ciò che ci contraddistingue e ci rende altri rispetto ai gestori della quotidianità capitalistica: se la sedicente “sinistra radicale” continua a stringere alleanze di ferro coi rappresentanti degli interessi dei poteri forti di questo Paese, noi riteniamo doveroso presentarci indipendentemente, contro quella “sinistra” e contro quei poteri forti quindi, per poter dar voce agli sfruttati e agli oppressi che vedono puntualmente frustrate le loro aspirazioni ad un cambiamento reale delle loro condizioni di vita; se il Prc e gli altri soggetti della sinistra dell’Unione affermano che è possibile stare all’interno dei governi borghesi per capitalizzare in ambito istituzionale ciò che i movimenti producono attraverso le loro battaglie, noi sfrutteremo anche la tribuna elettorale anche per ribadire che non ci può essere nessuna affinità fra le lotte e coloro che hanno come unico obiettivo quello di portare avanti quelle politiche contro le quali ci siamo battuti in questi ultimi anni; se i Giordano e i Diliberto di turno ci vengono a raccontare che è necessario percorrere la strada dell’ “unità a sinistra” perché “sennò torna Berlusconi”, noi abbiamo il dovere di indicarne un‘altra di strada, che dovrà necessariamente passare per il raggiungimento dell’ “unità”, ma questa volta di diverso tipo: quella dei lavoratori intorno a un programma per i lavoratori.

In sostanza se per altri le elezioni rappresentano il fine ultimo di tutta la loro azione politica, per noi esse sono solamente il mezzo per propagandare il programma politico dei comunisti in un momento in cui l’attenzione generale si concentra su questo evento. Non siamo interessati invece ad occupare poltrone e partecipare alla divisione del bottino che deriva dalla amministrazione anche locale degli interessi del capitalismo. E allo stesso tempo siamo pienamente coscienti del fatto che le istituzioni statali sono al servizio di una classe, quella borghese, che proprio grazie ad esse riesce a mantenere il proprio dominio sulle altre classi sociali. L’irriformabilità della macchina statale borghese ci spinge a ritenere che solamente un altro modello di democrazia potrà consentire al proletariato di riorganizzare la società e liberarsi di questo sistema economico. Sappiamo anche però di essere ancora piccola cosa rispetto al compito enorme che abbiamo di fronte a noi, ed è per questo che cercheremo di sfruttare al meglio ogni momento –quindi anche quello delle elezioni per le istituzioni borghesi- che potrà consentirci di conquistare la fiducia e la simpatia di quelle persone (lavoratori, studenti, immigrati, ecc.) a cui ci vogliamo rivolgere e al servizio delle quali il nostro partito è nato.







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