Partito di Alternativa Comunista

Roma: L'opposizione comunista a Walter Veltroni

Il bilancio di quattro anni di collaborazione di classe a Roma

di Roberto Angiuoni

Domenico Bonifaci, Luigi Abete, Pierluigi Toti, Tronchetti Provera, Luca Cordero di Montezemolo, Jaki Elkann, Cesare Geronzi, Alessandro Profumo, Corrado Passera, Andrea Mondello, Raffaele Ranucci (quest'ultimo finanche assessore alla Pisana), ecc: in cielo, potenti avversari di classe, custodi e sponsor di una politica predatoria contro la quale il Prc sarebbe nato 15 anni fa; in terra (o meglio, sul suolo capitolino), "compagni di banco" di Rifondazione Comunista nell'amministrazione cittadina guidata da Walter Veltroni.

Rapace come un falco nel sfruttare al meglio simpatie e benemerenze del "salotto buono" del capitalismo italiano; scaltro ed affettato come un prete nel dispensare all'occorrenza tutto il suo altruismo alla saccarina, Walter Veltroni, insieme coi poteri forti che esemplarmente ha rappresentato nella sua carica di sindaco romano, si candida ad una nuova vittoria nelle amministrative del 2006, grazie anche alla pilatesca quanto interessata copertura offertagli dal Prc in questi 4 anni al Campidoglio.

Quattro anni d'oro per la borghesia romana

Sono stati quattro anni di governo paludati dall'assenza di una vera, coerente e larga opposizione alla sua sinistra; quattro anni di dominio politico resi ancor più fluidi dalla sterilità e dalle transumanze ottenute da quella "terra di nessuno" ai più nota come Casa delle Libertà. Dal professor Casciani, eletto nella lista Tajani e subitaneamente approdato alla corte di Veltroni, all'ex-Udc Di Stefano, rifugiatosi nei "Cristiani democratici per Roma"; dagli azzurri Rizzo ora nel gruppo della Margherita - a Zambelli, Coratti, Santini e Verzaschi (questi ultimi offertisi a Mastella come da manuale per tanti "delusi" di centrodestra), negli ultimi mesi tra gli eletti del ricettacolo berlusconiano è scoppiata una singolare quanto divertente tenzone per abbandonare la nave dei miracoli (la Casa delle Libertà, appunto), manifestamente a pezzi e in crisi di consenso, e ricollocarsi su zattere salvifiche e meno sgradite all'attuale sindaco della capitale.

Tutto ciò che accade è storia già scritta e conosciuta: grandi industrie e grandi banche, avverse ai disegni e agli interessi personali di Berlusconi e dei suoi accoliti, si schierano a sinistra e col centro dell'Unione, perchè solo la cloformizzazione dei comunisti e la rappresentanza politica dei Ds e della Margherita possono garantire loro solidità legislativa e concertazione, sfruttamento e pace sociale; solo i tentacoli di Prodi e un "buon governo" alla Veltroni possono tutelare i progetti dei padroni contro quelli più concentrati di Berlusconi e della sua cricca local-tricolore. Di qui la spiegazione dell'annaspamento della Casa delle Libertà a Roma, centro di sconfinati affari e importanti operazioni ecomiche; sede fisica di quei ministeri che, con probabilità quasi corrispondente a certezza, Prodi e Bertinotti strapperanno l'anno prossimo al centrodestra morituro.

A Roma i poteri forti hanno trovato una resistente stampella, nonché un devoto sostenitore, nel nostro sindaco ex-togliattiano, quando si è giocata la partita asfittica del Piano Regolatore (vedi gli scontri tra Caltagirone-Abete), nell'assegnazione dell'area di Tor Pagnotta, nella costruzione della Fiera di Roma (affidata a Toti). Marco Tronchetti Provera e il gruppo Pirelli-Telecom hanno premiato l'amministrazione sponsorizzando mega-concerti come quello di Simon & Garfunkel; Capitalia, dal canto suo, soltanto nel 2004 si è risolta in erogazioni a Roma pari a 22 miliardi delle vecchie lire.

Come ha spiegato L'Espresso (rivista certamente non tacciabile di simpatie radicali o comuniste) nel numero dello scorso 9 giugno, la realtà romana sfata anche il mito (tanto caro ad una delle "aree critiche" del nostro partito) di presunte divergenze di classe tra Dl e il partito dei Ds, quindi di una presunta frizione politica tra due dei personaggi più in vista del liberalismo italiano: Francesco Rutelli, leader della Margherita, e ancora una volta Walter Veltroni, uomo-forte del partito erede del Pci insieme con D'Alema e Fassino. Cito testuale dall'Espresso: "Dopo qualche tensione tra i due, nelle aziende municipalizzate, la leva del comando cittadino, c'è ora una co-gestione veltronian-rutelliana. Alla società Roma Metropolitane c'è Chicco Testa, uomo di frontiera. Alla Sta, la società dei parcheggi, è stato riconfermato l'amministratore delegato Roberto Balduini, rutelliano. Alla guida dell'Ama, cui spetta la nettezza urbana ma anche l'enorme affare rifiuti, c'è un altro rutelliano, Domenico Tudini. Alla presidenza di Eur Spa, al posto di Ranucci è stato nominato da Veltroni Paolo Cuccia, compagno di liceo di Rutelli. All'Acea, l'azienda più importante, c'è il sempreverde Fabiano Fabiani e nel consiglio d'amministrazione uomini come Luigi Spaventa, Pietro Giarda e Franco Bernabè. Nella fondazione "Musica per Roma" che cura l'Auditorium, presidente è il diessino Goffredo Bettini, eminenza grigia, con un cda trasversale che comprende Letta, Caltagirone, Innocenzo Cipolletta e Giovanni Malagò".

No alla collaborazione di classe, sì ad una vera opposizione

E il Prc? Inutile ripetere che il partito, al governo con L'Unione contemporaneamente al Comune, in Provincia e in Regione, si è distinto per un appiattimento pressoché totale alla Veltroni-politica e, tanto per cambiare, per la sua salda funzione di "tampone a sinistra" della coalizione; un ruolo che ha vistosamente compromesso la credibilità del Prc agli occhi di vasti settori popolari e nell'opinione generale di quelle giovani generazioni in lotta che Bertinotti millanta di voler rappresentare. Sempre più forte è, al contempo, il senso d'incredulità tra i militanti dello stesso Partito della Rifondazione Comunista, in specie quando nel pantano del governismo e della mala-gestione del territorio laziale riescono a distinguere facce e sigle delle presunte "aree ribelli" del partito. L'Ernesto ed Erre-Sinistra Critica condividono l'abbraccio politico col centrosinistra in più di un Municipio romano; Erre può "vantare" un vice-presidente di provincia (Nando Simeone) sotto il tacco del Dl Gasbarra, mentre L'Ernesto tuttora rivendica un seggio alla Regione in sostituzione di uno dei due bertinottiani nel frattempo eletti assessori da Piero Marrazzo.

Non migliora questo quadro senza dubbio alcuno piuttosto sconcertante - né si dimostra in grado di assolvere al compito di vera "opposizione" locale il nucleo romano dei centri sociali (una volta intestino alla rete, ormai sciolta, dei-delle Disobbedienti), più consono a sviluppare una pressione cerchiobottista su Veltroni (si vedano, ad esempio, i canti di giubilo indirizzati al sindaco da parte di D'Erme dopo l'approvazione della delibera sulla casa) e rapsodiche trattative con lo stesso Prc, piuttosto che a guidare il dissenso contro L'Unione.

Eppure non è mancato negli ultimi mesi il lievito necessario per costruire una reale e radicale alternativa di sistema: le lotte. Autoferrotranvieri, immigrati, lavoratori Alitalia, precari dei call center, impiegati delle Telecomunicazioni, lavoratori delle cooperative sociali, dell'Informatica e delle grandi cateni commerciali, operai delle fabbriche dell'Agro Pontino: le piu' disparate categorie del mondo del lavoro hanno avuto modo di rialzare la testa e manifestare, proprio nella capitale, tutto il loro malcontento contro il potere dominante. Mentre scrivo, sono ancora in corso le proteste di studenti e docenti della Scuola pubblica, unite alle occupazioni all'università "La Sapienza" contro la riforma Moratti. Ebbene, che risposta dobbiamo dare a questo nuovo risveglio di massa, a questo nuovo desiderio di rottura e cambiamento? Illudere giovani e lavoratori sulle virtù di quella stessa politica riformista e di governo - che di privazioni e sacrifici ha fatto da più di un secolo il suo dettato logico o distruggere la pratiche dello sfruttamento quotidiano chiamando tutti i settori in lotta ad una battaglia comune sotto le insegne di un polo autonomo di classe?

La lotta per la costruzione di un polo autonomo di classe a Roma come in Italia rappresenta il carattere distintivo della sinistra marxista-rivoluzionaria in Rifondazione e nel movimento operaio. I giovani compagni dell'Amr romana ne hanno fatto un elemento di sfida anche al VI Congresso del Prc, nonostante un dibattito che ha visto gran parte dei dirigenti del partito (fossero questi bertinottiani, o rappresentanti delle "aree critiche") discutere e confrontarsi attorno a speciose proposte di un "condizionamento a sinistra" dell'Unione. La terza mozione congressuale ha raccolto a Roma un consenso forse modesto ma importante su questo tema, nonostante il tentativo da parte di alcuni mao-stalinisti - ai margini della vita militante del partito - guidati da Germano Monti e sostenuti anche da Letizia Mancusi (che pure in passato ha scritto su questo giornale ma che ha preferito di recente allontanarsi dall'Amr Progetto Comunista) di sfruttare utilitaristicamente, per meri fini individuali, lo spazio della nostra battaglia. Siamo convinti che anche da questo consenso raccolto nel partito si possa partire per la difesa della rifondazione comunista dal progetto antioperaio di unità con Prodi, per chiedere al partito la rottura con la giunta borghese di Veltroni, per preparare già da ora l'opposizione rivoluzionaria al governo di centrosinistra che verrà.

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