Partito di Alternativa Comunista

Venezia: l'Unione e il Partito Democratico

L’Unione ed il Partito Democratico a Venezia
PER ANDARE DOVE?



di Enrico Pellegrini (*)

La crisi economica in atto, dettata da una sovrapproduzione di merci su scala mondiale e conseguente ricerca di profitti in zone dove maggiore è il saggio di sfruttamento del lavoro, si ripercuote puntigliosamente su vasti settori dell’economia regionale e locale.
Comparti produttivi un tempo ritenuti trainanti (chimico, industriale, tessile, ecc) segnano il passo, facendo registrare un arretramento notevole in termini di protagonismo sociale da parte della forza-lavoro ivi operante, in passato parte attiva nei vari processi economici in atto.




Sotto varie forme, le forze che hanno sorretto sin qui tali economie di scala, risentono di scelte strategiche operate a livello nazionale ed internazionale e si adeguano, tentando di percorrere altre strade per mantenere alto il livello di “competitività” e profitto, onde favorire nuovi guadagni in una fase di espansione produttiva verso le cosiddette periferie del mondo. Alto risulta essere dunque il tasso di delocalizzazione produttiva e decentramento industriale presente negli ultimi anni, segnale di una rincorsa esasperata a mano d’opera sempre meno pagata e più sfruttata a cui ci si rivolge per sopperire a costi sempre piu’ “insostenibili”.
La concorrenza cinese ed il suo relativo “spauracchio” per vaste economie ormai rese più “deboli” ma non meno aggressive è dimostrazione ineludibile di tali processi; quella asiatica risulta essere un’economia ” vincente”, pilotata però da flussi di capitale straniero (per lo più) alla ricerca sempre di freschi profitti e nuovi (e vecchi) mercati.

Ecco dunque, come del resto avviene a Venezia, che grossi investimenti vengono rivolti alle cosiddette infrastrutture ricettive ovvero alla costruzione di poli intermodali, spazi logistici, luoghi dove smistare al meglio le varie merci e farle ripartire verso zone di mercato ormai sempre più desertificate dal punto di vista manifatturiero generale.
Il piano di rafforzamento delle varie arterie comunicative (corridoio 5, passante di Mestre, Pedemontana, Romea commerciale, ferroviario baltico ecc) è rivolto principalmente a questo scopo, sorretto a sua volta dal tentativo di reperire continuamente “menti” ed “intelligenze” che teoricamente intravedano in tutto questo il “nuovo” motore di sviluppo dell’economia “postindustriale” e fungano da volano culturale a beneficio di interessi economici che cambiano pelle in vista di nuove fruttuose occasioni.

Vecchie e nuove cordate economiche operano però anche trasversalmente: da una parte importano merci su cui è necessario un ridisegno totale geografico del territorio a scapito di produzioni un tempo ad alto valore aggiunto, da un’altra mirano a conservare e valorizzare le varie opportunità restanti che un’economia convergente verso il terziario sa comunque offrire (servizi, trasporti, credito, strutture alberghiere, cultura, ricerca ecc).
Detto questo, è possibile tentare un capovolgimento di tali andamenti economici ipotizzandone la gestione in senso amministrativo locale e proponendo politiche di puro accompagnamento istituzionale nel momento in cui, l’intero sistema territoriale vede la nostra città’ ridotta sempre più a un museo e preda delle più varie e svergognate forme di clientelismo politico degli ultimi decenni?
Proiettando ulteriori speculazioni future legate al business delle bonifiche e delle ristrutturazioni edilizie a cosa si riduce la politica a Venezia se non a tentare di gestire il grosso fiume di denaro proveniente sia dalla legge speciale che da altre forme di finanziamento ed indirizzato ai soliti noti senza metter mano ai tessuti produttivi sempre più dislocati altrove? Fondi che tra l’altro verranno via via anche assorbiti da quell’inutile mostruosità chiamata M.O.S.E.

Quanti carissimi “compagni” navigano felici nei vari consigli di Amministrazione delle varie aziende municipalizzate prospettando, all’interno di un’economia sempre più avara per i lavoratori, un “altro mondo possibile” e “riforme” sempre più aperte ad appetiti privati?
A cosa ci si riferisce realmente quando si tenta di salvare ciò che oramai resta del Polo Chimico quando, in passato, gli stessi soggetti firmatari dell’ennesimo accordo,hanno taciuto su pesanti responsabilità e si sono resi colpevoli della devastazione di un intero ecosistema lagunare come del resto impongono precise logiche di sfruttamento capitalistico?

A livello nazionale e locale non è nell’Unione che si ripongono le speranze di intere categorie sociali (lavoratori, disoccupati, studenti, pensionati ecc.) ovvero nel tentativo maldestro di sanare le crescenti contraddizioni dell’economia rispettando compatibilità di profitto, bensì in una futura riorganizzazione dal basso di intere fasce di emarginati che pagheranno sempre più caro il prezzo del rispetto che i vari Cacciari, Campa o Vianello che siano, nutrono nei confronti di un orientamento di interessi economici dominanti.
Rispetto e volontà che si ripropongono nel futuro Partito Democratico in salsa locale a cui si affiancheranno’ tutto un insieme di sigle e siglette dissidenti in cerca di nuove identità politiche "postnovecentesche" (Prc, Verdi, PdCI) e che costituiranno l’ala cosiddetta “radicale” di nuovi schieramenti pronti a buone poltrone di consigli, giunte e assessorati.
Per questo il Partito di Alternativa Comunista promette, sin d’ora, un’opposizione durissima verso le suddette progettualità di governo del territorio, rivolta alla difesa di tutti i lavoratori presi come merce di scambio in una fase di ristrutturazione economica e conseguente impoverimento di un loro ruolo e di una loro degna ed effettiva rappresentanza.

(*) Comitato Direttivo della Sezione di Venezia del PdAC



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