Partito di Alternativa Comunista

L'ultima trovata del ministro Ferrero

IL CARO PREZZO DI UN PERMESSO DI SOGGIORNO
L'ultima trovata del ministro di Rifondazione Comunista

di Fabiana Stefanoni  

Un ministro "comunista" alla Solidarietà sociale, il ministero che si occupa dell'immigrazione. Un ministro che, fino a un anno fa, manifestava con noi davanti ai Cpt (i centri di permanenza temporanea per gli immigrati) e, con noi, ne chiedeva la chiusura. Un ministro che ci ha assicurato che abolirà la Legge Bossi-Fini, e, forse, financo la Turco-Napolitano.

 

Paolo Ferrero, l'unico ministro di Rifondazione Comunista nella compagine governativa, non ha fatto nulla di quanto ha promesso. Non ha chiuso i Lager-Cpt e non ha intenzione di farlo: al massimo ci parla di "una gestione più umanitaria" degli stessi. Non ha abolito la Legge Bossi-Fini e non la abolirà: ci annuncia piuttosto "modifiche al Testo unico per l'immigrazione" per compensare le "debolezze" - sic! - della legge in vigore.
 
Una dote amara...  
 
Eppure, Paolo Ferrero è riuscito a stupirci. Ha stupito noi, ma ha stupito, purtroppo positivamente, anche la borghesia italiana e i suoi più autorevoli rappresentanti: il ministro Padoa-Schioppa lo considera uno dei ministri più seri e fedeli; il Sole 24 ore, organo di Confindustria, gli dedica volentieri la prima pagina. Così come è successo il 26 novembre, quando, in un'intervista allo stesso Sole 24 Ore, Ferrero ha strabiliato un po' tutti con una proposta senza dubbio inaspettata. Probabilmente, il ministro è un appassionato di film western, dove la sopravvivenza si paga a suon di denari: deve essergli venuta guardando un film di Sergio Leone la "rivoluzionaria" idea di mettere in "vendita" il permesso di soggiorno per gli immigrati.
"L'idea è quella di aprire le frontiere a cittadini extracomunitari in cerca di occupazione per un lasso di tempo che potrebbe andare dai sei mesi all'anno, purché entri con una sua dote. (...) Una somma  che potrebbe essere fissata attorno ai due mila euro": così spiegava il 26 novembre scorso Paolo Ferrero a un entusiasta giornalista del Sole 24 Ore, che non ha caso l'ha incorniciato con tanto di onori nella pagina titolata "In primo piano".
Ci voleva un ministro sedicente comunista per far dipendere il permesso di soggiorno dal possesso di un cospicuo bottino. Due mila euro - forse è il caso di spiegarlo al ministro Ferrero, che ultimamente sarà abituato a ben altre entrate - sono tanti anche per un lavoratore precario di casa nostra, figuriamoci per un immigrato costretto a cambiare Paese per sopravvivere.
"In fondo è grossomodo la stessa cifra che attualmente viene destinata alla malavita organizzata per entrare in territorio italiano", ci spiega nella stessa intervista. Per quanto ne capiamo noi, questo vuole solo dire che l'immigrato che vorrà venire in Italia non solo dovrà sborsare due mila euro allo scafista, ma altrettanti dovrà garantirne allo Stato italiano. Il che significa che, per partire dal Paese d'origine, dovrà avere in tasca un bottino iniziale di circa quattro mila euro: dove potrà andare a recuperarli, resta un mistero.
E' una proposta scandalosa, che si commenta da sola. I dirigenti di Rifondazione comunista si stanno esercitando nell'arte di trasformare i cocci di vetro in diamanti. Ci hanno provato con la Finanziaria: con i manifesti si annunciano "lacrime" per i ricchi, con i fatti e le leggi si attuano lo scippo del Tfr e lo smantellamento delle pensioni per i "poveri". Siamo curiosi di vedere come verrà presentata quest'ultima trovata del ministro Ferrero: stavolta è più difficile, ma non abbiamo dubbi che la fantasia dei dirigenti di Rifondazione saprà stupirci con mirabolanti bugie. Ma, come non ci sono cascati gli operai di Mirafiori, non ci cascheranno nemmeno gli immigrati.  
 
...una garanzia per il padronato  
 
Mentre aspettiamo che il ministro escogiti qualche idea originale per presentare le nuove proposte come qualcosa di almeno vagamente "umanitario", vediamo quali saranno invece i concreti benefici per il padronato italiano del "piano Ferrero". E' chiaro che il capitalismo italiano ha bisogno di manodopera immigrata, anzitutto per il fatto che si tratta di manodopera più ricattabile, tanto più perché ora la perdita del lavoro comporta l'espulsione. I lavoratori immigrati sono costretti ad accettare condizioni salariali e di lavoro spesso disumane e, per lo stesso motivo, sono un settore della classe operaia poco sindacalizzato. In particolare, molte piccole e medie imprese, soprattutto nel Nord-Est, devono i loro profitti alla presenza di forza-lavoro immigrata a basso prezzo.
Se la legge Bossi-Fini, vincolando strettamente il permesso di soggiorno al contratto di lavoro, ha reso ancora più ricattabili i proletari immigrati, allo stesso tempo comporta uno svantaggio per i padroncini di casa nostra: la scarsa libertà di manovra nella selezione della forza-lavoro. Da domani, grazie a Ferrero, le imprese avranno molte garanzie in più: potranno intervenire direttamente nella selezione degli immigrati da far venire in Italia (come spiega Ferrero, "stiamo studiando percorsi per le imprese con rappresentanze all'estero, patronati sindacali e le Camere di commercio") e, per quanto riguarda gli immigrati che selezioneranno sull'italico suolo, potranno scegliere tra un'offerta di forza-lavoro garantita dai due mila euro della famigerata "dote".
Come una volta le fanciulle dovevano portarsi in dote un corredo per finire tra le braccia di un marito aguzzino, gli immigrati del modello Ferrero finiranno vittime dello sfruttamento selvaggio del lavoro nelle imprese italiane. Non c'è da stupirsi se l'unico quotidiano che ha dato risalto alle dichiarazioni di Ferrero è stato proprio il Sole 24 Ore: da Rifondazione il padronato di regali ne ha avuti già tanti ma questo, natalizio, è il più gradito. E Ferrero, a cui di rosso ormai non resta altro che il vestito di Babbo Natale, da quando si è messo a fare il ministro per la borghesia italiana si è improvvisamente accorto che il capitalismo è il migliore dei mondi possibili e che, quindi, si tratta solo di farlo camminare a testa alta. Anche le privatizzazioni, ormai, sono cosa buona per il ministro: in relazione alla vicenda Alitalia ha candidamente definito "l'ingresso di un socio privato" buona cosa: "noi accettiamo la strada della privatizzazione ma chiediamo il blocco del piano Cimoli e il cambio immediato del management", purché la "presenza del pubblico (al 20%) tuteli "l'italianità (sic!) dell'azienda". Ma, tranquilli, non si tratta di una "svolta ideologica": "in astratto, la privatizzazione dell'Alitalia continua a non piacermi" (si veda l'intervista a Repubblica del 6 dicembre). In astratto, appunto. Così come, in astratto, la Finanziaria fa piangere i ricchi ma, in concreto, cava il sangue ai lavoratori.
Eppure è vero: il capitalismo è, per Ferrero, il migliore dei mondi possibili. Perché se lui non fosse stato per tanti anni un comunista "in astratto", se non fosse stato, per tanti anni, a fingere di dire peste e corna dei Cpt e delle privatizzazioni, oggi non sarebbe lì, seduto sulla comoda poltrona ministeriale a mangiar cedri canditi e pistacchi e a gestire, per conto della borghesia, quegli stessi Cpt e quelle stesse privatizzazioni.  

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