Partito di Alternativa Comunista

Nessun sostegno, politico o elettorale, al governo dell'Unione (e dei banchieri)

 RIFONDIAMO L'OPPOSIZIONE DI CLASSE

di Francesco Ricci

Ministri e maggiordomi

Mister Algernon, una dei più buffi personaggi di Oscar Wilde (1), dopo aver strimpellato al pianoforte chiama il maggiordomo che sta nella stanza accanto e gli chiede: "Hai sentito quello che suonavo, Lane?". E il cameriere: "Non mi è parso corretto ascoltare, Sir."

Questo scambio di battute di una pièce teatrale ci è tornato in mente sentendo Walter De Cesaris al Comitato Politico di Rifondazione assicurarci che il programma di governo dell'Unione (De Cesaris coordinava la rappresentanza del Prc ai "tavoli programmatici") è in definitiva apprezzabile. Anche De Cesaris (e Bertinotti) come il maggiordomo di Wilde finge, per educazione, di non ascoltare la musica che sta suonando nella stanza a fianco Romano Prodi al pianoforte. Per mesi ci hanno assicurato che il confronto a questi fantasmagorici "tavoli programmatici" stava procedendo bene. Ancora all'ultimo Cpn (novembre) Bertinotti faceva misteriose allusioni a "punti di qualità" strappati dall'astuzia dei mediatori del Prc, pregandoci di capire che su alcune questioni era meglio non esibire troppo i risultati, per non guastare una trattativa ancora in corso. Poi è successo che l'inchiostro di quel benedetto programma è stato infine rovesciato sulle 274 pagine di una bozza, e tutti abbiamo potuto leggere, e tutti abbiamo potuto ascoltare la musica che si suonava nel salotto dei padroni.

Altro che ricordare -come ha fatto Bertinotti- che il programma di governo "è pur sempre il frutto di un compromesso tra forze diverse" (2), il concedere qualcosa per ottenere qualche cosa d'altro. Qui non siamo alla contrattazione in una fiera di paese, ma alla "trattativa" con il grande capitale. E le regole sono diverse: chi ottiene qualcosa è uno solo. Non tanto perché non si è seguita una buona procedura negoziale (come sostiene l'area di Essere Comunisti), non perché si è anteposto l'accordo alla trattativa (come dice Claudio Grassi) ma per il semplice motivo che nel confronto tra i programmi di due classi contrapposte non si dà luogo a una "sintesi superiore" ma solo al prevalere degli interessi di una classe sull'altra. Di qui il programma di politica estera di piena fedeltà "atlantica": proseguimento di tutte le missioni imperialiste; "ritiro" dall'Irak concordato con il governo fantoccio degli Usa e solo per aprire una "fase due", di rilancio delle imprese italiane in un giro di affari e "joint-venture" già avviato da Martino nella recente visita in Irak con codazzo di imprenditori e manager (da Finmeccanica all'Eni, 3). Di qui la politica di sacrifici, con Visco che già annuncia la necessità di una manovra aggiuntiva dopo le elezioni, per "rispettare i parametri europei". Di qui, ancora, le rassicurazioni alla Chiesa cattolica (prontamente confermate da Bertinotti in una girandola di interviste) sul mantenimento degli impegni politico-economici previsti dal Concordato. Di qui l'annuncio privo di ambiguità, in quelle 274 pagine, di nuove privatizzazioni dei servizi pubblici locali (per l'acqua si prevede un mantenimento pubblico... della sola gestione; e solo "inizialmente"). Tutto ciò, secondo De Cesaris, consente di parlare di un risultato "moderatamente positivo" che andrà "ovviamente" preservato mantenendo, anche una volta al governo, "il baricentro fuori dal governo". Più o meno come quel tale che diceva: se mai mi sposerò, cercherò di dimenticare la cosa.

In guanti bianchi

Certo, con una ulteriore sistemazione agli aggettivi e ai segni di interpunzione, si può fare anche meglio. In fondo l'idea che la lotta di classe possa essere sostituita da una lotta sintattica non è nuovissima. Essa trova però, va riconosciuto, in Paolo Ferrero un interprete d'eccezione. Ferrero, che molto tempo fa (davvero molto) fu dirigente della sinistra interna al Prc (posizione scomoda che, come altri, abbandonò per traslocare al terzo piano di viale del Policlinico, dove le scrivanie sono più ampie) conserva di quella lontana esperienza l'abitudine di parlare in modo popolare, come un autentico rappresentante dei lavoratori. Per questo ci ha spiegato (4) che, certo, "le divisioni con l'Ulivo sono strategiche", lui non è uno che si fa illusioni. E dunque? Classe contro classe? Per carità, piuttosto "bisogna modificare i rapporti di forza e nel contempo costruire i canali attraverso cui il confronto sociale possa incidere nella sfera della politica." Questo sì che è parlare chiaro! Mentre Ferrero "costruisce i canali" (che, si suppone, saranno fortificati dalla presenza di un paio di ministri e un gruppetto di sottosegretari di Rifondazione nel governo che in aprile sostituirà, verosimilmente, Berlusconi), la grande borghesia investe (nel senso finanziario del termine) su quel governo, lavorando a ben più concreti "canali" da cui passano le concentrazioni bancarie e flussi di milioni di euro, mentre ai metalmeccanici si concede una mancia di qualche decina di euro.

Quale sarà il ruolo di Rifondazione, di Bertinotti e Ferrero dopo l'insediamento del secondo governo Prodi? Quello di paracarri (della carreggiata di sinistra), di "agenti della borghesia" nel movimento operaio, secondo una vecchia ma non sorpassata definizione. Il compito di Rifondazione sarà cioè quello di convogliare ogni lotta parziale non verso una sua crescita rivoluzionaria ma verso un tavolo delle trattative. E' quanto il Prc sta già facendo con la lotta contro la Tav; è quanto fa nel momento in cui celebra come una "vittoria" l'accordo dei meccanici (5) (che viceversa è l'ennesimo bidone, come spieghiamo nelle pagine interne di questo numero).

Per tornare a Oscar Wilde, il maggiordomo Lane, dopo aver cortesemente ignorato le stonature del suo padrone, si rimette i guanti bianchi per finire di preparare sul vassoio d'argento i tramezzini al cetriolo per Lady Bracknell. I futuri ministri di Rifondazione avranno gli stessi compiti. Anche senza guanti bianchi.

La critica delle aree critiche in un punto critico

Dopo una lunga fase di critica alla linea bertinottiana, anche per l'Ernesto ed Erre viene il momento di chiarire quale è -se c'è- la proposta nella situazione reale. Come dicevamo già in occasione del VI Congresso del Prc, la fase della critica alla mancata "reale trattativa programmatica" (l'Ernesto) o la critica al "distacco dai movimenti" (Erre) si sarebbe prima o poi dovuta confrontare con la questione del governo. A poche settimane dalle elezioni, infatti, appare poco convincente insistere su presunti errori: il non aver piantato i paletti nel programma dei banchieri (proposta di Grassi e Burgio) o l'aver poco insistito con il condizionamento sull'Unione dei movimenti (Cannavò e Malabarba, fedeli in modo quasi cabalistico al bertinottismo della stagione precedente). Avendo tutte le sinistre critiche scartato l'idea dell'opposizione pregiudiziale (di classe) al prossimo governo liberale, il tiro si concentra sulla questione dell'appoggio interno o esterno. La Seconda mozione suggerisce una partecipazione alla maggioranza parlamentare, senza ministri (6). Erre rilancia con la proposta di un accordo "solo" politico-elettorale con l'Unione. Che poi tradotto, pare voler dire ancora un sostegno esterno, senza ministri, da concordare di volta in volta, misura per misura (attenzione, il marchio di questa idea è già registrato: fu Bertinotti a depositarlo all'epoca del primo Prodi... anche se poi inevitabilmente il sostegno al governo fu completo e almeno fino alla rottura si votarono tutte le finanziarie, i "pacchetti Treu", ecc.).

Anche in questi due casi, seppure con una gradazione critica certamente più accentuata che nella versione di Ferrero, tutto si risolve nel decidere se sul pullman di Prodi si scelgono i posti a sedere o quelli in piedi. Dimenticandosi che le fermate intermedie si chiamano "sacrifici", "flessibilità", "privatizzazioni", "nuove guerre" e al capolinea di quella corsa c'è una nuova, enorme sconfitta per i lavoratori e per i giovani che hanno lottato in questi anni.

Anche Ferrando nella gabbia dell'Unione

Il progetto di Prodi -e di una parte delle classi dominanti- è quello di proseguire le politiche di "risanamento" del capitalismo facendone pagare i costi ai lavoratori, costruendo per questo una nuova "pace sociale" (come fu con il primo governo Prodi, quando le ore di sciopero calarono al minimo storico). Per garantire che la guerra sociale la continuino solo i padroni, senza risposta operaia, è necessario utilizzare come ammortizzatori del conflitto i sindacati (a partire dalla Cgil di Epifani, in cui si è assorbita -con un'offerta in poltrone- una parte della sinistra interna, quella di Patta); e anche Rifondazione, cioè il partito che -di là dai progetti storici del suo gruppo dirigente- ha rappresentato in questi anni un punto di aggregazione per settori di avanguardia di lotta.

Il progetto di Bertinotti converge con quello prodiano e trova nell'ipotesi di un futuro Partito Democratico (in cui potrebbero confluire tutti i liberali "democratici", da Fassino a Rutelli) una ipotesi di divisione dei compiti: a D'Alema la rappresentanza del "centro", a Bertinotti quella di una parte larga del movimento operaio, in una classica alleanza tra liberali e socialdemocrazia che già molte prove ha fatto negli ultimi duecento anni (senza un solo caso di progresso per i lavoratori). In questo quadro che fare della sinistra interna? La polpetta avvelenata lanciata da Bertinotti è stata ben cucinata. L'offerta di un posto in Senato a Marco Ferrando garantirà intanto, durante la campagna elettorale, una copertura a sinistra, insieme alle candidature "di movimento" (Caruso, ecc.), e servirà ad assicurare alle aree più recalcitranti delle avanguardie e dei movimenti che davvero non si può fare altro, piaccia o meno, non ci sono alternative al pullman prodiano, tanto che, seppure sullo strapuntino, un posto lo accetta anche la sinistra interna del partito. L'accettazione del "vincolo di maggioranza" nei futuri gruppi parlamentari (il divieto, cioè, di votare in dissenso con il gruppo, e dunque con Bertinotti), che implica il voto di fiducia al governo dei banchieri e poi alle sue manovre finanziarie, è uno dei motivi per cui la maggioranza dei rappresentanti in Cpn di Progetto Comunista -e con noi la maggioranza dei quadri attivi dell'area- ha rotto con Ferrando. In un testo a ciò dedicato, nelle pagine interne, torniamo in modo approfondito su questa rottura. Resta invece qui da chiedersi, come molti compagni ci chiedono: ma Ferrando voterà la fiducia o si farà espellere dal Prc? Dopo la deriva lideristica che abbiamo conosciuto e contrastato in questi due anni, non ci stupiamo più di nulla. Peraltro il movimento operaio ha visto voltafaccia di dirigenti ben più importanti di Ferrando. E ogni volta, ognuno di questi voltafaccia ha trovato il suo teorico. Anche in questa occasione, non ne dubitiamo (perché lo abbiamo già visto all'opera nel dibattito sulle primarie), Franco Grisolia, accanito lettore di classici del marxismo (e in particolare delle quarte di copertina dei libri), saprà scovare qualche citazione per dare una patina di autorità teorica a questa ritirata. E anche per il loro gruppo si potrà trovare un posto, tra un'area critica e l'altra, alla coda del bertinottismo.

Ma il punto è un altro. Il fatto che Marco Ferrando non risponda con chiarezza ora al quesito: "voterà la fiducia a Prodi?" (7), comunque vadano poi le cose, anche nel caso di un ripensamento tardivo, implica appunto fare per tutta la campagna elettorale il gioco di Bertinotti (e quindi di Prodi). Significa -per qualche mese o per qualche anno- entrare in quella gabbia dell'Unione in cui il nostro disegnatore (Alessio) tratteggiava qualche mese fa un gioioso Bertinotti. Insomma, Bertinotti ha aperto il cancello della gabbia dell'Unione per far entrare Ferrando.

Nuotare controcorrente

Ma Progetto Comunista -se ne accorgerà Bertinotti- non è Marco Ferrando. E' un'Associazione di decine di quadri, con intorno un'area di centinaia di militanti. La rottura con Ferrando e Grisolia, precipitata nelle ultime settimane in termini visibili, in realtà (come raccontiamo a pag. 2) ha alle spalle una battaglia politica nell'Associazione Progetto Comunista durata due anni. In quella lotta politica -contro una concezione di costruzione di un'organizzazione lassa e al contempo raggruppata, come ogni setta, attorno a un "guru", a un leader- si sono rafforzati tanti dirigenti giovani, gli stessi che costituiscono il fulcro militante di Progetto Comunista (come si può vedere anche in questo numero del giornale, lievitato a 20 pagine per ospitare tanti articoli, prodotto di reali esperienze di lotta). Ai compagni e alle compagne che ci chiedono dunque che cosa succede adesso, rispondiamo: noi siamo già oltre la polemica con Ferrando e Grisolia (e lasciamo a loro certi toni grevi). Quello che ci interessa è proseguire nella costruzione di un'organizzazione rivoluzionaria che ambisce a costruire un'influenza di massa: cioè appunto lo scopo per cui è nato Progetto Comunista.

Certo, la situazione non è semplice. Si tratta di rimontare la corrente. Una corrente che pare dirigersi senza incontrare ostacoli verso la conclusione ingloriosa di un Prc arruolato definitivamente come forza di supplemento in un governo liberale. Prodi già canta vittoria per le elezioni. Bertinotti può vantare una maggioranza nel partito non seriamente contrastata dalle due aree critiche (l'Ernesto ed Erre), prive di una prospettiva alternativa alla sua. Ferrando e Grisolia, storditi da un'overdose di liderismo, assicurano di vedere "una larga maggioranza della Terza mozione" seguirli con entusiasmo in una linea che contraddice il senso stesso della Terza mozione.

Vedremo in conclusione che fine faranno tutti questi... vincitori.

Non un uomo, non un voto per il governo dell'Unione

Alle elezioni del 9 aprile si confrontano i due blocchi dell'alternanza borghese. Quello dei due che prevarrà, governerà per conto della borghesia e contro il movimento operaio per i prossimi anni. Come abbiamo scritto da sempre su questo giornale, noi non siamo per nulla indifferenti alla cacciata di Berlusconi e crediamo che vi sia un aspetto sano nell'odio di classe che vasti strati di lavoratori e di giovani hanno maturato contro l'attuale governo reazionario. Ma l'obiettivo per il movimento operaio non può essere quello di cacciare Berlusconi per aprire la porta a un altro governo antioperaio. Pagando -per di più- questa "vittoria" con la rimozione di ogni opposizione politica e sindacale alle politiche dei Montezemolo e dei De Benedetti che, in definitiva, come abbiamo già sperimentato (in Italia, in Francia, ecc.) riaprirebbe la strada a una nuova e più pesante vittoria delle destre. Senza l'indipendenza di classe del movimento operaio dalla borghesia e dai suoi partiti liberali non c'è nessuna prospettiva di progresso per i lavoratori. L'alternativa dei lavoratori è un obiettivo che va perseguito necessariamente all'opposizione (nei parlamenti, nelle piazze) dei governi liberali, di centrodestra o di centrosinistra, due poli di una sola classe (come "bancopoli" conferma). Non c'è mai stato nella storia -e non ci sarà ora- un'alternativa di classe passata attraverso una partecipazione (diretta o indiretta) a un governo della borghesia. Sulla collaborazione di classe si edificano solo nuove sconfitte per i lavoratori. Per questo è necessario salvare l'opposizione di classe in Italia e rilanciare il processo della rifondazione comunista di un partito che concepisca l'ingresso al governo solo sulle macerie del sistema dominante.

Per questo Progetto Comunista - Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori (questo il nome che ci siamo dati) utilizzerà ogni spazio politico e dunque anche la campagna elettorale per ribadire che bisogna costruire nelle lotte l'opposizione a tutti i governi borghesi e rivendicare il rifiuto di ogni sostegno, interno o esterno, politico o elettorale, all'Unione e al suo governo. Si tratta di una battaglia oggi molto difficile ma che può trovare domani il sostegno e la partecipazione di consistenti settori d'avanguardia, in un processo costituente di una organizzazione comunista e rivoluzionaria.

Note

(1) Oscar Wilde, L'importanza di essere onesto (1894).

(2) Fausto Bertinotti, Liberazione, 29 gennaio 2006.

(3) Sul viaggio d'affari di Martino e degli imprenditori italiani v. l'Unità, 23 gennaio 2006.

(4) V. l'intervento di Ferrero al Cpn di novembre del Prc (su Liberazione, 1 dicembre 2005).

(5) Definizione di Paolo Ferrero, nel comunicato stampa della Segreteria nazionale Prc del 19 gennaio 2005.

(6) Almeno queste sembrano essere le conclusioni dell'articolo di Grassi e Burgio, "Il Partito democratico e la Terza Rebubblica", Liberazione, 20 gennaio 2006).

(7) Si veda l'intervista di Aldo Cazzullo a Ferrando, sul Corriere del 24 gennaio 2006: il giornalista chiede: "E lei Ferrando voterà la fiducia?", risposta: "Io spero ancora che il mio partito ci ripensi. In ogni caso, Prodi dovrà fronteggiare una forte opposizione sociale di sinistra, di cui saremo il referente politico."

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