UNA "SVOLTA A SINISTRA" PER RILANCIARE IL RIFORMISMO
Non c'è comunismo senza indipendenza di classe, oggi e domani, dalla borghesia e dai suoi governi, nazionali e locali.
La necessità di una costituente dei comunisti rivoluzionari.
Ad uscire vincitore è, paradossalmente, l'ex ministro alla Solidarietà sociale nel governo dell'imperialismo italiano. Dopo una "autocritica" che assomiglia a una confessione che libera dai peccati ("dixi et salvavi animam meam"), lasciandosi alle spalle i due anni di pieno sostegno a tutte le politiche anti-operaie e razziste del governo Prodi, Ferrero guida l'ennesima "svolta" del Prc, sacrificando i bertinottiani che, per parte loro, costituiscono una frazione pubblica ("Rifondazione per la sinistra") con l'intenzione di preparare il terreno a una possibile (ma difficile perché priva di interlocuzioni) scissione entro le elezioni europee.
La collocazione all'opposizione del Prc -ha chiarito Ferrero- non ha carattere strategico. In primo luogo perché è "una scelta che vale nel contesto attuale" (Repubblica, 29 luglio), cioè quando costa poco dichiararsi "partito di opposizione", come hanno commentato gli osservatori meno ingenui, essendoci al governo Berlusconi ed essendo le elezioni nazionali, per il momento, assai lontane. In secondo luogo perché è una scelta che non ha alcun riflesso concreto sulle decine di governi comunali, provinciali e regionali in cui il Prc collabora e sostiene lealmente le politiche anti-operaie del Partito Democratico. Tanto che dopo la confusione giornalistica iniziale, Ferrero ha tenuto a precisare che respinge persino l'uso del termine (di per sé già innocuo) di "verifica" della presenza nelle giunte: si tratterà invece di "valutare caso per caso", come sempre "sulla base dei programmi". Esattamente le formule da sempre impiegate dal Prc per coprire la propria presenza nelle giunte di tutta Italia. Questo, del resto, è già stato confermato dai dirigenti ferreriani della federazione milanese del Prc, che hanno ribadito la loro fedeltà alla giunta provinciale del razzista Penati, grande estimatore delle misure del ministro Maroni. Già questo svuota immediatamente la presunta svolta di ogni contenuto concreto.
E' servito non solo un autentico capovolgimento dei fatti ma persino la rimozione di quanto dicevano fino a pochi giorni prima perché la mozione di Pegolo, Giannini e Veruggio e quella di Falcemartello diventassero cantori della "svolta a sinistra". Dopo aver ripetuto per tutto il congresso che non vi era una differenza di fondo tra la proposta di Ferrero e quella di Vendola, entrambe queste aree hanno votato una mozione che non contiene nessuna svolta (fosse pure lessicale) e sottoscrivono un patto di maggioranza che si fonda -nei fatti- sul rilancio di una politica identica a quella già praticata dal Prc nella sua fase "movimentistica" -la fase che ha preparato i rapporti di forza per l'ingresso nel governo dell'imperialismo italiano. Non vi è infatti un solo risultato politico -neppure minimo- che Falcemartello e l'altra mozione possano impugnare: a meno di non definire tale la loro piena integrazione nell'apparato dirigente, con il promesso ingresso in segreteria.
In questo modo, entrambe le mozioni che pure avevano contrastato in qualche modo la partecipazione al governo (pur non traendone le logiche conseguenze e rimanendo all'interno del Prc) si trovano oggi a ricoprire il ruolo di guardiani di una inesistente svolta a sinistra, così come fecero, a suo tempo, i Turigliatto e i Cannavò, difensori della "fase movimentistica" del Prc (Sinistra Critica è oggi in evidente difficoltà, vista la difficoltà a scorgere differenze significative tra l'attuale politica ferreriana e quella di Sc).
Questa prospettiva -l'unica che possa consentire ai lavoratori di ottenere, nel percorso, anche reali vittorie parziali- deve quindi essere perseguita in altro modo, non certo sostenendo o fingendo di credere a questa inesistente svolta a sinistra di un settore della burocrazia dirigente del Prc.
Per questo rinnoviamo il nostro appello a tutti i militanti comunisti, ovunque collocati, e a tutte le organizzazioni di classe, a partecipare al percorso avviato da un gruppo di lavoratori e attivisti attorno all'"Appello per una costituente dei comunisti rivoluzionari", Appello a cui il Pdac ha dato il proprio sostegno, nell'auspicio che anche altre forze, nel rispetto delle diverse provenienze, vogliano partecipare. Il senso dell'Appello (pubblicato sul sito www.costituenterivoluzionaria.org) è racchiuso in quell'elementare principio di classe che oggi tanto Ferrero e Grassi come Diliberto e tutte le direzioni riformiste rifiutano di sottoscrivere: "Mai più al governo con i padroni".
L'Appello ha ricevuto in poche settimane, nonostante l'oscuramento mediatico (anche del manifesto), il sostegno di centinaia di attivisti e l'attività di raccolta di adesioni proseguirà da settembre, in un percorso che unisca alla discussione e al confronto la costruzione dell'opposizione di classe, nei luoghi di lavoro e nelle piazze, all'attacco pesantissimo che il governo Berlusconi sta sferrando ai lavoratori, nativi e immigrati, e ai giovani. Una battaglia di opposizione che lavoreremo a costruire in forma unitaria con tutte le organizzazioni della sinistra che vi si impegneranno e con tutti i compagni e le compagne del Prc che vogliono illudersi oggi -sbagliando- che Ferrero stia svoltando a sinistra.