Partito di Alternativa Comunista

Rifondazione dopo la vittoria di Ferrero

Rifondazione dopo la vittoria di Ferrero
UNA "SVOLTA A SINISTRA" PER RILANCIARE IL RIFORMISMO
 
Sconfitto Bertinotti, il governismo torna sotto altre vesti.
Non c'è comunismo senza indipendenza di classe, oggi e domani, dalla borghesia e dai suoi governi, nazionali e locali.
La necessità di una costituente dei comunisti rivoluzionari.
 
 
dichiarazione del Comitato Centrale del Pdac
 
 
 
1. Il congresso di Chianciano del Prc segna la sconfitta della frazione bertinottiana raccolta attorno a Vendola, che paga da sola il conto della disfatta prodotta dalla politica riformista di collaborazione di classe e di governo portata avanti per anni dalla intera vecchia maggioranza.
Ad uscire vincitore è, paradossalmente, l'ex ministro alla Solidarietà sociale nel governo dell'imperialismo italiano. Dopo una "autocritica" che assomiglia a una confessione che libera dai peccati ("dixi et salvavi animam meam"), lasciandosi alle spalle i due anni di pieno sostegno a tutte le politiche anti-operaie e razziste del governo Prodi, Ferrero guida l'ennesima "svolta" del Prc, sacrificando i bertinottiani che, per parte loro, costituiscono una frazione pubblica ("Rifondazione per la sinistra") con l'intenzione di preparare il terreno a una possibile (ma difficile perché priva di interlocuzioni) scissione entro le elezioni europee.
 
2. Tutta la stampa borghese ha gridato alla "svolta estremista" di fronte alla interruzione imprevista del disegno bertinottiano di scioglimento del Prc in una "costituente di sinistra", post-comunista non solo nei programmi ma anche nei simboli. Dietro l'attacco della stampa borghese (a cui si è associato il manifesto) sta la delusione per il fallimento di un progetto politico che la borghesia ha saputo riconoscere e apprezzare negli anni di svolte e controsvolte che hanno caratterizzato la storia del Prc. La "svolta a sinistra" verso i movimenti (peraltro combinata con l'ingresso nelle giunte comunali e regionali di mezza Italia) che serviva come trampolino di lancio verso la "svolta a destra" e l'ingresso nel governo nazionale, passando per lo smantellamento sistematico di ogni riferimento concreto e simbolico al comunismo e al potere dei lavoratori (dibattito sulla "nonviolenza", ripudio in blocco del "Novecento", ecc.). Tutte "svolte" che non hanno mai mutato la natura di fondo del progetto riformista che Paolo Ferrero ha condotto in totale sintonia con Bertinotti, fino al coronamento del percorso con l'ingresso del Prc al governo e il conseguente incarico di ministro appunto a Ferrero.
 
3. L'ostilità odierna della stampa borghese viene indicata dal nuovo gruppo dirigente come la riprova del carattere genuinamente di sinistra della nuova svolta. Un elemento che si combina con la volontà di compagni e compagne, dentro e fuori il Prc, in buona fede, di credere al ravvedimento improvviso di una parte del gruppo dirigente. Per parte nostra non ci crediamo per niente. Tutta la traiettoria dei gruppi dirigenti delle varie frazioni del Prc è la migliore riprova che la svolta è solo un miraggio. Solo il fallimento elettorale ha prodotto una rottura del gruppo dirigente e la ricerca di ogni frazione dirigente di salvarsi ai danni dell'altra, in un congresso infarcito di brogli e pacchi di tessere fasulle. Con tutta evidenza, se il governo Prodi non fosse inciampato per lo sgambetto di Mastella, Rifondazione sarebbe ancora al governo e Ferrero farebbe ancora il ministro; così pure, se l'Arcobaleno avesse raggiunto risultati elettorali maggiori, l'asse Bertinotti-Ferrero non si sarebbe spezzato. Non solo: le stesse basi di questa presunta svolta già mostrano ora con chiarezza che non vi è alcuna rottura con la strategia e la tattica riformista e governista.
 
4. Peraltro è stato lo stesso Ferrero a rassicurare la borghesia con decine di interviste pubblicate in questi giorni in cui viene chiarita l'interpretazione autentica della mozione vincente e le reali intenzioni della nuova maggioranza (composta dalle aree di Ferrero, da Essere Comunisti di Grassi, dalla composita mozione di Giannini, Veruggio e Pegolo, nonché da Falcemartello).
La collocazione all'opposizione del Prc -ha chiarito Ferrero- non ha carattere strategico. In primo luogo perché è "una scelta che vale nel contesto attuale" (Repubblica, 29 luglio), cioè quando costa poco dichiararsi "partito di opposizione", come hanno commentato gli osservatori meno ingenui, essendoci al governo Berlusconi ed essendo le elezioni nazionali, per il momento, assai lontane. In secondo luogo perché è una scelta che non ha alcun riflesso concreto sulle decine di governi comunali, provinciali e regionali in cui il Prc collabora e sostiene lealmente le politiche anti-operaie del Partito Democratico. Tanto che dopo la confusione giornalistica iniziale, Ferrero ha tenuto a precisare che respinge persino l'uso del termine (di per sé già innocuo) di "verifica" della presenza nelle giunte: si tratterà invece di "valutare caso per caso", come sempre "sulla base dei programmi". Esattamente le formule da sempre impiegate dal Prc per coprire la propria presenza nelle giunte di tutta Italia. Questo, del resto, è già stato confermato dai dirigenti ferreriani della federazion
e milanese del Prc, che hanno ribadito la loro fedeltà alla giunta provinciale del razzista Penati, grande estimatore delle misure del ministro Maroni. Già questo svuota immediatamente la presunta svolta di ogni contenuto concreto.
 
5. Questa sedicente svolta a sinistra -al di là delle migliori intenzioni con cui tanti militanti la sosterranno- è dunque nelle intenzioni del nuovo gruppo dirigente solo un espediente con cui un settore di burocrazia che ha gestito per anni la collaborazione di classe e di governo a livello locale e nazionale, e che continua a farlo in gran parte d'Italia, cerca di riacquistare credibilità e massa critica per tornare domani, quando il pendolo dell'alternanza si risposterà sull'altro polo borghese, a contrattare posti di governo col Pd, allorquando ci verrà spiegato che il "contesto" è mutato, che bisogna cacciare Berlusconi e questo necessita di un accordo col Pd, ecc. ecc.
 
6. In questa messinscena, con l'ex ministro Ferrero tornato alla "lotta sociale" (dopo aver votato per due anni "pacchetti sicurezza", finanziarie confindustriali, leggi razziste, missioni coloniali in mezzo mondo), e con Claudio Grassi che impugna la bandiera rossa (avendo peraltro scritto qualche settimana fa che se il Prc avesse avuto qualche ministro in più le cose sarebbero andate diversamente), gravissima è la responsabilità che si sono assunte le due mozioni di sinistra interna che accreditano il copione della "svolta a sinistra".
E' servito non solo un autentico capovolgimento dei fatti ma persino la rimozione di quanto dicevano fino a pochi giorni prima perché la mozione di Pegolo, Giannini e Veruggio e quella di Falcemartello diventassero cantori della "svolta a sinistra". Dopo aver ripetuto per tutto il congresso che non vi era una differenza di fondo tra la proposta di Ferrero e quella di Vendola, entrambe queste aree hanno votato una mozione che non contiene nessuna svolta (fosse pure lessicale) e sottoscrivono un patto di maggioranza che si fonda -nei fatti- sul rilancio di una politica identica a quella già praticata dal Prc nella sua fase "movimentistica" -la fase che ha preparato i rapporti di forza per l'ingresso nel governo dell'imperialismo italiano. Non vi è infatti un solo risultato politico -neppure minimo- che Falcemartello e l'altra mozione possano impugnare: a meno di non definire tale la loro piena integrazione nell'apparato dirigente, con il promesso ingresso in segreteria.
In questo modo, entrambe le mozioni che pure avevano contrastato in qualche modo la partecipazione al governo (pur non traendone le logiche conseguenze e rimanendo all'interno del Prc) si trovano oggi a ricoprire il ruolo di guardiani di una inesistente svolta a sinistra, così come fecero, a suo tempo, i Turigliatto e i Cannavò, difensori della "fase movimentistica" del Prc (Sinistra Critica è oggi in evidente difficoltà, vista la difficoltà a scorgere differenze significative tra l'attuale politica ferreriana e quella di Sc).
 
7. Il "nuovo" Prc di Ferrero non opera insomma l'unica e vera svolta di cui c'è bisogno nell'interesse delle classi subalterne. Non rompe con la collaborazione di classe con la borghesia e i suoi governi, nazionali e locali. Non si muove nella direzione di riacquistare quella indipendenza di classe strategica del movimento operaio che è la precondizione per la costruzione di un partito comunista che voglia costruire, nelle lotte di massa, i rapporti di forza per una prospettiva rivoluzionaria, per un governo dei lavoratori per i lavoratori.
Questa prospettiva -l'unica che possa consentire ai lavoratori di ottenere, nel percorso, anche reali vittorie parziali- deve quindi essere perseguita in altro modo, non certo sostenendo o fingendo di credere a questa inesistente svolta a sinistra di un settore della burocrazia dirigente del Prc.
Per questo rinnoviamo il nostro appello a tutti i militanti comunisti, ovunque collocati, e a tutte le organizzazioni di classe, a partecipare al percorso avviato da un gruppo di lavoratori e attivisti attorno all'"Appello per una costituente dei comunisti rivoluzionari", Appello a cui il Pdac ha dato il proprio sostegno, nell'auspicio che anche altre forze, nel rispetto delle diverse provenienze, vogliano partecipare. Il senso dell'Appello (pubblicato sul sito www.costituenterivoluzionaria.org) è racchiuso in quell'elementare principio di classe che oggi tanto Ferrero e Grassi come Diliberto e tutte le direzioni riformiste rifiutano di sottoscrivere: "Mai più al governo con i padroni".
L'Appello ha ricevuto in poche settimane, nonostante l'oscuramento mediatico (anche del manifesto), il sostegno di centinaia di attivisti e l'attività di raccolta di adesioni proseguirà da settembre, in un percorso che unisca alla discussione e al confronto la costruzione dell'opposizione di classe, nei luoghi di lavoro e nelle piazze, all'attacco pesantissimo che il governo Berlusconi sta sferrando ai lavoratori, nativi e immigrati, e ai giovani. Una battaglia di opposizione che lavoreremo a costruire in forma unitaria con tutte le organizzazioni della sinistra che vi si impegneranno e con tutti i compagni e le compagne del Prc che vogliono illudersi oggi -sbagliando- che Ferrero stia svoltando a sinistra.
 
(4 agosto 2008)

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