Partito di Alternativa Comunista

Veltroni e borghesia: un binomio ferreo

Veltroni e borghesia: un binomio ferreo

Oggi a Roma, domani nazionalmente

 

di Claudio Mastrogiulio (*)

 

Il neosegretario del Partito Democratico, Veltroni, si appresta nelle prossime elezioni politiche a essere quasi certamente il leader della coalizione di centrosinistra, nella quale il ruolo trainante sarà interpretato dal Pd.

Il pacato Walter, da buon appassionato di calcio, ha prestato attenzione alla preparazione del proprio ruolo in vista dell’investitura plebiscitaria del 14 ottobre. Così come i calciatori prima di entrare in campo iniziano a scaldare i muscoli per evitare di farsi trovare impreparati durante l’incontro, Veltroni ha accuratamente predisposto il proprio laboratorio di iniziative politiche da lanciare su scala nazionale. Il terreno su cui queste nefaste manovre esecutive sono state intraprese è, dal 2001, la città di Roma.

 

La politica economica

Ovviamente per prepararsi a divenire leader della coalizione di centrosinistra, Veltroni avrebbe dovuto mostrare ai poteri forti italiani e romani in primo luogo la propria affidabilità. Quello delle politiche economiche è un esempio lampante di suddetta considerazione. La ricetta economica di stampo veltroniano è imperniata di speculazione edilizia, precarietà e sfruttamento del lavoro.

Per quel che riguarda la speculazione edilizia è necessario ricordare la portata dell’ultimo Piano Regolatore (2006) elaborato dal sindaco ex-Pci. Esso infatti elargisce ai palazzinari romani numerose garanzie di accrescimento delle disparità delle forze economiche in campo e soprattutto un serbatoio, illimitato o quasi, di profitti e speculazioni. Tanto per restare fedeli all’inoppugnabilità dei fatti (e dei numeri!) sottolineiamo con forza ed al contempo con sdegno la dislocazione, soprattutto in ambito periferico, di 70 milioni di metri cubi di cemento appannaggio totale dei profitti dei vari Caltagirone & Co., ed a discapito del verde pubblico e della vivibilità della città.

È evidente che questo approccio ha l’obiettivo di sperequare in modo ancor più marcato di quanto già non lo sia l’impianto di strutturazione economica della città. Come ulteriori puntelli che completino l’assetto delle politiche economiche del neosegretario del Pd possiamo notare la costruzione, in diverse parti della città, di poli industriali, centri commerciali e innumerevoli episodi di indiscriminate colate di cemento in barba alle più elementari norme del buonsenso.

L’ultimo episodio riguardo questa tematica è rappresentato dalla deliberazione del Consiglio Comunale del 27/6/07 nella quale si è imposta la speculazione-cementificazione edilizia nel Parco di Tor Tre Teste – Alessandrino nel VII Municipio e nei municipi limitrofi, a danno evidente degli abitanti della zona che, altrettanto palesemente, non necessitavano di nuove colate di cemento ma di servizi sociali, redditi migliori, sicurezza salariale. Di ciò l’amministrazione Veltroni non si è mai occupata, considerando preponderante gli interessi della “mano invisibile” del mercato (che poi tanto invisibile non è; infatti i nomi dei palazzinari romani, da Caltagirone a Ricucci, li conosciamo benissimo) a quelli dei lavoratori, dei precari, degli emarginati sociali della Capitale.

Altro ambito economico nel quale si scorge la netta caratterizzazione borghese dell’amministrazione veltroniana è il dato che fa di Roma la città regina del precariato, in cui si registrano dei livelli di precarietà del lavoro superiori di ben dieci volte alla già inaccettabile media nazionale. Roma è la sede della più grande agenzia di call center Atesia che utilizza impunemente, attingendo a piene mani dalle leggi Treu e Biagi dei governi Prodi I e Berlusconi II, la precarietà come modalità attraverso la quale rendere ricattabili i lavoratori ed incrementare in maniera iperbolica la mole dei propri profitti. A Roma troviamo anche la disseminazione di agenzie di lavoro interinale, di cooperative sociali che di sociale hanno ben poco se non la denominazione che permette loro di ottenere ulteriori (come se non bastassero quelli correnti!) sgravi fiscali. A Roma, dunque, i rapporti in campo economico sono marcatamente appannaggio delle classi dominanti con il conseguente quanto inevitabile imbarbarimento delle condizioni dei lavoratori, dei precari, dei pensionati, nativi o stranieri che essi siano.

 

La politica sociale

Negli ultimi tempi, dopo l’uccisione di una donna italiana a Roma, si è scatenata l’infame caccia al Rom ed ai romeni, sia da parte delle forze dell’ordine (quelle che Engels chiamava “bande armate a servizio del capitale”) commissionate dai loro mandanti (i padroni ed i loro lacché) che da parte dei fascisti (i quali mostrano ancora una volta d’essere i cani da guardia del capitalismo). Nel dicembre 2007, dopo il fatto di cronaca enunciato, il governo Prodi, col ministro alla Solidarietà del Prc Ferrero, emanava un decreto legge vergogna sulla sicurezza. In base a questo decreto venivano imposti i termini che permettevano ai prefetti, anche su indicazione dei sindaci, di espellere i cittadini extracomunitari e comunitari (cioè i romeni, infatti dal gennaio 2007 anche la Romania fa parte dell’Ue, in base ad un progetto a lungo termine dei poteri forti europei di procurarsi senza troppi disbrighi burocratici la manodopera sottopagata dei paesi dell’ex blocco stalinista) per motivi di “sicurezza ed ordine pubblico”. Roma, oltre ad essere stata teatro delle infami distruzioni delle baraccopoli dei Rom e delle cacce ai romeni da parte di squadracce fasciste “stranamente” non identificate dalle forze dell’ordine costituito, è anche la città che ha presentato l’anteprima della sequela di politiche razziste del governo Prodi. Precedentemente alla distruzione delle baraccopoli effettuata tra novembre e dicembre scorsi, c’è da registrare un passaggio anteriore, avutosi nel mese di luglio, che vedeva la ratifica di un “Patto per Roma sicura” firmato tra Veltroni e l’allora prefetto Serra in cui si delineava il progetto (poi attuato) della deportazione di intere comunità Rom oltre il Grande Raccordo Anulare in veri e propri ghetti militarizzati dalle forze dell’ordine.

 

La necessaria opposizione comunista

L’eccezionale gravità dell’attacco portato da Prodi, a livello nazionale, e da Veltroni, ad oggi a livello locale, meritano una risposta da parte dei lavoratori (precari, italiani e immigrati) che abbia una forza pari se non maggiore in rapporto all’attacco ricevuto. Il Partito di Alternativa Comunista, contribuendo in modo attivo (insieme con l’Oci eravamo l’unica sigla partitica presente) alla costruzione dello sciopero degli immigrati del 28 ottobre, ha avuto l’opportunità di rilevare la presenza di una genuinità rivoluzionaria proprio nel mondo dei lavoratori immigrati. È nostro compito e obiettivo in quanto marxisti rivoluzionari fare in modo che l’escalation di lotte contro il governo amico (dei padroni) di Prodi si ampli sempre più fino a inglobare nella sua forza e radicalità la parte attiva e cosciente del movimento operaio e del proletariato italiano.

 

 

(*) PdAC Roma

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